di Claudio LISTANTI
Celebrato Bruno Canino per 60 anni ed i 100 concerti tutti per la IUC.
Il foltissimo pubblico presente ha fragorosamente e prolungatamente applaudito tutto il concerto che alternava brani del ‘classicismo’ europeo a quelli del novecento ‘americano’
Sabato 30 marzo il concerto il ciclo Calliope della Stagione Concertistica 2018-2019 dell’Istituzione Universitaria dei Concertidi Roma (IUC) aveva in programma un concerto di uno dei pianisti italiani più conosciuti ed apprezzati dal pubblico e dalla critica: Bruno Canino.
Questo concerto, oltre alla bravura dell’interprete chiamato a salire sul prestigioso palco dell’Aula Magna dell’Università La Sapienza, aveva un importantissimo significato celebrativo che risiedeva nel fatto che in questa occasione Bruno Canino festeggiava i suoi 60 anni di partecipazione alle stagioni concertistiche della IUC, un periodo ragguardevole durante quale il pianista napoletano, proprio con questo concerto, ha raggiunto l’invidiabile numero di 100 concerti che hanno arricchito le stagioni dell’importante istituzione musicale romana.
Era il 14 marzo del 1959 (Fig 1) un sabato come in questa occasione, quando Bruno Canino, poco più che 23enne, si presentò sul palco della IUC, assieme a I Giovani Solistidi Milano allora diretti da un altro giovane emergente che rispondeva al nome di Claudio Abbado ma che aveva tra i suoi componenti anche altre individualità molto importanti per lo sviluppo della Musica nel nostro paese, Piero Toso e Ronald Valpreda che in quello stesso anno fondarono un’altra formazione che farà parlare di sè, I Solisti Veneti, per contribuire all’esecuzione di un programma molto affascinante ed impegnativo, nella composizione certamente specchio delle proposte musicali di quel lontano periodo ma enormemente raffinata: l’Offerta Musicale di Johann Sebastian Bach abbinata a due brani di Paul HIndemith, la Sonata da Camera per clavicembralo e dieci strumenti assieme alla Kammermusik op. 24 e la Sonata di Goffredo Petrassi.
Da quel giorno altri 99 appuntamenti,
non solo come pianista solista ma, anche, frequentemente in duo ed in trio con programmi che hanno coperto composizioni appartenenti ad un vasto arco temporale che va da Monteverdi ai giorni nostri, tutte musiche eseguite con semplicità (tra i meriti di Canino c’è anche quello di aver preso le distanze dal cosiddetto Star System), intelligenza e passione stabilendo così un contatto privilegiato con il pubblico che qui alla IUC (Fig 2) ha sempre seguito con estremo interesse tutte le sue esecuzioni.
Dalla cronologia dei concerti di Bruno Canino alla IUC, contenuta nel programma di sala della serata e stilata con cura e precisione da Michele Francolino, si comprende molto bene quale sia la valenza artistica di questa serie di concerti che segnano una tappa importante per la carriera artistica di Canino ma, anche, per la stessa IUC che può vantare la cospicua partecipazione di un pianista di questo livello (Fig 3).
Da questa cronologia saltano alla nostra evidenza i diciotto concerti eseguiti assieme a Severino Gazzelloni ed al suo flauto ma anche i diciotto concerti proposti con il pianista Antonio Ballista con il quale Canino ha costituito un sodalizio artistico tra i più fenomenali e duraturi nell’ambito del concertismo italiano così come i dieci concerti eseguiti come membro del Trio di Milano, formato assieme al violinista Cesare Ferraresi ed al violoncellista Rocco Filippini che programmarono l’integrale dei Trii con pianoforte di Robert Schumann ciclo che venne interrotto per l’improvvisa scomparsa di Cesare Ferraresi sostituito poi da Mariana Sirbu per proseguire la meravigliosa esperienza di questa formazione.
Impossibile sintetizzare il resto di questa numerosa cavalcata lunga sessanta anni
ma vogliamo, però, ricordare il concerto presso la Scuola Media Statale ‘E. Vittorini’diVia Luigi Appiani (17 aprile 1980) evidenziazione di quell’impegno sociale del pianista, dimostrato anche in altre occasioni, che hanno contribuito a mostrare come la Musica possa essere vettore di solidarietà e condivisione.
Il programma presentato per questo concerto del 30 marzo, molto importante non solo per Bruno Canino e la IUC ma anche per tutto l’ambiente musicale e culturale romano, era in un certo senso ‘paradigmatico’ per compendiare la pluriennale attività concertistica di Canino. Infatti era strutturato in due parti contrastanti tra loro: nella prima il grande ‘classicismo’ strumentale europeo della seconda metà del ‘700 alla quale si contrapponeva una parte squisitamente ‘americana’ che prendeva il via dall’800 per sfociare in alcune significative pagine di autori del ‘900.
Nella prima parte Bruno Canino ha fornito una eccellente prova mettendo in evidenza con chiarezza le linee melodiche delle composizioni scelte (Fig 4), un discorso omogeneo che ha permeato l’esecuzione dell’intera prima parte apparsa di straordinaria unitarietà tra i tre brani proposti, la Sonata in mi maggiore Hob XVI:13 di Franz Joseph Haydn che ha aperto la serata seguita dalla Sonata n. 9 in re maggiore K311 di Wolfgang Amadeus Mozart con la chiusura affidata alla Sonata in si bemolle maggiore op. 24 n.2 di Muzio Clementi. Tre capolavori per i quali il pianismo di Canino è riuscito a sintetizzarne i differenti stili dando la percezione che il tutto fosse come un unico brano organico, e quasi indivisibile, frutto della sua maestria nell’imporre cantabilità e ritmo a tutta l’esecuzione.
Nella seconda parte, invece, è uscita quella dote ‘salottiera’ di Bruno Canino, elemento presente in molti dei suoi programmi da intendersi non in senso dispregiativo ma come abilità di comunicare con il pubblico presente per un coinvolgimento completo degli ascoltatori ottenuto grazie alla proposta di brani brevi ma intensi valorizzati dal suo modo di suonare con incisività ed eleganza. Così è emerso lo spirito esotico di Louis Moreau Gottschalk con Le Bananier op. 5 e una sorta di manifesto del suo pensiero politico con The Union op. 48. Di straordinario fascino i seguenti Four Piano Blues di Aaron Copland con l’incontrovertibile spirito jazzistico che molto ha influenzato, e continua ad influenzare, la musica di oggi. Poi uno dei grandi dello scorso secolo, John Cage con Etude Australe VIII (Fig 5) dove le scarne sonorità e lo spazio lasciato all’iniziativa dell’esecutore riescono ad essere elementi di congiunzione immaginaria tra note musicali e costellazioni celesti. Conclusione con Chick Corea ed alcuni dei suoi Children’s Songs, opera di stampo indubbiamente didattico ma, come accade per i musicisti di valore, vettore di carattere estetico. Canino ne ha selezionato alcuni studi proponendoli, però, in una sequenza diversa da quella dello spartito ma personale utile per seguire un percorso particolare, nell’ordine i numeri 14, 2, 3, 12, 6, 5, 11, 19, 18 per una concatenazione di brani che ne ha messo in risalto contrasti e spiritualità.
Nell’intervallo la IUC e l’Università la Sapienza hanno ringraziato Bruno Canino per quanto ha dedicato a queste istituzioni con una targa ricordo, consegnata dal Rettore della Sapienza Eugenio Gaudio di fronte al manifesto del concerto di quel 14 marzo 1959; una piccola ma commovente cerimonia alla quale hanno partecipato anche, per la IUC, il direttore artistico Giovanni D’Alò e Franco Piperno membro del consiglio artistico (Fig 6) .
Applausi decisi e scroscianti hanno suggellato la serata.
Bruno Canino ha ringraziato tutti nel migliore dei modi: un bis che è stata ottima integrazione del carattere squisitamente novecentesco e ‘americano’ della seconda parte; di George Gershwin dai Tre Preludi per pianoforte il n. 1, Allegro ben ritmato e deciso.
Claudio LISTANTI Roma aprile 2019