redazione
Giovanni Tommasi Ferroni. Fratefoco”, dal 15 ottobre al 31 gennaio 2024 al Ricovero del MAS96 del Vittoriale degli Italiani a Gardone di Riviera (Brescia);
La mostra “Giovanni Tommasi Ferroni. Fratefoco”, a cura di Pietro Di Natale, sarà aperta al pubblico da sabato 14 ottobre 2023 al 31 gennaio 2024 al Ricovero del MAS96 del Vittoriale degli Italiani, a Gardone di Riviera (Brescia); l’allestimento della personale dell’artista romano rientra nei festeggiamenti per la stagione autunnale 2023 del Vittoriale degli Italiani (info orari d’apertura della mostra e costo del biglietto di ingresso al Vittoriale: https://bottega.vittoriale.it/#/prezzi-e-orari).
Come scrive Pietro Di Natale:
“«Giovanni Tommasi Ferroni è un pittore figurativo. Nella sua arte, caratterizzata da una sferzante ironia, il mito classico diventa strumento per la messa in scena di grottesche parodie della civiltà contemporanea. I quadri sono eseguiti con una tecnica ed uno stile che può ricordare la pittura del Seicento, forse per tale motivo è stato più volte definito un pittore barocco, ma il suo linguaggio non è anacronistico, egli dipinge così per assecondare il suo istinto che lo porta a divertirsi anche attraverso il virtuosismo». Con queste parole si presenta, nel suo sito (https://www.giovannitommasiferroni.com/biography-biografia), ricco di creazioni fantastiche (nel senso che hanno il loro fondamento nella fantasia e che sono anche superlative, ammirevoli), il nostro autore, che, sin dal principio, ha fatto una scelta, direi inevitabile, perché credo che per lui esista un solo modo di fare pittura, bella pittura”.
Classe 1967, Giovanni Tommasi Ferroni, figlio d’arte da diverse generazioni, è definito dal curatore “un sopravvissuto” in quanto
“rivendica, con convinzione, la forza insostituibile dell’invenzione attraverso la padronanza del mezzo, certificata dall’evidente qualità dell’esecuzione e delle soluzioni formali, compositive e cromatiche. Non ha altri interessi, se non quello di non voler contribuire al disordine e alla distruzione. Appare guidato da un istinto vitale e, innegabilmente, a proprio modo, è valoroso testimone e custode dei valori dell’arte. La tecnica e il disegno sono il fondamento della sua pittura; le forme che il pennello, ora fermo, ora più libero, e sempre carico di bella materia, traccia sul supporto, riflettono idee che, come lui stesso confessa, nascono spesso da un processo naturale e spontaneo”.
Lorenzo Zichichi descrive il pittore come un “simpatico omone che pare uscito da uno dei suoi quadri”. E non ha dubbi: Ferroni, così come lo si vede arrivare da lontano
“è un artista”. Sbuca nel XXI secolo – prosegue Zichichi – , ma potrebbe benissimo andare a passeggio così come si taglia i capelli e cura i suoi baffi nel Rinascimento o in un mondo post moderno. Giovanni ha nel sangue la vena pittorica, come se non potesse andare in giro se non con un pennello in mano. Mi è sempre piaciuto il suo visionario modo di dipingere, che ripete con una maestria fuori del comune elementi architettonici prepotentemente barocchi e rinascimentali, gli altri elementi che lui titola spesso distopici sono lì solo per esaltare l’edificio cinquecentesco, seicentesco o settecentesco”.
In mostra una selezione di 35 opere. Tra queste: “Aurora boreale su Roma” in olio su tela (140×201 cm, 2023), “Futura pace” in olio su tavola (31×38,5 cm, 2023), “Capriccio profetico” in olio su tavola (30×40 cm, 2023), e “Distopia iporealista”, in olio su tavola (30,5×49,5cm, 2023). –
Sottolinea Di Natale:
“Le opere esposte in mostra si presentano da sole, anche grazie, si direbbe, ai loro curiosi titoli: sono immagini aggrappate alla realtà, dalla quale però si allontanano in un batter d’occhio, diventando apparizioni, allucinazioni, visioni. Ogni elemento è riconoscibile, ma non è più dove l’abbiamo lasciato, e dove penseremmo di ritrovarlo. Sogno o son desto? Tutto è possibile negli spazi di quadri di Giovanni Tommasi Ferroni. Non conviene dunque avventurarsi in riflessioni concettose, né tentare di “etichettare” il suo l’estroso linguaggio o elencare le sue inevitabili, tante paternità. L’artista romano concepisce, in sorvegliatissime, equilibrate composizioni, imprevedibili e mirabolanti agglutinazioni, che definiscono scenari, anche temporali, ambigui e spiazzanti. Celebri, e da lui amatissime, emergenze architettoniche della Città Eterna, siano la cupola di Sant’Andrea della Valle, la facciata di Santa Maria in Portico in Campitelli, quella di Sant’Agnese in Agone in Piazza Navona, la Fontana dei Quattro Fiumi, l’Arco di Costantino, o le lanterne di Sant’Ivo alla Sapienza e di Santa Maria di Loreto, si trasferiscono altrove, o elementi provenienti da altrove, siano imbarcazioni, presenze spettrali in fumosi grovigli, avveniristici grattacieli o pale eoliche, si trasferiscono presso di loro, costeggiandole, contaminandole, invadendole. Meraviglia e sorpresa – conclude il curatore – suscitano questi capricciosi paesaggi, inimmaginabili solo un attimo prima di averli davanti agli occhi, perché, qui e ora, non esiste l’impossibile, come nei sogni, e come pure, a pensarci bene, nella realtà dove siamo calati: Giovanni, con acume e ironia, non manca di ricordarcelo con le sue «divertite distopie»”.
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