di Maria BUSACCA
Arnaldo Ferraguti illustra Verga in un “numero speciale” della rivista L’illustrazione italiana
La fortuna delle edizioni illustrate di Giovanni Verga è da ricercare nel gusto dell’epoca che richiedeva già l’ausilio delle immagini per agevolare la lettura del testo e solleticare la curiosità del pubblico; le tavole rendevano con la teatralità dei gesti il sapore verace di un mondo fatto di riti paesani, atti devozionali, impeti amorosi e languidezze cittadine che nella pagina scritta prendevano vita grazie all’abilità e precisione linguistica di Verga. E tuttavia egli non sentiva di essere particolarmente legato alla traduzione grafica delle sue pagine, accettando l’operazione solo nella sua valenza commerciale, e forse a ben vedere; nell’intricato groviglio delle edizioni illustrate, dei rapporti fra Verga, gli editori e gli illustratori, Gian Paolo Marchi[1] si è mosso con agilità nel suo ottimo e fondamentale lavoro indagatore, e ci riserviamo di avvalercene anche più avanti nell’affrontare il capitolo delle edizioni straniere illustrate che si conservano nella biblioteca dell’autore.
Ci soffermiamo in questa sede invece sul numero del dicembre 1893 – a cavallo col 1894 – della rivista “Natale e Capo d’Anno della Illustrazione Italiana”[2], di cui una copia è presso la biblioteca di Verga nella Casa Museo; la rivista settimanale fondata dai Treves ed edita a Milano dal 1873, nelle occasioni delle festività di fine anno pubblicava infatti dei “numeri speciali” a colori di alta qualità per omaggiare il suo pubblico. La copertina (fig. 1) e le illustrazioni a colori di tre novelle di Vita dei campi – Jeli il pastore, Fantasticheria, Nedda – al suo interno sono di Arnaldo Ferraguti, pittore, incisore ed illustratore emiliano (Marrara 1862 – Forlì 1925) che subentrò in casa degli editori avendo sposato nel 1891 Olga Treves, figlia di Michele, il maggiore dei fratelli.
I loro rapporti editoriali col Verga erano già ventennali – del 1873 l’edizione di Eva – con alti e bassi, abbandoni e riappacificazioni. La forza di Ferraguti, rispetto agli altri illustratori della casa editrice, risiedeva nell’ottima formazione ricevuta all’Accademia di Napoli dove aveva studiato con Domenico Morelli e Filippo Palizzi, che avevano sicuramente influenzato i suoi esordi pittorici, poi indirizzati nell’ambito della produzione verista grazie alla frequentazione a Roma di Francesco Paolo Michetti; questi lo introdusse nel Cenacolo culturale di Francavilla al Mare (località in provincia di Chieti) facendogli conoscere scrittori del calibro di D’Annunzio e Serao, e, soprattutto, i fratelli editori Treves.
Le sue collaborazioni come incisore iniziano con le illustrazioni dei libri di Edmondo De Amicis, Emilio Salgari, e finalmente nel 1892 di Vita dei campi di Giovanni Verga, dopo un momentaneo ritiro dell’incarico per incomprensioni degli editori col Verga. Le tre novelle pubblicate nel numero di dicembre 1893 sono per l’appunto un primo saggio del grande lavoro al quale il Ferraguti si accostò con entusiasmo, intraprendendo un viaggio propedeutico in Sicilia per prendere dimestichezza con i luoghi così familiari al Verga ma sconosciuti al pittore, fino ad allora concentrato su ambientazioni urbane o agresti del centro nord.
Il paesaggio aspro dai colori accesi e dai forti contrasti di luce, con le pale di ficodindia di cui egli si invaghisce, e i cieli assolati, introducono pian piano il pittore nelle profondità del sentire verghiano, tanto che lo stesso scrittore si congratulerà con lui nell’aprile del 1893[3]. Il mondo dei contadini rappresentato da Ferraguti, che si prodiga in settanta studii a pastello dal vero nella frenesia di catturare il più possibile, risente tuttavia molto del suo maestro; non solo i volti e gli atteggiamenti, ma anche l’impostazione delle scene corali religiose hanno quasi sempre un precedente o comunque un riferimento nello stile di Michetti. A tal proposito vedasi il raffronto fra il dipinto michettiano L’innamorato timido (fig. 2) e una scena di Nedda (fig. 3) in “Natale e capo d’Anno”;
l’impostazione è la medesima, l’uomo si mantiene rispettosamente qualche passo indietro alle spalle della donna, ma il linguaggio dei corpi e soprattutto gli sguardi di entrambi manifestano altro. Le donne mantengono i sensi in allerta, in un caso stringendo il rosario, nell’altro intrecciando le braccia sul grembo, mentre gli uomini lanciano sguardi concupiscenti; cambiano ovviamente i costumi, più ricercati quelli abruzzesi descritti da Michetti con dovizia di particolari, più umili ma anche più moderni quelli siciliani.
Entrambi gli artisti affiancavano agli schizzi dal vivo sovente le fotografie, poi elaborate e trasposte in pittura, a olio a tempera o a pastello; Verga da fotografo appassionato qual’era non poteva non approvare questo tipo di lavoro, al contrario dei pittori veristi puristi che accusavano gli artisti che se servivano di copiare dalle foto. Il mondo contadino che ci viene restituito da Ferraguti nella sua freschezza e vivacità di tinte, è certo edulcorato e interpretato da un occhio che in parte lo riduce a cartolina patinata, come nelle scene in Jeli il pastore dove il placido gregge fa da sfondo alla coppia (fig. 4), o dove il momento di vivacità della danza viene reso con l’immediatezza di un’istantanea (fig. 5).
Ogni tanto irrompe la sensualità, che si fa cruda ma nello stesso tempo profuma di erba e di campagna che stordisce, prima rende l’atmosfera rilassata e piacevole (fig. 6), poi si manifesta d’improvviso come nel momento della resa di Nedda all’attacco scomposto di Janu (fig. 7), che nella didascalia riprende il testo della novella
“… Egli la trattenne per le vesti tutto stravolto, e balbettando parole sconnesse non sapendo quello che si facesse … “(pag. 23).
Se dal punto di vista della resa dei moti dell’animo Ferraguti si dimostra valido interprete del testo verghiano, e le didascalie sotto ad ogni illustrazione si rivelano una scelta editoriale vincente, tuttavia egli non sempre vi si attiene: Nedda dovrebbe essere una contadinotta emaciata, segnata dalla miseria e dalla fame, mentre qui la derivazione del disegno dalla fotografia unitamente alla scelta formale sui toni della gradevolezza visiva le fanno prendere le sembianze di una ragazza pienotta che nel momento dell’abbandono appare in posa languida, in abiti tutt’altro che cenciosi[4].
La scelta per la copertina non poteva che ricadere dunque su una tavola di Fantasticheria, o Fantasticherie, poiché si dimostrava la novella più vicina ai gusti del pubblico, fonte di scorci paesaggistici d’effetto e di scene in cui i personaggi vestiti alla moda dalle pose eleganti si potessero muovere a loro agio.
La bella turista francese che arriva in treno (fig. 8) per conoscere ed ammirare per la prima volta le bellezze della costa di Aci Trezza con i suoi faraglioni, tranne poi ad annoiarsi della tranquilla vita del paese di pescatori, è ritratta in pose vezzose o accattivanti, con l’ombrellino aperto in riva al mare sugli scogli acesi (fig. 9), accompagnata dal narratore siciliano che la asseconda e cerca di introdurla a quel mondo fatto in realtà di vita dura e sacrificata.
Paolina Greppi Lester, donna amata dal Verga rimasta vedova nel 1892 venne realmente in Sicilia per un viaggio di piacere, accompagnata dallo scrittore, e proprio questo momento legato al viaggio e alla scoperta trasposto nella novella si concretizza visivamente nelle tavole di Ferraguti, forse ispirato alle fattezze reali della donna – una fotografia scattata a Mendrisio, nel Canton Ticino, la ritrae con l’ombrellino da sole e un elegante cappellino –. Così nelle tavole ci appare con la sua freschezza giovanile, ora con l’abito svolazzante in spiaggia col cielo carico di nuvole mosse dal vento come il nastro del cappellino (fig. 10), ora seduta con l’immancabile ombrellino sulla sponda di una barca decorata con motivo a zigzag e figure sul fianco e con l’effige di un santo sul dritto di prua;
imberbe e con una capigliatura orientaleggiante, non immediatamente riconoscibile, egli indossa un manto azzurro su veste rossa (fig. 11).
Sebbene forma e decorazione dell’imbarcazione rimandino probabilmente alla caorlina veneta, ma non certo alla barca variopinta dei pescatori siciliani sulla quale nel racconto la donna viene portata ai faraglioni, ed il santo non rientri nell’iconografia nota che lo vede barbuto e vestito di pelli o di un manto rosso, potrebbe trattarsi di San Giovanni Battista, santo patrono di Aci Trezza, la cui festa nei giorni 24 e 25 giugno è molto sentita e partecipata fino ad oggi; a suggerirlo è il rametto di rosmarino insieme al quale l’immagine è legata alla barca (fig. 12) e che secondo la tradizione, comune a tutta Italia, viene raccolto insieme ad altre erbe aromatiche al tramonto del 23 giugno e lasciato con quelle in infusione tutta la notte per le proprietà di scacciare gli spiriti maligni con l’acqua così ottenuta.
L’omaggio raffinato reso in punta di piedi al Verga e ad Aci Trezza, terra dei Malavoglia, nel tentativo forse di compiacere lo scrittore, svela al contempo la vera inclinazione del Ferraguti, che in copertina strizza l’occhio ad un pubblico nazionale e per mantenere un tono più alto sceglie di dare forma all’aspetto più galante e modaiolo nella novella; gli abiti indossati dalla donna nelle tavole sono tailleur modello Worth, ora con la manica a gigot, come si vede anche all’interno della rivista nella parte commerciale (fig. 13), ora nel più pratico modello da viaggio con la manica più stretta e cappellino con veletta. Gli aspetti più cupi della narrazione sono stati a mio avviso accuratamente evitati dalla scelta editoriale che nella forma di rivista illustrata privilegiava la leggerezza più accattivante per il pubblico di lettori e di lettrici; il tragico mondo verghiano che è alla base delle novelle viene fuori solo grazie alla lettura, mentre le immagini del Ferraguti, tranne qualcuna a chiusura dei testi, si limitano invece a raccontare la superficie della realtà, quella di splendida cartolina che la Sicilia riesce a dare nonostante tutto, e che i lettori italiani dell’epoca erano più inclini a recepire.
Maria BUSACCA Catania 9 Giugno 2024
NOTE