di Nica FIORI
EtruSchifano a Villa Giulia
Le mostre di arte contemporanea, sempre più spesso presenti nei musei di arte antica, attirano indubbiamente molti visitatori, ma non sempre si coniugano bene con le collezioni permanenti. Per far sì che opere di epoche tra loro lontanissime possano intrecciarsi e dialogare ci devono essere dei nessi, e allora la “contaminazione” non dà fastidio e suscita semmai un maggiore interesse verso i diversi linguaggi artistici.
È questo il caso della mostra “EtruSchifano. Mario Schifano a Villa Giulia: un ritorno”, ospitata fino al 10 marzo 2019 nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, diretto da Valentino Nizzo, per celebrare il Maestro Schifano a venti anni dalla sua morte (1998) . La rassegna, curata da Gianluca Tagliamonte e Maria Paola Guidobaldi, espone per la prima volta insieme i cicli pittorici di Schifano relativi uno al mondo degli Etruschi e l’altro a Mater Matuta, che trae ispirazione dalle figure di Matres dell’antichità, a confronto con opere del museo dove l’artista lavorò come restauratore e lucidatore di disegni dal 1° luglio 1951 al 2 febbraio 1962.
Il suo è quindi un “ritorno” in un luogo, che lo ha “formato” nel segno del disegno, e che evidentemente dopo poco più di 10 anni gli stava stretto, tanto da decidere di abbandonarlo per affrontare un percorso da artista, che lo avrebbe portato a una fama internazionale, grande protagonista della pop art italiana e della cronaca mondana. Del resto, quando diede le dimissioni dal posto di lavoro, Schifano era un pittore più che emergente, che si andava imponendo come uno dei maggiori esponenti di quella che sarebbe poi stata definita la Scuola di Piazza del Popolo.
Nato nel 1934 a Homs, in Libia, dove il padre Giuseppe lavorava come assistente di scavo a Leptis Magna e a Sabratha, Mario Schifano giunse in Italia con la madre e i fratelli nel 1941 e dopo la fine della guerra la famiglia venne raggiunta dal padre che era stato prigioniero degli americani. Nel dopoguerra non deve essere stata facile la vita della sua famiglia, che alloggiava in un campo profughi vicino a Cinecittà: il padre venne assegnato dal Ministero dell’Istruzione al Museo di Villa Giulia e lì riuscì a far entrare come salariato temporaneo anche il giovanissimo Mario, che nel 1958 venne assunto in pianta stabile. Nonostante i pareri lusinghieri sulle sue capacità lavorative, nei giudizi espressi nei vari anni dai soprintendenti e riportati nel fascicolo personale di Mario Schifano, viene fuori una certa insofferenza alle regole; per esempio non rispettava gli orari di lavoro, e man mano che si affermava come pittore (già nel 1958 aveva un piccolo studio a vicolo Scanderbeg) la sua mente era altrove, come avrebbe dichiarato nel 1986 in un’intervista rilasciata a Francesca Pasini:
No, non è che sono fuggito [dal “Museo Etrusco”], in realtà non ci stavo mai, perché il mio cervello era sempre fuori.
La mostra è ospitata nel piano nobile di Villa Giulia, nelle splendide sale cinquecentesche di Venere e dei Sette Colli. La vivezza cromatica della pittura di Schifano salta subito agli occhi, ma ciò che colpisce maggiormente è proprio il singolare linguaggio, denso di informazioni ed emozioni visive, di un artista che coglie con immediatezza l’essenza del mondo che vuole rappresentare.
Nel ciclo delle Matres matutae (1995-96), commissionato dal manager Domenico Tulino, s’intravede anche una particolare sensibilità verso il tema della maternità, che lo colpì profondamente nel corso del suo viaggio nella seconda metà degli anni ‘90 ad Asmara, in Eritrea, dove suor Pina Tulino, sorella del committente, si occupava (e si occupa tutt’ora) di opere umanitarie a favore dei più deboli, in particolare dei bambini. L’altro viaggio lo fece a Capua, dove nel Museo Archeologico Campano sono esposte innumerevoli sculture in tufo della Mater matuta, divinità primordiale delle nascite, che allude nel nome al mattino (come inizio della vita), raffigurata con in grembo uno o più bambini in fasce. Una di queste statue, conservata a Villa Giulia (che ospita non solo opere etrusche, ma anche italiche), è esposta insieme a ex voto ceramici e altri reperti accanto alle opere di Schifano, tre delle quali sono grandi tele che rievocano insieme alle Matres capuane anche una Venere del paleolitico, la madre di Picasso raffigurata in Guernica e una scena di maternità africana.
Sempre su commissione fu realizzato nel 1991 il ciclo sugli Etruschi, di proprietà della Fondazione Pescarabruzzodi Pescara, esposto nella Sala dei Sette Colli. Si tratta di 21 opere di medio formato (la maggior parte di 70 x 100 cm), realizzate in tecniche miste su carta intelata, che propongono una sorta di rivisitazione di alcune delle più celebri immagini delle pitture delle tombe etrusche, soprattutto di Tarquinia, databili agli ultimi decenni del VI secolo a.C.
Sono presenti anche riferimenti a complessi più antichi, come quello, sempre tarquiniese, della Tomba delle Pantere (inizi del VI secolo a.C.) e alla pittura funeraria orientalizzante di Cerveteri, con la Tomba dei Leoni Dipinti (metà del VII secolo a.C. o poco dopo).
La maggior parte delle tombe tarquiniesi, tra cui la Tomba dei Tori, la Tomba degli Auguri, la Tomba della Caccia e della Pesca, la Tomba del Barone, la Tomba dei Vasi Dipinti, la Tomba delle Leonesse, venne rinvenuta nell’Ottocento, mentre altre tombe furono scoperte proprio negli anni in cui Schifano lavorò a Villa Giulia: la Tomba delle Olimpiadi (1958), la Tomba Cardarelli e la Tomba Bartoccini (1959), la Tomba dei Giocolieri (1961). Solo nel 1968 venne invece rinvenuta la già citata Tomba delle Pantere.
Ai 21 quadri ispirati alle pitture funerarie si aggiungono 4 riproposizioni di vasi antichi che, seppur non precisamente caratterizzati, sono tuttavia riconducibili a precise forme vascolari presenti nelle collezioni del Museo di Villa Giulia,
tra cui un vaso a figure rosse, che sembrerebbe aver ispirato un quadro di Schifano dove tra due personaggi si legge “Ciao a domani”:
un saluto che sembra quanto mai evocativo della sua vita nel museo. Un altro dipinto, che trae spunto dalla sagoma di un noto carrello funerario in bronzo da Tarquinia, sembra ricordare una bicicletta, forse perché Schifano amava particolarmente il ciclismo. Nelle tre vetrine, sistemate accanto a queste opere, sono stati esposti alcuni vasi con l’intento di ricreare un legame tra la pittura di Schifano e gli oggetti antichi che la ispirarono. Per evocare, invece, il Carrello di Tarquinia, si è esposto un autentico capolavoro della bronzistica etrusca: il carrello proveniente dalla tomba 2 della necropoli dell’Olmo Bello di Bisenzio, un sito archeologico sulle sponde del Lago di Bolsena.
Le rielaborazioni di Schifano riprendono scene o particolari desunti dalle antiche raffigurazioni parietali, talvolta assemblati da più tombe. Le immagini etrusche, reinterpretate dall’artista in chiave pop, emergono da un fondo monocromo o scuro con i loro colori sgargianti, che sembrano illuminare l’insieme con sprazzi di luce e vitalità.
I pannelli della mostra rievocano anche alcuni momenti significativi della vita di Schifano, in particolare l’infanzia in Libia e la sua performance a Firenze, il 16 maggio 1985, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno degli Etruschi, promosso dalla Regione Toscana. L’idea era quella di dare vita a un happening, dipingendo in pubblico un grande quadro dal vivo con il commento in diretta del critico d’arte Achille Bonito Oliva. Venne scelta come immagine fortemente evocativa dell’arte e della cultura degli Etruschi la cosiddetta Chimera di Arezzo, la celeberrima statua votiva in bronzo rinvenuta nella città toscana nel 1553 e databile agli inizi del IV secolo a.C.
Nella piazza fiorentina della SS. Annunziata, gremita di gente, Schifano realizzò un gigantesco quadro di 40 metri quadri di superficie (m 4 x 10), utilizzando dieci tele di m 2 x 2, accostate l’una all’altra in altezza e in lunghezza, facendo uso di sagome che riproducevano il profilo della Chimera aretina e impiegando smalto e acrilico. Il tutto venne eseguito nel giro di poche ore, teatralizzando l’esecuzione della pittura, che rappresenta un paesaggio dove un basso orizzonte separa la terra da un ampio cielo, dai colori cangianti, nel quale fluttuano le Chimere. Conservata in una collezione privata vicentina, la Chimera è una presenza costante nelle pubblicazioni antologiche dell’opera di Schifano. Non disponendo più del filmato completo girato in quell’occasione, si è scelto di esporre comunque un video con alcune immagini fotografiche dell’evento, che danno l’idea della memorabile performance che per Schifano aveva un aggancio con il suo primo mondo lavorativo e allo stesso tempo con l’idea del sogno e dell’utopia, che deve averlo spinto alla realizzazione delle sue fantasie creative.
Nica FIORI Roma dicembre 2018
“EtruSchifano. Mario Schifano a Villa Giulia: un ritorno”
Dal 13 dicembre 2018 al 10 marzo 2019. Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Piazzale di Villa Giulia 9 – Roma. Orario: 9-20, chiuso il lunedì (la biglietteria chiude alle 19). Biglietto: intero 8€, ridotto 4€, gratis per gli aventi diritto Info: http://www.villagiulia.beniculturali.it/