di Francesco MONTUORI
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M.Martini e F. Montuori
Palazzi Romani
La famiglia romana dei Mattei
I Mattei furono una nobile famiglia romana; fra i suoi antenati si ricorda un Matteo dei Papi presente a Roma nel 1282 ma già dal 1372 si distinguono due rami: il più antico risiedeva in alcune case di Trastevere con la carica onorifica di “guardiano de’ ponti e ripe”, una famiglia filo pontificia con il compito di mantenere l’ordine pubblico in tempo di sede vacante.
Nel rione Trastevere le prime case del ramo dei Mattei di Trastevere furono realizzate inglobando antichi edifici di proprietà del casato in Piazza in Piscinula ai numeri 9 e 10. Le tracce più antiche, più volte restaurate, si colgono nelle finestre centinate e a crociera, nelle bifore e nel piccolo portico con colonna medioevale e una loggetta (fig.1).
La famiglia Mattei abbandono presto il quartiere Trastevere; durante i tempestosi periodi delle elezioni papali i Mattei occuparono militarmente con i propri armigeri tutta la zona più direttamente collegata ai palazzi vaticani e crearono un’insula, una zona della città dove poterono agire incontrastati (fig.2).
L’insula Mattei nel rione Sant’Angelo
La famiglia Mattei seguì dunque la strategia del fare “isola”: acquistare edifici ed orti contigui per una vasta area urbana e al fine di creare una cittadella economica e residenziale. Due delle grandi strade che hanno segnato il rinnovamento urbanistico di Roma, promosso da Nicolò V a metà del XV secolo, lambiscono l’insula Mattei: la via papalis, che il pontefice percorre nelle occasioni solenni per raggiungere il Campidoglio attraversando via delle Botteghe Oscure; sul lato opposto la via mercatoria a Sant’Angelo in Pescheria, da dove provengono i prodotti del mare e dalla campagna (fig.3).
I Mattei si stabiliscono in questa zona di Roma e cominciano ad acquistare immobili, lasciando il segno della loro potenza e creando in tal modo una cittadella finanziaria e residenziale. La linea politica filo pontificia del casato non sarà mai in discussione malgrado le continue faide all’interno della famiglia e sarà confermata dalla nomina di ben sei cardinali.
In seguito le esigenze della rappresentanza e del lusso prevalsero e l’insula si trasforma radicalmente: orti, granai, magazzini cominciarono, in pieno Rinascimento, a lasciare il posto a corti, fontane, giardini.
Con un tacito accordo i membri della famiglia Mattei si insediano strategicamente nella stessa area: nel rione di Sant’Angelo fin dal 1372 si stabiliscono i Mattei di Giove, così chiamati dal ducato di Giove. In seguito nel Seicento, uno dei maggiori rappresentanti della famiglia costruì il palazzo detto di Giacomo Mattei (fig.5).
Un ulteriore ramo dei Mattei di Paganica, così chiamati dal ducato di Paganica, si insediò non molto distante nello stesso quartiere, con l’omonimo palazzo (fig.6 ).
La vicinanza dei palazzi Mattei portò a definire nel cuore di Roma una vera e propria cittadella composta dal complesso di palazzi del rione Sant’Angelo ben definiti dal seguente perimetro: via dei Funari, piazza Mattei, via Paganica, via delle Botteghe Oscure, via Michelangelo Caetani. L’insula si struttura nei seguenti edifici direttamente riferibili alla famiglia Mattei:
– Palazzo di Giacomo Mattei, (via dei Funari, Piazza Mattei, Fontana delle Tartarughe, via Paganica);
– Palazzo Mattei di Paganica (via Paganica con ampliamento in via delle Botteghe Oscure);
– Palazzo Caetani, già palazzo Mattei di Giove (via delle Botteghe Oscure, via Michelangelo Caetani);
– Palazzo Mattei di Giove (via Caetani, via dei Funari).
Il palazzo di Giacomo Mattei
Il palazzo in piazza Mattei ai numeri 17 e 19 è il più antico edificio dell’ insula Mattei. Esso si affaccia sulla omonima piazza abbellita dalla Fontana delle Tartarughe, realizzata nel 1585 da Taddeo Landini, forse su disegno di Giacomo della Porta: quattro fanciulli trattengono con una mano un delfino dalla cui bocca sgorga l’acqua che si riversa in marmoree conchiglie, mentre con l’altra mano sorreggono piccole tartarughe bronzee (fig.7).
L’edificio è composto di due unità: quella sulla destra, al numero19, si affaccia su Piazza Mattei, risale alla fine del Quattocento ed è probabile opera di architetti fiorentini, il Rossellino o Giuliano da Maiano. L’antico stemma dei Mattei è sul portale di marmo che immette nel cortile porticato con due ordini di arcate e la loggia.
L’altra unità con portale rinascimentale al numero 17 fu trasformata per volere di Giacomo di Pietro Antonio Mattei nel Cinquecento ad opera di Nanni di Baccio Bigio. Il fronte è di un solo piano con sei finestre architravate; nell’ammezzato quattro finestre quadrate si alternano ai due portali affiancati da porte di botteghe recenti. E’ attualmente intonacato in uno stridente color bianco che contrasta con l’ocra dei palazzi limitrofi.
Il palazzo Mattei di Paganica
Il palazzo su via di Paganica fu eretto sulle rovine del Teatro di Lucio Balbo; Ludovico Mattei incaricò della costruzione Nanni di Baccio Bigio, ma alcuni attribuiscono l’opera al Vignola. Nel 1640 i Mattei lo ampliarono, per un breve tratto, su via delle Botteghe Oscure, abbattendo le case medioevali e realizzando due corpi di fabbrica divisi da una fascia verticale di bugne; l’ampia facciata presenta tre ordini di finestre di cui il primo ordine è architravato; lo caratterizza al numero civico 4 un possente portale; al numero 3 un portale incorniciato fa parte di un edificio aggiunto alla costruzione principale nel 1640, demolendo una casa di proprietà Mattei. A quest’ala del palazzo è addossato un piccolo edificio del ‘400 ad angolo con via delle Botteghe Oscure. Il cortile è a doppio ordine di logge; nelle sale le decorazioni raccontano le storie di David e scene bibliche, erroneamente attribuite agli Zuccari (fig.8).
La proprietà del palazzo, una volta estintosi il ramo dei Mattei di Paganica alla fine del settecento, passò ai Mattei di Giove. Nel 1928 il palazzo fu venduto all’Istituto dell’Enciclopedia Italana, la Treccani, che vi ha insediato i suoi uffici.
Palazzo Mattei di Giove
Il palazzo Mattei di Giove, sorto tra piazza Mattei, via dei Funari e il primo tratto di via Michelangelo Caetani è stato costruito fra il 1598 e il 1618 da Carlo Maderno per incarico Asdrubale Mattei duca di Giove, sposo di Costanza Gonzaga. E’ un edificio a tre piani in travertino e mattoni, bugne ai cantonali e cornicione, sormontato da un altana, con duplice ingresso da due portali con i simboli araldici dei Mattei e dei Gonzaga (fig.9).
E’ strutturato su due cortili divisi da una loggia (fig.10); il primo cortile presenta su tutti i lati busti fra nicchie e bassorilievi inseriti nei partiti murari; una fontana adorna il secondo cortile. Le sale sono decorate dal Pomarancio, dal Lanfranco, dai Carracci, da Pietro da Cortona (11).
La parte del palazzo su via Michelangelo Caetani presenta tre porte ad arco, che permettono attualmente l’accesso a tre moderne rimesse di automobili.
Il palazzo passò da Marianna Mattei, sposa di Carlo Teodoro, agli Antici Mattei di Recanati; vi soggiornò Giacomo Leopardi nipote di Carlo Teodoro, fratello della madre del poeta. Gli Antici Mattei tennero il palazzo fino al 1938 quando lo vendettero allo Stato. Oggi ospita il Centro Studi Americani, l’Istituto Storico Italiano per l’età Moderna e Contemporanea e la Discoteca di Stato (fig.12).
Palazzo Caetani
Il palazzo che sorge in via Michelangelo Caetani e in via delle Botteghe Oscure con ingresso al numero 32 è stato costruito nel 1564 per Alessandro Mattei da Nanni di Biagio Bigio (fig.13);
tuttavia Paolo Portoghesi lo attribuisce a Giovanni Mangone. Deve il suo nome alle numerose attività commerciali e artigiane prive di finestre, quindi oscure (dal latino: Ad Apothecas Obscuras), che durante il Medioevo avevano sede tra le rovine del Teatro di Balbo. Dopo Alessandro Mattei e i suoi discendenti l’immobile fu acquisito nel 1776 dai Caetani, gli attuali proprietari. L’edificio a tre piani ha il fianco destro su via Caetani e la facciata principale su via delle Botteghe Oscure; con ingresso da un bel portale architravato con mensole l’edificio si compone di tre piani oltre ad un ammezzato sotto l’ultimo piano; all’interno presenta due cortili pressoché quadrati (fig.14).
La potente famiglia Mattei lo fece decorare da Taddeo e Federico Zuccari, Cristoforo Roncalli dipinse la cappella e, insieme a Paul Brill, il salone principale di rappresentanza. Nella seconda metà del Settecento Antonio Cavallucci affrescò varie sale con divinità del mondo greco.
Villa Celimontana
Nel 1553 Giacomo Mattei acquistò una vigna sui colli limitrofi al Colosseo, là dove sorgerà il rione Celio. Ciriaco Mattei incaricò nel 1580 l’architetto Jacopo Del Duca di trasformare la vigna con la costruzione di un edificio e la sistemazione dei terreni in parco urbano: la villa Celimontana. In seguito saranno gli architetti Domenico e Giovanni Fontana a trasformare radicalmente il luogo per ospitare la collezione di opere d’arte della famiglia Mattei in un museo a cielo aperto: vennero esposti i manufatti antichi, gli arredi scultorei, le fontane; fu sistemato anche un obelisco egiziano di Ramsete II proveniente da Eliopolis, donato a Ciriaco Mattei dai magistrati capitolini (fig.15).
Alla morte di Ciriaco Mattei il figlio Gianbattista trasformò il palazzetto in residenza privata; i lavori furono affidati all’architetto Francesco Paparelli che li concluse nel 1623; la Villa Celimontana si arricchì di giardini con misteriosi “labirinti” geometrici, tra numerose statue e fontane delle quali rimangono solo pochi pezzi antichi e la fontana del Fiume.
Risalgono a questo periodo gli affreschi della sala della Biblioteca grazie all’opera degli artisti Pietro Sigismondi, Orazio Monaldi e Orazio Zecca. I Mattei cominciarono infatti a vendere le collezioni d’arte, poi i monumenti e infine la Villa stessa. Nel 1925 divenne proprietà del comune di Roma.
Dal giardino della Villa si poteva godere di uno splendido panorama: all’estrema destra la porta di San Sebastiano, al centro i campanile di San Giovanni in Porta Latina, infine a sinistra l’Acquedotto Claudio e sullo sfondo i monti Albani con Monte Cavo (fig.16).
Oggi la Villa Mattei al Celio è sede della Società Geografica Italiana.
Francesco MONTUORI Roma 31 ottobre 2021