di Nica FIORI
La donna nell’arte tra simbolo e rivoluzione, alla GAM di Roma
Bellezze mediterranee dal fisico scultoreo e dallo sguardo sensuale, donne idealizzate incuranti degli affanni terreni, che sembrano guardare al di là del tempo e dello spazio, madri felici e talvolta tragiche, come pure ritratti di donne che trasmettono malinconia, turbamento, mistero o ironia ci accolgono alla Galleria d’Arte Moderna di Roma nella mostra DONNE. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione, che si tiene dal 24 gennaio al 13 ottobre 2019. Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, la mostra è a cura di Arianna Angelelli, Federica Pirani, Gloria Raimondi e Daniela Vasta e presenta circa 100 opere (alcune mai esposte prima), provenienti dalle collezioni d’arte capitoline (GAM e MACRO), insieme a filmati dell’Istituto Luce-Cinecittà e della Cineteca di Bologna.
È dalla notte dei tempi che la figura della donna incarna una sacralità legata alla trasmissione della vita. Lo dimostrano le numerose statuine del Paleolitico e del Neolitico, riproducenti donne floride riconducibili alla venerazione di una primitiva “dea madre”, che si diffonderà poi in tutte le civiltà dell’area mediterranea. Nel mondo classico si afferma, però, anche il concetto dell’amore carnale che vede protagonista la dea della bellezza, Afrodite, e alcune mitiche donne, per conquistare le cui grazie si scatenano guerre e si ricorre a stratagemmi e metamorfosi da parte degli dei (Zeus in primis).
È proprio nel suo duplice aspetto di oggetto del desiderio e di madre che l’immagine femminile è stata raffigurata nell’arte. Fino a tutto l’Ottocento il suo corpo è visto, soprattutto dagli artisti maschi, “come forma da studiare, modello di bellezza, di erotismo o di ludibrio, mentre la modella diventa, alternativamente, la musa ispiratrice, la fonte di ogni peccato, l’esempio di doti domestiche e di virginale maternità”, come è evidenziato dalla curatrici nella presentazione della mostra, mentre nel Novecento si assiste alla prima grande rottura di quell’immaginario femminile, in seguito ai profondi cambiamenti politici e sociali che seguirono la fine della Grande Guerra. Ai primi movimenti delle suffragette in Europa e alla prepotente entrata delle donne nel mondo del lavoro, si deve aggiungere il forte impatto delle teorie di Sigmund Freud su tutta la cultura occidentale. La donna s’interroga sulla propria identità fino ad arrivare a una nuova immagine nata dalla contestazione femminista degli anni sessanta, che vede anche l’affermazione delle donne “artiste”, prima relegate per lo più all’interno delle loro case. E risale allo stesso periodo la riscoperta delle grandi pittrici del passato: Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Rosalba Carriera e le altre.
Nel primo piano della galleria, nella sezione Amor sacro e amor profano, vediamo come la Femme fatale degli artisti trova il corrispettivo in quella che è la diva nel cinema. Diva che, tra gli altri suoi atteggiamenti, “gira sinuosamente il suo collo di serpente verso lo spettatore, e più raramente, avendoci mostrato innanzitutto dei grandi occhi, li vela lentamente con le molli palpebre e, prima di sparire nelle nebbie dello sfumato, rischia il gesto più osé che ci si possa permettere sullo schermo… “, come scrive Colette nel Petit Manuel de l’Aspirant Scénariste (1918).
Da Le Vergini savie e le vergini stolte di Giulio Aristide Sartorio, per il quale posarono alcune nobildonne r
omane, a L’angelo dei crisantemi di Angelo Carosi, alle modelle in atteggiamento voluttuoso, come La sultana del divisionista Camillo Innocenti, coperta solo da un turbante orientaleggiante, la donna sembra sospesa tra il suo essere, allo stesso tempo
anima gentile e perversa seduttrice, analogamente a quanto avveniva nella contemporanea letteratura simbolista e decadente di Baudelaire o di D’Annunzio e nelle stupefacenti pellicole cinematografiche (in particolare quelle con Francesca Bertini). Non va neanche trascurato il fascino dell’antico, proposto in mostra nel dipinto Frigidarium di Alessandro Pigna e nella Figura pompeiana di Augusto Bompiani, come pure nella leziosa scultura di Ettore Ximenes Signora con vestaglia alla greca.
Nella sezione dedicata al Nudo, troviamo un grande dipinto di Felice Carena, Serenità, raffigurante bagnanti in un paesaggio idilliaco.
L’artista, che ha insegnato all’Accademia di Firenze, interpreta gli ideali di bellezza classica rifacendosi da un lato alla tradizione, dall’altro ai pittori contemporanei.
I nudi di donna di pittori come Arturo Dazzi o Adolfo De Carolis appaiono invitanti e gareggiano con i nudi scultorei proposti in pose più o meno accattivanti da Marino Marini, Nicola D’Antino e altri scultori. La pop art è pure presente con un’opera del 1964 di Mario Ceroli, Goldfinger/Miss, realizzata in legno di pino (dorato su una delle fronti) con la ripetizione seriale di una sagoma che richiama la Venere di Botticelli.
Al secondo piano troviamo i ritratti, tra i quali spicca sicuramente Il Dubbio, di Giacomo Balla, scelto come immagine guida della mostra. Raffigura il volto di Elisa Marcucci, la moglie del pittore, ritratta in modo quasi fotografico mentre si volta per guardare qualcosa o qualcuno dietro di sé. Il suo sguardo, che “buca lo schermo”, trasforma il volto della giovane donna da oggetto da ammirare a soggetto misterioso.
Assai suggestivi sono anche altri ritratti, tra cui Violette di Enrico Lionne, Donna alla toeletta di Antonio Donghi e il grande olio Nel parco di Amedeo Bocchi, che raffigura la moglie dell’artista probabilmente nella villa Strohl-Fern, luogo di ritrovo e di studio di artisti internazionali. Di grande impatto visivo, questo dipinto del 1919 sembra rifarsi all’espressionismo tedesco nella violenza dei colori, ma è più armonioso nei tratti. Sono esposti anche alcuni busti muliebri tra cui il Ritratto di Anna Gemito, capolavoro di Vincenzo Gemito, e Sibilla di Emilio Greco.
Come ha fatto notare Federica Pirani, in questa sezione si comincia a vedere come la modella diventa autonoma, tanto che “l’artista non riesce più a ritrarla come vorrebbe, la modella si pone come sfinge e non capiamo più il suo pensiero. Tanto è vero che abbiamo una sala dedicata proprio all’immagine della donna inquieta“.
Nello stesso piano una novità nel percorso espositivo è data da un’opera del 1933 di Fausto Pirandello, Il remo e la pala, prestata dal Museo del Novecento di Milano fino a tutto febbraio, e accostata per l’occasione ad altre opere della GAM dello stesso Pirandello.
Al terzo piano troviamo una sezione dedicata alla maternità, tema molto rappresentato in epoca fascista, perché era esaltato nella donna il suo ruolo di “fattrice” di futuri soldati e lavoratori, a discapito del suo inserimento sociale e anche della sua posizione di lavoratrice. Tra le opere più emblematiche troviamo un capolavoro di Luigi Trifoglio, Maternità, cui è affiancata un’opera di arte contemporanea, La gravida, di Pino Pascali. Affascinante, ma apparentemente estraneo al tema materno, è il grande dipinto di Massimo Campigli Le spose dei marinai, manifesto della sua originale poetica presentato alla II Quadriennale del 1935.
Altre opere sono incentrate sul tema della riflessione e dell’inquietudine femminile.
La perfezione formale dei nudi di Ingres sembra aver ispirato Ferruccio Ferrazzi nel dipinto Frammento di composizione, che mostra una donna che si guarda allo specchio, sorretto da un’altra donna. Immagine, questa dello specchio, riproposta anche da Cesare Breveglieri nel quadro Le sorelle. Alcune donne sono raffigurate affacciate alla finestra, altre mentre leggono, mentre si spogliano o in attesa dietro una persiana. La Susanna di Felice Casorati ripropone il tema della Susanna biblica in chiave moderna. La formosa nudità della donna seduta, esposta in piena luce, è osservata da un uomo in grigio alle sue spalle. Ma più che il desiderio sessuale da parte dell’uomo e la virtù della protagonista, il dipinto trasmette un senso d’incomunicabilità e di silenzio.
Sono presenti in mostra anche alcune artiste, tra cui Antonietta Raphaël Mafai, protagonista della cosiddetta Scuola romana di via Cavour, con la scultura Riflesso allo specchio, Giosetta Fioroni con L’altra ego e Tomaso Binga, pseudonimo di Bianca Pucciarelli, con Bacio indelebile. Con i loro diversi stili e materiali, tutte pongono al centro della loro ricerca la consapevolezza di una nuova identità femminile.
L’ultima sezione espositiva è dedicata all’emancipazione della donna e alle lotte femministe, grazie alle quali l’universo femminile ha acquistato la parità con l’altro sesso e un’autonomia, che le consente anche di optare per una maternità più consapevole. Il materiale documentario presentato proviene da ARCHIVIA – Archivi Biblioteche Centri Documentazione delle Donne, ma troviamo anche testimonianze di performance e di film di artiste provenienti da collezioni private e da importanti istituzioni pubbliche.
La mostra, che ci fa conoscere gli artisti presenti nelle collezioni capitoline, quasi tutti italiani, espone alcuni capolavori d’indubbia bellezza, ma tra Ottocento e Novecento c’è anche qualcosa che avrebbe meritato almeno un cenno, e cioè quel concetto di “femminino” (evidentemente diverso da “femminile” e da “femminista”) che ci parla di spiritualità, ricordandoci che non esiste solo il corpo, e che avrebbe potuto adattarsi bene ad alcune opere, come per esempio l’Angelo di Carosi. Il termine femminino, coniato da Goethe e usato poi da altri letterati e anche da Carducci, riferito alla regina Margherita, era inteso come tramite per raggiungere l’elevazione spirituale dell’uomo, che si completa fino ad arrivare all’androginia dello spirito, che non è né maschile né femminile, ma un’unica simbolica unione delle due essenze.
Nica FIORI Roma gennaio 2019
Galleria d’Arte Moderna di Roma, Via Francesco Crispi, 24
24 gennaio – 13 ottobre 2019
Orario: da martedì a domenica ore 10.00 – 18.30 Ingresso consentito fino a mezz’ora prima dell’orario di chiusura. Biglietto di ingresso alla Galleria d’Arte Moderna: € 7,50 intero e € 6,50 ridotto, per i non residenti; € 6,50 intero e di € 5,50 ridotto, per i residenti; gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente. Per i possessori della MIC Card l’ingresso alla mostra è gratuito
Info: 060608 (tutti i giorni ore 9:00 – 19:00)