di Chiara GRAZIANI
La pop star del museo del Papa – milioni di visitatori l’anno – è un imponente quadro di Venceslao Peter che dipinse nel 1827 “Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre”. E’ il più amato dai visitatori, viaggia per il mondo e per i social in milioni di scatti l’anno, in assoluto “il più fotografato, secondo solo alla Cappella Sistina” dice Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani. Eppure il 50 % delle persone ipnotizzate dalle 260 specie animali selvatiche e domestiche che lo affollano per cielo, terra ed acque, non sa dire cosa rappresenti davvero e, letteralmente, non identifica Adamo ed Eva.
Il Paradiso terrestre, archetipo biblico del luogo di speranza e pace fra le creature, non fa parte del codice culturale di chi gode del quadro e della misteriosa ed eccentrica varietà animale che letteralmente invade ogni centimetro della tela. Chi guarda non vede l’essenza. Ossia la nostalgia del ritorno – ogni uomo è Ulisse – e la speranza di un luogo in cui il lupo tornerà a sdraiarsi accanto all’agnello. Tutto quello che è percepito sono emozioni indistinte che faranno la lenta fine dell’eco (che è poi l’essenza dell’informazione social). Ed il quadro resterà, magari, un’ammirevole prova di erudizione naturalistica. Una performance.
Il Giubileo degli artisti e del mondo della cultura, che si celebra a Roma dal 15 al 18 febbraio, parte da questo quadro ammirato ed incompreso, scelto dal prefetto del Dicastero Cultura ed Educazione, cardinale José Tolentino de Mendonça, per invitare a Roma i direttori di alcuni dei più prestigiosi musei e istituzioni culturali e proporre loro una mission: elaborare una strategia, un codice comunicativo che sia trasversale alle culture ed alle religioni e faccia di ogni visitatore un dialogante con l’opera che vede. Va da sé che chi ha il linguaggio per dialogare con l’arte dialoga anche con le persone e con la loro eredità culturale. Il contributo dell’arte e della cultura al Giubileo 2025 dedicato alla costruzione della “speranza che non delude” vuole essere l’assunto che è proprio la speranza la materia viva che è alla base delle culture, veicolata dalle religioni. Chi ha speranza, e nostalgia di pace, riconosce la speranza. E la condivide.
La conferenza, sotto il titolo “Sharing Hope – Horizons for Cultural Heritage”, prevista per il 15 febbraio ai Musei vaticani, è stata presentata il 12 febbraio presso la sala stampa vaticana, in via della Conciliazione dal prefetto Tolentino de Mendonça e, tra gli altri, la professoressa Jatta. Lunghissimo e prestigioso l’elenco degli invitati: Massimo Osanna, direttore generale dei musei del ministero della Cultura; Gabriele Finaldi, direttore della National Gallery di Londra; Miguel Falomir Faus, direttore del Museo nacional del Prado; Kaywin Feldman, direttore della National Gallery Washington; il direttore del museo egizio di Torino Christian Greco; Salvatore Settis, Alessandro Zuccari e Vincenzo Fiocchi Nicolai dell’Accademia nazionale dei Lincei; Pietro Zander, della Fabbrica di San Pietro; Marco Delogu, direttore del Palazzo delle Esposizioni in Roma; Alessandra Di Castro, antiquaria e presidente dell’associazione Gruppo Apollo; Pepi Marchetti Franchi, senior director Gagosian, e l’artista sino-francese Yan Pei-Ming (che è anche l’autore di una mostra-installazione per il Giubileo).
All’esito dei lavori verrà reso noto un Manifesto che presenterà al mondo della cultura una proposta di nuovo codice comunicativo, una larga sezione del quale riguarderà l’uso dell’intelligenza artificiale. Un manifesto di Giano, per usare un’espressione di Jatta “Con lo sguardo all’indietro e contemporaneamente al futuro”.
L’ambizione è, dice il cardinale Tolentino
“ascoltare ciò che le diverse culture hanno da dire sulla speranza, l’esperienza antropologica globale che pulsa nel cuore di ogni cultura”.
La sfida, e l’urgenza, è, dunque,
“dare vita a occasioni creative che consentano, a tutti e a ciascuno nel vasto mondo, di rianimare la speranza”.
Il Papa, è stato ricordato, crede profondamente in questo compito della bellezza e dell’arte, e non fa che ricordarlo. Ed il Giubileo degli artisti e del mondo della cultura non ha risparmiato inventiva e fatica per offrire occasioni creative concentrate nei tre giorni che inizieranno con il pellegrinaggio alla porta Santa in San Pietro di diecimila iscritti.
Da sabato 15 alle 18, lungo via della Conciliazione, un polittico di 27 ritratti, 34 metri quadrati, sarà visibile ai passanti ed ai pellegrini in fila per l’accesso alla Porta Santa.
Sono volti dal romanissimo carcere di Regina Coeli, opera dell’artista sino-francese Yan Pei-Ming che, richiesto a novembre dalla curatrice Cristiana Perrella di mettersi all’opera, ha domandato due cose (anche alla luce dei tempi strettissimi): un lavoro di pre-ritrattistica fotografica e le storie scritte delle persone fotografate.
“E’ incredibile – ha detto Parrella – che oggi siamo qui a parlare di un’inaugurazione. Appena pochi mesi fa avevamo chiesto 12 ritratti all’artista e lui, alla fine, ne ha fatti addirittura 27”.
Papa Francesco è il pontefice che di più si è accostato al mondo delle carceri (ripete spesso che quando un detenuto gli racconta la sua storia personale lui si chiede: “perché non io al tuo posto?”). Far emergere la speranza equivale a dare un volto agli invisibili. Idea che percorre la mostra-installazione curata da Parrella e che prende il nome “Conciliazione 5” dal numero civico davanti al quale i 27 volti incontreranno lo sguardo dei pellegrini in fila lungo il grande viale d’accesso al Vaticano e alla Porta Santa (uno spazio espositivo destinato a diventare permanente). Ma l’idea sarà ancora più espressiva quando le 27 immagini emergeranno, letteralmente, dalle mura di Regina Coeli. Proiettati sulla facciata, gli sguardi dei detenuti, delle guardie penitenziarie, degli operatori incontreranno quelli di Roma.
Speranza e creatività, poi, hanno portato ad immaginare un’ immaginifica installazione sonora alla quale sarà riservato il set della basilica vaticana intera, per una notte. (meglio, dalle 20 alle 22 del 16 febbraio, ma la suggestione notturna c’è tutta). Un sofisticato e capillare sistema di diffusione sonora diffonderà nel porticato la voce nascosta del campanone che rintocca solo tre volte all’anno, per le feste comandate. Le sue nove tonnellate di peso sospese sulla città, però, vibrano continuamente e la campana “parla” sottovoce anche se non la si può sentire.
Una “eco silente”, come dice l’artista che ha fatto il medesimo esperimento – registrare la voce “interiore” delle grandi masse – con la campana Emmanuel di Notre Dame di Parigi e con i “sospiri” dell’agonia di un ghiacciaio millenario in liquefazione. Il progetto per il Giubileo è di Umberto Vattani che lo cura con Valentino Catricalà.
Lunedì 17, poi, sarà la volta della prima visita di un Pontefice a Cinecittà, evento organizzato d’intesa con il ministero della Cultura, nella persona della sottosegretaria Lucia Borgonzoni che sottolinea come “la settima arte” sia cara quanto le altre a Francesco, formatosi anche “in un piccolo cinema di Buenos Aires che proiettava moltissimi film italiani”. Il 18 la mostra Global Visual Poetry, nei locali del Dicastero a piazza Pio XII, porta ad una singolare “inasione” degli spazi di un’istituzione vaticana da parte delle opere di una corrente, la poesia visiva, che tra gli anni ‘50 e 70 del secolo scorso, attingendo alle radici futuriste, ha lanciato un progetto anche fortemente desacralizzante che abbatteva il confine tra arti della parola e arti dell’immagine, attingendo al patrimonio iconografico anche quotidiano (come i manifesti pubblicitari).
Duecento le opere esposte in Vaticano, decine e decine gli artisti di ogni nazionalità. La curatrice, Raffaella Perna spiega che da tanto fermento nacque un movimento transnazionale cementato anche dal collante di una visione utopica della realtà e, quindi, di un’attesa di speranza. La sperimentazione sulla parola-immagine, ad esempio, è alla base della poetica visiva di Lucia Marcucci, esponente del gruppo 70, la cui opera “Pax” apre la vasta ed estesa esposizione allestita in collaborazione con Simone Frittelli. E’ interessante che questa corrente, fra le più incisive, diffuse e trasnazionali del ‘900, caratterizzata anche da forte impegno sociale come nel caso della guerra del Vietnam, trovi accoglienza sentita in Vaticano. In fondo è lo spirito di questo Giubileo degli artisti e della cultura.
Chiara GRAZIANI Roma 16 Febbraio 2025