Giuseppe Modica e il ‘Divisionismo dell’Interferenza’; le ultime opere dell’artista siciliano alla Casa Museo Hendrik Christian Andersen (fino al 15 settembre).

di Tommaso EVANGELISTA

Nelle opere di Giuseppe Modica si respira un’aria elettrica, un’aura di tensioni elettrostatiche come preda di invisibili onde di energia che comunicano messaggi segreti.

È un divisionismo dell’interferenza, un sussurro di misteri di luce e di metafisica delle strutture, svelato nella circolarità dello spazio. Tale circolarità costruisce riflessi, specularità, e genera forme nuove, come se fossero nate dal nulla, in un continuum di costruzioni profonde come il suono. Il colore pulsa sulla tela, rompendone la bidimensionalità e creando un flusso percettivo che rende ogni pennellata una presenza viva eppure periferica, l’aria immobile tace.

La ricerca dell’artista si addentra nell’immutabilità silente del Mediterraneo, nell’immobilità meridiana che cattura attese sottili come bagliori, perse negli interstizi della materia. I dipinti evocano il lento ritmo dei demoni del mezzogiorno, sovvertendo le strutture in un gioco di possibilità infinite.

1. Navi da guerra in transito, 2022-23, olio su tela, trittico, cm 160 × 360

Non c’è sacralità nelle sue tele, ma una necessità di catarsi, un racconto naturale e solenne fatto di poche informazioni visive, intense e luminose, che ordinano gli oggetti e li restituiscono privi di spirito, nella lucida nebbia di un’accidia sacra. Ecco come Evagrio Pontico, originario dell’Asia Minore, descriveva i tormenti cui è sottoposto il monaco in preda all’accidia (personificata nel demone meridiano):

«Il sole sembra immobile al monaco in preda all’accidia e la giornata gli appare interminabile. Il dèmone lo induce ad abbandonare la sua cella e a fissare lo sguardo sul sole per verificarne l’immobilità. L’odio per il posto in cui vive, per la propria vita e per il lavoro scaturito dalle proprie mani si impadronisce di lui ed egli crede che i suoi compagni non lo amino più e che non ci sia nessuno disposto ad aiutarlo e a confortarlo […] e il dèmone usa infine ogni mezzo per indurre il monaco alla fuga»[1].

Sembra di rivivere le sue atmosfere. L’esiguità dell’ombra, il calore che rende incandescente il tremolio degli oggetti, la lentezza dell’ora sono tutte sensazioni che legano l’immagine al tempo, immobile, della divinazione e della farsa:

«A mezzogiorno pare che la vita si conceda un instante di pausa: l’organico ritorna all’inorganico, tutto brucia inutilmente e senza ardore, per un vano appagamento di lusso e teatralità»[2].
2. Fiat Pax, 2022, olio su tela, cm 150 × 110

Modica satura le forme per produrre dejà vu, engrammi lontani dalla paranoia dei sogni. I suoi edifici, purificati e svelati attraverso la calma dell’assenza e della simmetria, sono monumenti a una meditazione profonda e silenziosa. L’astrazione si manifesta come un apparente svanire delle forme, una bruma di ombre delicate o profonde, dal forte valore architettonico. Si crea un’atmosfera immobile, quella di un’estate afosa in cui il silenzio mediterraneo permea il mare e il colore, mentre un ventilatore brucia l’aria con manovre ripetute, in un contesto che non richiede meraviglia o industria ma solo tedio. La metafisica del tempo presente, esplorata dal pittore, è il luogo dove la lentezza della luce, nell’immobilità del tempo, genera un pensiero azzurro, un’aura immateriale che filtra e trasfigura. I ricordi sono interferenze elettromagnetiche, fastidi di suoni, impermanenze di controluce, ronzii elettrici incandescenti e infrasuoni che si intrecciano tra filamenti sottili di tinte, presenze eteree che abitano le sue visioni.

3. Melanconia e Mediterraneo (visione circolare), 2017, olio su tavola, cm 160 × 120, (Collezione Museo H.C. Andersen)

Nella pittura di Modica emerge una sinfonia di suoni e visioni, un dono che trasforma il quotidiano in un labirinto sospeso tra reale e irreale. Qual è la colonna sonora di una vita che si snoda in tale labirinto? Il suono della morte è un sibilo elettrico che si dissolve nel silenzio, mentre il risveglio risuona come un tenue eco di melodie antiche. L’amore (o la nostalgia) si tinge di caldi toni oro, il dolore di blu profondi e viola abissali; esplode l’orizzonte in un caleidoscopio di colori brillanti e di sfumature eteree che premono sulla tela, come pulsando, annullando la piatta bidimensionalità.

4. Luce-Buio, 2018, olio su tela, cm 50 × 40

Metafisica del tempo presente, luogo della lentezza della luce che nell’immobilità del tempo crea un pensiero azzurro, un’aria immateriale che filtra e trasfigura. I ricordi sono sovrapposizioni elettromagnetiche, fastidi rumorosi, filamenti, e creano enigmi nell’attimo indefinito dell’immagine che, quale forma incerta -sebbene chiarissima e definita- conduce verso realtà liminali, rappresentazioni enigmatiche di perennità svelate-rivelate. Il mare di Modica, con la sua altezza, riflette le infinite modulazioni del rumore bianco, che si estende come ronzio di tensione, sottofondo perpetuo che connette caos e ordine. In questo rapporto “marinaro”, espresso come relazione tra verticalità e trascendenze del divino e orizzontalità della materia che espande il soggetto all’altro da sé, risiede la volontà di porre lo spettatore tra un infinito incommensurabile e un finito che lo limita.

Santificare la realtà? Ripensiamo a De Chirico, al suo amore per il mare “omerico”, alla metafisica che non è tenebra ma insensata bellezza e leggiamo, profeticamente, questo appello alle acque:

«Il richiamo nautico che suggerisce la sopracitata parola di portolano non è senza un profondo significato per chi intenda penetrare la complicata psiche di questo nuovo pathos (ché il pathos c’è, e più che mai, benché questa volta si tratti di un altro paio di pistole). Le case-pacchebotti sono un’invenzione di noi metafisici (dico noi par délicatesse). Dalle nostre finestre aperte all’albe omeriche ed ai tramonti incinti di domani abbiamo lo spettacolo incoraggiante dei porti, delle officine e di tutti quei quartieri geometrizzati che in certi avanticittà fanno pensare il mare prossimano. L’ululo delle sirene richiamatrici ci rammenta a ore fisse il nostro destino splendido di viaggianti. Nelle nostre camere vengono a cadere sfiniti, dopo i lunghi voli sui mari, gli uccelli sconosciuti di lontane regioni»[3].

Del resto, come scrive anche Di Monte:

«Nelle tele atmosferiche di Modica si avverte quella sospensione temporale e spaziale tipica degli enigmi de-chirichiani in cui le incongruenze linguistiche sono altrettanto rilevanti»[4].
5. Le rotte della tragedia, 2017, olio su tela, trittico, cm 150 × 300
6. Mare lontano n.2, 2023, olio su tela, cm 140 × 70

Viaggianti. Questi ronzii, come disturbi dell’immagine, ci ricordano la presenza, nell’apparente quiete, di un simulacro. Il mare è quindi una pittura di toni e di assenze, custodisce qualcosa che fino ad un attimo prima era nella porzione del quadro ma che ora diventa pausa necessaria per contemplare la bellezza che manca, nelle sue contraddizioni.

In tale dualità tra stasi e movimento, colore e trasparenza, il Mediterraneo diventa il simbolo della condizione umana, un equilibrio delicato tra materia e vento, azione e sua sospensione, tra il rumore del vivere e il silenzio del contemplare. L’anima dell’osservatore si trova allora sospesa in una dimensione orfica, quasi divinatoria, dove ogni elemento visivo e sonoro diviene un oracolo che svela i segreti del cosmo. I riflessi e le specularità non sono semplici giochi di luce, ma portali verso altre materialità, dove il tempo si dilata e si contrae, creando una danza di ombre e bagliori che trascende la nostra percezione ordinaria. L’artista, allora, intreccia sulla tela il filo di luce e ombra, tessendo enigmi silenziosi che risuonano come antichi vaticini, bisbiglii, rivelando l’invisibile nell’immobilità proiettabile del tempo.

7. Lux, 2023, olio su tela, cm 80 × 100

———————————————

Dal 23 aprile al 15 settembre 2024, la Casa Museo Hendrik Christian Andersen ospita la mostra “Giuseppe Modica. Rotte mediterranee e visione circolare”, curata da Maria Giuseppina Di Monte e Gabriele Simongini. Questo evento, sostenuto dal PAC2022-2023 e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, celebra l’acquisizione da parte del museo di due opere di Modica: Melanconia e Mediterraneo (visione circolare) (2017) e Rifrazione. Atelier (2020).

La mostra si sviluppa nel primo piano della Casa Museo, presentando una ventina di olii su tela realizzati negli ultimi anni. Modica esplora il Mediterraneo non come una mitica Arcadia, ma come un luogo di plurime vicissitudini storiche, creando atmosfere enigmatiche che investigano la pittura, dalle superfici fenomeniche agli spazi immaginari e profondi. Il blu, colore dominante nelle sue opere, è simbolo di lontananza, spiritualità e contemplazione, accendendo e bilanciando la vitalità dei rossi e degli ocra in un equilibrio saturo di luce. Maria Giuseppina Di Monte elogia Modica per la sua capacità di realizzare immagini pure, lavorando con luce e aria. Gabriele Simongini sottolinea la maestria dell’artista nel condensare in immagini sospese e intense la tragedia del Mediterraneo, trasformando il Mare Nostrum in Mare Monstrum. Le sue opere, influenzate dalle prospettive di Piero della Francesca e Antonello da Messina e dalle geometrie di Seurat, creano spazi e tempi sospesi, volti all’eternità circolare. In questo contesto, Modica distilla e semplifica il suo linguaggio visivo, dipingendo le avventure della luce e dell’ombra, mantenendo rigore ed equilibrio architettonico, e offrendo una meditazione profonda sulla condizione umana attraverso la lente della sua arte.

Tommaso EVANGELISTA  Roma 16 Giugno 2024

NOTE

[1] E. Pontico, Contro i pensieri malvagi. Antirrhetikos, Qiqajon, Magnano 2004, p. 87
[2] R. Caillois, I demoni meridiani, Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 67
[3] G. de Chirico, Scritti/1 (1911-1945). Romanzi e Scritti critici e teorici, a cura di A. Cortellessa, Bompiani, Milano 2008, p. 275.
[4] M. G. Di Monte, Lo sguardo oltre lo sguardo, in Giuseppe Modica. Rotte mediterranee e visione circolare, catalogo della mostra, Manfredi Edizioni, Roma 2024, p. 8.