di Rossana CASTROVINCI*
Rossana Castrovinci, storica dell’arte
Laureata in Lettere presso l’Università di Roma Tor Vergata e in Studi Storico-Artistici presso l’Università Sapienza di Roma, nel 2012 ha conseguito presso quest’ultima il Dottorato di ricerca in “Strumenti e Metodi per la Storia dell’Arte”. Ha pubblicato saggi in raccolte collettanee e articoli su riviste specializzate; ha pubblicato la prima monografia sul pittore Vincenzo Tamagni da San Gimignano, collaboratore di Raffaello (2017) e ha in preparazione un volume monografico sull’architetto Giovanni Vasanzio, legato alla famiglia Borghese (uscita prevista dicembre 2021). Collaboratrice nel progetto FIRB Gli Orsini e i Savelli nella Roma dei Papi. Arte e mecenatismo di antichi casati dal feudo alle corti barocche, II unità di ricerca, Università di Salerno, DISPAC, ha svolto indagini sulla stamperia Fei di Bracciano e sulla produzione calcografica commissionata dagli Orsini o a loro dedicata. Con questo articolo inizia a sua collaborazone con About Art.
Il desiderio di voler tramandare alle generazioni future le storie, le imprese e la fama di singoli personaggi o di interi casati ha da sempre affascinato artisti e nobil signori, e due esponenti della famiglia Orsini del ramo di Bracciano anteposero al culto della propria persona quello degli avi, consapevoli di preservare preziosi strumenti per la comprensione della loro storia famigliare: il riferimento è a Paolo Giordano I1 e al nipote Alessandro2, il primo con l’Historia di casa Orsina3 (fig. 1)
ed il secondo con gli incompiuti Elogii di cento e più illustri personaggi di casa Orsina scritte da Gio. Campagnia con li ritratti disegnati da lui4 (fig. 2).
Alla figura del cardinale Alessandro, quando era ancora in vita, furono poi dedicate due interessanti operette in latino, incentrate su illustri antenati che, al momento della loro pubblicazione, erano accompagnate da due grandi fogli incisi che fungevano da antiporta5: i Chori militares6 e gli Ursini heroes7 (fig. 4).
Il primo componimento citato – attribuito a Giulio Rospigliosi (1600-1669), eletto papa nel 1667 col nome di Clemente IX – consta di 12 carte non numerate compreso il bel frontespizio inciso (fig. 3) in cui il titolo è posto a mo’ di iscrizione su una stele marmorea circondata da cinque medaglie con i ritratti degli avi Orsini cantati nell’opera – suddivisa in cinque cori, preceduti da elogi – accompagnati dall’iscrizione col nome dell’effigiato, ed altrettante cinque medaglie con motti riferibili a ciascun personaggio.
Entro la valva di una conchiglia è la medaglia con il ritratto del cardinale Alessandro, sorretta da due figure di orsa emblema araldico del casato: l’effige del cardinale sembrerebbe rifarsi al disegno di Ottavio Leoni datato al 1624 che fu, probabilmente, modello per un ritratto mai eseguito del cardinale e oggi conservato presso la collezione del The Fitzwilliam Museum di Cambridge. Analizzando il testo notiamo che ciascun elogio ed il coro relativo sono indirizzati ad un antenato il cui – presunto – ritratto è riportato nel frontespizio e cioè i fratelli Ursino e Primiano, quindi Matteo Rosso Orsino, Raimondo Orsini Del Balzo, Paolo Orsini ed infine Virginio tutti presenti poi in un grande foglio inciso a bulino di Francesco Villamena, eseguito su disegno preparatorio di Andrea Lilio8 (fig. 6), dal titolo Allegoria della famiglia Orsini (fig. 5).
I personaggi sopraccitati sono raffigurati a mo’ di allegorie trionfali al di sopra di un piazzale balaustrato, vestiti con corazze ed elmi con cimiero, armati di scudi, bastoni e lance, ai cui piedi stanno i corpi sottomessi dei nemici, tra cui, si riconosce in primo piano a sinistra, la figura di un turco raffigurato col classico turbante, riferimento alla battaglia di Lepanto del 1571 alla quale partecipò il duca Paolo Giordano I. Al centro – ai lati della personificazione di Roma seduta su di un trono posto su un alto plinto, che a sua volta regge in una mano una piccola Vittoria e nell’altra due corone d’alloro e con i due infanti, Romolo e Remo, che giocano con la lupa – sono i due fratelli Orsino e Primiano9, figli di Caio Orso Flavio (V sec. d. C.).
Alle loro spalle a sinistra Matteo Orsini Pater Patriae10. In primo piano a sinistra è Raimondo detto Raimondello11 (1350-1355 ca. – 1406). Dietro al gruppo centrale, sulla destra troviamo raffigurato il condottiero Gentile Virginio Orsini d’Aragona12 (1445 ca.-1497). Infine, in primo piano a destra, appoggiato al vessillo papale e con il bastone puntato sullo scudo su cui è raffigurato l’emblema dei d’Angiò-Durazzo, è il capitano Paolo Orsini signore di Gallese13 (1369-1416).
Nel passaggio dal modello all’incisione, Villamena – intagliando con maestria, riconduce la scioltezza del disegno a penna in un fitto reticolo di segni bulinati, convertendo alcuni particolari, come gli sguardi ribassati che nel disegno hanno certe figure, nell’incisione a una fiera espressione14 – eseguì alcune variazioni, inserendo i nomi dei personaggi sui piedistalli, l’arme del cardinale Alessandro sulla base del trono della Gloria e lo stemma dei D’Angiò-Durazzo; quindi, elimina le due raffigurazioni della Fama in volo, varia la posizione del braccio del personaggio di Matteo Rosso e la visione frontale della figura di Paolo Orsini girandola di tre quarti ed infine esegue i ritratti.
Si segnala una versione di questo foglio, conservata presso la Kunstsammlungen der Fürsten zu Waldburg-Wolfegg, opera di Edmé Moreau (1596-1648) che rappresenta un’Allegoria in onore di alcuni comandanti francesi15, in cui l’artista sostituisce gli stemmi e cambia i volti ai nuovi personaggi. Il rame del Villamena, infine, costituì un precedente tipologico dell’Allegoria in onore della casa Savoia di Claude Mellan su disegno di Simon Vouet16.
È chiaro, a questo punto, come l’incisione del Villamena e l’operetta siano collegate ed in questo ci viene in aiuto anche un Catalogo dei libri che trovansi vendibili presso Ferdinando Agostini dall’anno 1475 all’anno 1800 (Firenze 1841) in cui, nella parte relativa ai Libri antichi e moderni alla p. 225, segnata con il numero 5586, è indicata l’operetta attribuita al Rospigliosi «con frontespizio e tavola incisa»: l’incisione analizzata, dunque, era stata commissionata originariamente per farne l’antiporta al libretto.
Pubblicata senza il nome dell’autore è la cantata latina, stampata in quarto Ursini heroes immortalitatis in templo dedicati che fu
«eseguita nel Collegio Inglese in occasione della laurea in filosofia dell’alunno Thomas Neville con dedica del medesimo al cardinale Alessandro Orsini»17:
consta in tutto di 22 pagine numerate e di due fogli senza numerazione, frontespizio e ultima pagina, ed è divisa in nove parti, ciascuna delle quali celebra altrettanti illustri esponenti Orsini. Dal Franchi apprendiamo ancora che il fascicolo aveva un’antiporta che precedeva il frontespizio: questa risulta essere un foglio inciso di grande formato raffigurante Il tempio delle glorie degli Orsini, i cui autori erano Paolo Guidotti alias Cavalier Borghese, a cui dobbiamo il disegno, e Matthäus e Johann Friederich Greuter per la conversione a stampa, le cui firme sono presenti sulla destra e sulla sinistra in basso del foglio.
Un profondo porticato con una galleria in cui sono posti basamenti con iscrizioni sopra i quali poggiano busti di esponenti del casato fa da fondale alla scena; al centro del porticato vi è un tempio con tamburo e cupola su cui sono diverse figurette poste a coronamento tra le quali, in cima, una figura muliebre riconoscibile come una delle tre Parche. Sull’architrave la legenda, Vrsini Nomini Immortalitati, concetto sottolineato dalla presenza delle due allegorie della Fama incaricate di annunciare i successi con le loro trombe e scriverle su due scudi; quasi sul bordo superiore del foglio è l’acrostico A M D G, il motto di sant’Ignazio di Loyola, Ad Maiorem Dei Gloriam.
In primo piano sono raffigurati, intenti a scolpire, a sinistra Mercurio e la Divina Sapienza e a destra, Marte e Minerva, compito altresì affidato ad un folto stuolo di giovani aiutanti. Si fa notare la diversa disposizione dei busti che prenderanno posto nella galleria: a sinistra sono i componenti del casato che abbracciarono la vita religiosa, mentre a destra trovano posto i busti dei componenti laici della famiglia.
L’immagine mostra l’attento recupero storico compiuto da Guidotti, autore del disegno, coadiuvato con molta probabilità da Giovanni Campagna all’epoca intento nella compilazione dei suoi Elogii e, dunque, da considerare il più attento conoscitore del casato. Sebbene il foglio non sia datato, possiamo determinarne l’esatta cronologia grazie alla notizia riportata dal Franchi che, alla voce dedicata allo stampatore Giacomo Mascardi, scrive che una delle opere pubblicate da quest’ultimo nel 1620 e cioè gli Ursini heroes immortalitatis aveva come antiporta proprio questa incisione18.
Così come per l’incisione del Villamena, anche il rame dei Greuter padre e figlio è stato utilizzato anni dopo per celebrare un’altra famiglia, i Barberini: le due nuove tirature dei fogli eseguite nel 1654 e nel 1663 vedono l’avvicendarsi dei volti e delle insegne barberiniane al posto di quelli Orsini mentre le firme degli autori appaiono abrase19. Non è dato sapere il motivo per cui i due fogli analizzati non siano stati presi in considerazione del loro essere una riproposizione figurativa di quanto cantato nelle operette a cui facevano da antiporta.
È da ritenere probabile che la maggiore dimensione dei fogli incisi rispetto a quelle dei libretti a cui erano destinati, ha fatto sì che queste antiporte circolassero autonomamente nel mercato dell’arte, ed infatti la scrivente ne è venuta a conoscenza in prima istanza senza alcun riferimento alle due opere a stampa, a cui, invero, bisogna riferirle.
Rossana CASTROVINCI Palermo 21 marzo 2021
NOTE