Francesco Petrucci presenta la “Presa di Cristo”: “Perchè a Palazzo Chigi? E’ il posto più idoneo. Non sono un ‘caravaggista’ ma l’autografia è evidente!”

P d L

Intervista a Francesco Petrucci sulla Presa di Cristo di Caravaggio

Il prossimo 14 ottobre verrà aperta al pubblico la mostra Caravaggio. La presa di Cristo della collezione Ruffo (Ariccia, Palazzo Chigi, 15 ottobre 2023 – 14 gennaio 2024), ove sarà presentato per la prima volta un dipinto di Caravaggio noto fino ad ora solo per le traversie di carattere giuridico che ha dovuto attraversare e che abbiamo ripercorso ampiamente anche su About Art (Cfr https://www.aboutartonline.com/il-caso-della-cattura-di-cristo-coll-bigetti-una-vertenza-durata-troppo-che-deve-far-riflettere-parlano-gli-avvocati/ ).

1. Caravaggio, Presa di Cristo, Mario Bigetti, già collezione Ruffo

Perché hai pensato di mettere a disposizione il Museo del Barocco romano per presentare il quadro? Te lo chiedo perché come sicuramente ricorderai a suo tempo fece scalpore e fu oggetto di molte critiche il fatto che il Direttore della Pinacoteca di Brera volle accogliere e presentare proprio dentro il museo il dipinto raffigurante Giuditta e Oloferne ritrovato a Parigi e ritenuto allora da alcuni studiosi di mano di Caravaggio.

R: Credo che Palazzo Chigi in Ariccia sia una sede particolarmente adatta a presentare un dipinto attribuito a Caravaggio, non solo perché qui durante la fase Savelli nella prima metà del XVII secolo era conservata la Negazione di Pietro, oggi al Metropolitan Museo di New York, ma anche per la presenza in quegli anni di numerose opere caravaggesche, compresi molti Gentileschi, padre e figlia.

Palazzo Chigi dall’Assunta (foto Daniele Petrucci)

La dimora infatti risale per quasi la metà dell’impianto all’ultima decade del ‘500, quando il pittore lombardo si stabilì a Roma, conservando il carattere severo del tempo,  compresi i rari parati in corame di ascendenza spagnoleggiante all’epoca molto in voga, il cui spirito austero non fu alterato dall’ampliamento berniniano messo in cantiere tra il 1664 e il 1672. Così è rimasto con qualche integrazione praticamente fino ad oggi. Non a caso Michele Placido ha deciso di girare qui, e non in altri palazzi romani, che come noto sono stati oggetto di notevoli trasformazioni nel corso dei secoli, diverse scene del suo film L’ombra di Caravaggio (2022)

Tu sei molto noto in Italia e all’estero come studioso esperto di arte barocca, particolarmente delle figure e delle opere di artisti quali Bernini, Baciccio etc; perché hai deciso di calarti ora nelle vesti di “caravaggista”? Non hai messo nel conto che qualche ‘esperto’ di Caravaggio ti possa accusare di occupazione abusiva di suolo, se possiamo dire così? Ed è una scelta che ritieni momentanea oppure pensi di continuare anche tu dentro questo percorso.

R: Io non mi ritengo esperto o specialista di nulla. Mi sono soffermato su alcuni aspetti delle arti a Roma tra XVII e XVIII secolo, ma considero sempre tutto in maniera molto problematica e fluida. Anzi, diffido degli “specialisti”, che dedicando tutta la loro vita ad un solo artista o ad una sola corrente, alla fine non conoscono né l’uno, né l’altra. Per quel poco di esperienza che ho maturato, non si può valutare adeguatamente un pittore, uno scultore, un architetto, se non si conosce bene tutto quello che c’è attorno. Questo ho cercato di fare nei miei studi, non privi di errori… Per la Presa di Cristo, sono stato contattato lo scorso anno da Mario Bigetti, proprietario del quadro, al fine di esporlo al pubblico ad Ariccia: ho accettato molto volentieri. Avevo preso visione del dipinto vent’anni fa nella sua bottega-emporio in via Laurina e ne rimasi impressionato; sono sempre stato convinto che si tratti di un’opera straordinaria! Eppure, come diceva il compianto Ferdinando Peretti, spesso i capolavori non vengono riconosciuti nemmeno dagli “esperti”… per questo motivo “Nando” è riuscito a raccoglierne tanti, quando passavano sul mercato internazionale sotto gli occhi di tutti, ma nessuno se ne accorgeva! No, non voglio essere annoverato tra i “caravaggisti”, non parteciperò a convegni, giornate di studio, colloqui, seminari, etc. che considero in gran parte dei casi inutili e noiosi, nel caso specifico di Caravaggio ripetitivi di cose già note, scritte e riscritte… Quante tediose monografie su questo iper-celebrato pittore sono state pubblicate solo negli ultimi anni? In fondo basta quello che disse Roberto Longhi per capire veramente Caravaggio.

Rispetto a quanto già si conosce del dipinto (l’esposizione a Palazzo Reale nel ’51 come copia da, poi i vari passaggi di proprietà fino all’acquisto da parte dell’antiquario Mario Bigetti) quali novità sono emerse che consentono di definire il dipinto autografo senza dubbio di Caravaggio? Si sa che sono state effettuate varie analisi scientifiche sul quadro; puoi riassumerne l’esito?

R: L’argomento è molto complesso, difficile da sintetizzare in poche parole. Certamente la pulitura e la rimozione delle invasive ridipinture, magistralmente eseguite nel 2003-2004 da Carla Mariani, ha fatto riemergere la qualità del dipinto e soprattutto la piena compatibilità con il modo di dipingere di Caravaggio, completamente offuscato anche dallo sporco, dall’ossidazione delle vernici, etc.

La restauratrice Carla Mariani ad Ariccia con il dipinto
2 Caravaggio, Radiografia della Presa di Cristo  (Davide Bussolari, 2023). Roma, Mario Bigetti, già collezione Ruffo di Calabria
3. Caravaggio, Particolare della cornice della Presa di Cristo. Roma, Mario Bigetti, già collezione Ruffo di Calabria
4. Caravaggio, Profilo della cornice, sulla Presa di Cristo. Roma, Mario Bigetti, già collezione Ruffo di Calabria

Questa e solo questa è la base dell’attribuzione. Tutto il resto segue… Gli inventari Mattei confermano in effetti la presenza di due versioni, la prima della quali, quella con la “cornice nera rabescata d’oro”, è a mio avviso proprio questa, che conserva la rarissima cornice originaria e persino il disegno del profilo della stessa riemerso sulla preparazione.

D’altronde Caravaggio fu pagato nel gennaio 1603 da Ciriaco Mattei per una Presa di Cristo “con sua cornice dipinta”, che lui stesso probabilmente aveva disegnato, la medesima presente negli inventari. Il dipinto passò attorno al 1624 al marchese Asdrubale Mattei, divenuto capofamiglia dopo la morte del fratello Ciriaco (1614), che commissionò a vari artisti una serie di quadri a soggetto cristologico, proprio attorno al prototipo caravaggesco, di cui presero le stesse dimensioni e simili cornici, quelle dell’opera in esame! Le indagini diagnostiche e soprattutto la radiografia (Davide Bussolari, 2003-2004 e 2023) hanno rilevato la presenza negli strati sottostanti di radicali variazioni in corso d’opera, oltre a numerosi particolari pentimenti, giustificando la priorità della versione in esame rispetto a quella di Dublino.

5 Caravaggio, Presa di Cristo (dopo la pulitura del 2003, part. volto di Giuda). Roma, Mario Bigetti, già collezione Ruffo di Calabria
  1. Caravaggio, Presa di Cristo (dopo la pulitura del 2003, part. volto di Giuda). Roma, Mario Bigetti, già collezione Ruffo di Calabria
5 Caravaggio, Presa di Cristo (dopo la pulitura del 2003, part. volto di S. Giovanni). Roma, Mario Bigetti, già collezione Ruffo di Calabria

Il dipinto, di cui si perdono le tracce dopo la morte di Asdrubale Mattei nel 1638, è a mio avviso quello che ricompare a Napoli nella collezione Vandeneynden e poi Colonna di Stigliano, simile al presente per le sue notevoli dimensioni, documentate dall’inventario redatto da Luca Giordano nel 1688, molto superiori a quelle di tutte le versioni note. L’ultima erede di tale ramo napoletano dei Colonna fu Cecilia Ruffo dei duchi di Bagnara, che negli anni ’30 del XIX secolo vendette il Palazzo Zevallos Stigliano e gran parte delle raccolte in esso conservate. Non a caso il quadro in mostra è stato acquisto nel 2003 presso i Ruffo principi di Scilla, nella cui collezione era confluito da molte generazioni, con provenienza da Napoli, sede principale della grande casata meridionale.

Come è noto della Cattura di Cristo si conoscono varie copie non di mano del maestro lombardo, ma la versione ritenuta per lungo tempo originale di Caravaggio è quella ospitata nella Galleria Nazionale d’arte di Dublino (e per alcuni studiosi ancora è così); nelle tue interviste a vari organi di stampa mi pare di aver capito che ritieni il quadro di Dublino una seconda versione anch’essa autografa del Merisi; ma se così fosse si deve ritenere che Caravaggio replicasse i suoi dipinti, tema su cui le opinioni come certo sai divergono.

R: In linea generale sono convinto che Caravaggio, come tutti i pittori d’ogni tempo, potesse replicare sue invenzioni, soprattutto nel periodo romano, quando non era costretto a spostarsi continuamente per le sue note vicissitudini giudiziarie. Il problema rimane quello della qualità, che dovrebbe consentire di discernere le copie dalle repliche, ma spesso non è cosa semplice. La versione di Dublino, rintracciata come noto da Sergio Benedetti che l’attribuì a Caravaggio nel 1993, a mio avviso è una replica, migliorata dal punto di vista iconografico e variata in numerosi dettagli, riducendo la composizione originaria sui due lati (è nata in tale formato, come hanno confermato gli studi che la riguardano). Questo allo scopo di suggerire una moltitudine attorno, in conformità con la narrazione dei Vangeli, inserendo anche due lance sulla destra, e contornando le figure di rami e arbusti, in riferimento all’Orto degli Ulivi o Giardino dei Getsemani. Nelle riproduzioni dell’opera, spesso pubblicata molto scura, non sempre sono visibili, ma ci sono e ben evidenti. Tutte le altre versioni, compresa quella di Odessa, che è la migliore ma ha una risoluzione piatta e schematica tipica delle copie (come fu possibile verificare alla mostra di Milano Caravaggio e l’Europa ove fu esposto nel 2005), sono evidentemente modeste derivazioni.

Come sai bene anche tu il tema “Caravaggio” è stato affrontato così tante volte, purtroppo anche da improvvisati esegeti privi di ogni credito, da rischiare ormai di annoiare o, quel che è peggio, da far perdere credibilità se non si è supportati da un apparato scientifico e didattico di primordine. In questo caso con chi hai potuto verificare la bontà e la autografia dell’opera?; ti sei confrontato con quegli studiosi che sul Merisi lavorano da decenni in Italia e all’estero ? Chi ti ha incoraggiato a promuovere questa manifestazione?

R: Il dipinto, sin da quando venne acquistato da Mario Bigetti nel 2003 e sottoposto a restauro, ha ricevuto solo conferme o giudizi propensi all’autografia, con pareri orali, scritti e dichiarazioni rilasciate a giornali o mezzi d’informazione.

Il dipinto ‘Bigetti’ a Palazzo Chigi nel momento del posizionamento

Tra gli studiosi favorevoli Sir Denis Mahon, Mina Gregori, Claudio Strinati, Vincenzo Pacelli, Maurizio Marini, John T. Spike e molti altri… Alcuni di queste opinioni sono riportate nel Decreto di Vincolo del quadro come opera di particolare interesse per la Nazione, emanato dal Ministero dei Beni Culturali il 2 dicembre 2004. Ho promosso questo evento perché credo sia tra le finalità di una sede museale, anzi un dovere istituzionale, presentare al pubblico un capolavoro di tale rilevanza praticamente sconosciuto, esposto per la prima volta dal lontano 1951 dopo il suo restauro. Ritengo infatti sia la più importante opera di Caravaggio riemersa negli ultimi cinquant’anni e non solo… Sono consapevole naturalmente che possa rappresentare anche un traino, dato l’enorme valore mediatico di Caravaggio, che va ben oltre i suoi reali meriti in campo artistico, per visitare il palazzo di Ariccia, uno scrigno miracolosamente conservato del passato, a chi ancora non lo conosca.

Infine ti chiedo se questa importante iniziativa a tuo parere può mettere la parola fine circa la questione di quale Cattura di Cristo sia l’originale, ovvero se non pensi di dover coinvolgere anche quanti studiosi sono tuttora incerti sull’attribuzione al Merisi dell’opera, magari organizzando sempre a Palazzo Chigi qui ad Ariccia un confronto (ad es. un convegno, una giornata di studi etc) aperto alle varie opinioni.

R: Come ti dicevo, io sono in linea di massima poco entusiasta di convegni, giornate di studio, tavole rotonde, che proliferano soprattutto in ambito accademico. Figuriamoci su Caravaggio che di convegni ne ha uno al mese… Tutti potranno vedere il dipinto, leggere il catalogo, ove ho cercato di argomentare dettagliatamente quanto qui appena accennato, ed esprimere i loro giudizi nelle sedi adeguate, compresa questa bella rivista che hai meritoriamente creato! A riguardo ti ringrazio per l’attenzione che sempre riservi alle nostre iniziative.

P d L Roma  11 Ottobre 2023