di Francesco MONTUORI
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M.Martini e F. Montuori
Nel 1606 Scipione Caffarelli Borghese, il cardinal nepote del papa Paolo V, decide di realizzare nel vasto parco del colle pinciano una nobile palazzina; essa divenne nel volgere di pochi anni la sua fastosa residenza. La villa, estesa per ben ottanta ettari e con un perimetro di quattro miglia, fu realizzata in due distinte fasi. Una prima fase prese l’avvio subito dopo l’acquisto di numerose vigne comprese fra la Porta Pinciana, le Mura Aureliane e il Muro Torto.
Seguiamo la narrazione di Alberta Campitelli che alla vicenda ha dedicato numerosi approfonditi saggi. Fino al 1615 tutte le energie del cardinale furono indirizzate nella realizzazione di una residenza modello, la più rappresentativa fra le numerose dimore che già possedeva in città e sui colli tuscolani, come era d’uso fare la nobiltà romana. Nel volgere di pochi anni fu avviata la costruzione del Casino nobile, l’attuale galleria Borghese, affiancato da due Giardini segreti e dal padiglione dell’Uccelliera, e furono realizzati i primi due recinti del parco con gli ingressi, le statue e le fontane (fig.1)
La costruzione del Casino nobile è tradizionalmente attribuita a Flaminio Ponzio, l’architetto di Paolo V, morto senza aver completato la fabbrica; la costruzione venne quindi portata a termine dal fiammingo Giovanni Vasanzio. L’edificio di due piani, sormontato da due torrette, aveva la facciata principale tutta decorata di sculture e bassorilievi, alleggerita da una terrazza loggiata con alcune statue sulla balaustra; la facciata posteriore era aperta al primo piano da una loggia che sarà chiusa in epoca posteriore (fig.2). I prospetti erano adorni di bassorilievi, ricchi di fregi, cornici e festoni; di numerosi busti e statue, quasi tutte antiche, “d’eccellente e meraviglioso artificio”.
La destinazione espositiva dell’edificio fu programmatica e pertanto tutta la successione delle stanze interne venne studiata in funzione delle opere d’arte che dovevano ospitare. Introduceva nel salone principale una scalinata con doppia rampa, quindi una loggia ricolma di sculture antiche che preannunciava le collezioni allestite nell’interno. L’intenzione principale del cardinale era di predisporre il Casino nobile all’esposizione delle collezioni di sculture antiche che stava acquisendo senza badare a spese.
Fino al 1615 tutte le energie del cardinale furono indirizzate alla trasformazione delle numerose vigne che aveva acquistato nella più rappresentativa tra le dimore che già numerose possedeva in città e sui colli tuscolani. Nel volgere di pochi anni fu avviata la costruzione del Casino nobile con i suoi giardini e vennero realizzati i recinti del parco con gli ingressi, le statue e le fontane.
Presto la Villa fuori Porta Pinciana divenne l’obiettivo maggiore della politica di rappresentanza del cardinale; la Villa seppur privata, grazie all’opera di Scipione era aperta a tutti i romani così da divenire il primo museo pubblico del mondo:
”Chiunque tu sia, purché uomo libero, non temere qui impacci di regolamenti; va pure dove vuoi. Queste delizie sono fatte piu’ per gli estranei che per il padrone.”
Cosi recitava un iscrizione posta all’entrata della Villa, a distinguere l’esemplarità di questo luogo pubblico rispetto alle altre ville dell’aristocrazia romana.
Dopo il 1615 prese avvio, per la storia della Villa Pinciana una seconda e diversa fase: Scipione la trasformò in una tenuta dai caratteri rurali dove non solo trovavano spazio culture produttive, ma potevano essere organizzate battute di caccia per intrattenere gli ospiti del cardinale. I documenti di archivio della famiglia riferiscono di consistenti lavori “per disegnare diritto li viali”, per allargare i percorsi esistenti e crearne di nuovi. Questa seconda parte della Villa corrisponde oggi alla creazione delle aree di Piazza di Siena (fig.3), del Giardino del Lago, della Valle dei Platani oggi in parte occupata dal Giardino zoologico.
In un dipinto del 1625 di J.Heinze (fig.4) sono ben evidenziati i parterre regolari ed è raffigurata l’Uccelliera con i Giardini Segreti cinti da mura;
una seconda immagine di Felice Delino del 1676, pubblicata nel volume di Giovan Battista Falda sui giardini di Roma, è ben visibile il Casino nobile con due dei Giardini Segreti, l’Uccelliera, lo spiazzo dove sorgerà la Meridiana mentre in secondo piano, al di là del bosco si nota la campagna che cinge la città (fig.5)
Negli anni 1680 -1688 Giovan Battista Borghese completa l’opera avviata dal cardinale facendo realizzare un terzo Giardino segreto, simile ai primi due voluti dal prozio e un padiglione, denominato della Meridiana, simile nelle dimensioni e nelle forme all’Uccelliera già esistente (fig.6). Nel 1700 gran parte del complesso era rimasta immutata con le sole introduzioni dovute a Giovan Battista.
La Villa divenne fra le mete favorite da amatori ed artisti che giungevano a Roma per il viaggio di formazione. Goethe la elesse come luogo di passeggio e vi si recò ripetutamente in compagnia di Angelica Kauffmann; qui scrisse le “Le Elegie Romane” ed “Ifigenia”; qui riflettè sulle critiche all’Egmont e lo corresse ampiamente; qui scrivera’ una scena del Faust.
Non mancava mai di passeggiare “un quarto d’oretta fuori dalla Porta Pinciana, luogo più delizioso e rimarchevole di tutta l’Italia”. A ricordo di questa frequentazione una statua di Goethe fu eretta nella Villa, al bivio fra viale San Paolo del Brasile e viale Goethe (fig.7).
Winckelmann, a Roma in qualita’ di direttore di Villa Albani, nella sua esplorazione del Casino e dei giardini studiò sulle sculture e giudicò la Villa “pura derivazione dell’armonia suprema”. Nel 1779 Antonio Canova ottenne dal principe Borghese “licenza di poter andare a disegnare” alla Villa; anche Tischbein scelse Villa Borghese come luogo della sua
“passeggiata preferita. La Villa ha tanti bei punti: valle, collina, gruppi di pini, un boschetto di lauri e un tranquillo lago ombreggiato da grandi platani”.
Nel Casino si intrattenne a lungo per disegnare “tutte le teste della Deposizione di Cristo di Raffaello”.
Nel 1775 Marcantonio IV Borghese avvia una campagna di abbellimento e di trasformazione della Villa destinata a durare fino alla metà del secolo successivo grazie anche alla determinazione dei suoi figli Camillo e Francesco (fig.8). I giardini furono trasformati in parte in giardini all’inglese e furono arricchiti di nuove fabbriche e di spettacolari arredi. Marcantonio IV Borghese incaricò l’architetto di famiglia Antonio Asprucci della ridecorazione della Villa Pinciana; per i successivi 20 anni Asprucci coordinò i lavori di ristrutturazione del Casino e degli altri edifici della Villa, la catalogazione delle collezioni e la sistemazione dei 125 acri del terreno circostante predisponendo numerosi disegni; i suoi elaborati sono oggi conservati presso gli archivi del Getty Museum di Los Angeles.
Antonio Asprucci aveva iniziato la sua carriera presso l’arch. Nicola Salvi, autore della Fontana di Trevi; fu responsabile del restauro del convento di Santa Francesca Romana e dell’ampliamento del Palazzo Odescalchi in piazza SS. Apostoli; divenne accademico di San Luca. A partire dal 1768 la committenza dei Borghese lo impegnò fino al 1808, anno della sua morte; come responsabile dei “lavori di muro” si occupò della manutenzione di tutte le fabbriche urbane e rurali ma, soprattutto, fu occupato dai lavori per il Palazzo e la Villa Pinciana. Lo coadiuvarono Francesco Rosi, esperto dei lavori ordinari dei giardinieri e delle sistemazioni degli spazi verdi e Nicola Fagioli, competente per gli acquedotti e le fontane e responsabile degli orologi.
Per più di trent’anni fu l’unico legalmente responsabile delle fabbriche e dei giardini della Villa; solo in un secondo momento venne coadiuvato dal figlio Mario. Mario Asprucci nasce nel 1764 e già nel 1786 con un progetto di straordinaria qualità, vince il premio del concorso Balestra indetto dall’accademia di San Luca. Costruì i suoi legami internazionali diventando amico del pittore inglese Jacob More che ben conosceva il modo di sistemare i giardini nel suo paese. Nel 1786 è significativa la sua partecipazione ai lavori intrapresi nella Villa: i progetti per il Tempio di Esculapio al Giardino del Lago (fig.9),
per tempietto di Diana, per il Casino della Cappella, comunemente oggi soprannominato il Casino di Raffaello (fig.10), infine per il nuovo ingresso alla Villa sul lato del Muro Torto. Ad un certo punto il principe Marcantonio cessò di dare tutta la sua fiducia ai due Asprucci per affidarsi a Jacob More, ritenendo il pittore inglese assai efficace e con una significativa esperienza dei giardini del suo paese; questi modificò la prevista vasca d’acqua del Giardino del Lago in un laghetto dai contorni più naturalistici e rimodellò il lago dell’omonimo giardino secondo le regole più naturalistiche del giardino “all’inglese” (fig.11).
Tra il 1785 e il 1787 Antonio Asprucci fu incaricato di erigere, nel Giardino del Lago, un tempietto per ospitare un’antica statua di Esculapio; egli affidò al figlio Mario gran parte dei disegni di dettaglio; per ottenere l’effetto di una “terribile cascata d’acqua” che doveva gettarsi nel laghetto a fianco del Tempio di Esculapio, Asprucci modificò un ramo dell’acquedotto per farlo correre ad un livello molto piu’ elevato: due colonne doriche sorreggevano un semplice architrave entro il cui spessore fu ricavato lo speco. Cosi le rovine di un colonnato greco divennero l’immagine che permise di far giungere al Giardino del Lago un reale acquedotto capace di alimentare il laghetto.
Il lago borghesiano fu ralizzato in brevissimo tempo e con moltissime spese; probabilmente il vero realizzatore del Giardino del Lago fu Jacob More, confortato da un proficuo scambio di idee e consigli con lo stesso Principe Borghese. Jacob More ne era entusiasta e in una lettera ai suoi collaboratori britannici scriverà:
”Il lago del principe Borghese è divenuto bellissimo poiché ne ho fatto raddoppiare le dimensioni facendo piantare gli alberi in una maniera pittoresca cui i Borghese non erano avvezzi.”
Il Giardino del Lago divenne ben presto famoso; oltre ad essere aperto al pubblico e luogo per le feste, divenne rifugio per gli artisti in cerca di pace e di ispirazione. La famiglia Borghese ne era tanto orgogliosa da posare in un celebre ritratto di Jacques Sablet del 1792 che ha per sfondo il Giardino del Lago con il Tempio di Esculapio (fig.12).
Secondo gli inglesi
“More forni’ agli artisti romani un modello di giardino all’inglese….scomparsi i viali, le terrazze, l’acqua liberata dalle costrizioni marmoree fluisce in un lago dalle forme irregolari”.
I lavori del Giardino del Lago si protrassero fino al 1793 con l’intento di arricchirlo di tutti quegli elementi pittoreschi ideati dal More, come la cascata, le isolette, le roccie artificiali e i salici piangenti; furono acquistate le piccole imbarcazioni; immesso nel lago pesce vivo. Il principe Borghese volle far acquistare per la Villa Pinciana la statua di Esculapio. Poco dopo l’Asprucci presentava al principe Borghese il disegno per collocarla nella cella del Tempio. Nel 1786 la statua venne trasferita nel nuovo tempietto a villa Pinciana.
Nei documenti di archivio si verrà a sapere che nel Giardino del Lago erano state collocate un corredo archeologico di gran valore: vasi e statue antiche, una Venere seduta; un grande tripode antico, un gruppo di tredici statue e due bassorilievi.
Attualmente sono rimasti due sarcofaghi, alcuni capitelli e il sarcofago con il mito di Fetonte che si trova oggi su un alto basamento presso uno dei viali che conducono al Lago; le altre sculture e fontane del giardino, che vediamo passeggiando, sono state collocate, casualmente, in epoche successive.
Tra il 1737 e il 1788 veniva compiuta la decorazione interna ed esterna del tempietto che Asprucci aveva concepito come fondale, lungo il viale cui faceva riscontro, all’altro estremo, il Tempio di Diana. Ma il principe cambio’ idea e, su consiglio di Jacop More, per adeguarsi al gusto del giardino all’inglese volle il tempietto raffigurato come una piccola isola in mezzo al lago. L’Asprucci aderì al desiderio del principe e ridusse il volume perche’ apparisse isolato “nel luogo che indi formossi” (fig.13).
Cosi il 20 ottobre 1787, Pio VI che volle visitare il Giardino del Lago ammiro’ i lavori compiuti e
“fu accompagnato dal sig. Principe Borghese al nuovo tempietto di Esculapio eretto in un’isoletta in mezzo ad un lago artificiale”.
Nella cella e’ la statua colossale di Esculapio sotto un arco sorretto da colonne di granito grigio con ricchi capitelli di marmo (fig.14).
Il tempietto trovò il suo impiego naturale per spettacoli, concerti e voli di palloni aereostatici, mentre il lago era solcato da barche infiorate che percorrevano le acque illuminate da torcie.
Le collezioni del Museo Borghese furono comprate dallo Stato italiano che nel 1903 acquisì anche il Parco e i Giardini, oggi aperti al pubblico romano ed internazionale.
Purtroppo le molte strade asfaltate per il traffico automobilistico, le demolizioni dei muri di confine, e sopratutto la perdita delle belle cancellate di recinzione, patriotticamente offerte alla patria in guerra, hanno reso i giardini fruibili di giorno e di notte, lasciandolo incustodito e soggetto al vandalismo e al furto.
Francesco MONTUORI Roma 14 novembre 2021