di Claudio LISTANTI
Glyndebourne. La nascita di un grande festival estivo.
Per noi che scriviamo, irriducibili appassionati e assidui frequentatori di sale concerti e teatri d’opera per oltre mezzo secolo, questo momento di ‘riposo forzato’ ci porta, oltre che a condividere le preoccupazioni legate alla dura realtà che viviamo, anche ad una approfondita riflessione su tutto quanto appartiene alla nostra passione, ripensando anche a ciò che abbiamo avuto la fortuna di ascoltare e vedere, aiutati anche dai piccoli tesori contenuti nelle nostre raccolte di libri, dischi, nastri e video, ripercorrendo i ricordi, le sensazioni e le emozioni che hanno stimolato la nostra sensibilità interiore.
Volgendo dunque lo sguardo al passato e ripercorrendo le iniziative che hanno caratterizzato l’evoluzione del teatro d’opera abbiamo ricavato qualche buon auspicio riflettendo su quel che è stato e su quel che ha rappresentato il Festival di Glyndebourne, dal punto di vista sociale ma, soprattutto, dal punto di vista prettamente artistico. Vogliamo quindi proporre ai nostri lettori le sue origini e la sua storia con la segreta speranza che possa essere un caloroso augurio di rinascita per tutti coloro che amano questa forma d’arte.
Il Festival di Glyndebourne fu fondato nel 1934 e la sua nascita può essere considerata come il frutto di una bella storia d’amore, quella tra il ricco possidente John Christie, ed il soprano lirico Audrey Mildmay (Fig. 1).
John Christie era proprietario del castello Glyndebourne, una elegante costruzione immersa nella splendida campagna inglese nei pressi della piccola città di Lewes nel distretto del Sussex a circa 70 km a sud est di Londra. La sua fortuna finanziaria era dovuta alla sua attività principale di costruttore di organi svolta tramite la sua Christie Unit Organ che aveva venduto organi non solo in tutta l’Inghilterra ma i suoi affari si svilupparono fino a raggiungere l’Australia e la Nuova Zelanda. Inoltre, nel Sussex era anche titolare della Sussex Downs, la maggiore impresa edile della regione assieme al più grande garage e centro commerciale automobilistico del posto. Possedeva anche una sterminata tenuta nel Devon all’interno della quale c’era un delizioso albergo. Era appassionato di musica anche senza praticarla ma divenendo un ‘fanatico’ della musica di Richard Wagner per il quale intraprendeva frequenti pellegrinaggi a Bayreuth. Nella sua casa di Glyndebourne, c’era la Sala dell’Organo sontuosa cornice per i concerti privati organizzati consistenti in musica ‘fatta in casa’ con esecuzioni di musica operistica e l’utilizzo di musicisti dilettanti e professionisti. In una di queste occasioni lo stesso Christie aveva interpretato addirittura la parte di Beckmesser dal II atto da Die Meistersinger von Nürnberg; in un’altra occasione scritturò la Audrey Mildmay, che faceva parte della celebre compagnia d’opera dell’impresario tedesco Carl Rosa (Fig. 2) presso la quale ricopriva ruoli di soprano lirico-leggero, per eseguire un brano del Ratto dal Serraglio di Mozart.
Conobbe così la Mildmay, che aveva una ventina di anni meno di lui e con la quale si sposò nel 1931. Dopo il loro matrimonio Christie sentì la necessità di costruire un teatro attiguo al castello, facendo realizzare una sala che conteneva circa 300 persone della quale la famosa Sala dell’Organo ne divenne il foyer.
Christie decise anche di organizzare un Festival, non solo per soddisfare la sua passione ma anche per mettere in risalto le buone doti vocali di sua moglie Audrey. Originariamente immaginò, addirittura, una inaugurazione con Don Giovanni di Mozart o con Die Walküre di Wagner prevedendo in seguito anche l’esecuzione dell’intero Ring e del Parsifal, sottovalutando però l’inadeguatezza della struttura del teatro e sopravvalutando le caratteristiche vocali della Mildmay del tutto inadatte al repertorio wagneriano. Prese così in considerazione di organizzare un Festival estivo da scvolgersi nei mesi di maggio e giugno, concepito come rassegna del teatro di Wolfgang Amadeus Mozart, musicista comunque a lui molto gradito, per una manifestazione che in poco tempo divenne un vero punto di riferimento per esecuzioni di questo genere di repertorio.
L’impronta artistica del Festival fu impressa da due importanti uomini di cultura del tempo, entrambi esuli prevenienti dalla Germania nazista della quale era palesi dissidenti: Fritz Busch e Carl Ebert.
Fritz Busch era all’epoca uno dei più stimati direttori d’orchestra (Fig. 3). Nel 1933 era stato direttore stabile a Dresda e proprio in quell’anno fu rimosso dalla sua posizione per via della sua opposizione al regime nazista. Dopo essere emigrato in Sud America e in Scandinavia trovò a Glyndebourne le condizioni ideali per mettere in evidenza e perfezionare la sua visione del Mozart operista fornendo delle esecuzioni, ancora oggi, ritenute memorabili.
Carl Ebert era negli anni 20, in Germania, uno degli attori principali del suo paese (Fig. 4) che si formò grazie agli insegnamenti del grande Max Reinhardt (Fig. 5). Divenne poi anche regista; anch’egli nel 1933 lasciò la nativa Germania per la forte dissidenza con il nazismo allora imperante. Per Glyndebourne diede il suo prezioso contributo non solo come regista ma anche come direttore artistico.
Tra i due, proprio a Glyndebourne, si formò uno straordinario sodalizio artistico che rivoluzionò la messa in scena dell’opera lirica in Gran Bretagna creando quell’ideale fusione tra musica e teatro che certamente è contenuto del Dna dei capolavori che hanno fatto la storia di questo genere di spettacolo, un elemento che fino a quell’epoca era piuttosto trascurato non solo nella stessa Gran Bretagna ma un po’ ovunque nel mondo. Furono, quindi, eccellente punto di riferimento per la fondazione dello spettacolo d’opera inteso in senso moderno imprimendo alle rappresentazioni quegli elementi di innovazione che furono i germi con i quali si sviluppò in seguito, soprattutto dopo il secondo conflitto mondiale, tutto il teatro d’opera.
Assieme a Busch e Ebert ci fu un altro personaggio che contribuì alla nascita del festival di Glyndebourne: Rudolf Bing (Fig 6). Austriaco di nascita, anch’esso costretto a lasciare il suo paese per il progredire delle intemperanze naziste. Sebbene all’epoca ancora giovane (32 anni) era in possesso di una ottima esperienza nel campo dell’organizzazione del teatro lirico avendo ricoperto fino ai primi anni 30 varie cariche come direttore generale del teatro di Darmstadt e, soprattutto, la Städtiche Oper di Berlino. A Glyndebourne fu chiamato da Fritz Busch che ne stimava le sue qualità di organizzatore e contribuì anch’egli in maniera incisiva all’affermazione di questo Festival del quale divenne a breve direttore generale. Bing è noto al mondo soprattutto per essere stato a lungo, per 22 anni, direttore generale del Metropolitan di New York contribuendo a rinnovare i fasti di uno dei più importanti teatri del mondo. Ci ha lasciato una importante biografia dal titolo ‘5000 sere all’Opera’, inesauribile fonte di informazioni della sua vita di organizzatore nella quale è anche descritta con dovizia di particolari la nascita del Festival di Glyndebourne, che per il nostro articolo è stata preziosa e importante ‘fonte’.
La località di Glyndebourne era piuttosto isolata e, quindi, di difficile accesso per il pubblico che, quasi esclusivamente, proveniva da Londra in un’epoca nella quale il trasporto privato non era ancora particolarmente diffuso. I tre organizzatori istituirono quindi una sorta di servizio di accoglienza per rendere più agevole il flusso degli spettatori. Allo scopo fu istituito un treno speciale che dalla Stazione Vittoria di Londra portava a Lewes dove gli spettatori avevano a disposizione un autobus che li avrebbe condotti poi Glyndebourne. Qui, negli intervalli dello spettacolo, si poteva mangiare in un ristorante oppure avere la possibilità di fare un picnic e approfittare dell’immenso parco circostante che aveva una superficie complessiva di 10.000 acri. Gli spettatori avevano anche l’obbligo di indossare abiti da sera e considerando anche che i biglietti di ingresso erano venduti a ‘prezzi astronomici’, come ammesso dallo stesso Bing, si capisce che assistere a questi spettacoli richiedeva notevoli risorse economiche e che quindi fossero destinati ad un pubblico di élite, una condizione che poteva trovar riscontro unicamente nella stratificazione sociale dell’Inghilterra degli anni precedenti il secondo conflitto mondiale.
Il Festival di Glyndebourne, come anticipato, nacque con l’intento di mettere a fuoco le opere teatrali di Wolfgang Amadeus Mozart, soprattutto quelle appartenenti alla cosiddetta Trilogia di Lorenzo da Ponte che furono eseguite nella versione originale cantata in italiano. Evento questo che nell’Inghilterra degli anni 30 era più unico che raro.
Il 28 maggio 1934 furono ‘Le Nozze di Figaro’ ad aprire la storia di questo prestigioso festival che ancora oggi riesce a catalizzare l’attenzione degli appassionati di musica di tutto il mondo. Lo spettacolo fu curato dal regista Carl Ebert con le scene Hamish Wilson e i costumi di Ann Litherland.
Fritz Busch fu alla guida della Glyndebourne Festival Orchestra con la collaborazione di una compagnia di canto che nelle parti principali prevedeva la Susanna di Audrey Mildmay, (Fig. 7) la Contessa Almaviva di Aulikki Rautawaara (Fig. 8), soprano finlandese molto attivo all’epoca nei teatri d’opera, il Figaro di Willi Domgraf-Fassbander baritono tedesco (Fig. 9) che studiò anche in italia che in quegli anni prese parte anche al Festival di Salisburgo dove cantò anche nel Die Zauberflote diretto da Toscanini. Il celebre baritono inglese Roy Henderson interpretò la parte del Conte Almaviva mentre il mezzosoprano austriaco Luise Helletsgruber sostenne la pare di Cherubino.
Le recite de Le Nozze di Figaro ebbero un buon successo che suggerì agli organizzatori di proporre alla HMV di registrare in studio, prima dello scioglimento della compagnia, l’esecuzione; una lungimiranza che ci consente ancora oggi di cogliere i pregi di quell’esecuzione. Dall’ascolto si può comprendere la valenza artistica della direzione di Fritz Busch che risulta particolarmente intensa frutto della scelta di tempi molto teatrali ed una cura dell’insieme non comune come dimostra l’esecuzione dell’Ouverture tratta dalla quella registrazione.
Audio 1
Le Nozze di Figaro, Ouverture
Glyndebourne Festival Orchestra Direttore Fritz Busch (Registrazione 1934)
Tutte queste qualità emergono, con maggiore forza, dal finale del II atto dove assieme alla parte orchestrale c’è una cospicua parte vocale che impegna sette cantanti. Dall’ascolto appare evidente la fusione organica tra l’orchestra e i singoli cantanti con l’estrema cura riservata all’emissione vocale, alla preparazione dei singoli cantanti rivolta anche ad una corretta pronuncia italiana che rende il testo felicemente comprensibili. All’epoca, come detto, in Inghilterra non si eseguiva quest’opera nell’originale italiano, e quindi la resa sonora è senz’altro encomiabile anche se nessuno degli interpreti era di madre lingua italiana e alcuni di essi avevano uno stile che ad oggi sembra un po’ arcaico.
Audio 2
Le Nozze di Figaro. Voi Signor che giuso siete. Finale Atto II
Audrey Mildmay Susanna, Aulikki Rautawaara Contessa Almaviva, Heddle Nash Don Basilio, Constance Willis Marcellina, Roy Henderson Conta Almaviva, Norman Allin Dottor Bartolo, Willi Domgraf-Fassbaender Figaro.
Glyndebourne Festival Orchestra Direttore Fritz Busch (Registrazione 1934) Edizione Naxos 8.110186-7
Il giorno successivo, 29 maggio 1934, andò in scena un’altra opera di Lorenzo da Ponte, Così fan tutte, a quei tempi praticamente semisconosciuta, con la Glyndebourne Festival Orchestra & Coro diretti da Fritz Busch ed una parte visiva affidata agli stessi artisti autori della messa in scena de Le Nozze. Anche qui una valida compagnia di canto composta dagli stessi Willi Domgraf-Fassbaender e Heddle Nash, rispettivamente Guglielmo e Ferrando ai quali si aggiunse l’italiano Vincenzo Bettoni specialista di questo genere di personaggio, il soprano Ina Souez Fiordiligi cantante tre le più quotate dell’epoca, la Dorabella di Luise Helletsgruber e la Despina di Irene Eisinger cantante slesiana (Fig. 10) attiva anche nei ruoli di soubrette, in quell’epoca molto apprezzata a Berlino ma costretta, dopo il 1933, a causa delle sue origini ebraiche, a lasciare la Germania per sfuggire alla crudeltà del nazismo.
Anche questa opera ebbe una valida esecuzione che riscosse successo che confermava quanto di apprezzabile, in senso mozartiano e teatrale, aveva evidenziato nella serata precedente. Anche per quest’opera abbiamo una testimonianza discografica sempre ad opera della HMV che pubblicò una registrazione dell’anno successivo, il 1935, con gli stessi interpreti tranne per il personaggio di Don Alfonso che fu affidato a John Brownlee cantante che divenne assiduo interprete a Glyndenbourne.
Audio 3
Così fan tutte. Atto I. Terzetto ‘La mia Dorabella’
Willi Domgraf-Fassbaender Guglielmo, Heddle Nash Ferrando, John Brownlee Don Alfonso
Glyndebourne Festival Orchestra Direttore Fritz Busch (Registrazione 1935) Edizione Naxos 8.110280-81
Nel 1936 si completò il ciclo della trilogia di Lorenzo da Ponte di Wolfgang Amadeus Mozart.
Il 29 maggio andò in scena l’atteso Don Giovanni per il quale Fritz Busch fornì un’altra memorabile esecuzione confermando ancora una volta (e rafforzando) la sua visione del Mozart italiano. Anche qui un cast di rilievo composto da John Brownlee che si distinse ne ruolo del titolo con Ina Souez (Fig. 11) Donna Anna, Luise Helletsgruber Donna Elvira, Audrey Mildmay Zerlina e Roy Henderson Masetto; confermarono tutti le loro convincenti interpretazioni degli anni precedenti ai quali si aggiunsero il tenore ungherese, stella del teatro mozartiano di quegli anni, Koloman von Pataky come Don Ottavio e, soprattutto il nostro, e romano, Salvatore Baccaloni (Fig. 12) Leporello che offrì una interpretazione superlativa divenendo mitico interprete di questa parte e di tutto il repertorio comico/buffo che lo portò in seguito ed essere una delle colonne della compagnia del Metropolitan. Anche in questo caso la a parte visiva fu realizzata con la regia di Carl Ebert e le scene Hamish Wilson ma con i costumi di Hein Heckroth.
Anche per il Don Giovanni la HMV ci viene in soccorso con la sua incisione dello stesso 1936 che ci consente di comprendere le qualità di questa esecuzione che può essere considerata una conclusione ideale per questo ciclo di esecuzione dimostrando una straordinaria omogeneità dell’insieme che tende a farci considerare le tre opere come entità unica.
Audio 4
Don Giovanni. Atto I. Madamina, il catalogo è questo
Salvatore Baccaloni
Glyndebourne Festival Orchestra Direttore Fritz Busch (Registrazione del 1936) Edizione Naxos 8.110135-37
I primi anni del Festival di Glyndebourne videro, al fianco delle Trilogia di da Ponte, anche l’esecuzione di due di capolavori di Mozart scritti sotto forma di Singspiel e quindi cantanti in lingua tedesca, Die Zauberflote e Die Entführung aus dem Serail, andati in scena, rispettivamente, il 27 maggio e il 19 giugno del 1935, entrambe con la direzione di Fritz Busch e la parte scenica guidata da Carl Ebert assecondati da compagnie di canto composte da molti ‘specialisti’ già utilizzati nelle altre tre realizzazioni. Di queste non si hanno testimonianze discografiche ma solo l’eco di giudizi complessivamente positivi. Glyndebourne divenne così una sorta di straordinario modello dell’interpretazione mozartiana rispetto ai cinque più grandi capolavori del musicista salisburghese che influenzò il modo di rappresentare questo genere di teatro per lunghi anni.
Fritz Busch volle anche allargare il repertorio del Festival ‘aprendo’ anche a capolavori italiani. Il Don Pasquale di Gaetano Donizetti che andò in scena il 29 giugno del 1938 con tre grandi interpreti italiani: oltre a Salvatore Baccaloni nel ruolo del titolo fanno il loro ingresso a Glyndebourne Mariano Stabile (Fig. 13) Dottor Malatesta e il tenore Dino Borgioli (Fig. 14) Ernesto. Qualche giorno prima, il 21 maggio, era stata la volta del Macbeth di Giuseppe Verdi, opera molto stimata da Busch, che vide protagonista Francesco Valentino nel ruolo del titolo e il soprano croato Vera Schwarz, cantante molto apprezzata anche in alcuni ruoli wagnariani alla quale fu affidata la parte della Lady.
La seconda guerra mondiale, come si può immaginare, oscurò il Festival di Glyndebourne che solo negli anni ’50 riuscì a riemergere dal momento di crisi per raggiungere nuovamente una posizione di preminenza nel panorama musicale internazionale rimasta tale fino ai giorni nostri.
Dopo la guerra il repertorio rappresentato divenne progressivamente molto più ampio. Ci furono diverse prime assolute di opere contemporanee come, nel 1946, The Rape of Lucretia diretta da Ernest Ansermet con Kathleen Ferrier e, nel 1947, Albert Herring di Benjamin Britten diretta dal compositore. Poi nel 1961 Elegy For Young Lovers di Hans Werner Henze diretta da John Pritchard, nel 1970 The Rising of the Moon di Nicholas Maw diretta da Raymond Leppard e nel 1987 The Electrification of the Soviet Union di Nigel Osborne.
Nel dopoguerra la ripresa del Festival di Glyndebourne fu progressiva e costante. (Fig . 15) Il suo teatro ebbe vari successivi rifacimenti che ne ampliarono la capienza: nel 1977 arrivò a contenere 850 spettatori e, dal 1993, dopo un rifacimento radicale la sala ne contiene 1200.
Oggi il Festival di Glindebourne ha conservato tutti i pregi dell’organizzazione proveniente dalla sua tradizione lunga poco meno di novanta anni seguita ad ogni sua edizione da migliaia di spettatori che possono godere di una intensa programmazione che supera, temporalmente, gli originari mesi di maggio e giugno per spingersi fino ad agosto per un repertorio che supera i confini del repertorio che, ad oggi, è divenuto veramente sconfinato. Connettendosi al sito, molto ben fatto, del festival si può approfittare, innanzi tutto, del loro minuzioso archivio che copre, con precisione, gli spettacoli dalle origini ad oggi e si possono avere, poi, tutte le informazioni circa gli spettacoli programmati e le notizie necessarie per assistere alle rappresentazioni ivi comprese le disposizioni per la scelta dell’abbigliamento.
Rimane senza dubbio un festival dagli alti costi per gli spettatori, forse l’unico inconveniente di una manifestazione che dovrebbe essere in linea con l’elemento ‘popolare’ che la musica di tutti i tempi possiede. Esaminando, però, le proposte musicali è senza dubbio di gran livello artistico.
Claudio LISTANTI Roma 26 aprile 2020