di Rita RANDOLFI
Duralar Duralex, di Giacinto Occhionero alla Kou Gallery di Roma
Si è inaugurata lo scorso 13 novembre presso la Kou Gallery di via della Barchetta n. 13 a Roma la mostra Duralar Duralex di Giacinto Occhionero, artista molto apprezzato negli Stati Uniti.
Il titolo dell’esposizione contiene in sé l’essenza dello stile di Occhionero, che si rivela uno sperimentatore di tecniche e supporti innovativi, combinati con segni, forme, ma soprattutto colori vivaci in direzione di composizioni astratte in grado di evocare sensazioni oniriche, ricordi lontani e vicini, sogni trasformati in pittura.
Giacinto Occhinero è nato Campobasso, ma si è formato all’Accademia di Belle Arti di Roma città dove vive attualmente.
Ha collaborato con Oliviero Rainaldi e realizzato un murales per Sol Lewitt presso il Palazzo delle Esposizioni. Ha all’attivo diverse personali nell’Urbe, la partecipazione alla Biennale di Venezia e numerose esposizioni presso la Kristen Lorello Gallery di Manhattan (NY).
Nella rassegna romana sono presenti lavori che coprono un arco temporale di circa sette anni. Si parte da quadri di piccole dimensioni, realizzati su duralar con colori che rinviano ai quattro elementi, terra, acqua, aria, fuoco, per giungere a nuove ricerche nel desiderio di conferire profondità e dinamismo alle opere. In Sliding doors (fig. 1) del 2021 Occhionero ha voluto giocare con il colore colato in senso verticale in più strati in modo da suggerire il movimento di porte che si chiudono e aprono, proponendo, proprio come accadeva nell’omonimo film, nuovi orizzonti e nuove avventure, esperienze che si concludono e altre che iniziano.
Come afferma il curatore della mostra Massimo Scaringella:
«La struttura di ogni opera è composta come l’espressione di un pensiero non verbale, trasformato in una struttura articolata e consolidata nella rivelazione della realtà».
Le macchie di colori puri, le forme circolari ripetute rinviano agli elementi della natura, ai fiori, all’interno di frutti, ai misteri della composizione dei minerali, alle murrine, costituite, come sono, da una parte centrale più chiara contornata da un colore più scuro, ogni volta diverso, talvolta accompagnato da un misterioso alone. L’accostamento a contrasto di colori spray primari e complementari, il diverso modo di catturare la luce, creano un dinamismo interno, un brivido di vitalità ed energia accentuato dai supporti riflettenti e, proprio per questo destinati a interpretazioni infinite, a dialoghi personali con ciascun osservatore attento.
Queste forme, che siano circles o drops, fluttuano nello spazio, lo costruiscono e lo negano al contempo, disponendosi talvolta su superfici lisce, tal altre crettate, in modo da far vibrare la luce e generare effetti di movimento, ricordando i mosaici bizantini o i maestri veneti del Cinquecento.
La linea sinuosa, accompagnata da una cromia sempre accesa e brillante, evoca esplosioni vulcaniche, visioni da aurora boreale, soffi di vita, occhi che scrutano un orizzonte perduto, imperscutabile. Nei quadri di formato orizzontale, in particolare in Blue Pluton (fig. 2), sono evidenti i richiami ai segreti dell’universo che si perdono in un occhio o in un fiore come la calla, con forse allusione erotica, e la ricerca dell’artista si concentra su tutte le possibili sfumature del blu, dell’azzurro del celeste restituendo l’immaterilità gassosa e la corporeità del colore.
Nei lavori in plexiglas, di dimensioni più importanti, l’artista talvolta rincorre le proprie emozioni evanescenti, tal altra si ispira alla realtà ed in Neck Bottle Head (fig. 3), la testa della bottiglia e il tira bouchon sembrano un’apparizione in un’esplosione di colori e di gioia «Il mio concetto dell’estate» ha detto l’artista «fatta di allegria, di buon vino, di perdita del controllo».
Abbiamo rivolto all’artista alcune domande:
-Chi sono maestri del passato che sono stati determinanti per la tua formazione?
R: Da studente, inizialmente J.M.W. Turner, dopodichè mi sono interessato soprattutto ai grandi maestri del ventesimo secolo che hanno spinto il senso di fare arte oltre ogni limite quali Picasso, Burri e Fontana.
–Guardando Blue Pluton viene in mente il mare, lo spazio, l’universo e la natura. Ci sono viaggi, luoghi, persone che in qualche modo hanno esercitato un influsso sulla tua pittura?
R: Sicuramente le numerose volte che mi sono recato a New York ho visto numerose opere dal vivo e mi sono immerso nel lavoro dei grandi artisti. Questo mi ha spinto a riflettere sull’approccio artistico e sulla necessità di sperimentazione pittorica.
-Quando partorisci un’idea, pensi già in maniera astratta o trasformi un’immagine reale in colori e forme?
R: Di solito, le pitture che eseguo fanno parte di cicli ed in quanto tali hanno tutte una sequenzialità. Quindi il concetto di idea come una dimensione a priori non è molto presente ma si sviluppa di pari passo con la forma. Non credo che ci possa essere una netta divisione tra figurativo ed astratto. Anche in alcuni lavori esposti in questa mostra, a prima vista, l’enigmatica astrazione può diventare una visione più concreta di una pittura figurativa.
-Ho notato che la maggior parte dei tuoi lavori non ha un titolo, ma viene indicata con un numero. Questo numero ha un significato particolare oppure il fatto di non decidere un titolo nasconde il tuo desiderio di lasciare libero il fruitore di immaginare?
R: In questa mostra sono esposti 10 lavori su duralar, una superficie estremamente sensibile al tocco pittorico, infatti umidità e temperatura dello studio incidono sulla resa finale. In effetti, è come se seguissi un flusso stagionale, direi un approccio “zen”, che mi fa caratterizzare il lavoro nella temporalità. I titoli numerati non sono altro che le date di fine esecuzione.
-Kandisky aveva svolto delle indagini sui colori e aveva associato ad ogni colore e ad ogni forma una sensazione. Tu che significato dai al colore? I colori rappresentano le tue emozioni?
R: Non posso dare al colore un significato univoco dato che i colori hanno un influenza psicologica, e quindi soggettiva, ma preferisco che sia il fruitore a determinare la propria emozione.
-Quali possibilità espressive in più ti danno i colori spray, il duralar o il plexiglas rispetto a tecniche più tradizionali?
R: I colori spray utilizzati sui supporti plastici hanno un’alta reattività e si prestano alla perdita di controllo ed all’errore. La padronanza che ne deriva è frutto dell’addomesticamento della materia.
-Nei tuoi dipinti vedo raramente linee geometriche o spezzate, mentre l’andamento dei cerchi, o dei drops, il segno fluido mi danno l’impressione di una ciclicità degli eventi. Questa linea costituisce un riferimento al tuo modo di concepire la vita o anche alla società “liquida” in cui viviamo?
R: Il duralar è un materiale che non permette correzioni fisiche di un certo tipo, delicato ed estremamente sensibile non mi permette il taglio della linea retta. Tutt’altra cosa è il plexiglass. Le interpretazioni di tipo baumaniano le lascio agli osservatori.
-Il periodo del lock down duro è stato un momento creativo per te? Quale pensi possa essere oggi il ruolo dell’arte e degli artisti? L’arte riveste ancora un significato nella società contemporanea?
R: Il mio momento creativo coincide con la chiusura nel laboratorio e durante il lock down questo non è stato possibile. Il ruolo dell’arte e degli artisti può assumere significati ed influenze delle più variegate. Innanzitutto bisogna capire cosa si intende per arte, dato che il concetto di storicizzazione dell’arte, con la caduta delle ideologie e la difficoltà di riferimenti storiografici, è diventato impossibile. L’arte avrà sempre un significato nella cultura contemporanea dato che è il suo respiro biologico, una smagliatura nella quotidianeità, un filtro o una ciocca di capelli dispettosi.
-Come si approcciano i giovani d’oggi all’arte? Quale, secondo te, il messaggio che deve arrivare ai ragazzi attraverso lo studio della storia dell’arte?
R: Generalizzando, i giovani d’oggi sull’esempio dei pochi artisti di successo, si atteggiano con una smania ed ambizioni arrivistiche fuori portata. Utilizzano svariati medium ma ne approfondiscono pochi, risulta difficile la verticalità nella ricerca. La conoscenza della storia dell’arte serve ad avere una consapevolezza nel proprio lavoro e ad evitare di sfondare porte aperte, ma è molto difficile. Avere una coscienza pulita non significa non averla mai usata ma utilizzarla sotto il peso delle testimonianze artistiche passate.
-La tua ricerca è sempre stata indirizzata verso l’astrazione o hai sperimentato anche una pittura figurativa?
R: In realtà ho sempre dipinto figure, naturalmente nel tempo mi sono interessato più agli sviluppi sperimentali del lavoro e quindi il risultato ha a che fare con maggiore soggettività per cui molti lo definiscono astratto.
-Pensi che il fruitore italiano sia ancora molto legato all’arte figurativa? E che invece il pubblico americano sia più aperto nei confronti dell’astrattismo?
R: Si, sia per convenzione che per tradizione culturale. In America quasi sempre l’arte figurativa viene fatta rientrare nella dimensione “Pop”.
-Nel tuo futuro vedi possibile una sperimentazione verso il figurativo ad altre tecniche pittoriche?
R: Non credo di poter abbracciare altre tecniche pittoriche giacché anche solo gocciolando colore sul supporto, si aprono possibilità infinite.
-Oggi quanto sono importanti i social per farsi conoscere dal grande pubblico?
R: I social sono diventati quasi determinanti per farsi conoscere, ma la vera promozione dell’artista non passa per questi suddetti mezzi, perché l’arte visiva per sua costitutiva natura è selettiva e non inclusiva.
Rita RANDOLFI Roma 28 ottobre 2021
La mostra è visitabile presso la Kou Gallery, Via della Barchetta, 13 Roma, fino al 14 dicembre, dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle 19:00, il sabato dalle 15:00 alle 19:00.
Ingresso gratuito