di Chiara GRAZIANI
“Crudeltà”.
Come un sasso fra i piccioni, la parola del Papa piomba d’improvviso – e neppure troppo sorprendentemente – a sollevare le coscienze sulla sorte della sciagurata Gaza, da oltre un anno sotto il più letale e mediatizzato bombardamento della storia dell’umanità mentre le cancellerie del pianeta minuettano fra i sofismi sulla liceità dell’uso del termine genocidio per un’ecatombe – ad oggi – oltre le 45mila vittime (e mal contate).
“Questa non è guerra. Questa è crudeltà”, ha detto papa Francesco rivolgendosi ai rappresentanti della Curia romana ricevuti per gli auguri di Natale sabato 21 dicembre. In una guerra che è anche guerra di parole contro parole (“genocidio” contro “diritto a difendersi”, “crimini di guerra” contro sicurezza”), il Papa – che è anche un capo di Stato, per quanto senza divisioni – ha voluto scegliere una parola cristallina – crudeltà – sulla quale pochi sofismi sono possibili. La crudeltà a nessuno è concessa: è gratuita ed inaccettabile per definizione.
Francesco, parlando alla Curia, è entrato dritto nella questione usando questa parola allergica a compromessi:
“Ieri (venerdì 20 ndr) il Patriarca [Latino di Gerusalemme] non l’hanno lasciato entrare a Gaza, come avevano promesso; e ieri sono stati bombardati dei bambini. Questo è crudeltà. Questo non è guerra. Voglio dirlo perché tocca il cuore”.
Due i rimproveri. Il primo: negare quel che era stato promesso (per inciso ad una parte che non pochissimo sta facendo per favorire un accordo sul cessate il fuoco ed il rilascio degli ostaggi israeliani prigionieri di Hamas ed altre fazioni dal 7 ottobre). Il secondo: l’accanimento cieco, e dunque crudele, su tutta la popolazione palestinese, oltre due milioni di persone, bombardate senza sosta e cacciate – aggiungiamo noi – notte e giorno, come animali, da squadriglie di droni istruiti dall’intelligenza artificiale (si vedano, a riguardo, anche i resoconti di numerosi medici reduci da Gaza sulla strage sistematica di bambini).
Francesco, ovviamente, sapeva più che bene l’effetto che andava a suscitare. La reazione di Tel Aviv si è fatta attendere qualche ora, il tempo necessario a far battere le agenzie pochi minuti prima dei notiziari delle 20 del sabato. Inauditamente dura nei toni ma, a legger bene, anche prudente.
“False informazioni” recitava la nota, sarebbero state diffuse a proposito del permesso del Patriarca, Pierbattista Pizzaballa, di entrare a Gaza. Il permesso è stato concesso, si scrive, e Pizzaballa, infatti, ha poi potuto entrare a Gaza per celebrare Messa con i cristiani nella parrocchia della Sacra Famiglia:
“Siete la nostra luce – ha detto il cardinale celebrando con i bianchi paramenti natalizi – tutto il mondo è con voi”.
In quanto alla crudeltà, Israele ha accusato il Pontefice di “doppio standard”, di vedere solo il dolore dei palestinesi.
“Basta con i due pesi e due misure e con il prendere di mira lo stato ebraico ed il suo popolo….crudeltà è quando i terroristi si nascondono dietro i bambini”.
Un caso diplomatico a tutti gli effetti, di insolita durezza, anche se attenuato dell’ingresso, oggettivamente in ritardo, di Pizzaballa a Gaza. Il Papa non ha replicato direttamente all’attacco diplomatico, né altri l’hanno fatto per suo conto, come la Segreteria di Stato. L’anziano papa si è limitato a ripetere il concetto e – stavolta due significative volte – la cristallina parola “crudeltà”, rivolgendosi ai fedeli dopo l’ Angelus (che ha guidato domenica 22 non dalla finestra del palazzo apostolico ma, al riparo dal freddo, da casa Santa Marta per raccomandazione dei medici).
I discorsi post Angelus sono la summa settimanale delle preoccupazioni, dei dolori e delle intenzioni di preghiera di Bergoglio. Sono attesi ed analizzati da chi voglia interpretarne, per così dire, la linea ed i passi. Di rado, per dire quasi mai, hanno un solo focus: l’attenzione del Pontefice è universale in quanto “non politica” e non condizionata dal momento. Anche domenica 22 è andata così. Il Papa ha fatto sapere di continuare a seguire con “attenzione e preoccupazione” la drammatica crisi in Mozambico (persa di vista dall’informazione occidentale), ha garantito la sua vicinanza “a quanti hanno sofferto la recente tragedia di Calenzano” (l’ennesima strage sul lavoro, stavolta in un deposito Eni), ha salutato la delegazione di “cittadini italiani che vivono in territori che da tempo attendono la bonifica a tutela della salute” (la questione ecologica come questione sociale).
Il ritorno sulla crudeltà della non ineluttabile sorte di Gaza è arrivata dal Papa con coerenza ad ogni altra preoccupazione pastorale, come parte coerente dell’unico sogno di emancipazione umana che è alla base del pontificato bergogliano, che non fa scelte di parte:
“La martoriata Ucraina – ha detto – continua ad essere colpita da attacchi contro le città, che a volte danneggiano scuole, ospedali, chiese. Tacciano le armi e risuonino i canti natalizi! Preghiamo perché a Natale possa cessare il fuoco su tutti i fronti di guerra, in Ucraina, in Terra Santa, in tutto il Medio Oriente e nel mondo intero. E con dolore penso a Gaza, a tanta crudeltà; ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali… Quanta crudeltà ! ”.
Ripetere senza replicare. Se per Israele di caso diplomatico inedito si tratta, per Bergoglio di tratta di “dolore”, per una ferita all’umanità. Non sta alla diplomazia rispondere, ma al pastore, incalzato dal “dolore” e perché, dice, il suo cuore è toccato e gli è impossibile tacere. Sarà ascoltata la voce di uno dei rarissimi leader mondiali la cui autorevolezza non è in discussione? Il caso, per il Papa, non è diplomatico. E dunque non si asterrà, se necessario, a ripetere la parola “crudeltà”, ogni volta che lo riterrà necessario.
Chiara GRAZIANI Roma 22 Dicembre 2024