di Silvana LAZZARINO
Intervista ad Eugenia Serafini *
2 parte
Artista, di fama internazionale, poetessa di successo con numerose mostre in Italia e all’estero e prestigiosi riconoscimenti e premi assegnatile durante la sua luminosa carriera, Eugenia Serafini, nata a Tolfa e attiva tra Roma e la Toscana, oltre ad essere una pittrice molto richiesta a livello internazionale è installazionista e performer, nonché giornalista, direttore responsabile della rivista semestrale dell’Artecom-Onlus Accademia in Europa per gli Studi Superiori “FOLIVM” miscellanea di scienze umane, dedicata alternativamente alle Antiquitates (dalle origini al 1492) ed ai Periodi moderno e contemporaneo (dal 1493 ad oggi), E’ stata anche docente presso l’Università della Calabria, all’Accademia di Belle Arti di Carrara e all’Accademia dell’Illustrazione e della Comunicazione Visiva di Roma.
Tra i numerosi premi e riconoscimenti ricevuti da sottolineare quello de “Le Rosse Pergamene, Poesia d’amore 2018, Sezione speciale Poesia e pittura “Dall’emozione all’immagine” con una raccolta di poesie d’amore dedicate a Roma tema richiesto dal concorso che accanto a Roma quale altra opzione aveva indicato la regione Calabria. Ideatrice e fondatrice di questo Prestigioso Premio “Rosse Pergamene del Nuovo Millennio” è la nota scrittrice e poeta Anna Manna organizzatrice di eventi culturali e donna di grande spessore umano e professionale che da circa diciotto anni anche grazie a questa manifestazione ha voluto valorizzare la cultura nel creare scambio e interazione attraverso la conoscenza che rende liberi.
Le opere di Eugenia Serafini si trovano in collezioni, musei e archivi di diversi paesi quali: Francia, Germania, Egitto, Lituania, Norvegia, Romania, Ucraina, Uruguay, Argentina e molti sono i premi e riconoscimenti ricevuti tra cui i più recenti: “Premio Artista dell’amo” al Premium International Florence Seven Stars Firenze 2016, la “Targa alla Carriera” dal Comune di Tolfa nel 2014 e il “Leone d’Argento” per la Creatività 2013 alla Biennale di Venezia.
Nel suo percorso ha guardato costantemente ad una contaminazione tra le arti utilizzando e fondendo gli apporti di diversi rami creativi: da quello visivo-digitale a quello teatrale, poetico e musicale. In questo senso le sue installazioni performance mirano a creare una nuova sinergia di emozioni coinvolgendo più sensi in una sorta di arte totale e in questa prospettiva ha dato vita a opere di grande suggestione come le Performances, “Canti di cAnta stOrie”, Roma 2008 e l’installazione “Nuvola” portata fuori presso l’ambiente dell’Eur sotto il Colosseo quadrato in cui si avverte un forte valore estetico ed esistenziale restituiti da una cascata di immagini realizzata su cartoni che scendono lungo la gradinata. Su queste tre “Nuvole” si possono vedere i cicli della natura, della vita a ricercare l’armonia attraverso la stessa natura poiché l’uomo da solo non riesce a trovarla, mentre la natura recupera sempre quell’equilibrio necessario per rinascere ogni volta.
Tra i suoi insegnamenti presso Università e Accademie, mi soffermo nel citare quello presso l’Università della Calabria dove Eugenia Serafini è stata chiamata per chiara fama per la docenza dei Moduli di Disegno nel Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria. Dal 1999 al 2013 ha insegnato Disegno sempre con quell’entusiasmo e passione che la caratterizza valorizzando il rapporto tra studenti e docente attraverso la sua capacità nel dare voce ai talenti e alle qualità dei suoi allievi, grazie anche al suo metodo volto alla Creatività utilizzato quale “strumento di autoeducazione in una osmosi docente-discente”. Come la stessa Serafini scrive nel manuale “Il Teatro in scatola– Teoria e tecnica di autoeducazione creativa”,( Artecom Roma, 2004,p.44): «La creatività è uno dei mezzi più interessanti di cui disponga l’uomo per indagare la conoscenza, per apprendere e restituire alla comprensione propria e altrui ciò che si è “conosciuto”. Essa ci permette di attuare un percorso di educazione continua su noi stessi e sugli altri, di non annoiarci quando altri si annoiano, di non chiudere mai la finestra sulla “curiosità” e sul sapere e, soprattutto, di stimolare all’apprendimento e alla conoscenza i più piccini, lasciandoli giocare, divertirsi e crescere nel “sapere”.»
7 Lo scorso 7 dicembre 2019 presso la Sala Cinema del Macro. Asilo di Roma hai realizzato un incontro di grande spessore dedicato al tuo “Autoritratto” con ospite d’onore l’Ambasciatore d’Italia S. E. Gaetano Cortese. Durante questo prestigioso evento hai non solo restituito l’alto valore della tua arte sul piano espressivo e contenutistico, ma hai saputo riunire ogni linguaggio da te utilizzato per parlare delle emozioni dell’uomo e del suo vissuto, facendo riemergere fatti e situazioni legati a contesti sociali di rilievo come quello dei desaparecidos e della migrazione a partire da quella della nostra nazione di inizio secolo scorso. Mi vuoi parlare di questo evento così ricco e avvolgente dove vengono esaltati l’eleganza e l’energia del corpo e della voce, l’armonia e il ritmo del gesto e della parola in una sinestesia visiva e d emotiva che ha conquistato il pubblico?
–Realizzare il mio “Autoritratto” nella Sala Cinema del Macro Asilo, Museo di Arte Contemporanea di Roma il 7 dicembre 2019, è stato motivo di grande orgoglio per me, poiché essere invitata in quel luogo dove tanta Arte si svolge e si mostra nella Capitale d’Italia, non è cosa da poco. Grande è stata anche l’ansia nell’affrontare l’evento, nello scegliere come e cosa presentare del mio lungo cammino artistico polivalente, tra arti visive e scrittura poetica, video e narrativa, anche per la presenza di un Ospite d’Onore del livello dell’Ambasciatore dr. Gaetano Cortese che ha accolto con grande gentilezza e apertura culturale di presenziare e presentare la mia pomeridiana al Macro.
Dunque ho diviso il Programma in tre parti, in modo da fornire un ritratto complessivo, certo non esaustivo perché impossibile, ma almeno capace di dare ai presenti l’emozione di alcuni passaggi del mio fare Arte. Dopo la garbata introduzione dell’Ambasciatore Cortese ho presentato alcuni miei video: “Nuvola”,” Le Vie del Sacro”, ”Donne”,” Wunderkammer: Raggi Cosmici”, commentandone le motivazioni che li hanno originati, il senso, la poetica e avvalendomi per ciascuno del contributo prezioso di personalità della cultura che, conoscendo il mio percorso, potessero darne una ulteriore chiave di lettura. Così il prof. Gualtiero Harrison, Professore Emerito Confermato di Antropologia Culturale dell’Università della Calabria, ha chiosato il video “Donne”, dedicato alla tragedia del “femminicidio”: come donna e come poeta sono molto sensibile a questo crudele fenomeno che si abbatte sule donne e ne ho fatto motivo di intervento nel video suddetto, filmando un murale del quartiere dove abito e dove ho lo Studio artistico, il quartiere S. Lorenzo a Roma, accompagnandolo con un mio testo poetico. “Nuvola” (1994) aveva già incorporato un suo commento esaustivo e invece sono intervenuta dal vivo per “Le Vie del Sacro” (1995), una Ambientazione realizzata in Italia e all’estero, da Milano Studio D’ARS, a Roma Centro Di Sarro, a Cosenza Casa delle Letterature e Galleria Il Sagittario, Luxor (Egitto) University of Fine Arts, Krotone Teatro Olimpia, che nel tempo si è arricchita di altri valori, legati per ricostruire la personalità centrale della Donna nella Storia dell’umanità.
“Wunderkammer: Raggi Cosmici”, rappresenta invece una sperimentazione unica nel suo genere, poiché è una vasta Ambientazione artistica, risultato di due creatività che si incontrano e si fondono nella ricerca di una interpretazione comune tra Scienza e Arte. Infatti sono stata chiamata a focalizzare senso e significato del fenomeno dei muoni, raggi cosmici di origine non ancora completamente definita, con il contributo di due grandi teleri del mio Ciclo “Con la testa tra le Nuvole”, alcuni specchi e uno strumento rilevatore dei muoni costruito dal fisico dr. Valerio Bocci, studioso di notevole profondità e ingegno che da ragazzo è stato mio studente e mi ha voluta come artista per questa esperienza pienamente riuscita e messa in opera al Festival TolfArte 2017. Per coadiuvarmi nel commentare il Video che riprende questa Ambientazione, ho chiamato sul palco della Sala Cinema il fisico Valerio Bocci, affinché insieme potessimo meglio portare al pubblico la nostra esperienza.
La seconda parte, invece, l’ho dedicata alla Performance teatralizzata dei miei testi tratti dalla raccolta “Canti di cantaStorie” (Ediz, Artecom, Roma 2008), dedicandola ad alcuni aspetti tra i più toccanti del XX secolo: la tragedia dei Desaparecidos degli anni ’70 in America Latina e intitolata “Donde estan?” e le “Migrazioni”, partendo dall’Italia con un riferimento personale, per me molto coinvolgente, alla migrazione in Australia di mio nonno Carlo Magno, per arrivare alle migrazioni contemporanee. Questa seconda parte ho voluto interpretarla con il Maestro Luigi Rendine, attore, regista e direttore dell’Accademia di Arte Drammatica Pietro Scharoff di Roma, con il quale io e l’Accademia in Europa di Studi Superiori ARTECOM-onlus abbiamo condiviso numerosi eventi culturali e artistici. Devo aggiungere che personalmente, nutro per Luigi e sua moglie Eliana non solo stima come attori professionisti, ma anche un profondo affetto. L’emozione, il coinvolgimento del pubblico nascono dalla capacità interiore di esprimere con grande sincerità la commozione che dà vita a ciò che si propone, sfrondando tutto dal superfluo e portando in evidenza gli elementi più forti che emergono dalle esperienze di vita, dalla passione con la quale si sono vissute le vicende personali ma anche e forse, soprattutto, quelle altrui.
8 Tu Eugenia, sei stata una delle prime a realizzare performance e a lavorare in teatro proprio restituendo un modo nuovo di fare arte anche attraverso il corpo e la voce. Hai lavorato con Mario Verdone, figura di grande spessore sul piano umano e professionale: è con lui che hai avuto modo di aprirti a questo percorso di performance ancora non proprio conosciuto negli anni Settanta e Ottanta, o almeno poco utilizzato. Raccontami del tuo incontro con Mario Verdone e della tua esperienza di lavoro teatrale insieme a lui. A riguardo poi parlami anche di “Canti di cantaStorie – Il mio teatro di performance” edito da Artecom-Onlus nel 2008 svoltosi presso il Salone monumentale del Borromini della Biblioteca Vallicelliana, con presentazione di Mario Verdone, Cesare Pitto e Luigi Rendine e con introduzione a cura del famoso archeologo il Prof. Nicolò Giuseppe Brancato e Valentina D’Urso.
-Mario Verdone ha aperto un capitolo bellissimo e veramente significativo ed importante nella mia vita, sia come critico che come amico. Naturalmente sin dai tempi in cui frequentavo l’Università della Sapienza, il suo nome era già noto per gli appassionati di Teatro, Cinema e Arte come me; ma la nostra vera amicizia iniziò nei primi anni ’90, al mio ritorno a Roma, dopo l’esperienza della vita agricola a Tolfa e della casa Editrice a Civitavecchia. Infatti frequentando il “Lavatoio Contumaciale”di Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli, vedova di Filiberto Menna, il noto critico d’Arte), abbiamo avuto molte occasioni per parlare e scambiarci idee, approfondire un percorso culturale comune. Mio marito Nicolò Giuseppe Brancato ed io, lo andavamo a trovare spesso nel suo bellissimo attico di Lungotevere Vallati, sia per chiedergli collaborazioni con la rivista dell’Artecom FOLIVM, sia per mostrargli i miei lavori di poesia visiva e visuale, delle quali era non solo esperto, in quanto uno dei massimi studiosi del Futurismo, ma grande estimatore: la sua Collezione privata, di opere d’Arte del Futurismo e dei maestri del ‘900, era tra le più belle che abbia mai visto. Così si andò approfondendo anche la nostra collaborazione per realizzare eventi in comune: nel 1997 presi parte ad una esperienza interessante con Bianca, nel quale artiste, poeti/critici d’Arte e fotografe realizzavano un evento comune: le artiste facevano cravatte d’Arte, i poeti/critici ne sceglievano una senza sapere l’autrice, le fotografe avrebbero poi fotografato artista e poeta che indossava la cravatta. Mario scelse la mia “Cravatta rossa e blu”, una scultura leggera con collage di PVC rifrangenti e cangianti, su lastra offset riciclata e Rosetta Messori ci fotografò sul bel terrazzo di Mario, che mi disse: “Guarda che ‘un lo sapevo che fosse tua. M’è piaciuta e basta!” Gli piaceva quando si era in confidenza, toscaneggiare alla maniera senese, un piccolo vezzo che lo rendeva ancor più simpatico e familiare
Poi nel 1999 ho ideato per lui al “Lavatoio Contumaciale” che ci ospitò, la sceneggiatura e scenografia (realizzata con mie installazioni) di una serata di Poesia di teatro “Omaggio a Mario Verdone” recitata sui suoi testi poetici tratti dal libro “Ogni giorno, ogni vento”, dagli attori dell’Accademia Pietro Scharoff di Roma, diretta allora da Roberto De Robertis, con la partecipazione di Luigi Rendine, attore e regista e gli attori giovani dell’Accademia.
Fu un grande successo di pubblico e di critica e uscirono numerosi articoli sui quotidiani romani.
Furono veramente tante le occasioni per lavorare con e per lui, traendone insegnamenti continui di professionalità e anche profonda umanità. Mario non mancava mai alle inaugurazioni delle mie Mostre personali, delle Installazioni, alle mie Performance, per le quali amava scrivere bellissime introduzioni critiche, partecipava alla mia Rassegna Internazionale Multimediale di scrittura e arti “L’Albero delle nostre parole”, con approfondimenti critici ma anche leggendo volentieri le sue poesie o duettando con me, con una sapienza interpretativa tutta speciale che arrivava dritta al cuore dei partecipanti. Ha scritto per la mia Monografia un testo profondo esprimendo grande stima per tutto il mio fare arte, ha presentato le mie fiabe “Les oiseaux” e “L’uccellino d’argento”, la raccolta “Canti di cantaStorie: il mio teatro di Performance” Roma, 2008) e non ha mai esitato a scrivere lettere di presentazione per le Università dove ho svolto i miei Stage artistico/Culturali. Gli piaceva anche collezionare le mie opere: dal Falchetto alla Mariposa, ai Cavallini, agli acquarelli del “Bestiaire d’Amour” e mi chiedeva sempre: «Ma come li chiami tu?… »
Fu tra i protagonisti della Rassegna “Favolando”, Marzo 2006, che avevo strutturato per i Bambini della Scuola Aurelio Saffi, per la Biblioteca dei Ragazzi di Villa Mercede, a Roma, nel mio quartiere di S. Lorenzo, insieme al prof. Nicolò Giuseppe Brancato che da buon archeologo, raccontava ai ragazzi “La Storia di Roma narrata sui muri”, a me che teatralizzavo le mie fiabe, all’ingegnere Gaetano Blundo che venne da Siracusa per Cantare le Storie dei Pupi siciliani…
Per parlare del lungo e proficuo rapporto professionale ed esistenziale, artistico che abbiamo intrattenuto io e la mia famiglia con Mario Verdone, non mi basterebbe un libro, perciò voglio chiudere riportando le sue parole sul mio operare artistico: «Apprezzo Eugenia Serafini, artista ben nota per mostre, performances e insegnamento praticato in Accademie d’Arte e nella Università della Calabria, e conosco i suoi scritti di teatro particolarmente dedicati al pubblico giovanile. Il teatro la interessa con una ricerca moderna, non tradizionale, che va dal teatro di figura (si veda il suo manuale “Il teatro in scatola”, Roma 2005) alla pratica di palcoscenico. La sua capacità di coinvolgere tanto il pubblico che gli studenti nei diversi aspetti della drammaturgia le hanno procurato consensi e stima, cui mi associo. Eugenia Serafini sperimenta da tempo un iter tipografico che acquista valori lirici, sfrutta la “visività” della lettera, la ingigantisce, la fa ornata, ora aggraziata ed ora forte, la rimpicciolisce. L’ispirazione letteraria diventa aerolirica, quasi trasparente, ché l’alfabeto stesso la suggerisce, come altrove la ottiene col colore e con i materiali metallici. E la sua presenza acquista funzione di pista di lancio per l’avventurarsi in vie inusuali, per affacciarsi nella ricerca e nella scoperta. Colpisce uno scritto di alcuni anni fa, sulla poetica della “Installazione”, forma che la Serafini teorizza e pratica nelle sue frequenti “Performances”, perché l’autrice vi afferma il suo intendimento complesso in cui confluiscono i segni dell’essere umano e del tempo: questo spiega la sua innata poliespressività … La sua fantasia è libera, ma si identifica nella natura disubbidiente a leggi prestabilite, nella materia che incontra e assoggetta alla sua sensibilità, fossero pure ritagli, cartone, metallo, e soprattutto “parole”, che nei versi diventano forme, ali, sogni, trasgressione, carne. C’è una costanza di poesia in tutto ciò che scrive, fa, tocca, compone e con-fonde, sempre inebriata di luce, di profumo di nuvole, con occhio che vince la notte e rende creativa, chiaroveggente, anche l’insonnia, possibile produttrice di “rivelazioni”. ..”È il tempo della magia che sta tornando” diceva Apollinaire nei suoi Calligrammes. Aspettatevi miliardi di prodigi” »(Mario Verdone, da E. Seafini, Canti di cantaStorie, Roma, 2008).
Voglio chiudere questa pagina con un ricordo prezioso della nostra amicizia. Ogni volta che Mario scriveva qualcosa, mi telefonava la mattina alle 9 sul cellulare, dovunque fossi, sulla freccia Rossa per Paola in viaggio verso l’Università della Calabria, o a casa a Roma o a Tolfa in vacanza e mi diceva: «Oh Eugenia, ho scritto una poesia. Ora te la leggo, ma se ‘un ti piace dimmelo e la butto via!» e ridevamo come due liceali che facessero, come avrebbe detto lui, una birbonata!
9 Con Eugenia Serafini la Poesia diventa Visiva senza perdere la qualità del dettato lirico, creando suggestive sinergie tra visione ed emozione attraverso cui gli stati d’animo sembrano uscire dai versi e liberarsi nella visione filmica. A riguardo possiamo citare la Silloge per Roma con cui sei stata premiata lo scorso 2018 al premio “Rosse Pergamene. Poesia d’amore”. Si tratta di un’opera poetica dal forte impatto visivo per la capacità di restituire nel verso e nella lettura la fascinazione di quelle immagini di Roma da te ricordate e rielaborate con grande sensibilità e forza evocativa. Hai sottolineato come tra poesia e pittura si crei un forte legame visivo ed emozionale e questo lo dimostra la tua pittura con la quale hai restituito nuovo spessore ai versi poetici, basti pensare agli omaggi per Quasimodo e Leopardi con due mostre di grande prestigio e bellezza curate dal Prof. Carlo Franza. Mi vuoi parlare di queste due esperienze artistiche con cui attraverso la tua pittura hai saputo infondere nuove emozioni alle liriche di grandi nomi della poesia italiana noti in tutto il mondo quali appunto Salvatore Quasimodo per i suoi 50 anni dalla morte nel 2018 e Giacomo Leopardi in occasione dei 200 anni dall’uscita della sua poesia “L’Infinito”?
Credo che alla prima parte di questa tua domanda abbia risposto la presentazione di Mario Verdone, perciò non tornerò sull’argomento. Le Mostre Personali del ciclo “SCENARI” curate da Carlo Franza, dedicate a Quasimodo l’una, a Leopardi l’altra, si sono svolte nel Palazzo Plus Florence; la prima in “Omaggio a Salvatore Quasimodo nel 50° della morte”, 20 Ottobre 2018 – 11 Aprile 2019; ”Omaggio all’Infinito di Leopardi” dal 30 Marzo 2019 al 30 Marzo 2020, a quest’ultima si è affiancata una grande Ambientazione intitolata “La Luna di Leopardi”, 22 Giugno 2019 – 19 Giugno 2020, che vede protagoniste ancora una volta le mie “GiralUne”, con le quali ho animato tutta la grande Terrazza del Palazzo Plus Florence, in occasione dello svolgimento del “Premivm International Plus Florence”, durante il quale una giuria internazionale di professionisti, giornalisti e docenti universitari presieduta dal prof. Carlo Franza, sceglie le personalità cui dedicare il “Premivm” nelle diverse eccellenze, dall’arte alla cultura, all’industria, alla musica.
Scrive Carlo Franza nella presentazione alla mia Mostra Personale “Omaggio all’”Infinito di Leopardi”: «L’infinito è nel cuore dell’uomo, e non altrove, citando Henry de Monthelant. Non c’era migliore occasione per Eugenia Serafini che far vivere la poesia in modo totale, anche interpretando e celebrando la commemorazione per i duecento anni del famosissimo idillio de “L’Infinito” di Giacomo Leopardi; mettendo in risalto iconicamente un topoi, un luogo, quel colle recanatese, ed anche quel silenzio esteriore ed interiore, quel mormorio del vento, quell’orizzonte lungo il mare, e altro ancora.»
E a proposito dell’Omaggio a Quasimodo: «È proprio l’arte e anche la poesia a certificare nel tempo gli incontri, le relazioni, le influenze nell’incontro pur a distanza con sensibilità, entità, anime ugualmente risonanti; lo è maggiormente in certe occasioni come questa ovvero la commemorazione per i cinquant’anni della scomparsa dell’illustra poeta italiano Salvatore Quasimodo (1968/2018), Premio Nobel per la Poesia, che ha innestato e dato spunto a un’altra illustre artista italiana qual è Eugenia Serafini poetessa anch’ella, a porgere l’omaggio con una mostra e una serie di dipinti, capaci di svelare il fondamento umano e lo slancio scopertamente alto del valore della poesia…I dipinti mettono in luce il mondo della Sicilia, della natura, dei luoghi cari a Quasimodo, pur attraversati dal mistero dell’esistere attraverso il filtro della memoria. Eugenia Serafini è in questo processo materico, segnico, creativo, moderno, artista impareggiabile, perché fa vivere il dato poetico, la parola di Quasimodo, il verso prescelto nei termini di una edificazione, di una restituzione oggettiva del reale ed esprimendo così anche tutte le potenzialità della pittura.»
10 Insieme ad Anna Manna affermata scrittrice e poetessa, ideatrice e Presidente del Premio “Le Rosse Pergamene del Nuovo Umanesimo” hai realizzato diversi eventi letterari e poetici. Bisogna sottolineare come le proposte culturali ideate da Anna Manna guardino all’interdisciplinarietà per dare voce a suggestioni di immagini e parole nel loro sovrapporsi e intrecciarsi entro questo tempo in cui ritrovare l’armonia con le tradizioni e il passato per proiettarsi con altri occhi verso un nuovo futuro. Avete in programma un incontro importante dove vi saranno diverse presentazioni di appuntamenti dedicati alla cultura in cui le arti tra poesia, pittura, fotografia nel loro infinito restituire le emozioni della vita, ritrovano nuovo respiro raccontando dell’uomo. Tra questi mi sembra che presenterete il progetto per l’Antologia “Le nevicate in Abruzzo” raccolta di liriche che puntando all’interdisciplinarità mira a riproporre la memoria delle manifestazioni tradizionali che hanno sempre accompagnato le festività natalizie in Abruzzo. Mi vuoi, se possibile, accennare a questo progetto e anche al recente libro di Anna Manna: “Ebbrezze d’amore, dolcezze e furori” edizioni Nemapress, con introduzione a cura di Neria De Giovanni, presentato con grande successo a Roma anche presso Palazzo Sora lo scorso 12 dicembre 2019?
Potrei dire che Anna Manna e io abbiamo vissuto e lavorato nella cultura su vite parallele, che solo recentemente si sono intrecciate, permettendo alle nostre esistenze di intersecarsi e con-fondersi e com-prendersi. Ed è stata una esperienza dovuta e necessaria. Dovuta dal destino e necessaria perché non si perdessero i nostri mondi creativi, anzi fossero portati a potenziarsi nel reciproco rapporto artistico, culturale ed esistenziale. Ci uniscono molti elementi, la lunga esperienza universitaria, l’amore per la poesia, la multidisciplinarietà, che ci porta a condividere progetti ed esperienze creative.
L’ultima pubblicazione di Anna, “Ebbrezze d’amore, dolcezze e furori”, Nemapress 2019, prefazione di Neria De Giovanni, è una straordinaria raccolta di poesie d’amore, ma amore in senso lato che spazia dall’amore sensuale, al sentimento profondo che emana dalla e sulla natura protagonista essenziale nella poesia di Anna, sempre e comunque, in una sorta di Pan/Eros che si nutre della bellezza del creato nei suoi elementi essenziali, acqua, aria, terra e fuoco, ma sa scendere al singolo particolare apparentemente anche di poca evidenza, come un fiore di campo, una passeggiata nei boschi, il nascere di nuove foglie, un odore di salsedine: tutto confluisce nel suo fare poesia. Anna è POETA, totalmente, ineludibilmente POETA.
Ogni suo sguardo, ogni moto dell’animo, ogni riflessione si trasforma in parola scritta e detta nel verso che fluisce libero, apparentemente spontaneo e invece è assolutamente esatto nell’immagine, nel colore, nel tono che struttura con sapiente costruzione l’assemblage poetico, mentre dal verso iniziale messo lì quasi distrattamente, procede l’approfondimento dei sensi e dei sentimenti, in una enfasi che procede fino a trovare il suo zenit e quindi distendersi nel ritorno alla serenità o altrove nell’insinuare il dubbio finale che riapre inaspettatamente la tensione: Di questa straordinaria raccolta, che chiude con “Le poesie d’amore per Roma”, che non poteva non essere soggetto d’amore per Anna Manna, «Quando la salutai / Roma / si volse appena, / era intenta a giocare / tra le braccia del vento.» (Partire da Roma, p. 180)
Mi fa piacere citare questa mia notazione dal brano critico che ho dedicato alla poesia “Maggio inoltrato a Porto S. Stefano” (p.66), che è parte della raccolta su citata: «…in questa chiave di lettura tra sofferenza e timore per la società che si rivela in crisi etica e sociale e per contrasto l’amore per il vivere con pienezza gioiosa l’esistenza di cui la Natura è parafrasi, si racchiude e nel contempo si svela il sentimento esistenziale di Anna Manna.» (p. 166/167).
Essere invitata a fare parte attiva nei suoi progetti, dal Premio Le Rosse Pergamene del Nuovo Umanesimo a I Poeti Ebbri…di Colori, all’antologia “Le nevicate in Abruzzo”, non può che essere motivo di gioia per la stima e la concordanza di intenti e mete che ci uniscono esistenzialmente, culturalmente e programmaticamente.
Silvana LAZZARINO Roma 21 giugno 2020