Gli 80 anni di Franco Purini, una vita di Architettura e Arte; l’omaggio dei colleghi.

di Ruggero LENCI

                                   SIMPOSIO ARTE-ARCHITETTURA SU FRANCO PURINI
IN OCCASIONE DEI SUOI ANNI OTTANTA

Mostra e catalogo delle opere a cura di Ruggero Lenci
con la prefazione del catalogo di Claudio Strinati
Gangemi Editore

Museo Fondazione Crocetti, via Cassia 492, Roma
Vernissage martedì 9 novembre 2021 ore 18,00
La mostra è visitabile fino a sabato 20 novembre
dal lunedì al venerdì, ore 11,00-13,00 e ore 15,00-19,00
il sabato ore 11,00-19,00 orario continuato. Domenica chiuso

Gianni Accasto, Gea Albanese, Carmen Andriani, Enrico Ansaloni, Giuseppe Arcidiacono, Aldo Aymonino, Carmelo Baglivo, Alessandro Barracco, Charles Batach, Emilio Battisti, Giancarlino Benedetti Corcos, Enrico Bordogna, Mario Botta, Francesco Campese, Arduino Cantafora, Renato Capozzi e Federica Visconti, Alessandra Capuano, Giuseppe A. Cappelli, Orazio Carpenzano, Giovanna Cataldo, Francesco Cellini, Silvana Chiozza, Fabrizio Ciappina, Maria Cipriano Rebecchini, Andrea Ciullo, Giangi D’Ardia, Paola De Rosa, D. Alessandro De Rossi, Roberto de Rubertis, Giovanna De Sanctis Ricciardone, Lorenzo Degli Esposti, Richard England, Amedeo Fago, Massimiliano Fuksas, Luca Galofaro (LGSMA), Cherubino Gambardella, Paolo Hermanin, Steven Holl, Uemon Ikeda, Giuseppe Imbesi, Paolo Iacobelli, Franco Puirini, Ugo La Pietra Labics – Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori, Ruggero Lenci, Massimo Locci, Franco Luccichenti Chiara Luchino, Lina Malfona, Monica Maniconi, Giuliano Marin, Silvia Massotti, Francesco Menegatti, Piero Meogrossi, Francesco Messina, Metamorph – Gabriele De Giorgi, Alessandra Muntoni, Marcello Pazzaglini, Giancarlo Micheli, Blanca Moreno De Barreda, Amelia Mutti, Dina Nencini, Maurizio Oddo, Aimaro Oreglia d’Isola, Valerio Palmieri, Renato Partenope, Pino Pasquali, Silvio Pasquarelli, Massimo Petrucci, Massimo Pica Ciamarra, Enzo Pinci, Mario Pisani e Massimiliano Ciccotti, Valentina Piscitelli e Bruno Maurizi, Attilio Pizzigoni, Luca Porqueddu, Paolo Portoghesi, Franz Prati, Claudio Presta, Gabriella Prestia, Magda Quesada Ordeig, Bruno Queysanne, Paolo Ramundo (Capinera) e Roberto Maria Federici (Diavolo), Giovanni Rebecchini
Luca RibichiniAnna Riciputo, Antonio Riondino, Giovanni Romagnoli, Giorgio Romoli, Antonello Russo, Antonio Russo, Joseph Rykwert, Livio e Francesca Sacchi, Antonino Saggio, Mauro Sàito
Guendalina Salimei, Massimo Scolari, Beniamino Servino, Marcello Sèstito, Laurent Salomon, Fabio SorrigaLaura Thermes, Gianfranco Toso, Floreana Tramonti, Gianni Turina, Tommaso Valle Daniele Zerbi, Laura Zerella, Guido Zuliani

Simposio Arte – Architettura su Franco PURINI

Questa raccolta di quadri, disegni, grafiche, stampe digitali e altro ancora in onore di Franco Purini, che ha come occasione il suo ottantesimo genetliaco, segue a distanza di otto anni quella che nell’estate del 2013 insieme ad altri colleghi realizzammo sul tema dell’Estate romana di Renato Nicolini.

Così allora come ora l’intento, con le dovute differenze, è far parlare le immagini, astratte, simboliche, figurative, le cui ideazioni sono state affidate a una cerchia di architetti e artisti congiuntamente chiamati a far parte di un simposio arte-architettura.

Naturalmente i confini del tema indagato sono fondamentali per inquadrare una ricerca in qualsiasi settore, ma nella serie di opere che qui si presentano diventa ancor più significativo tentare di riconoscere il percorso che l’idea ha compiuto nel transitare dal cervello alla mano nell’atto di restituire quei tratti appartenenti al soggetto studiato. Questo passaggio, che può aver luogo in un lasso di tempo più o meno lungo, ha concesso alle idee la possibilità di poter maturare prima di prendere forma sulla superficie, oppure di ricercare nel proprio archivio qualcosa di adatto per l’occasione. In altri casi invece le idee sono state espresse con uno schizzo che coglie l’attimo e che, talvolta, cattura l’attenzione ed entusiasma al pari o più di un dipinto, ben composto, disegnato, colorato.

Francesco Messina

La modalità espressiva dello schizzo è stata scelta per l’immagine di copertina del catalogo, caduta sul disegno di Francesco Messina che ritrae il Nostro ottuagenario (il 9 novembre 2021) con una sintesi ideativa, fluida e al tempo stesso di grande espressività segnica: un’opera simile a quelle mirabili di Emilio Greco, che nulla concedono ad aggiunte superflue. Ma anche simile nell’impostazione figurativa a quella magnifica scultura contemporanea romana di Antonio Berti dal titolo I Carabinieri nella tormenta (si tratta di una fusione postuma) collocata nei giardini di S. Andrea al Quirinale, che qui diventa Purini nella tormenta, non del 2014 a Messina – ove peraltro forse nemmeno tirava vento – bensì di una tormenta intellettuale che, come nell’Angelus novus di Paul Klee interpretato da Walter Benjamin, si agita nelle menti di tanti, imbrigliandole tra le forze contrapposte del passato-futuro, generando così un presente teso e dinamico.

Giovanna Cataldo
Blanca Moreno De Barreda
Gianfranco Toso

In quei più o meno rari momenti in cui la mente cattura un’idea e la trasforma in immagine è possibile ottenere risultati straordinari. Ma l’idea primigenia fa parte della storia e delle esperienze di chi la genera, passata al vaglio di una serie di setacci che la raffinano trattenendone le brecce indesiderate. Naturalmente bisogna evitare di pensare che uno schizzo, per il semplice fatto di essere realizzato di getto, sia poco nutrito da lunghe riflessioni su quanto rappresentato, dato che ogni traccia significativa depositata su carta è come la punta di un iceberg formatosi nell’individuo nel corso degli anni.

Carmen Adriani
Francesco Cellini
Antonio Russo

Talvolta l’immagine generata morfologicamente dalla mente è nitida, altre volte nebulosa, altre ancora assente, ed a seconda di questi stati d’animo la sua restituzione grafica differirà molto rendendo impossibile, in mancanza di una scintilla ideativa, riuscire a produrre un’immagine densa, anche se la mano ribolle manifestando un proprio desiderio autonomo di disegnare. Ma quando vi è l’idea e la mano è pronta allora si stabilisce quella straordinaria connessione tra l’immagine generata dalla mente e l’energia di quest’ultima che, veloce come un atleta, danza rapida sulla carta in un vorticoso moto creativo.

E’ illuminante, seguendo questo filo logico, richiamare il pensiero dello storico dell’arte francese Henri Focillon – in seguito più volte citato – che nell’Elogio della mano (1939) scrive:

Le mani – intese come coppia – non hanno soltanto assecondato gli intendimenti dell’essere umano, ma hanno anche contribuito al loro determinarsi, li hanno precisati, hanno dato loro forma e figura. L’uomo ha fatto la mano, nel senso che a poco a poco l’ha emancipata dai vincoli del mondo animale liberandola da un’antica schiavitù imposta dalla natura, ma la mano ha fatto l’uomo. Gli ha permesso certi contatti con l’universo che gli altri organi e le altre parti del suo corpo non gli garantivano.”
Franco Luccichenti

E questa mano che soppesa, calibra, comprende, conosce, contrappone il pollice alle altre dita, presenta e gesticola, nel momento in cui impugna una matita, una penna o un pennello si pone in sintonia con i fluidi del pensiero, acquisendo un’autonomia che in essa si insedia.

“L’animale privo delle mani […] non può varcare le soglie dell’arte […] non (gli) è stato dato né di costruire un proprio mondo magico né di creare un proprio mondo inutile […] rimaneva incapace di ‘incantare’ attraverso la virtù delle immagini o di far nascere forme disinteressate.” La mano e l’utensile diventano amici, si studiano reciprocamente, si correggono a vicenda, e “quale che sia la forza di ricezione e di invenzione della mente, senza il contributo della mano essa non darebbe vita che ad un tumulto interiore.”

Se da un lato Focillon ci parla del sublime impasto della materia e dei colori, del tocco vissuto che possiamo ammirare nelle tele di Rembrandt ad esempio, dall’altro – da figlio di un incisore qual era – nel testo su citato analizza pure la scelta contraria, che è di avversione a quanti lasciano la propria mano libera all’invenzione di giochi barocchi, e che quindi porta a compiere un “voto austero di annullarsi, di scomparire con modestia […] in un’ascetica frugalità”.

Qui il bianco e il nero prendono il sopravvento sulla sfumatura e sul colore che vengono aboliti, non essendo concesso alla mano quel grado di libertà e autonomia ideatrice, dovendo essa sottostare alla volontà tirannica della mente che tutto controlla. Ancora una volta si consuma la separazione tra il continuo e l’astratto, tra il processo analogico e quello discreto, scissione che già aveva alimentato le avanguardie della fine dell’800 e degli inizi del ‘900 transitando dalla pittura all’architettura.

Anche Franco Purini compirà questa scelta la quale, essendo egli molto dotato in ambedue le modalità artistiche, si rivelerà per lui una dolorosa ma necessaria privazione a favore del disegno al tratto, astratto, come se fosse inciso su lastra, dove le gradazioni di grigio si possono ottenere solo come un insieme più o meno fitto di segni.

Vi è tutta una scuola di incisori dalla quale attingere, da Durer, a Callot, da Piranesi, a Calamatta e a tanti altri, una tradizione che in Italia transita per il disegno a penna e a china su carta, principalmente con il già citato Emilio Greco nelle arti e con Carlo Aymonino e Franco Purini in architettura, il primo e il terzo con tratto calibrato, il secondo più gestuale e variabile. Ma anche in queste sintesi così nette, nonostante la mancanza del pennello e dell’impasto, il tocco è guidato da un DNA che rende riconoscibile una propria calligrafia pure lì dove essa muta e si evolve. Si pensi a quella che lo stesso Piranesi aveva attivato verso la fine della sua vita nelle Carceri d’invenzione, liberando il segno dall’ossessione dell’atto ripetitivo e, così facendo, traghettandolo all’approdo della modernità.

Massimiliano Fuksas

Focillon, da perspicace anticipatore del futuro qual è stato, nel suo Elogio della mano scrive che quando si dipingerà a macchina, a spruzzo, si

“sarà raggiunta l’inerzia crudele del cliché, ottenuto da un occhio senza mano (ed) è questa l’immagine della solitudine, poiché la mano non interviene mai a spandervi il calore e il fluido della vita umana.”

Calore che può derivare anche dall’ “incidente”, e

“a volte si direbbe che l’artista lo abbia provocato […] lungi dal dissimulare […] capace di trarre partito dai suoi errori, dalle sue prese mancate, per farne giochi nuovi: e nulla ha più grazia dell’eleganza che si produce a partire da una goffaggine […] Basta catturarlo al volo e farne emergere tutta la potenza nascosta.”

La mano che inventa perché sbaglia e si corregge non è la docile e domestica servitrice della mente, abile e compiacente, piuttosto “si ingegna in sua vece, cammina attraverso ogni sorta di avventure, tenta la fortuna”, senza capricci ma seguendo arditamente il percorso sperimentale alla ricerca delle tracce nascoste di una propria struttura organizzata all’arte del rammendo artistico, ad avvicinare tra loro lembi di significato, a risolvere in autonomia spazi minuti e al tempo stesso vastissimi.

Ruggero Lenci

Franco Purini non è personaggio da facili interpretazioni. La sua mano è comandata sì dalla mente, ma al tempo stesso ha sempre quel desiderio di dimostrare una propria autonomia che si manifesta quando – stanca del solo impeccabilmente seguir e servir la testa – opera piccole ribellioni che cospargono i suoi disegni dei residui di quelle autonomie di significato, talvolta da egli stesso chiamate “enzimi, guardiani del disegno, elementi simbolici o di disturbo” che conferiscono, tanto alle composizioni grafiche quanto alle architetture, una spiccata riconoscibilità e un elevato senso artistico. Non si tratta di schegge in un mondo di schegge, come altri autori tendono a fare, bensì di momenti di libertà compositiva inseriti in un’impalcatura pentagrammatica che, similmente alle note, si occupano di scrivere la musica dell’architettura.

Le su esposte considerazioni si rivelano utili a evidenziare che in un simposio tra architetti e altri artisti possono emergere punti di vista nuovi, sorprendenti gli uni agli altri, opere nelle quali la mano è usata in modo più modellato e pittorico, oppure più tecnico e digitale, contribuendo nel complesso a stabilire un plusvalore di significati rispetto a quanto potrebbe emergere da una sola delle due arti.

Paola De Rosa

Sono oltre cento i partecipanti alla mostra, a sottolineare il grande entusiasmo che questa figura carismatica suscita, anche lì dove esistono le immancabili critiche di quegli studiosi che, lo si avverte, sembrano più essere guidati dalla propria indole che da un’opposizione alla paziente e legittima ricerca del Nostro sul tema di un razionalismo enzimatico in architettura. Quanti altri possono infatti vantare una così profonda militanza negli ambiti del disegno e del progetto, rendendo in molti casi il primo un autonomo prodotto artistico che rimane sempre fedele al secondo e a quelle scelte di campo di cui poc’anzi si parlava?

Un Purini che cambia per rimanere sempre se stesso, come Giovanni Battista Piranesi, come il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con al suo fianco Laura Thermes.

In ultima analisi i molteplici spunti offerti dalla lunga azione di nominazione, presentazione e rappresentazione dell’architettura di Franco Purini – per usare la nota triade di Joseph Kosuth – non potevano rimanere annidati nelle sole menti dei suoi contemporanei, e pertanto questi ultimi con beneaugurale generosità li hanno trasferiti su carta, o li hanno ritrovati nei propri archivi, rendendo possibile l’ampia riflessione collettiva che segue, sulla notevole varietà dei temi che illuminano le tante sfaccettature della figura indagata.

Ruggero LENCI   Roma 17 ottobre 2021