Ettore Frani verso la gioia. Il nero come soglia di silenzio e creazione.

di Tommaso EVANGELISTA

Ettore Frani verso la gioia. Il nero come soglia di silenzio e creazione

La mostra “Verso la Gioia” di Ettore Frani, Ex Convento di San Francesco, Bagnacavallo, dal 14 settembre al 10 novembre 2024 a cura di Paola Feraiorni e Massimo Pulini, rappresenta una tappa importante della sua ricerca artistica analizzata in un momento in cui la pittura diventa strumento per sondare questioni teologiche e filosofiche di profonda intensità. In un percorso visivo che si sviluppa attraverso ottanta opere su carta, quaranta dipinti e cinque installazioni pittoriche inedite, Frani indaga il rapporto tra luce e ombra come manifestazione del sacro e dell’invisibile.

L’arte di Frani da molti anni a questa parte si contraddistingue per un radicale minimalismo cromatico: il nero e il bianco dominano, creando un dialogo sottile tra presenza e assenza. Tuttavia, è proprio nella riduzione all’essenziale che emerge la densità simbolica del suo lavoro fatto di sottrazioni e attese, di limiti invisibili oscuri e manifestazioni luminose.

L’altro sguardo 2024 cm 61×61 olio su tavola laccata ph.Paola Feraiorni
Origine 2024 cm 61×61 olio su tavola laccata ph.Paola Feraiorni

L’artista usa il nero non come negazione, ma come condizione originaria da cui emerge la luce, facendo eco al tema teologico della “creazione dal nulla” (creatio ex nihilo), gesto libero e senza vincoli di Dio di emersione e formazione della materia e della creatura. La sua tecnica pittorica di “togliere” il nero per rivelare il bianco sottostante allude a un processo di rivelazione spirituale, in cui la luce non è solo fenomeno fisico, ma epifania del divino, scoperta di un accesso alla forma tramite il chiarore del corpo.

Il nero, così, assume una valenza che trascende il mero assorbimento di luce e si erge come simbolo e soglia, un “luogo” di passaggio che non annulla, ma crea e apre, e non rappresenta un vuoto nichilista, bensì una dimensione fertile di possibilità. Esso diviene una porta, un confine percettivo e concettuale che invita ad avvertire la natura stessa dello spazio e della luce. Il colore, tradizionalmente associato alla negazione e all’assenza, viene qui riletto come matrice di creazione: lungi dal ridurre l’esperienza visiva e spirituale, diviene uno spazio di possibilità da cui può emergere una nuova forma di visione.

Prima sorgente 2017-2024 cm 91×120 olio su tavola laccata_ph.Paola Feraiorni

È come se il nero agisse da “apertura”, uno spazio da cui tutto può essere generato, ma che non si impone con la forza dell’evidenza che annienta, bensì con la delicatezza dell’attesa e del mistero. Esso accoglie il vuoto come condizione necessaria per l’apparire di qualcosa di nuovo, rendendo visibile ciò che altrimenti resterebbe celato.

La pittura monocromatica nera, ma anche le opere in bianco, non sono quindi un’esclusione del colore, ma un modo di lavorare su di esso attraverso la sottrazione.

Di polvere e luce II cm 36,5×30 olio e grafite su tavola laccata_ph.Paola Feraiorni
Favalene VII 2024 cm 29, x22,5 grafite su carta varie grammature e gomma da cancellare_ph.Paola Feraiorni

Il nero, con la sua densità, paradossalmente diviene un catalizzatore di luce, un luogo di attesa dove la luminosità viene svelata gradualmente, quasi ritualmente. In tal senso diviene un “oggetto” filosofico: rimanda a una dimensione del sacro in cui la verità non è manifesta in modo diretto, ma si rivela progressivamente, attraverso un’oscura separazione che è soglia tra il visibile e l’invisibile, tra la materia e il trascendente.

In quest’ottica, la pittura di Frani rivela una meditazione sull’invisibile e sul trascendente. Le sue opere non cercano di riprodurre il visibile, bensì di evocare il mistero che si cela oltre di esso, una dimensione altra che non è immediatamente accessibile allo sguardo sensibile ma percepibile attraverso l’impressione. Le opere, e ancor più le installazioni, pertanto, presentano materiali che amplificano il valore simbolico delle forme, offrendo allo spettatore un’esperienza immersiva e contemplativa.

Luminosa 2024 (dittico) cm50x38,5 ciscuna olio su tavola laccata_ph.Paola Feraiorni

Il titolo stesso della mostra, “Verso la Gioia”, suggerisce un cammino ascendente, un percorso di redenzione in cui l’umano è chiamato a riconciliarsi con la luce che abita tutte le cose. Tale gioia non è l’euforia superficiale, ma una condizione profonda di pace e contemplazione, una risposta all’anelito dell’anima verso il trascendente, il divino. La filosofia neoplatonica è presente nella sua riflessione sulla luce come principio ordinatore e rigeneratore del cosmo, mentre la teologia cristiana si esprime nell’idea di una salvezza che trascende l’effimero e conduce all’eterno.

Ettore Frani, con una gestualità pittorica che si avvicina all’ascetismo, ci invita a riscoprire la sacralità del quotidiano, la luminosità che risiede nel cuore delle cose più semplici. Il suo lavoro diviene così un atto di resistenza contro la superficialità del mondo contemporaneo, un richiamo a una dimensione di senso più alta, dove il visibile e l’invisibile si fondono in un unico respiro celeste. La pittura, nelle mani di Frani, si fa liturgia visiva, un rito attraverso il quale l’artista ci guida verso la luce nascosta nel buio dell’esperienza umana.

Tommaso Evangelista

Ettore Frani. Verso la gioia

A cura di Paola Feraiorni e Massimo Pulini

Date: 14 settembre – 10 novembre 2024. Ex Convento di San Francesco, via Luigi Cadorna 14, Bagnacavallo (RA)

Promossa da: Comune di Bagnacavallo

Organizzata da: Museo Civico delle Cappuccine