“Giovanna d’Arco” di Giuseppe Verdi apre con successo la Stagione 2025 del Regio di Parma.

di Claudio LISTANTI

Lo scorso 24 gennaio è partita la Stagione Lirica 2025 del Teatro Regio di Parma con una interessante ed applaudita esecuzione di Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi affidata ad una delle registe più importanti del momento, Emma Dante, ed alla bacchetta del giovane Michele Gamba che ha guidato con intensità l’esecuzione accompagnata da un’ottima compagnia di canto composta dal soprano Nino Machaidze, dal tenore Luciano Ganci e dal baritono Ariunbaatar Ganbaatar.

La scelta del Regio di Parma di riproporre uno dei lavori verdiani più controversi è senz’altro da condividere in quanto utile a porre l’attenzione su questa opera per osservarla da un punto vista più moderno e maturo.

Nella produzione verdiana, Giovanna d’Arco, è collocata all’interno di quel periodo dell’attività del musicista bussetano che va sotto il nome di ‘anni di galera’ caratterizzato da una frenetica e intensa produzione di opere, molte delle quali poco considerate dalla critica di allora producendo, così, una sorta di velato ‘ostracismo’ terminato in Italia nella seconda metà del ‘900 e conseguente a quel movimento etichettato con il nome di ‘Verdi renaissance’ che ebbe inizio, e prosperò, in Germania nel secondo quarto del XX secolo fino al primo dopoguerra grazie al pensiero ed all’impegno dello scrittore Franz Werfel e del direttore d’orchestra Fritz Busch.

Giovanna d’Arco fu composta nella seconda metà del 1844 e rappresentata per la prima volta alla Scala di Milano il 15 febbraio 1845. Segue di poche settimane la prima romana al Teatro Argentina de I due Foscari andata in scena del 3 novembre 1844. Poco prima della prima di Giovanna d’Arco Verdi fu impegnato, sempre alla Scala, ad una ripresa de I Lombardi alla Prima Crociata programmata per prolungare il costante successo che riscosse fin dal suo apparire nel 1843. Un’attività febbrile ed intensa, dovuta anche alla necessità di ottenere i dovuti benefici finanziari che consentissero al trentenne musicista di giungere alla sicurezza economica che una persona oculata come lui sicuramente propugnava. Ma il Verdi artista e musicista mal tollerava le forzature mentali e fisiche, perché il suo modo di comporre era basato sull’approfondimento di personaggi e situazioni per ottenere i quali era indispensabile dedicare tempo arrivando alla sua ‘maturazione’. Tale condizione si verificò, come tutti sappiamo, con i grandi capolavori della vecchiaia.

Fig. 1 L’impresario Bartolomeo Merelli in una immagine d’epoca.

Altra importanza storica di Giovanna d’Arco è quella di giungere in un momento in cui i particolari rapporti con la Scala stavano deteriorandosi. Bartolomeo Merelli geniale impresario che ne aveva fatto le sue fortune perché protagonista della ‘scoperta’ del genio di Verdi, era in un momento di difficoltà finanziaria. Ciò si ripercuoteva sulle produzioni teatrali e ormai, nel teatro milanese, le risorse disponibili erano destinate quasi esclusivamente alla scrittura di interpreti di primissimo piano trascurando però tutti gli altri elementi fondamentali per la costruzione di uno spettacolo d’opera. Tanto è vero che per Giovanna d’Arco furono scritturati cantanti di chiara fama come i coniugi Erminia Frezzolini soprano nella parte di Giovanna e il tenore Antonio Poggi nella parte di Carlo VII assieme al baritono Filippo Colini che interpretò la parte di Giacomo. Sicuramente tutti stimati da Verdi ma, questa situazione, contrastava con la visione d’insieme del compositore orientato piuttosto ad una produzione operistico teatrale a largo spettro.

Fig. 2 Il soprano Erminia Frezzolini prima interprete di Giovanna d’Arco in una immagine d’epoca.

Questo stato di cose costrinse Verdi ad interrompere la fattiva collaborazione con la Scala destinando ad altri teatri, italiani e stranieri, le rappresentazioni delle sue nuove creazioni. Tornerà, poi, in vecchiaia a dedicare al teatro milanese le prime assolute. Infatti da questo 1845 la Scala dovette aspettare il 1887 per avere, con Otello, una prestigiosa prima assoluta anche se nel frattempo Verdi presentò alla Scala opere create per altri teatri come, nel 1869, la seconda edizione de La forza del destino creata per Pietroburgo, la prima italiana di Aida nel 1872 e l’importantissimo rifacimento del Simon Boccanegra nel 1881, tappe comunque fondamentali per il riavvicinamento al mitico teatro milanese.

Fatte queste premesse di carattere storico la Giovanna d’Arco fu musicata su libretto di Temistocle Solera ispirato al dramma Die Jungfrau von Orleans (La Pulzella d’Orléans) di Friedrich Schiller. Anche questo elemento è importante per la vita artistica di Verdi perché con questa opera inizia l’ispirazione teatrale al grande drammaturgo tedesco che sui suoi drammi costruirà, poi, capolavori come I Masnadieri, Luisa Miller, parte de La Forza del destino per lascena dell’accampamento del terzo atto ispirata a Wallensteins Lager (Il campo di Wallenstein) per giungere al grande affresco storico-musicale di Don Carlos opera fondamentale per la produzione verdiana.

La Jungfrau di Schiller, scritta nel 1801, propone una Giovanna d’Arco diversa da quella storicamente narrata. Non una ragazza angelicata ma un’eroina romantica, innamorata e guerriera; che non muore sul rogo perché quando è legata al palo riesce a sciogliere le funi per andare a difendere la Francia e morire nel fragore della battaglia.

Temistocle Solera, librettista importante per il primo Verdi, rielaborò il libretto della prima opera, Oberto Conte di San Bonifacio e i due primi grandi successi, Nabucco e I Lombardi alla Prima Crociata, per i quali trasfuse quei fremiti ‘risorgimentali’ che animavano l’Italia di quel periodo. Per Giovanna d’Arco operò l’indispensabile semplificazione dell’opera schilleriana. Gli oltre venti personaggi dell’originale sono qui ridotti praticamente a tre, Giovanna, il padre Giacomo e il re Carlo VII ai quali si aggiungono altri due personaggi minori, Talbot e Delil relegati entrambi a ruoli di comprimari. ù

Nel libretto Giovanna è in bilico tra le visioni e i richiami angelici e demoniaci e l’eroismo da condottiera e, per di più, prova un’attrazione amorosa con il re Carlo VII che, a sua volta, si innamora della fanciulla. A contrasto c’è la figura del padre Giacomo che si oppone agli impulsi guerreschi della figlia ma che poi ne favorirà il desiderio di difendere il re contro gli inglesi nella battaglia che le sarà poi fatale. Un personaggio che può essere considerato il prototipo di altri ‘padri’ delle opere verdiane che lascia intravedere quello di Luisa Miller, come Rigoletto per arrivare fino ad Amonasro.

Fig. 3 Un momento di Giovanna d’Arco © Roberto Ricci Teatro Regio di Parma.

Giovanna d’Arco subito dopo la prima ebbe anche un discreto successo di pubblico ma poi cadde nell’oblio, forse superata dai successivi grandi capolavori o forse perchè poco apprezzata dalla critica. Ai giorni nostri è giudicata con più serenità ed è stata sicuramente rivalutata come ha dimostrato anche questa edizione del Regio di Parma. Gli ‘anni di galera’ le hanno nuociuto soprattutto nell’aspetto della continuità teatrale ma, indubbiamente, in essa emerge con forza il personaggio della protagonista che riesce a coniugare il lato angelico con quello più irruento dato dal piglio guerriero ed eroico che si accosta ai ruoli femminili del primo Verdi, come la precedente Abigaille del Nabucco e le future Odabella dell’Attila e, con le dovute distanze, la Lady di Macbeth, alle quali il musicista ha regalato una linea vocale spesso travolgente e stupendamente affascinante.

A noi spettatori del terzo millennio l’ascolto di Giovanna d’Arco fa capire che quest’opera giovanile contiene i prodromi di quella che sarà l’arte verdiana del futuro soprattutto in funzione della teatralità dell’azione che si sviluppa attraverso il superamento dell’opera a pezzi chiusi per giungere ad una azione fluida e coinvolgente. Ci sono in Giovanna d’Arco momenti di questo tipo come nel prologo e nelle scene con il padre Giacomo nelle quali è chiaro il sentore di quel declamato che sarà la caratteristica della maturità e che proprio in quel periodo sono anche piuttosto evidenti nella precedente I due Foscari e qualche anno più tardi con Attil

Fig. 4 Nino Machaidze e Luciano Ganci in Giovanna d’Arco © Roberto Ricci Teatro Regio di Parma.

La realizzazione del Teatro Regio di Parma.

La parte visiva dello spettacolo è stata affidata dai responsabili artistici del Teatro Regio di Parma a Emma Dante, la regista, attrice teatrale e drammaturga siciliana che può essere considerata a tutti gli effetti un’artista a tutto campo in quanto la sua attività comprende cinema, teatro di prosa e teatro lirico e letteratura.

Nel campo del teatro d’opera è da sempre protagonista di spettacoli stimolanti e sempre curati anche se a volte discutibili. Qui a Parma, per la nostra esperienza di ascoltatori, era la prima volta che assistevamo ad una sua realizzazione di uno spettacolo verdiano. Nel complesso ci sembra che abbia rispettato il senso del dramma in esso contenuto e soprattutto la visione teatrale verdiana.

Ha ben realizzato quei momenti ‘fantastici’ presenti nell’opera, genere da sempre particolarmente a lei congegnale, per il quale però opera un cospicuo e reiterato utilizzo dei mimi, un elemento spesso fuorviante quanto distraente che nell’ambito della drammaturgia verdiana risultano del tutto superflui. La sua realizzazione era comunque rispettosa della duplice personalità della protagonista della quale si evidenziavano i contrasti tra l’elemento virginale e quello eroico materializzato con il rosso acceso dei costumi e delle insegne di Giovanna con il resto della scena orientato più verso il bianco. Quel rosso che si stagliava su tutti gli altri elementi ci ha suggerito un orientamento del personaggio sul lato eroico per un punto di vista che condividiamo e che, a nostro giudizio, rispetta il significato intimo dell’opera rappresentata. Per la Dante, che si giovava della collaborazione di Carmine Maringola per le scene, di Vanessa Sannino per i costumi, di Luigi Biondi per le luci e di Manuela Lo Sicco per le coreografie, un successo pieno visti i corposi applausi che il pubblico le ha dedicato al termine della serata.

Fig. 5 Nino Machaidze in Giovanna d’Arco © Roberto Ricci Teatro Regio di Parma.

Per quanto riguarda la parte vocale di rilievo l’interpretazione di Nino Machaidze, il soprano georgiano che ha interpretato più volte la Giovanna verdiana dimostrando sempre di avere nelle sue corde questo personaggio sia per la sua presenza scenica sia per le sue qualità vocali che le consentono di frequentare con disinvoltura l’impervia linea vocale impressa da Verdi al personaggio che costruì per le doti di Erminia Frezzolini cantante prediletta dal musicista che per lei scrisse anche il ruolo di Giselda de I Lombardi.

Fig. 6 Ariunbaatar Ganbaatar Giacomo in Giovanna d’Arco © Roberto Ricci Teatro Regio di Parma.

Nel ruolo di Calo VII il tenore romano Luciano Ganci, tra le voci tenorili più apprezzate oggi per la facilità di raggiungere il registro acuto senza tralasciare le sfumature e tutte quelle parti tendenti al declamato che in Verdi sono molteplici. Ganci ha fornito anche in questa occasione una interpretazione di rilievo confortata dalla consueta facilità nelle emissioni e nella pronuncia del testo.

Fig. 7 Nino Machaidze in Giovanna d’Arco © Roberto Ricci Teatro Regio di Parma.

La parte di Giacomo è stata affidata al baritono mongolo Ariunbaatar Ganbaatar che ha messo a disposizione la sua potente e rotonda voce anch’essa ricca di sfumature alla quale abbina una pronuncia italiana di notevole effetto riuscendo a far emergere, nell’insieme, le peculiarità del personaggio.

Nelle due parti minori c’era il Delil di Francesco Congiu proveniente dall’Accademia Verdiana e il Talbot di Krzysztof Baczyk, fornendo entrambi una buona prova.

Per quanto riguarda la parte corale di rilievo la prova del Coro del Teatro Regio di Parma istruito da Martino Faggiani al quale il pubblico ha dedicato un caloroso successo personale.

Fig. 8 A. Ganbaatar, N. Machaidze e L. Ganci nel finale di Giovanna d’Arco © Roberto Ricci Teatro Regio di Parma

La direzione musicale dello è stata affidata a Michele Gamba, giovane direttore oggi molto stimato del quale, prima di questa occasione, abbiamo apprezzato le sue doti la scorsa estate negli spettacoli del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano del quale è stato nominato direttore musicale, doti confermate anche qui a Parma con una interpretazione che ha messo bene in luce i pregi di questa partitura giovanile di Verdi fornendo anche una prova valida nell’insieme riuscendo ad amalgamare i suoni della Filarmonica Arturo Toscanini con quella di tutti gli interpreti vocali dimostrando una certa propensione per il teatro musicale di Giuseppe Verdi.

La recita inaugurale del 24 gennaio alla quale abbiamo assistita si è conclusa con un molto evidente successo con il pubblico che ha applaudito a lungo tutti i partecipanti allo spettacolo chiamati più volte al proscenio.

Claudio LISTANTI  Parma  26 Gennaio 2025