di Marco FIORAMANTI
AMANTI
Commedia in due atti scritta e diretta da Ivan Cotroneo con Massimiliano Gallo e Fabrizia Sacchi. E con Eleonora Russo, Orsetta De Rossi, Diego D’Elia
Scene Monica Sironi, costumi Alberto Moretti, luci Gianfilippo Corticelli
La scena che tutti avremmo voluto vedere è rimasta viva nell’immaginario dello spettatore lungo tutte le due ore dello spettacolo. Lo sguardo complice e trasgressivo tra Claudia e Giulio nei pochi secondi in ascensore – dal piano terra al quarto – ci è stato negato.
Ivan Cotroneo, regista ben noto al pubblico cine-televisivo esordisce a teatro con una raffinata pièce sulla galassia amorosa, tema a lui molto caro. E sceglie come protagonista, non a caso, altri due napoletani doc, Massimiliano Gallo, tra i migliori attori attualmente su piazza, e la bravissima, conturbante Fabrizia Sacchi, sua degna compagna d’avventura, anzi no, di “relazione”. È nelle pieghe del dialetto partenopeo, infatti, quello immediato, elegante, colorito, esuberante, sarcastico, che si caratterizza il dialogo tra i due amanti in fuga.
A bilanciare l’equilibrio drammaturgico entrano in gioco i rispettivi partner traditi, Laura (Eleonora Russo) e Roberto (Diego D’Elia), impeccabili nel loro scomodo ruolo. E soprattutto, al quarto piano del palazzo, la dottoressa Gilda Cioffi, psicoterapeuta di coppia (una esilarante Orsetta De Rossi), arbitro inconsapevole di giochi di ruolo, di inganni, di false e vere confessioni sulla chaise longue del setting d’analisi.
Ma torniamo all’inizio della storia. Settembre, interno giorno. Androne di un palazzo borghese.
Il fronte grigio di una cabina ascensore – interno-rosso e specchio tondo – fuoriesce dal sipario ancora chiuso. Giulio, insegnante di storia, entra frettolosamente dal lato esterno del boccascena (e subito scatta l’applauso). Cellulare all’orecchio, dialoga – inutilmente – con la voce automatica del call center che lo boicotta a più riprese. Mentre apre la porta dell’ascensore si scontra con Claudia, professione pediatra.
La commedia si dipana all’istante. L’apertura del sipario mostra una scenografia fatta di due interni accostati in linea: a sinistra la stanza d’albergo dove i due amanti sono soliti incontrarsi, a destra l’interno dello studio dell’analista dove agiscono, singoli o in coppia, i quattro personaggi.
Nonostante l’apparente prevedibilità dell’intreccio, questo lavoro apre a tutta una serie di riflessioni sui comportamenti legati alla passione, alla capacità d’amare e di saper mantenere vivo un rapporto, alla disperazione, al narcisismo, alla solitudine. Infinite sono le gag (spesso in forma di monologo) del poliedrico Gallo con le quali ci diverte e talvolta ci commuove, e alle quali siamo stati abituati nei decenni. Penso ai geniali tempi di battuta, in dialetto genovese di Gilberto Govi o in quello ‘napulitano’, a partire da Totò ai vari Troisi, Salemme, Covatta ecc. ai quali l’attore sembrerebbe talvolta (forse volutamente) fare il verso.
Un soffio di poesia arriva quando un intero quadro scenico viene espresso in penombra con un omaggio a Tenco (Mi sono innamorato di te) cantato magnificamente dallo stesso protagonista.
Alla fine l’essere umano, paziente o terapista che sia – questo vuole dirci l’autore – nonostante il suo bisogno di essere amato, la fame di conoscenza e di riconoscenza, è e resta solo con i suoi traumi più o meno irrisolti, le sue illusioni, le sue risate, nel chiuso di una stanza d’albergo o in un teatro riempito in ogni ordine di posti nel giorno della prima.
Tornano a galla le parole di Nietzsche quando scrive:
Prima che il mio pianto si scateni, lo affogo in una risata. Lo blocco nel mio intimo. La mia risata deve convincere gli altri che sono felice. E rido solo perché sono talmente triste da trovare sollievo solo nella risata. A volte riesco a consolarmi!
Marco FIORAMANTI Roma 5 Maggio 2024