Holkham Hall a Norfolk, una riflessione da un articolo di Alvar González-Palacios.

di Mario URSINO

Caro Direttore,

ho letto con molto interesse il lungo articolo del noto storico dell’arte Alvar González-Palacios, apparso sulla prima pagina del “Domenica”, inserto de Il Sole 24 Ore, 4 agosto 2019, Gli alabastri e i Rubens, meraviglie di Holkham, dedicato alla sontuosa dimora Holkham Hall a Norfolk in Inghilterra, una delle grandi residenze nobiliari nella campagna inglese. La descrizione dello studioso è, come sempre, affascinante, una vera e propria lectio magistralis, per cui vorrei illustrarla ai lettori di About Art con immagini dei protagonisti e di alcune opere che González-Palacios cita nel suo testo, riportando una scelta di brani del suo scritto, nonché qualche mia notizia aggiuntiva.

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Egli premette che queste grandi dimore gli inglesi “hanno sempre preferito definirle con un tipico understatement country houses, case di campagna”. Holkham Hall [fig. 1], grandiosa residenza in stile palladiano del secolo XVIII, fu edificata per volontà di Thomas Coke (1697-1759), primo conte di Leicester [fig. 2], ritratto del pittore veneto Francesco Trevisani (1656-1746). La splendida dimora fu realizzata dall’architetto, pittore e decoratore William Kent (c.1685-1748). Kent aveva studiato diversi anni in Italia, tra il 1709 e il 1719, approdando dapprima a Livorno, poi a Firenze, ma soprattutto a Roma, dove frequentò l’Accademia di San Luca, ottenendo, nel concorso annuale, una medaglia di seconda classe come premio per il suo dipinto, Il miracolo di S.Andrea Avellino. Sempre a Roma, decorò nel 1717 il soffitto della chiesa di San Giuliano dei Fiamminghi con il bel medaglione raffigurante l’Apoteosi di San Giuliano [fig. 3].

fig 3

E a Roma avvenne il fatale incontro di William Kent con Thomas Coke, e subito si stabilì tra loro un notevole sodalizio:

fig 4

Scrive González-Palacios:

Viaggeranno insieme durante questi anni italiani andando ad esempio a Firenze dove incontrano e saldano un pagamento a Giovan Battista Foggini, il migliore scultore fiorentino dell’epoca. […]. Ovunque Coke acquista libri e manoscritti importanti, ancora conservati in belissime rilegature nella grandiosa biblioteca che tempo dopo Kent disegnerà per Holkham [fig. 4]. Coke scrive allora, a diciott’anni: «one of the greatest ornaments to a gentleman is a fine library». Il suo Grand Tour dura sei anni”.

Il giovane Coke, durante questi anni acquista marmi antichi [fig. 5] e una grande quantità di dipinti, “una lunga lista che include alcuni grandi nomi: uno stupendo Rubens con un soggetto raro, la Sacra Famiglia in ritorno dall’Egitto con Gesù che cammina come un infante di quattro o cinque anni, un quadro di una forza e conservazione ineguagliabili [fig. 6], e non certo inferiore a quello che deve essere stata una delle ultime acquisizioni del Conte, Giuseppe che respinge la moglie di Putifarre [fig. 7], opera eccelsa di Guido Reni”.

Gonzáles-Palacios ci informa che codesto dipinto fu acquistato una ventina di anni fa dal Fitzwilliam Museum, ma lasciata a Holkham Hall per le collezioni dell’attuale Conte di Leicester: un “segno di civiltà che forse sarebbe bene tenere a esempio nel nostro paese”, aggiunge pertinentemente lo studioso.

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Fu a Vicenza che William Kent assimilò lo stile palladiano, che poi fu introdotto in Inghilterra. Si tratta della tipica architettura che contraddistingue diverse country houses, di cui Holkham Hall è uno degli esempi più fulgidi. Il maestoso edificio infatti si sviluppa lungo una linea rettangolare con quattro padiglioni staccati, ma collegati ad angoli. Kent decorò anche gli interni con arredi classicheggianti non privi di elementi barocchi, secondo il gusto internazionale alla metà del Settecento. Sull’architettura interna ci informa ancora il González-Palacios:

Ciò che impressiona il lavoro del Kent non è solo l’esterno, immaginato come un tempio classico con timpano e colonne corinzie circondato da due ali che si ripetono sulle facciate. È sorprendente che l’aspetto grandioso non sia offuscato dall’impiego, anziché della pietra, di strani mattoni di color giallognolo, che adottano diverse forme e dimensioni []. Il Marble Hall che immette nel palazzo è concepito come un solenne edificio romano, alto quindici metri e ornato di colonne di bell’alabastro rosa venato di cinabro di Staffordshire (quanto di più simile agli antichi alabastri orientali adoperati dai romani) [fig. 8].
fig 8
fig 9

Al Kent, nella progettazione di questo grandioso ingresso di Holkham Hall, si era associato un terzo personaggio, Richard Boyle, terzo conte di Burlington (in un ritratto del 1717-1719 del pittore Jonathan Richardson, 1667-1745, fig. 9).

Richard Boyle (1694-1753), architect earl, come dicono gli inglesi, amico del Coke, anch’egli neopalladiano, aveva viaggiato in Italia e conosciuto le opere del celebre Andrea Palladio, tanto che nel 1730 fece stampare in italiano i famosi scritti teorici sull’architettura. E ancora sull’imponente ingresso:

Le pareti, alte quanto il primo piano, sono rivestite dello stesso alabastro e servono da sorprendente basamento per le colonne, il tutto reso più stupefacente da una volta a cassettoni ispirata a quella del Panteon [fig. 10]. Il pianterreno si congiunge al piano nobile con una scalinata di marmo bianco [fig. 11] che porta direttamente nel Saloon […]. I due grandi tavoli parietali dorati sono ricoperti di lastre antiche di mosaico acquistate a Roma dal Cardinal Furietti […]. La stanza di Holkham è coperta di grandiosi dipinti come quello di Rubens, già menzionato, e il Ritratto del Duca di Arenberg di Van Dyck [fig. 12]

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La costruzione di Holkham Hall fu iniziata nel 1734 e completata nel 1764, quando ormai i tre protagonisti, Coke, Kent e Burilngton erano scomparsi, e fu la vedova del Coke, Lady Leicester, a portarla a compimento, affidando il compito ad “un bravo architetto locale”, tale Matthew Brettingam (1699-1756), che era già al servizio (Clerk of Works)  del Coke e del Burlington. Si attribuì più del dovuto nel completare l’opera, e nello stesso tempo acquisì una certa notorietà tale da ottenere la commissione per un’altra grandiosa country house, la Kedleston Hall [fig. 13] nel Derbyschire,

fig 13

progettata similmente a Holkham nello stile palladiano, ma modificata successivamente  da un più giovane architetto, Robert Adam (1728-1792), che diverrà famoso in Inghilterra per l’adozione dello stile neoclassico, decretando il tramonto del palladianesimo. Adam fu non solo architetto, ma anche un fine decoratore per le sue doti grafiche (lo stile Adam);

fig 14

nel suo Grand Tour europeo fu naturalmente a Roma (1755), e non a caso divenne amico del Piranesi, nostro grande incisore, che gli dedicò una tavola per ricordo del suo soggiorno nell’Urbe [fig. 14].

fig 15

Un altro protagonista della fastosa dimora è un brillante e fortunatissimo discendente del conte di Leicester, il longevo Thomas William Coke (1754-1842). Scrive Gonzáles-Palacios:”era assai avvenente, al punto da essere considerato «a very pretty man» da alcuni, o il «bel Anglais» da altri”. Ebbe altresì intelligenza nel coltivare buoni rapporti e gusto per l’arte. Non gli sfuggì l’occasione di essere presente nel 1772 a Macerata per le nozze di Carlo Eduardo Stuart, pretendente al trono inglese, con la giovane Louise di Stolberg-Gedern (1752-1824), più nota in letteratura come la Contessa di Albany (in un ritratto di François Xavier Fabre, fig. 15), donna colta e intellettuale, nonché amica di Vittorio Alfieri.

Fu affascinata dalla bellezza di Thomas William; sentiamo González-Palacios:

fig 16
La principessa ordinò al più famoso ritrattista d’Europa, Pompeo Batoni, un magnifico ritratto [fig. 16] di quel che alcuni consideravano, se così si può dire, il suo favorito. Si tratta di uno dei migliori ritratti di società dell’intero secolo. Il suo costume è probabilmente quello, alla Van Dyck, da lui stesso indossato in un ballo in maschera dato a Roma nel 1773 dalla Contessa di Albany. Nella tela il giovane adotta quasi la posa dell’Apollo del Belvedere [].  Alle sue spalle, su un alto basamento, una statua romana già famosa all’epoca, la Cleopatra (oggi meglio definita Arianna) del Vaticano, con le sembianze un po’ mutate per farla assomigliare alla moglie dell’ultimo Stuart”.

 

 

fig 17

Sullo sfondo si vede una sorta di paesaggio, che, in qualche altra descrizione, sarebbe il Vesuvio che fuma. Improbabile, a mio avviso, ma non del tutto da escludere, dato che Napoli era una meta quasi obbligatoria per i viaggiatori del Grand Tour. Anche un altro celebre ritrattista, l’inglese Thomas Gainsborough effigiò il “bel Anglais” in tenuta da caccia [fig. 17].

Entrambe le tele si trovano a Holckam.

Come collezionista Thomas William Coke è ricordato per aver acquistato cammei antichi, e un mirabile mosaico antico che raffigura una lotta di un leone con un leopardo che si vede ben posizionato sul camino [fig. 18] della grande biblioteca, e si presume proveniente dalla villa di Adriano.

fig 18

Ma González-Palacios, da grande studioso di arti decorative, corregge:

Non è proprio così, ma comunque si trovava nel teatro romano di Gubbio ed è lavoro di grande qualità, modello subito copiato con infinite varianti dai micromosaicisti romani dell’epoca come Cesare Aguatti”.

Mario URSINO   Agosto 2019