” … finché l’acqua viva di un fiume non m’abbia mondato”. Il Viaggio di Enea. Da Troia a Roma. La mostra al Parco archeologico del Colosseo

di Nica FIORI

Presto, padre mio, dunque: sali sulle mie spalle, / io voglio portarti, né questa sarà fatica per me. / Comunque vadan le cose, insieme un solo pericolo, / una sola salvezza avrem l’uno e l’altro. Il piccolo Iulo / mi venga dietro, discosta segua i miei passi la sposa. (…) Tu, padre mio, prendi gli arredi sacri, i patrii Penati: / io, appena uscito da tanto massacro di guerra, / non posso toccarli, finché l’acqua viva di un fiume / non m’abbia mondato”.

Queste parole, che Virgilio fa pronunciare a Enea nel II libro dell’Eneide (vv. 707-720, trad. Rosa Calzecchi Onesti), sono alla base dell’iconografia dell’eroe troiano, che fugge dalla sua città in fiamme con il padre Anchise sulle spalle, il figlio e le statuine dei Penati per intraprendere un viaggio della speranza che lo avrebbe portato dopo un lungo peregrinare sulle coste del Lazio. Il fato ha voluto che Enea, in quanto ritenuto pio e giusto, si salvasse per poter portare i troiani superstiti in un’altra patria e dare origine attraverso Iulo (detto anche Ascanio) alla nuova stirpe da cui sarebbe nato Romolo, il fondatore di Roma.

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La mostra “Il viaggio di Enea. Da Troia a Roma”, ospitata all’interno del Tempio di Romolo nel Foro Romano, è incentrata sulla sua mitica figura, che appare ancora oggi di grande attualità perché rappresenta l’emblema dell’incontro possibile fra culture diverse.

E in questo bisogna riconoscere che Roma ha avuto una grande duttilità nel recepire come progenitore un profugo troiano (sia pure di origine divina, in quanto figlio di Afrodite), al contrario degli Ateniesi che vantavano origini autoctone, a partire dal primo re Cecrope che era nato direttamente dalla terra. È probabilmente grazie al mitico sbarco di Enea, cui credevano tutti, che Roma ha sempre accettato la diversità, tanto da arrivare con la costituzione antoniniana del 212 a estendere la cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero.

L’esposizione romana, ideata e organizzata dal Parco archeologico del Colosseo in collaborazione con l’Associazione Rotta di Enea, si inserisce in un progetto culturale che

consente di raccontare il viaggio e il mito di Enea attraverso preziosi reperti provenienti da tutta Italia, alcuni mai esposti in precedenza. Un modo per conoscere la storia di una rotta leggendaria le cui radici affondano nella notte dei tempi e che è entrata precocemente a far parte dei miti più antichi di Roma. Una rotta che oggi può essere valorizzata e ripercorsa anche grazie all’importante riconoscimento ricevuto nel 2021 dal Consiglio d’Europa, che l’ha inclusa tra gli Itinerari Culturali certificati e che ha visto il Parco archeologico del Colosseo tra i primi aderenti a questo network sin dal 2019”,

come ha dichiarato Alfonsina Russo, direttrice del Parco archeologico del Colosseo e curatrice della mostra, insieme a Roberta Alteri, Nicoletta Cassieri, Daniele Fortuna e Sandra Gatti.

2 Presentazione della mostra Il viaggio di Enea

La storia di Enea è presentata attraverso 24 opere (databili fra il VII secolo a.C. e la piena età imperiale), selezionate con cura e proposte secondo percorsi tematici chiave come le immagini dei protagonisti del mito, le raffigurazioni della guerra di Troia, il Palladio (oggetto sacro legato alla salvezza di Troia e poi di Roma) e infine lo sbarco nel Lazio e la fondazione di Lavinium. Un luogo questo dove le scoperte archeologiche hanno dato concretezza alla leggenda dell’eroe, come del resto gli scavi a Troia hanno confermato la presenza di uno strato della città (sui 10 ritrovati), che presenta i segni di un lungo assedio e di un successivo incendio.

3 Cratere apulo raffigurante Achille che trascina il cadavere di Ettore, da Ruvo, MANN

Tra gli artistici reperti in mostra si ricordano il monumentale cratere apulo a figure rosse prestato dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), datato al 370-360 a.C., raffigurante Achille che trascina il cadavere del principe troiano Ettore.

Dallo stesso museo provengono anche due affreschi rinvenuti a Pompei, uno dei quali rappresenta una rara raffigurazione del cavallo di Troia trascinato all’interno della città, mentre l’altro, scelto come immagine guida della mostra, raffigura Enea curato dal medico Iapige (episodio narrato nel libro XII dell’Eneide), dopo essere stato ferito a una gamba nel corso del combattimento contro i Rutuli.

4 Affresco raffigurante il cavallo di legno trasportato all’interno delle mura di Troia, MANN
5 Affresco raffigurante Enea ferito, da Pompei, MANN
6 Anfora attica raffigurante Enea, Anchise e Ascanio, MANN

Un’anfora attica a figure nere raffigura Enea, Anchise e Ascanio in fuga da Troia, secondo la consueta iconografia che vede Anchise sulle spalle del figlio (520-510 a.C., MANN).

Anchise doveva essere presumibilmente invalido – forse cieco – perché punito da Zeus in quanto aveva rivelato la sua unione con Afrodite. Una bardatura di cavallo (VII secolo a.C.), proveniente dal Museo Archeologico Nazionale dell’Agro Falisco a Civita Castellana, raffigura un uomo accecato da uccelli mentre una donna tiene un bimbo in braccio: figure che potrebbero corrispondere a quelle di Anchise e di Afrodite con il piccolo Enea.

Inerenti alla fuga da Troia sono due rilievi marmorei: uno, proveniente da Gaeta e conservato al MANN, raffigura la nave che trasporta l’eroe troiano, nel momento in cui sta per sbarcare, l’altro è un frammento, proveniente dal fregio della basilica Emilia, con Ascanio e parte della figura di Enea, prestato dalle Assicurazioni Generali.

7 Rilievo in marmo raffigurante Lo sbarco dei Troiani, da Gaeta, MANN
8 Frammento di rilievo dalla basilica Emilia

Un episodio mitico all’origine della guerra di Troia è raffigurato nel lebete a figure rosse proveniente da Ruvo di Puglia (360 – 350 a.C. Museo Nazionale di Palazzo Jatta) relativo all’amore tra Elena, la bella moglie del greco Menelao, e Paride. Questo lebete, una particolare forma ceramica utilizzata in occasione dei riti matrimoniali, ritrae un momento dei preparativi di Elena all’imminente unione amorosa con Paride, che la aspetta in piedi, nudo e con il copricapo orientale che lo identifica come troiano. Afrodite ed Eros vigilano sulla coppia, garantendo la loro protezione.

9 Oinochoe con il Giudizio di Paride, dal Museo archeologico nazionale di Paestum

Del resto era stata proprio Afrodite, dopo essere stata scelta da Paride come la più bella in una gara tra tre dee, a favorire quell’amore che avrebbe scatenato la guerra tra Achei e Troiani.

Grande rilievo viene dato nella mostra al Palladio, la piccola statua della dea Pallade Atena (corrispondente nel Lazio a Minerva) che si riteneva caduta dal cielo su Ilio, mentre il mitico re Dardano ne fabbricava il tempio. Di questo tipo di statua sono esposti l’esemplare frammentario in marmo proveniente dal Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga, retto dalla mano di un uomo (presumibilmente Diomede), e l’esemplare in terracotta a figura intera, del V secolo a.C., proveniente dal Museo Civico Archeologico Lavinium, nel comune di Pomezia.

10 Palladio, da Sperlonga

Secondo un oracolo la salvezza di Troia era legata al possesso del simulacro e pertanto i greci Ulisse e Diomede se ne erano impadroniti, per consentire la presa della città, ma, secondo un’altra versione riferita da Dionigi di Alicarnasso (Antichità romane, II, 66, 5), gli eroi greci avrebbero rubato una sua copia, mentre il vero Palladio sarebbe stato portato da Enea nel Lazio, come riferito anche da Plutarco (Camillo, 20, 6), e conservato a Lavinium.

Sarebbe stato poi collocato da Numa Pompilio nel tempio di Vesta, dove venne salvato da un incendio nel 241 a.C. dal pontefice massimo Lucio Metello, che ne risultò accecato.

11 Palladio dal santuario di Minerva, Lavinium

Molti secoli dopo sarebbe stato spostato in un altro tempio dedicato da Elagabalo al Sole invitto, sul luogo forse dove è la chiesa di San Sebastiano al Palatino, un tempo detta in Palladio o in Pallaria.

L’oggetto faceva parte delle sette cose fatali (pignora o paria, ovvero pegni o garanzie), dalle quali dipendevano, secondo il credo comune, la vita della città e la salvezza dell’impero, e pertanto gelosamente custodite nei recessi dei templi all’interno delle mura cittadine.

Enea, secondo la leggenda ripresa da Virgilio nell’Eneide, dopo essere approdato coi suoi Penati sulla costa del Lazio, venne accolto dal re Latino e, dopo la vittoria su Turno, re dei Rutuli, sposò Lavinia e fondò in suo onore Lavinium, una città che era stata identificata con il borgo di Pratica di Mare già nel Cinquecento, quando l’architetto Pirro Ligorio sostenne che il suo nome derivasse dalla parola “Patria”, nel senso che si trattava della nuova patria di Enea.

12 Palladio, da Lavinium, particolare

Gli scavi eseguiti nel XX secolo hanno permesso di scoprire che effettivamente nel luogo l’eroe troiano era ricordato come un suo fondatore; pensiamo alla presenza del santuario delle Tredici are, che era forse il luogo di riunione della lega latina, e del tumulo conosciuto come Heroon di Enea, ovvero il probabile cenotafio dell’eroe, che secondo il mito sarebbe scomparso nelle acque del fiume Numico oppure assunto in cielo.

Cuore dell’esposizione romana sono le statue in terracotta provenienti dal santuario di Minerva a Lavinium, prestate dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti: si tratta di statue di giovani offerenti (alcune mai esposte prima e restaurate per l’occasione), provenienti dal Museo Lavinium e dai magazzini, che rappresentano un significativo esempio dell’arte tardo-arcaica e medio-repubblicana del Lazio.

13 Statue di offerenti da Lavinium. Veduta d’insieme
14 Statue in terracotta, da Lavinium

Tutte queste statue votive, che in origine dovevano essere colorate, erano dedicate alla dea, per chiedere la sua protezione nei momenti di passaggio dall’età giovanile a quella adulta. Ci colpisce in esse la ricchezza di alcuni dettagli, che venivano applicati in un secondo momento, con la tecnica dell’argilla liquida, sulle terrecotte realizzate a stampo. La probabile statua di culto (rinvenuta nel 1977 e databile al V secolo a. C.), della quale è esposta una copia, è quella di una Minerva iliaca, che è stata chiamata Minerva Tritonia, rifacendosi all’invocazione alla dea “Armipotente, sovrana in guerra, vergine Tritonia” nell’XI libro dell’Eneide.

15 Minerva Tritonia, Lavinium

Alta circa due metri, ha un serpente sul braccio destro e altri serpentelli sullo scudo che poggia sulla testa di Tritone, il cui corpo è per metà umano e per metà a forma di pesce.

La mostra è indubbiamente di grande interesse storico e artistico e consente oltretutto di ammirare l’interno di uno degli edifici più integri del Foro romano, il tempio dedicato nel 309 da Massenzio al figlio Romolo, morto in giovane età e divinizzato. Di forma rotonda, l’edificio conserva l’originario portone in bronzo affiancato da due colonne di porfido rosso con capitelli corinzi.

L’architettura si è straordinariamente mantenuta per via della sua trasformazione nel vestibolo della chiesa dei Santi Cosma e Damiano, ricavata in un’aula del Tempio della Pace e poi sopraelevata nella basilica superiore. Risalgono a questa cristianizzazione i resti di affreschi, tra cui quello del XIII secolo raffigurante Cristo in trono tra Maria Maddalena e Maria Salome.

Durante il periodo della mostra, dal 15 dicembre 2022 al 10 aprile 2023, il Parco archeologico del Colosseo ospiterà visite guidate a tema nel Foro romano e nel Palatino e una serie di conferenze incentrate sul mito di Enea e sul suo leggendario viaggio, secondo un programma che sarà pubblicato sul sito web ufficiale.

Nica FIORI  Roma 22 Dicembre 2022

IL VIAGGIO DI ENEA. DA TROIA A ROMA

15 dicembre 2022 – 10 aprile 2023

Parco archeologico del Colosseo, Tempio di Romolo al Foro Romano

15 dicembre 2022 – 10 aprile 2023

Orari della mostra: 9.30 – 16.00 (ultimo ingresso 15.45)

Per informazioni:  https://parcocolosseo.it/visita/orari-e-biglietti/