di Rita RANDOLFI
Ha inaugurato il 24 giugno nella splendida cittadina di Arezzo la mostra collettiva “Fiori dal mal” curata da Danielle Villicana e Maurizio D’Annibale e ospitata nello storico spazio di via Cavour 85. Già nel titolo si intuisce la fonte d’ispirazione e lo scopo dell’esposizione, che parafrasando il titolo della celeberrima raccolta di poesie di Charles Baudelaire, di cui peraltro il 9 aprile si è celebrato il duecentesimo anniversario della nascita, vuole comunicare un messaggio di speranza: i fiori della creatività sbocciano sulle macerie di una pandemia che ha segnato profondamente la psiche di ciascuno, obbligando a modificare radicalmente abitudini e stili di vita. Ma i colori, la gioia di vivere ed il sorriso contagioso dei due curatori e proprietari della Galleria di via Cavour 85, che oltre a celebrare dieci anni di attività, con centotredici mostre, aprono un nuovo spazio sulla stessa strada al civico 113, proprio in prossimità della casa di Giorgio Vasari, rendono tangibile il desiderio incontenibile di rinascita che accomuna tutti in questo momento.
La mostra, inserita nel ciclo ARTwalk + tour gastronomico ITALY”, “Camminare con l’arte”, vuole accompagnare il visitatore a scoprire le bellezze artistiche e le prelibatezze culinarie di Arezzo, nel tentativo di rilanciare un indotto economico estremamente connesso con il turismo culturale, includendo, oltre le due gallerie già citate, anche due studi privati ESMERARTE creazioni artistiche e RARO Raffaele Rossi.
Quaranta gli artisti di diverse nazionalità che hanno aderito all’iniziativa.
Alcuni di loro hanno tratto spunto proprio dai fiori, come Catia Tucci (fig.1), che staglia la sua rosa rossa, come il sangue di chi è stato strappato alla vita, contro un cielo scuro, da cui si affaccia uno sguardo triste, quello di chi non dimentica, come sottolinea la croce bianca vista in scorcio, nella quale sembra di scorgere un’eco della famosa poesia Fratelli di Ungaretti, nel cui “cuore nessuna croce manca”, o come Giacobbe Giusti, che ispirandosi alle diverse versioni delle Ninfee di Manet, propone i suoi papaveri come macchie di colore, che spiccano su un prato delicato, o Florin Cimpoesu, che colloca il suo fiore davanti ad una doppia, onirica finestra, alla Magritte, al di là della quale si vede il mare in tempesta, metafora della vita (fig. 2).
I fiori sono ancora protagonisti dei lavori di Ernie Connelly con la sua magnifica calla su fondo scuro, di Sabrina Livi, di Giuliana Casi, di Curtis McElhinney, e soprattutto di Josiane Ester Bianconi. Quest’ultima è presente con due quadri, uno con una plastica, carnosa rosa canina su fondo scuro, un altro (fig. 3)
con una donna, vestita di un delicato abito costellato di fiori, che punta gli occhi verso l’osservatore, mentre sta rannicchiata su una sedia, posizionata su un pavimento in ciottoli che d’improvviso lasciano spazio ad un fazzoletto di giardino di margherite e papaveri, lambito da uno specchio d’acqua in cui, in lontananza, si vedono due fenicotteri ed un’isola. I ricordi della protagonista si perdono tra i glicini che pendono da un lato, il tavolino sospeso nel nulla, dove un melograno, simbolo dell’abbondanza e della donazione d’amore, mostra generosamente i suoi chicchi, accanto ad una caraffa trasparente che ospita un fiore, comunemente chiamato il “bacio”, in quanto è credenza popolare che i suoi petali-semi, soffiati dagli innamorati distanti, trasportati dal vento, raggiungano l’amato lontano, concetto ribadito dalla farfalla. Sulla parete retrostante altrettanto simbolica, decorata da fiori e foglie, un frammento di alveare, allegoria del lavoro, dove api operose producono il miele. Tutto è dolce, venato di una sottile malinconia, la stessa che si legge sul volto della donna, che “naufraga” come direbbe Leopardi, tra i suoi pensieri, forse scatenati da quel fiore posto ad ornamento dei capelli.
Carlo Fontana dispone il suo vaso di campanule su un tavolino blu di fianco ad un paesaggio di case geometriche e coloratissime, pervase di luce e di allegria. I due romantici innamorati di Lucio Meacci (fig. 4), che ricorda un po’ Chagall, per l’uso strategico dei colori, rosso, blu e bianco, e un po’ Matisse, per la linea sinuosa, si scambiano coccole ed un fiore su una strada deserta, fiancheggiata da grattacieli moderni, tra i quali in lontananza spicca una chiesa romanica, con il suo campanile, ricordo di un passato che si fa presente e viene preservato. Fiori sbocciano anche sui rami dell’albero in bianco e nero di Stefano D’Amico.
Denso di poesia è l’Omaggio a Baudelaire (fig. 5), di Patrizia Manni che ha gentilmente rilasciato un’intervista, durante la quale ha voluto raccontare la genesi del suo disegno a tecnica mista, raffigurante due foglie apparentemente adagiate su una superficie marmorizzata. L’episodio che l’ha ispirata risale a parecchi anni addietro: durante una tranquilla passeggiata l’artista, pensierosa, si chiedeva se una persona a cui si sentiva particolarmente legata sarebbe stata sempre presente nella sua vita. La risposta le è letteralmente piovuta dal cielo, quando una folata di vento ha trasportato proprio davanti a lei due foglie, di dimensioni diverse, unite non dal picciolo, come sarebbe stato più naturale, ma dal margine. Lei, felice, ha raccolto queste foglie, identificandosi nella più piccola, e le ha conservate gelosamente tra le pagine di un libro. Dopo qualche tempo al centro delle stesse si è formata come una macchia a forma di cuore.
Di recente la Manni, durante un momento difficile, ha ricevuto la visita di questa persona e ha deciso di omaggiarla con un regalo simbolico, le foglie unite, a suggello di un rapporto d’amicizia profondo e complice, pur se non intessuto di una relazione quotidiana, un sentimento che ricolma di energia positiva le due anime e le nutre di linfa vitale, come si intuisce dalle vene e dal sangue, ottenute con l’effetto del trompe-l’oeil.
Luce e linee che si rincorrono accentuano l’esplosione di colori dei dipinti di Dina Cangi (fig. 6), cui fanno eco le geometrie colorate e delineate da una linea nera che ricorda le strutture metalliche sostenenti le scaffalature di Nino Barone (fig. 7),
il “dripping” alla Pollock di Alexander Villicana, e l’astrattismo di Giuseppe Ciccia e di Antonella Cedro, quasi a contrasto con la pastosità della materia di Enzo Gambelli, cui si aggiunge la tendenza al monocromo di Elaina Sevillano. Interessante la ricerca espressiva con materiali diversi di Lucia Di Miceli (fig. 8) che ricama un filo di fiori al centro di uno spazio ben strutturato, giocato sul contrasto dei colori e dei segni.
La figura umana torna preponderante nelle opere di Carlo Lanini e di Ruth Weisberg, la cui ricerca si concentra sul corpo femminile, sensuale e malinconico al contempo, di Daniele Alfani il cui busto muliebre, trattato come un frammento di statua antica emerge da uno sfondo buio e puntinato, di Danielle Villicana D’Annibale, che sperimenta tecniche innovative,
nella visione onirica di Dario Polvani (Fig 9), dove sullo sfondo di una città metafisica, pervasa da una coltre di nebbia, due uomini muscolosi tentano di afferrare una donna, elegantemente vestita, che si libra in un volo leggero, di Raffaele Vitali, che omaggia don Bosco, di Lucjan Marku, che propone una visione di struggente tenerezza con la coppia di anziani in mezzo alla neve e di Vincenzo Calli, che torna sul tema dell’importanza della lettura, come fonte di riflessione e creatività, personificata dal volatile sullo sfondo.
Enrico Borgogni ricorrendo al ready-made, estrapola e associa oggetti dal valore altamente simbolico, mantenendo il bianco e nero, come anche Paolo Caponi.
Antonio Carbone lancia sguardi preoccupati verso l’osservatore, investito da un dialogo di segni e punti ripetuti sullo spazio bianco della tela (fig. 10).
Gianni Bigoni usa il collage per licenziare immagini dove geometria e colori si incontrano in modo dinamico e brillante, mentre Giancarlo Montuschi si ispira ai manifesti pubblicitari degli anni Sessanta, affidando ad un’entità aliena la possibilità di salvezza.
L’artista si distingue per la vivacità dei colori e le linee decise disposte in diagonale, che delineano spazi precisi, quello della casa, quello della coppia di giovani investiti dalla luce della navetta, la strada con la striscia bianca centrale ed il veicolo, tutti oggetti quotidiani sconvolti o meglio incuriositi da un’entità sconosciuta (fig. 11).
Oltre alla pittura la mostra ospita una sezione dedicata alla scultura e alla ceramica, con le opere di Maria Czako, Angela Fanny di Bella (fig. 12), Susan Leyland e Christopher Slatoff, che omaggia Vasari.
Un’occasione da non perdere, dunque, come ha giustamente sottolineato la professoressa Odile Dewar, che citando alcune frasi dello stesso Baudelaire, ha evidenziato come il ruolo dell’arte in questo momento storico particolare sia proprio quello di estrapolare la bellezza dalla crisi.
La mostra collettiva rispetterà il seguente orario: in Via Cavour 85 e Via Cavour 113 dal martedì al sabato dalle ore 16 alle ore 20 e dietro appuntamento nei restanti giorni. Resterà chiusa nei giorni 3, 4 e 5 lug, ma proseguirà fino al 14 luglio 2021. Ingresso gratuito. Le botteghe private saranno aperte nei loro orari consueti.
Recapiti utili: (+39) 338600559; tuscany@villicanadannibale.com; web: http://www.ARTwalkITALY.com.