Esempi di iconografia della Santuzza palermitana nell’arte popolare siciliana. Omaggio a Santa Rosalia a 400 anni dal ritrovamento del corpo.

di Lisa SCIORTINO

È l’estate del 1624 quando a Palermo si impone il culto per Santa Rosalia e, nel 400° anniversario del ritrovamento delle sue spoglie mortali su Monte Pellegrino, è doveroso omaggiarla, tra le numerosissime manifestazioni locali, anche con questo breve saggio su alcuni esempi di iconografia della Santuzza palermitana nell’arte popolare siciliana.

L’ultima ondata di peste nel capoluogo siciliano risaliva al 1575 ma, a distanza di quasi 50 anni, il morbo era tornato ad appestare la città giunto con un vascello proveniente dall’Africa. La convinzione popolare ritenne che il flagello fosse una punizione divina e per questo la soluzione avrebbe dovuto avere carattere religioso. Si invocarono Cristo, la Vergine, tutti i santi nonché le sante patrone della città e si moltiplicarono le processioni con una forte carica emotiva penitenziale popolare.

La leggenda [1] narra che uno di quei giorni, sul monte Pellegrino, Rosalia apparve al cacciatore Vincenzo Bonello, smarritosi nella boscaglia a causa di un forte temporale. La Santa gli riferì di avvertire il Vescovo di Palermo che in una grotta, dove era vissuta da eremita, si trovavano i suoi resti mortali. Il Cardinale Doria si recò nel luogo indicato dalla Santa e, recuperate le reliquie, queste furono portate in solenne corteo per le vie della città il 15 luglio del 1624. Il Pitré descrisse così l’evento:

“Al loro passaggio [delle reliquie, ndA] il male si alleggeriva, diventava meno intenso, perdeva la sua gravità. Palermo in breve fu libera, ed in attestato di riconoscenza a tanto beneficio si votò a Lei e prese a celebrare in suo onore feste annuali che ricordassero i giorni della liberazione e fossero come il trionfo della Santa protettrice. La grotta del Pellegrino divenne santuario, ove la pietà d’ogni buon devoto si ridusse a venerare la squisita immagine della Patrona[2].

La potentia sacra di Rosalia entrò così in città come evento salvifico e vi rimase da allora immutata, fino ad oggi.

Sul pizzo (Fig. 1) della collezione Daneu Tschinke[3], da qualche mese in esposizione permanente al Museo Guttuso di Bagheria[4], si vede raffigurata, all’interno di una grotta, la Santa che regge la croce e il teschio, suoi attributi iconografici assieme alla corona di rose che le cinge il capo.

1 Autore palermitano, Pizzo con Santa Rosalia e il cacciatore, legno intagliato, scolpito e dipinto, prima metà XX secolo, Bagheria, Museo Guttuso

A sinistra, il cacciatore è inginocchiato con un braccio sollevato in segno di preghiera e l’altro poggiato al fucile. Il fedele cane è seduto vicino a lui. In alto, un putto si libra in aria avvolto da un fascio di luce. L’iconografia è tratta da una stampa molto diffusa nella devozione locale (Fig. 2) tanto da essere utilizzata quale decoro nelle bandierine votive della prima metà del XX secolo (Fig. 3).

2 Autore siciliano, Santa Rosalia e il cacciatore Bonelli, stampa da incisione su zinco, XX secolo, Palermo, collezione privata.
3 Bandierina votiva, prima metà del XX secolo Bagheria, collezione privata

Il pizzo, parte centrale della cassa d’asse, ovvero la struttura sotto il pianale fra le ruote del carretto, era spesso scolpito con una scena sacra dalla funzione esplicitamente apotropaica, come una specie di piccolo sacrario a tutela del punto di maggiore carico del mezzo, sollecitato dagli scossoni avvertiti dall’incedere per le strade disconnesse dell’isola.

Nella collezione Daneu Tschinke si trova anche una parte di cassa d’asse con pizzo scolpito con Santa Rosalia e il cacciatore (Fig. 4) dall’iconografia tratta da una incisione settecentesca (Fig. 5).

4 Autore di ambito palermitano, Parte di cassa d’asse con Santa Rosalia e il cacciatore, legno intagliato, scolpito e dipinto, prima metà XX secolo, Bagheria, Museo Guttuso.
5 Autore siciliano, Santa Rosalia e il cacciatore Bonelli, incisione, 1795, Palermo, collezione privata

All’interno di una spelonca è raffigurata la Santuzza, in abito basiliano e coronata di rose, che regge la croce e il bastone del pellegrino. Il cacciatore è ripreso in ginocchio appoggiato al fucile e affiancato dal segugio. Due angeli assisi assistono alla prodigiosa visione. Il manufatto, di ambito palermitano, è completato, in basso, da una coppia di angeli che reggono cornucopie.

Il carretto siciliano non ospita solo intagli e sculture ma anche coloratissime pitture e, tra paladini, sovrani, dame, viaggiatori e cantori, trovano posto anche i santi di devozione locale e i patroni delle città.

Diverse sono le raffigurazioni di Rosalia sulle sponde e sugli sportelli del folclorico mezzo di trasporto come quelle su alcuni esemplari presenti in collezione privata[5] che riproducono la Santuzza quale vergine distesa e attorniata dai simboli iconografici (Figg. 6 e 7)

6 Giovanni Russo, Santa Rosalia coricata, olio su tavola, seconda metà XX secolo, Bagheria, collezione privata
7 Bottega Ducato, Santa Rosalia, olio su tavola, 1976, Bagheria, collezione privata
8 Incisore siciliano, Santa Rosalia dormiente, dal libro di Giordano Cascini, Di S. Rosalia vergine palermitana, Palermo 1651

ispirata all’incisione del 1651 Santa Rosalia dormiente a corredo del volume di Giordano Cascini (Fig. 8) che influenzò peraltro l’immagine di uno dei santini più diffusi della Patrona di Palermo.

Occorre precisare che l’arte popolare non è copia sbiadita di quella colta e la sua storia non può essere semplicisticamente letta in contrappunto all’arte cosiddetta “maggiore” ma ha il diritto di essere studiata per se stessa, per la sua propria natura, per il suo valore e per la sua variegata produzione. Al di là delle differenze materiche e di fruizione finale, è innegabile che stampe devozionali, pittura su carro, tavolette ex voto, pitture su vetro mostrano un filo iconografico omogeneo che li lega. Si può e si deve aggiungere che le iconografie di pincisanti, stampasanti, pittori di edicolette votive, di ex voto, sono più simili tra di loro rispetto ai modelli “aulici”[6].

L’iconografia della santa Patrona di Palermo si riscontra anche dipinta su ardesie, secondo una consuetudine diffusa nella devozione domestica e di edicole votive, ma non solo. A Bagheria, ad esempio, nella chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme di nostro Signore Gesù Cristo si conserva un’ardesia con l’immagine di Santa Rosalia[7] (Fig. 9).

9 Pittore siciliano, Santa Rosalia, olio su ardesia, metà XVIII secolo, Bagheria, Chiesa Santo Sepolcro

L’opera fa parte di una serie di cinque dipinti [8], dalla medesima impostazione e approssimativamente delle stesse dimensioni, commissionate a metà del Settecento da don Giuseppe Toscano proprio per ornare l’edificio sacro. La Santa, in posizione centrale, è ripresa in piedi e accompagnata dagli usuali emblemi che la contraddistinguono: la croce, la corona di rose sul capo che rievocano il nome, la conchiglia del pellegrino, il bastone. L’iconografia è dunque costruita intorno a dei simboli che diventano un richiamo al vissuto e alle vicende della Santa cosicché l’apparente similitudine delle immagini, lungi dall’essere una mera e sterile ripetizione, entra a far parte del linguaggio universale che ha attraversato luoghi e secoli. Proprio il popolo, che è il principale referente dell’immagine sacra, è così in grado di riconoscere la figura rappresentata senza necessariamente essere in grado di leggerne il nome, unicamente guardando gli elementi che la identificano. Nella sezione inferiore dell’ardesia in esame sono ritratti Monte Pellegrino con il porto della città di Palermo e la grotta che accolse la Santa. In basso a destra è uno stemma coronato non meglio identificato[9]. La figura centrale della Patrona del capoluogo siciliano, assurta a protettrice della città nel 1624 quando furono ritrovate le sue spoglie mortali su Monte Pellegrino con la conseguente liberazione dalla peste che affliggeva la popolazione, è incorniciata da venti piccole scene che narrano momenti della vita dell’eremita.

Anche la pittura su vetro, di destinazione prettamente domestica, racconta della devozione a Santa Rosalia. Tale pittura, che creava l’illusione di arredare la casa con dipinti simili a quelli dell’aristocrazia, consentiva di non rinunciare alle tematiche religiose con funzione devozionale. In Sicilia l’affermarsi di tale arte avvenne agli inizi dell’Ottocento quando prese corpo una produzione autoctona con caratteristiche proprie che entrò nelle case delle classi meno agiate. L’immobilità iconografica è una delle caratteristiche della pittura su vetro e il processo di essenzializzazione si compie attraverso la manipolazione degli emblemi del santo che lo identificano e rendono i suoi poteri efficaci. Alcuni attributi vengono rimossi e altri aggiunti in accordo con il patrimonio di conoscenze di un’area. Non si tratta di una riduzione semplificatrice della cultura figurativa egemone ma dell’adeguamento di questa alla diversa concezione della vita del mondo subalterno.

Un inedito esemplare di collezione privata raffigura la Santuzza palermitana (Fig. 10) ancora una volta distesa, come tante se ne conservano nelle case siciliane.

10 Pittore siciliano, Santa Rosalia, olio su vetro, fine XIX secolo, Bagheria, collezione privata.

Qui la fanciulla è adagiata su un prato di rose ed è accompagnata dal crocifisso, dal libro e dal teschio. In secondo piano si evidenzia la devozione di Rosalia al Santissimo Sacramento, con l’ostensorio avvolto in una nuvola di testine di cherubini alate affiancato da due putti in volo che reggono una corona di rose.

Nell’esperienza mistica della vergine palermitana, solitaria e in contemplazione su Monte Pellegrino, Santa Rosalia sembra riproporre l’ascesa al Calvario di Gesù, ripercorrendo quel martirio che porta al riscatto e alla beatificazione finale[10]. L’anonimo picisanti, prediligendo una iconografia divulgata attraverso le stampe votive, ha esemplificato al massimo la scena concentrandosi sulla figura della vergine palermitana e sul simbolico fiore che riconduce al suo nome. Tale soggetto si diffuse molto in Sicilia e gli artisti locali ne fissarono l’iconografia secondo un modello costante.

Lisa SCIORTINO   Monreale  14 Luglio 2024

NOTE

[1] I fatti storici raccontano un’altra verità: già dal mese di maggio 1624 i frati francescani eremiti del convento di Monte Pellegrino vicino alla Grotta incrementarono la ricerca della tomba di Santa Rosalia. Il 15 luglio 1624 durante lo scavo ci si accorse che sotto una lastra c’erano ossa umane impietrate e si gridò subito che si trattava delle reliquie di Rosalia. Giunta la notizia del ritrovamento, il cardinale Giannettino Doria inviò una delegazione sulla montagna per appurare la realtà del ritrovamento e avvenne la traslazione nella città di queste ossa che già venivano considerate dal popolo reliquie. Istituì quindi una commissione di teologi e scienziati per analizzare quelle ossa incastrate nelle pietre. Ma il popolo volle subito riconoscerle proprio quelle della eremita e al ritrovamento si attribuì la fine della peste ma in realtà il contagio scomparve solo nel febbraio 1626. Cfr. P. Collura, Santa Rosalia nella storia e nell’arte, Palermo 1977.
[2] G. Pitrè, Feste patronali in Sicilia, Palermo 1900, pp. 6-7.
[3] L. Sciortino, La collezione Daneu Tschinke. Tracce di arte culta nell’iconografia popolare siciliana, in Rivista settimanale “AboutArt online” diretta da P. Di Loreto, 3 marzo 2024. Cfr. anche G. D’Agostino, scheda 434, in Arte popolare in Sicilia, catalogo della mostra a cura di G. D’Agostino, Palermo 1991, pp. 392-393.
[4] Si tratta della collezione palermitana Daneu Tschinke, consegnata alla fruizione pubblica da Anna e Vincenzo Tschinke assieme ad oltre un centinaio di altri manufatti concernenti il carretto siciliano, di cui ho patrocinato la donazione, in veste di Consulente per la Tutela, Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali di Bagheria, al Museo Guttuso consentendo l’incremento dei manufatti in esposizione.
[5] L. Sciortino, Il carretto siciliano nella collezione di Domenico Galioto, Palermo 2024, pp. 50, 64, 92.
[6] Cfr. A. Cusumano, I Temi, in Arte…, 1991, pp. 69-74. Cfr. L. Sciortino, La collezione Daneu Tschinke…, per la Rivista settimanale “AboutArt online” diretta da P. Di Loreto, 3 marzo 2024.
[7] L. Sciortino, Le ardesie dipinte della chiesa del Santo Sepolcro a Bagheria e l’inedita Mater Dolorosa: ipotesi di studio, in Rivista on line dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia “Maria Accascina” diretto da M.C. Di Natale, a. XIV, n. 27, giugno 2023.
[8] Forse sei. Cfr. L. Sciortino, Le ardesie…, in Rivista on line dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia “Maria Accascina” diretto da M.C. Di Natale, a. XIV, n. 27, giugno 2023, in cui si ipotizza l’appartenenza alla serie presente in chiesa di una sesta ardesia istoriata con l’immagine dell’Addolorata e con scene della Passione di Cristo, oggi in collezione privata.
[9] Cfr. L. Sciortino, Le ardesie…, in Rivista on line dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia “Maria Accascina” diretto da M.C. Di Natale, a. XIV, n. 27, giugno 2023.
[10] L. Sciortino, Arte francescana a Monreale, in Rivista settimanale “AboutArt online” diretta da P. Di Loreto, 4 febbraio 2024. Cfr. L. Sciortino, ‘Ad Regias aedes’. La Casina di caccia di Ficuzza: una storia di arte, decorazioni, manufatti e preziosità tra i boschi siciliani in Rivista settimanale “AboutArt online” diretta da P. Di Loreto, 24 marzo 2024.