I Nomi di Dioniso. Filosofia naturale e misteri in Caravaggio: il “Bacco” e l’ “Amor vincitore”, luci e tenebre

di Francesca BECONCINI

I NOMI DI DIONISO.

FILOSOFIA NATURALE E MISTERI NELL’OPERA DI CARAVAGGIO. LUCE E TENEBRE DEL BACCO E DELL’AMOR VINCITORE.

Fanes, Eros, Aion-Evo ossia Sole-luce, Amore e Tempo sono alcuni nomi di Dioniso orfico il cui culto fu fonte d’ispirazione per i filosofi e gli artisti del Rinascimento.

Si è detto, altrove[1], degli altri appellativi del dio, cioè Protogonos, Preteuritmo, Erichepeo, il primo nato, il primo ritmo buono, il donatore di vita. Ed ancora,  Bromio – il fremente, Eubuleo – saggio nel consiglio, Lysios – scioglitore, Ade – Dioniso ctonio.  In traco-frigio nùsos significa figlio, Dionysus è il figlio di Dio, per gli orfici egli è l’ultimo re dell’universo avendo ricevuto il regno dal padre; Liber presso i Romani, il liberatore.

Nelle antiche civiltà, il segno divino era riconosciuto in quei corpi e fenomeni che contraddistinguono, rendono possibile la vita sul nostro pianeta, ossia le stelle, il sole, la luna, il fuoco, l’acqua, la luce e le tenebre, gli elementi, nonché la misura ciclica/tempo che disciplina la loro alternanza nello scandirsi della vita di tutte le creature del cosmo. L’ordine di quest’ultimo, la mutua dipendenza e coesione delle sue parti è stato descritto in termini di armonia, di attrazione cioè di amore che avvolge, promuove e governa ogni manifestazione e la sua evoluzione.

Dioniso, sia nei culti misteriosi che nel mito, ha progressivamente assunto tutti gli attributi del sacro, è sublime, numinoso. I suoi nomi sommano tutti i significanti ed il senso contenuti nella scintilla della Vita.

Anticamente, infatti, il teologo celebrò in Fanes la causa creatrice. Egli era e preesisteva, come viene detto: Bromio il grande e Zeus che tutto vede… Egli era anche Metis, e lo stesso Dioniso è chiamato continuamente Fanes e Erichepeo” (Frammenti Orfici) [2].

Dioniso, Spirito Universale,  contiene il corpo del mondo per Plotino che lo paragona ad una rete la quale abbraccia tutto il cosmo:

… Questa luce deteneva la creatura prima, pressoché sferica, entro la propria concavità (Artefio, alchimista arabo XI-XII sec.)[3]

Il platonico siriano Giamblico la descrive con parole di forte impatto:

“Dalla mente prima – che Orfeo chiamò Semele, formosa regina delluniverso, madre di Bacco, donna di Giove – in un igneo parto procede, come figliuol da padre, lAnima detta Universale, prima e divina Gran Natura, anima regale, Giove, regina del cielo e della terra [4]

La molteplicità dei miti, il polimorfismo degli dei, le ipostasi di Dioniso, esprimono le vicende del dinamismo energetico adattandolo, attraverso le varie personificazioni divine o eroiche dell’idea astratta, a significare una particolare forma, funzione, dello stesso principio-origine ovvero, in Alchimia, a significare lo stato evolutivo della materia e dell’operatore. In questa prospettiva si muove l’interpretazione rinascimentale del mito, delle cosmogonie-teofanie antiche. Le opere di molti artisti rinascimentali s’inseriscono in questa cornice teorica che fissa, di volta in volta, un’immagine archetipica della processione circolare dell’Uno-Tutto tanto nel macro quanto nel microcosmo.

Nei camminino iniziatico, alchemico, l’evoluzione della vita è espressa in termini di trasmutazione, metamorfosi; la rappresentazione del divenire incessante della materia dallo stato disorganizzato, primitivo, sino alla sua forma perfetta, si appoggia necessariamente a simulacri, “ombre” della realtà, correlati ai gradi iniziatici. Quel tanto di vero che traspare dagli stessi, come da uno specchio, è il messaggio indirizzato all’intelligenza del cuore che scompone e ricompone progressivamente la materia cosicché l’esoterico di un grado diviene l’essoterico del grado successivo.

Ciò onde luomo è mosso non sono in genere le cose con cui egli è in relazione nel processo mitologico, bensì le potenze che sorgono nellintimo della coscienza stessa. Il processo teogonico per cui sorge la mitologia è un processo soggettivo in quanto si svolge nella coscienza e si manifesta con la produzione di rappresentazioni: ma le cause e quindi anche gli oggetti di queste rappresentazioni sono le potenze teogoniche reali e in sé esistenti, quelle stesse per cui la coscienza è originariamente ciò che Dio pone. Il contenuto di questo processo non è costituito da potenze semplicemente rappresentate, ma dalle stesse potenze che sono state create dalla natura e sono perciò anche forze reali. Il processo mitologico non ha a che fare con oggetti naturali, ma solo con le pure potenze creatrici, il cui prodotto originario è la coscienza stessa.” (Schelling)[5].

Dioniso-Fanes

Loriginalità del suo genio (di Caravaggio, ndA) sta nel saper porre personaggi in uno spazio che non ha di per sé esistenza plastica, che non è definito, né limitato, ma soltanto il luogo delle possibilità plastiche, il nulla da cui nascono esseri e cose, linforme da cui le forme emergono; dal contrasto che ne deriva tra figure aventi la rigorosa pienezza della statua e uno spazio confidato alle incertezze del chiaroscuro e a magici misteri pittorici, nasce più sorprendente e anche perciò più ricca di contenuti poetici la monumentalità della composizione caravaggesca” (René Jullian)[6]

Il Cardinal del Monte sicuramente fornì a Caravaggio informazioni intorno agli archetipi ermetici che, dal quel momento, non solo sono stati soggetti delle sue opere, ma sono entrati a far parte anche della sua tecnica pittorica dell’’emergere. Lo spazio di Caravaggio è il luogo delle possibilità, linforme da cui le forme emergono. E’ una definizione delle tenebre del Merisi che si riporta alle teorie che circolavano tra i platonici e gli eruditi del Rinascimento nell’ambito delle speculazioni sulla filosofia naturale. Il tema è cosmogonico, trattandosi della materia universale.

La definizione di “materia” impegna non poco la scienza contemporanea che, come è stato autorevolmente rilevato[7], tende a confonderla con la massa e quest’ultima, a sua volta, con l’energia; la materia è comunque riferita all’esistenza dei corpi. Il problema è propriamente ed ermeticamente di lana caprina, da pettinare cioè con il fuoco.

A differenza di quanto comunemente si ritiene, i filosofi e gli eruditi rinascimentali escludevano l’esistenza del vuoto nell’universo. La materia classica, intesa come luogo delle potenzialità, hylè, chaos, è continua, riempie ogni dove, è vuoto fenomenico non assoluto[8]. Per S. Agostino la materia è prope nihil, vicino al nulla ma non il nulla[9], è

“assoluta potenza all’evento fisico”. Leonardo la definisce l’essere del nulla che “infra le grandezze tiene principato[10].

Cardano la definisce subtilitas:

La generazione dei corpi, che da una cosa ne fa sempre una diversa, mostra lessere del hylè..e non c’è nulla di tanto piccolo da provenire dal nulla. Qualcosa di comune rimane ad ogni generazione che chiamiamo materia prima o hylè. Perché quando un corpo è generato da un altro, se la forma perisce (altrimenti la stessa cosa sarebbe e non sarebbe) pur rimanendo qualcosa, è necessario che qualcosa sia materia. La corruzione mostra la stessa cosa, perché nulla muore del tutto durante la corruzione. Equindi evidente che qualcosa in natura che si nasconde sotto la forma che non è fatta dalla generazione e che non muore con la corruzione: e ciò stesso come qualcosa di primordiale e che si sottomette a molte forme, che di solito chiamiamo materia prima, ingenerata e imperitura[11].

All’inizio del libro sulla Genesi scopriamo questa materia passiva, femminile, nella terra informe e deserta, nelle tenebre sopra labisso.

In Alchimia è la Vergine Nera che dovrà dispensare la sostanza passiva[12]; Nun era chiamata nella cosmogonia di Heliopolis che, a partire dalla V dinastia (2500 a.C.), diventa il più importante centro del culto di Ra.

 E’ Ain Soph nella cabala, Ahrimanne per i persiani, l’Hundun del Tao, così come il caos, l’Erebo, la notte, le acque primordiali sono all’origine del tutto nelle teogonie orfiche. Quercia cava è uno dei suoi tanti nomi filosofali, Pelle dAsino nelle fiabe. Nel microcosmo del laboratorio, le operazioni preliminari generano una materia mista da cui prende forma l’universo filosofale che viene forgiato” da questo frammento del caos primordiale.

Nel 1947 Francesco Severi introdusse il concetto di materia pura:

la materia pura è il limite di unentità cronologica fisica quando sparisce idealmente ogni effetto temporale di essa; quindi la materia pura è la materia avente massa di riposo nulla”.

La matrice cosmica, Mater-ea, secondo i classici è assimilata da Francesco Pannaria all’antimondo

per noi lantimonio è dunque il retroscena non energetico e non massivo della nostra scena fisica da cui provengono ed in cui si risolvono le minime discontinuità particellari, sinora intraviste solo di sfuggita ai limiti estremi della sperimentazione [13].

Alcuni studiosi, tra cui Quirino Majorana, hanno ritenuto l’equivalenza tra massa ed energia inammissibile, l’energia sarebbe quindi un fenomeno, l’emissione di quanti luminosi, conseguente al dissolvimento di una struttura fisica ma ciò non implicherebbe una trasformazione della stessa in energia. Distruggendo la massa di un corpo, vengono liberati i quanti di azione, ivi imprigionati, e la massa, privata così della sua forma sostanziale, sarebbe ricondotta all’omogenea continuità della materia prima[14].

Prima del Principio era l’abisso desolato.

Caro Maestro, un mondo oscuro e tenebroso, nero e fetido, emette miasmi velenosi e putrescenti. Intorno, un oceano di fuoco dai bagliori di smeraldo si agita ribollendo in mille schiume. Sento squittii paurosi e tintinnii angelici confusi in stridula armonia. La luce si mescola alle tenebre, il rumore al silenzio nei baratri dellUniverso. Questo è il primo mistero incomprensibile..” [15]

Nel microcosmo alchemico, all’inizio dell’Opera, riferisce un Cavaliere d’Oriente, si ottiene il caos nero, primordiale, che galleggia sull’acqua su cui si producono effervescenze grazie a quella “primizia” che altri non è se non la Madre degli Dei, la Natura,[16]la Luce… Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque (Genesi)..per fecondarle, chiosano gli alchimisti.

E per primo splende il cielo, per la luce divina di Fanes. E dice che la Notte si uní a lui: Il primogenito nessuno lo vide con gli occhi, se non la sacra Notte, sola; tutti gli altri stupirono vedendo nell’etere il fulgore inatteso: tale splendette il corpo dell’immortale Fanes”. (Frammenti Orfici, 84) (figura 1)
Fig 1 - Dioniso, Fanes, Eros, Aion
Fig 1 – Dioniso, Fanes, Eros, Aion

Il primo divenire, in senso ideale, della divinità, la sua interazione con la spazialità informe, genera la luce, fuoco sottile, l’agente che conduce in atto ciò che esiste potenzialmente, plasma le forme, gli archetipi dal caos iniziale.

Poiché in molti luoghi Orfeo chiama a buon diritto Fanes l’unigenito figlio di dio. Reputa infatti che bene gli si addica quel nome, in quanto eterno e invisibile dona la luce dappertutto, e in quanto per tutti fa sí  che appaia ciò che proviene da quello che non è. Rammentando dunque spesso Zeus, del quale tanto si favoleggia, e Dioniso, che chiama Fanes, lo pone come creatore di tutto le cose in quanto figlio del dio, per grazia del quale tutte le cose sono apparse; e nella quarta rapsodia a Museo dice cosí: Tali cose conserverò nella mente, o figlio diletto, nel cuore, in quanto so bene che sono tutte molto antiche e provengono da Fanes” (Frammenti Orfici, 58).

 L’incontro di due principi è all’origine della generazione di ogni cosa nella filosofia greca e nella teogonia orfica. E infatti dice Orfeo:

poi li grande Chronos fece nel divino Etere l’uovo splendente (di Fanes). Il concetto di fabbricare coinvolge l’artificio, non la creazione; l’artificio, a differenza della creazione, è una mescolanza di due elementi almeno, la materia e la forma, o cose simili”. (Frammenti orfici, 68).

“Dio non fa nulla da sé che può fare per mezzo di un altro.” Paolo Lucarelli riporta in un suo saggio alcuni appunti alchemici di Isaac Newton[17] in cui lo scienziato, o meglio l’ultimo dei Sumeri, annota che Dio non crea direttamente ma attraverso la mediazione di altre creature. Newton lo definisce vicegestore di Dio e Lucarelli conclude che il riferimento è allo Spirito Universale, Luce del mondo.

“In principio Iddio crea la substantia della mente angelica, la quale noi ancora essentia nominiamo. Questa nel primo momento della sua creatione è sanza forme e tenebrosa, ma perché ella è nata da Dio per uno certo appetito innato a Dio suo principio si volge; voltandosi a Dio dal suo razzo è illustrata, e per lo splendore di quel razzo s’accende l’appetito suo; acceso tutto a Dio s’accosta; accostandosi piglia le forme, imperò che Iddio, che tutto può, nella mente che a Lui s’accosta scolpisce le nature di tutte le cose che si creano. In quella adunque spiritualmente si dipingono tutte le cose che in questo mondo sono”. (Marsilio Ficino, Il Libro dell’Amore)[18]

Lo sguardo di Fanes, il suo raggio, rimuove il sudario universale della notte.

E’ il suo primo voltamento a Dio è il nascimento d’Amore, la infusione del razzo è cibo d’Amore, lo incendio che ne seguita crescimento d’Amore si chiama, l’accostarsi a Dio è l’impeto d’Amore; la sua formatione è perfectione d’Amore, e lo adunamento di tutte le forme e idee e Latini chiamano mondo, e’ Greci cosmon, che ornamento significa” (Ficino)

L’Alchimia si fonda:

..sulla permutazione della forma da parte della luce, fuoco o spirito. La luce – fuoco rarefatto e spiritualizzato – possiede le stesse virtù e lo stesso potere chimico del fuoco elementare e grossolano” (Fulcanelli) [19].
Figura 2 – Bibbia moralizzata – Codex Vindobonensis 2554

Nelle immagini bibliche, medioevali, Dio è rappresentato con un compasso puntato sul nostro globo ad indicare che cause seconde hanno governato la nascita del cosmo (figura 2), ossia, la luce è artefice della genesi.

Caravaggio, che imitava la Natura, Simia Dei come l’alchimista, si serve della luce per creare le sue forme.

E’ il fuoco che continuamente ordina e catalizza nuove combinazioni, che trasforma in ogni istante il mondo sensibile.

La luce/fuoco penetra ed esala dalla materia fredda, priva di vita, scandendo essere e non essere. In Alchimia INRI è acronimo di Igne Natura Omnia Renovatur.

Newton, nel trattato Opticks non esita ad affermare:

Il cambiamento dei corpi in luce e delle luce nei corpi è decisamente conforme al corso di natura che sembra deliziata dalla trasmutazione[20]
Questessenza calda ed ardente è così diffusa in tutta la natura che è inerente ad essa il potere di procreazione e la causa del divenire (Cicerone)[21].

In tutte le cosmologie mitiche l’inizio del mondo si fonda sull’irruzione della luce e

Il sole viene ad essere limmagine viva ed il simulacro sensibile del sole divino, anima prima delluniverso (Della Riviera).

Mitra si accompagna sempre al sole; dopo essere nato da una roccia, egli inizia ai propri misteri il sole e sale sul suo carro. A Micene Dioniso è adorato come Sirio, il sole quando rinasce tra il Capricorno e l’Acquario.

A Creta il palazzo reale di Cnosso è orientato su Sirio – Dioniso ed al suo sorgere all’orizzonte il miele raccolto in un otre taurino, mescolato ad acqua ed oppio ed esposto al sole prende a lievitare. E’ il segno del nuovo anno (Karl Kerényi)[22]. In Egitto il sole-Ra è la manifestazione del dio, Atum è il principio creativo del cosmo manifestato, quello che i Sumeri chiamavano An-Shar, An Cosmo, Shar principio. (Figura 3)

Figura 3 – Ra e Imentet, tomba di Nefertari, Valle delle Regine

Dalla vittoria di Marduk, il babilonese dio del sole, contro l’oscurità si genera il mondo. Nell’Orfismo Eros, nato dall’uovo d’argento, deposto dalla Notte dalle ali nere, è Dioniso – Fanete, sole spirituale.

Sole, Osiris, Dioniso, Oro e Apollo,/ e Re, che solo il dì guida, e la notte/ Che porge venti, piogge e i tempi muta,/ Re delle stelle, e sempiterno fuoco” (Porfirio) [23].
Fuoco supremo elemento di cui ogni anima forma una scintilla” (Crisippo).

Sia in India che in Iran i fuochi rituali sono tre, quelli fisici cinque, con ciò lasciando intendere l’esistenza di una dottrina fisica sull’universale presenza del fuoco (Duchesne, Guillemin). Ad Occidente, prima Eraclito e quindi gli Stoici associano all’immagine del fuoco quella della ciclicità dell’Opera demiurgica

Questo cosmo non lo fece nessuno degli dei, né degli uomini ma fu sempre, è e sarà fuoco eternamente vivo che con misura divampa e con misura  si spegne (fr.30).
“Questessenza calda ed ardente è così diffusa in tutta la natura che è inerente ad essa il potere di procreazione e la causa del divenire” (Cicerone) [24].

Il termine iranico xvarenah, che significa emanazione del sole, si riferisce nella cultura indoiranica alla natura ignea del fluido vitale che pervade tutti gli esseri. Gesù disse:

”Ho gettato fuoco sul mondo, ed ecco, lo custodisco fino a che divampi[25] . “Infatti il nostro spirito intellettuale ha in sé la virtù del fuoco. Estato mandato da Dio sulla terra al solo scopo di ardere ed accrescere la propria fiamma”. (Cusano)[26].
“..Dobbiamo purificare ed esaltare lelemento fuoco che sta in noi e rialzare il tono di questa corda allentata (Henri de Montfaucon de Villars)[27].

Il sole, la luna sono veicoli della luce primigenia, spiegava già Basilio di Cesarea nel IV sec.:

“Infatti dapprima fu creata la natura stessa della luce…Come il fuoco e la lucerna sono cose completamente diverse, luno con la sua potenza illuminante, laltra per portare il fuoco a chi ne ha bisogno, così i luminari..”[28]

Tale luce intelligibile precede la manifestazione luminosa che si rivela nelle qualità che percepiamo attraverso i “lumi”; dal sole deriva la luce materiale, la sua manifestazione fenomenica, che è registrata dallo spettro, detto appunto visibile. La luce intellegibile è la prima energia, la “primizia” dell’universo, che si esprime con movimento e calore (figura  4 e 5)

Figg 4 – 5
Figura 6 – Rebis, Codex Monacensis, Germania, XV secolo

L’universo esce dalla latenza, dalla passività. Il pneuma, la luce con cui Dio irrompe nella materia primordiale caotica ed oscura si coagula e diviene acqua. E’ la divinità femminile che conserva però anima ignea: è l’Androgino alchemico due nature in una. Il Rebis. (Figura 6) Presso gli antichi popoli indoiranici la dea madre, spesso simboleggiata dall’acqua primordiale, è il passaggio all’atto della potenza assoluta – fuoco -; il dio abbandona il dispotismo trascendente per farsi pura Natura, si addolcisce nelle acque femminili della generazione.

Nelle imprese cosmogoniche di questi popoli la parola Vrtrahan si riferisce all’azione di un dio che abbatte l’ostacolo o l’agente che trattiene le acque.

L’acqua dovette apparire come l’elemento più adatto ad esprimere la prima materializzazione del fuoco, principio maschile e dominante che si addolcisce facendosi materia, la Dea madre: l’apologeta cristiano, Clemente Alessandrino rispetta la più bella immagine del paganesimo:

E, mentre l’ineffabilità di lui è Padre, la compassione verso di noi è divenuta madre[29]. (figura 7 bis)
Figura 7 bis – Canseliet, L’Alchimia spiegata sui suoi Testi Classici, Mediterranee, 1996

Ancora dopo la riforma di Zarathustra il dio Ormazd mantiene tratti naturalistici; tra le sue spose figurano infatti le Acque. E’ un motivo arcaico che risale ai Veda indiani in cui troviamo il dio Varuna sposo delle Acque[30].

L’acqua è ricettacolo della vita e dell’indifferenziato; vaso cosmogonico precede e alimenta il divenire di ogni essere che in essa infine rifluisce (figura 7). Madre, principio femminile come la luna alla quale è assimilata, simbolo di vita, essa è sposa del fuoco, come la luna del sole ed il mercurio dello zolfo.

Fig 7

Ermeticamente rappresentata dalla Vergine bianca, Acqua sulfurea che dispensa la vita, è il Potus deorum dell’Orfismo, le Acque superiori, ovvero la Sapienza dei Proverbi.

Dunque, osservando queste cose, possiamo spiegare nella trattazione dei miti le cause paterne e le potenze fecondatrici di quelle materne. In tutti i casi possiamo porre infatti che la causa della natura superiore e più unitaria è paterna, mentre diremo che la causa di ciò che è inferiore e più particolare preesiste nel ruolo di madre; presso gli dèi, il padre è infatti analogo alla mònade e alla causa del limite, mentre la madre è analoga alla diade e alla potenza illimitata generatrice degli esseri” [31].

Pico della Mirandola, impegnato a commentare l’Opera di sei giorni,  (l’Heptaplus, dedicato a Lorenzo de’ Medici) ci parla della plasticità dell’acqua

La denominazione di acque conviene alle due parti intellettuale e sensuale per due diverse ragioni: alluna perché particolarmente trasparente ai raggi della luce divina; allaltra perché accoglie dilettandosene le cose caduche e fluenti”; la distesa, è “il firmamento (l’elemento aria) che distingue gli elementi superiori dagli inferiori, come le acque dalle acque[32] .

Nel proemio Pico precisa però:

Ciò che nel mondo inferiore è anche nei superiori, ma in forma più elevata” poiché “…legati da vincoli di concordia, tutti questi mondi si scambiano con reciproca liberalità come le nature anche le denominazioni[33]

Porfirio riferisce che per l’Orfismo l’acqua è il simbolo della vita, unione di fisico e metafisico, e precisa che le anime che intendono incarnarsi attraggono umidità, diventando visibili:

Così questantro, essendo dotato di acque perenni, è simbolo della sostanza intellettuale in quanto congiunta alla materia. Perciò non è sacro alle ninfe montane delle giogaie o delle vette, ma alle naiadi; Ninfe o naiadi (figura 8) chiamiamo infatti le virtù che presiedono alle acque, ma altresì le anime che subiscono la genesi – il divenire – e che Numenio dice stanno sopra lacqua che uno spirito divino alimenta, talché il profeta affermò lo spirito di dio scorre sulle acque[34].
Figura 8 – John William Waterhouse, Ila e le ninfe, Manchester, Art Gallery, 1896

L’allievo di Plotino rende chiari quindi alcuni frammenti della filosofia eraclitea maturati nell’Orfismo: ”Alle anime diventar umide sembra delizia non morte” (fr.77)

Noi ne viviamo la morte ed esse muoiono la nostra vita”, perciò il poeta chiama gli uomini che si trovano nella generazione timidi, perfusi d’amore; infatti quest’anime godono del sangue e dell’umido seme. Lanima secca è -invece- la più saggia” (Eraclito fr 118).

E’ curioso che Giovanni Baglione, nel descrivere il Bacco di Caravaggio, Il primo nato in casa Del Monte, il primo della creazione pittorica – filosofale del Caravaggio, (Figura 9-10) lo definisca di maniera un poco secca.

Figg 9 – 10 Caravaggio, Bacco, Firenze, Uffizi; Martirio di san Matteo, Roma, San Luigi de’ Francesi (part.)

Come detto in altro saggio [35], tale resa della materia pittorica è da attribuirsi alla presenza di ossido di zinco nell’impasto dei pigmenti.

“E il primo fu un Bacco con grappoli duva diverse con grande diligenza fatto, ma di maniera un poco secca…

Confrontando il Bacco con i dipinti a base di biacca, assai più grassa, al Baglione la maniera sembrò un poco secca. Infatti l’ossido di zinco necessita, rispetto al bianco di piombo, di una maggior quantità di olio per lo stesso volume di pigmento.

Il demiurgo diffuso in tutte le sue opere che con ciclicità divengono, si trasmutano è dunque l’androgino alchemico, il matrimonio di fuoco e acqua, zolfo e mercurio, sole e luna.

Per questo il teologo immagina un animale con caratteri universali, attribuendogli le teste del caprone, del toro, del leone e del rettile, e fornendolo per primo, in quanto primo nato, dei caratteri del maschio e della femmina. Femmina e genitore il forte dio Erichepeo, (Frammenti Orfici, 79)

L’androginia del Bacco dipinto è la caratteristica di quel fuoco che non brucia le mani il cui ottenimento è indispensabile al filosofo. Il languore intrigante del dio propone il mistero, offre se stesso nella natura e nella coppa guidandoci alla conoscenza dell’Opus Alchemico.

Il calice richiama il principio femminile, ricettivo; è il vaso di natura che diviene Vas honorabilis ed infine contenente e contenuto. E’ il Graal che equivale all’antico vaso pirogeno dei Parsi e degli Egiziani, quest’ultimi lo chiamavano Gardal riferisce Fulcanelli che prosegue

“… il sangue che bolle nel sacro calice è la fermentazione ignea della vita o della miscela generatrice..[36] (figura 11)
Figura 11 Il crogiolo nell’atanor

L’alchimista realizzando le fasi dell’Opera riporta ciascun elemento alla propria origine, scoprendo il sole divino e quello celeste celati nella corporeità ossia la visione dei fatti taciti dell’esistenza. Allora l’elemento solare magnificato partecipa finalmente alla sua origine attraverso il passaggio per la tetractis degli elementi,  attraverso l’athanor in cui i metalli della terra sottostanno al solve et coagula. Il sottile della terra si converte in acqua; la parte più tenue di questa si trasforma in aria e la parte più rarefatta e spiritosa dell’aria si trasforma in fuoco. Il movimento circolare della vita è decritto dalla croce degli elementi che trapassando l’uno nell’altro producono un’energia infinitamente circolante.

Obbediente all’invito del Corano ad approfondire il sapere[37], la conoscenza della natura che ci circonda, lo sciismo sufi è stato di cardinale importanza nello sviluppo della scienza araba tanto nelle sue espressioni sacre che in quelle profane. Ne rimase particolarmente colpito Ruggero Bacone che, istruito nell’aristotelismo, si fece francescano ed alchimista; rivoluzionario nell’approccio dello studio teologico e scientifico, fu portatore dello spirito di rinnovamento spirituale francescano e trovò appoggio concreto nel papa Clemente XIV. Le sue poliedriche competenze davano molto spazio ai saperi experimentales quali l’alchimia, la tecnologia, l’ottica che tanto interesse avrebbero sollevato tra gli eruditi italici e nei circoli platonici delmontiani.

Bacone, il Doctor Mirabilis, fu uno dei migliori trasmettitori dell’opera di Ibn al-Hayatam (Alhazen)[38]; iniziatore dell’ottica geometrica, aveva ricevuto i suoi primi insegnamenti ad Oxford da Roberto Grossatesta (1175 -1253), il cui De Luce costituisce il primo tentativo di dare una spiegazione scientifica al Fiat lux. Nel XX sec. tale opera fu riconosciuta come un’intuitiva anticipazione della teoria dell’universo in espansione, del Big Bang, basata sulla natura auto moltiplicativa e espansiva di un primordiale punto di luce-forza[39]. La lux, prima forma e corpo dell’universo di cui ne costituisce la segreta unità, è un corpo sottile ed estremamente rarefatto che si trasmette, attraverso corpi di densità crescente, dai cieli ed i lumina planetari sino alla terra; ivi sarebbe possibile estrarre la virtus luminosa quasi ex matre quadam quivis deus procreabitur (160-163).

Figura 12 – Il genio esce dalla bottiglia – William Harvey (1796 –1866)

Le teorie del Grossatesta raccolgono motivi, oltre che ovviamente ebraici, anche greci, neoplatonici, arabi ed alchemici. La propagatio della luce a contatto con la materia dà origine al creato sed possibile est educi ex ea in actum et operationem lumen. Evidentemente, se l’impegno dell’alchimista si può riassumere nel tentativo di “catturare un raggio di luce in una bottiglia” l’analogia del De Luce con la filosofia ermetica non si arresta al momento cosmologico ma introduce anche una riflessione sul destino di quella luce prigioniera nella materia più spessa. E’ nella magia delle “Mille e una notte” che troviamo la più nota descrizione delle straordinarie possibilità applicative di quella luce, preparata nel suo vaso (figura  12)

O primogenito dalla duplice natura, grande, che vaghi nell’etere, / ti invoco, o nato dall’uovo, esultante per le ali d’oro, / dalla voce di toro, genitore degli dèi beati e degli uomini, / che inventasti il peana assai cantato e onorato in molte feste, / o indicibile, segreto, strepitante, risplendente germoglio, / che col tuo sguardo dissipasti la tenebrosa nebbia, / muovendo dappertutto nel cosmo l’impeto delle tue ali, / e portando la splendente, sacra luce, per cui io ti chiamo Fanes, /  e Priapo signore e Antaughe dallo sguardo splendente (Frammenti orfici, 85)

 Dioniso – Eros

All’inizio era la Profondità e la Notte e l’Erebo buio e il Tartaro vasto; la Terra non v’era, né l’Aria né il Cielo. Nel seno infinito d’Erebo per prima la Notte dalle nere ali generò un uovo pieno di vento, onde nel volgere delle stagioni germogliò Eros, l’ambíto, sul cui dorso ali d’oro scintillano, simile a spire di vento. Costui, unitosi nella notte alla Profondità alata entro il vasto Tartaro, diede vita alla nostra stirpe [quella degli uccelli] e per prima la portò alla luce. Allora la schiatta degli immortali ancora non esisteva, prima che Eros mescolasse tutti gli elementi; e gli uni agli altri mescolandosi, nacque poi il Cielo e l’Oceano e la Terra e la razza immortale di tutti gli dei beati”. (Aristofane, Uccelli, 685-702).

Esiodo ricorda Eros tra gli dei primigeni, con Caos, Terra, Tartaro. Il loro potere è così antico da precludere anche a Zeus la possibilità di mutare cioè che essi hanno stabilito[40].

Dunque, per primo fu Caos, e poi / Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti / gli immortali che tengono la vetta nevosa d’Olimpo, / e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade, / poi Eros, il più bello fra gli immortali, / che rompe le membra, e di tutti gli dèi e di tutti gli uomini / doma nel petto il cuore e il saggio consiglio (Esiodo, Theog. 116-122).

Il vetusto Eros che è anche Fanes, dispone dei e uomini alla generazione rivelandosi nel macro e nel microcosmo.

Da principio non c’era la stirpe degli immortali, avanti che Eros mescolasse tutti gli elementi. E una volta mescolati gli uni con gli altri, nacquero Urano e Occano e Terra e la stirpe immortale di tutti gli dèi beati” (Frammenti Orfici, 1).
Caravaggio, Amor vincitore, Berlino Gemäldegalerie

La forza di Eros è irresistibile, altamente penetrante[41] Euripide lo presenta, per la prima volta, armato di arco e frecce nell’Ifigenia in Aulide. Il suo carattere marziale, che in alchimia corrisponde al regime di Marte, enfatizza l’idoneità del ferro, dell’acciaio dei saggi, ad aprire la materia come testimonia il libro aperto vicino alla corazza nell”Amore Vincitore” (figura 13). L’adepto ha terminato il suo viaggio “inverso” attraverso gli elementi, dall’acqua al fuoco, per ritornare in seno alla “terra di origine” ed al suo tesoro. L’equilibrata combinazione di spirito e materia, nel regime di Venere, è resa, con simbolismo caro ai massoni, dall’interconnessione della squadra e del compasso appoggiati sul pavimento[42]. L’oro filosofico, liberato dal sepolcro, con una serie di sublimazioni, che nel dipinto sono indicate dalle ali d’aquila di Eros, sarà spinto a perfezione. “Tutta l’arte consiste nel volatilizzare il fisso e fissare il volatile” (Pernety). Il risultato è Amore  presentato, da Caravaggio, con i suoi attributi regali, solari: lo scettro, la corona, l’alloro, e gli strali che regge in mano. Egli è il sovrano del cosmo, del globo stellato di cui vediamo uno spicchio nella divinità dipinta dal Merisi. Egli è la causa di ogni armonia, della musica dell’universo.

E’ l’Anima Mundi, origine di ogni corporificazione. Egli plasma ogni realtà, ordina ogni interazione fisica attraverso simpatie, affinità, attrazioni. E’ il quinto elemento, posto al centro dei bracci della croce, sale alchemico, che conferisce coesione e funzionalità ad ogni manifestazione pacificando ed armonizzando i quattro elementi delle mistioni corporee. Frutto dell’unione di zolfo e mercurio, fuoco e acqua, mantiene l’aggregazione degli elementi nei corpi. Copula mundi. Omnia vincit Amor.

“E in questo modo e mediante questi quattro elementi il corpo del mondo fu generato, secondo un’armonica proporzione, ed ebbe tale amicizia che riunito in se stesso non può essere sciolto da nient’altro se non da colui che lo legò insieme”  (Timeo 32 b9).

Questo legame di concordia, necessario per vincere le qualità contrarie degli elementi nell’intima combinazione dei corpi è l’μφαλός, l’ombelico del mondo indicato nel Bacco di Caravaggio dal dito che ivi si appoggia come nei Tre Filosofi di Giorgione.

“Il nous paterno nato da sé stesso intuì azioni, e in tutte le cose inseminò il vincolo dellamore gravido di fuoco, perché infinitamente amando permanessero tutte, e ciò che fu ordito dalla luce noetica del padre non crollasse. In virtù di questo amore, gli elementi del cosmo permangono, scorrendo via”. (Oracoli Caldaici, 39).

Nel Bacco il suo effetto coesivo è accentuato dal nodo del nastro nero che è avvolto nella stessa mano del dio.

Proclo lo ritiene autore dell’unità di tutte le cose così riprendendo l’antico concetto di divina amicizia che lega terra e cielo e tutto l’universo, poiché è insita in ogni essere ed avvolge il cosmo.

“…Per essa gli dèi sono uniti gli uni agli altri, si rallegrano a vicenda, si compiacciono e gioiscono tra loro delle loro reciproche comunioni e pienezze, e non abbandonano il rango che hanno ricevuto eternamente nelle gerarchie in cui sono ordinati” [43].

Il tema è ripetuto da Ficino:

Per la qual cosa tutte le parti del mondo, perché sono opere d’uno artefice e membri d’una medesima machina, intra sé in essere e vivere simili, per una scambievole carità insieme si legano; in modo che meritatamente si può dire l’amore nodo perpetuo e legame del mondo e delle parti sue immobile sostegno, e della universa machina fermo” ( Il Libro dell’Amore, III,III)
Per questa comune parentela nasce amore comune, da tale amore nasce el comune tiramento, e questa è la vera magica” ( VI-X). (Fig. 13 bis)
Figura 13 bis – Basilio Valentino (XV sec.), Quinta Figura, Le Dodici Chiavi della Filosofia, Mediterranee, 1998

Nel Simposio Platone spiegando la funzione conoscitiva di Amore, presenta Eros come un demone mediatore tra intelligibile e sensibile, tra due dimensioni altrimenti inconciliabili:

Un demone grande, o Socrate. E difatti ogni essere demoniaco sta in mezzo tra il dio ed il mortale.

Un mediatore tra cielo e terra che nell’uomo ordina di abbandonare la ragione per la follia amorosa ma il cui valore ultimo tende alla bellezza per eccellenza, la Sapienza, il Bene. La sua funzione è

”Di interpretare e di trasmettere agli dei qualunque cosa degli uomini e agli uomini qualunque cosa degli dei…Attraverso di lui passa tutta la mantica, e l’arte sacerdotale concernente i sacrifici, le iniziazioni e gli incantesimi e ogni specie di divinazione e magia. Gli dei non si mischiano con l’uomo, ma per mezzo di Amore è loro possibile ogni comunione e colloquio con gli uomini in veglia e in sonno.”

Eros è di padre sapiente ed ingegnoso (Poro) ma la madre è incolta e sprovveduta (Penia). Questo mito suggerisce il percorso dell’esegesi del Simposio da parte    della scuola platonica e dei primi cristiani: l’aspetto “sapiente e ingegnoso” cioè demiurgico di Eros lascia intravedere la teoria plotiniana della sovrabbondanza dell’Essere, dell’Uno-Bene dispiegatosi nella “processio”, creazione per i Padri della Chiesa, che ha avuto inizio in modo simile, ossia per il potere incontenibile del divino Amore. Il motivo neoplatonico, cristiano, gnostico, della nostalgia dell’Uno, del corpo come prigione, appartiene, invece, alla carenza, alla privazione, che entra nella natura di Eros per la discendenza da Penia.

Queste cose lanima concepisce, resa feconda da Dio stesso. Questo per lanima è il principio e la fine: principio perché lanima viene di lassù, fine perché lassù è il Bene e quando sia giunta lassù lanima diventa se stessa e ciò che era. Invece, lessere di quaggiù non è altro che caduta, fuga e perdita dali . Che lì sia il Bene lo attesta linnato amore dellanima, e questo è il motivo per cui Eros è associato a Psiche nelle pitture e nei racconti…(Plotino) [44]

La bellezza, armonia di proporzioni e forma, risveglia il desiderio di ricerca.

“Quello decore, quella armonia e quella temperanti che risulte di quella proporzionata commixtione si chiama bellezza(Pico Della Mirandola)[45].

Dai corpi belli, la bellezza verticalizza  le aspirazioni dell’uomo, il bello delle istituzioni e delle leggi; la bellezza delle anime; il bello in sé.

La bellezza converte verso se stessa tutte le cose, le mette in movimento, fa sì che siano possedute dal divino, e le richiama a sé per la mediazione di amore (Proclo)[46]

Eros ricongiunge l’anima con la sua origine.

«Più bello», dunque, può a buon diritto essere chiamato il Vivente in sé, nella misura in cui è specialmente unito alla bellezza intelligibile. Il bello ama infatti aggiungersi alle idee, ed è come un’idea delle idee, perché rivela il carattere nascosto  del Bene, fa risplendere l’elemento amabile di lui e attrae verso la propria chiarezza il desiderio nascosto di quello. Del Bene, infatti, tutte le cose hanno un desiderio tacito e ineffabile, mentre noi ci risvegliamo al bello con turbamento ed emozione. Lo splendore e l’efficacia del bello si diffondono infatti rapidamente per tutta l’anima, e tutta la convertono quando contempla il bello come la cosa più di ogni altra simile al Bene”[47]  (Proclo).

Per mantenersi in linea con l’insegnamento di Platone -l’idea del Bene- e nel contempo superare l’ostacolo dell’impredicabilità di Dio, i neoplatonici ed i cristiani fanno coincidere la tensione espansiva dell’Uno con il Bene, Opus necessitate bonitatis; nello stesso tempo però essi ritengono l’Uno-Bene in quanto oggetto supremo del desiderio, ossia bene è anche il complicarsi, il contrarsi il ritirarsi dell’anima in se stessa.

Che Dio sia il bene lo dimostra anche l’amore ingenito dell’anima…perché l’anima provenendo da Lui necessariamente lo ama, e mentre è lassù possiede l’amore celeste. Quaggiù invece nasce l’amore volgare. Lassù è infatti Afrodite celeste, quaggiù diventa invece volgare e quasi prostituta. L’anima  dunque per natura ama Dio desidera di unirsi con Lui, come vergine bella a un bello amore. Ma giunto il momento di generare si lascia traviare dalla brama delle nozze e, permutato il vero amore con quello mortale, per la lontananza dal padre, disfrena le sue passioni sino a che, disprezzati i traviamenti terreni e purificatesi da questi, di nuovo si rivolge al Padre e si allieta (Plotino) [48].

Amore, come le altre ipostasi di Dioniso, è l’Anima Mundi, mediazione fra uno e tutto, materia sottile che si dilata e si contrae nel mesocosmo compreso tra alto e basso.

Nella mitologia greca e nei Misteri, Dioniso è sempre un dio dell’Olimpo e contemporaneamente un “dio umano”, in qualche modo legato alla Terra: ora è figlio di Semele, una donna il cui nome però rivela un’origine divina, significando Madre-terra, ora come cretese Zagreo diffonde negli uomini, attraverso le ceneri dei Titani, la sua natura divina. La madre Persofone è costretta nella Terra, nell’Ade, per sei mesi l’anno. Cielo e Terra entrano nella doppia natura del dio, è una sintesi universale. Biforme, è volto a sé ed al mondo.

Da gli Inni Orfici 30:

profumo di Dioniso. Storace. Invoco Dioniso dagli alti clamori, che grida evoè, Protogono, dalla duplice natura, generato tre volte, signore Bacchico, selvaggio, indicibile, arcano, con due corna, due forme, coperto di edera, dall’aspetto di toro, marziale, Evio, santo, che mangia carne cruda, Trieterico, che produce grappoli, dal manto di germogli. Eubuleo, dai molti consigli, generato dalle unioni indicibili di Zeus e Persefone, demone immortale; ascolta, beato, la voce, spira dolce e irreprensibile con cuore benigno, insieme alle nutrici dalla bella cintura.

Nel Pimandro (Corpo Ermetico), quando la natura e l’uomo adamico si vedono nelle immagini riflesse dall’acqua, sono presi d’amore:

In un istante – Anthropos- realizzò il proprio disegno e venne a dimorare nella forma priva di ragione. La natura accolse in sé l’amato, gli si avvolse tutta attorno ed essi si unirono in amplesso, poiché ardevano d’amore l’uno per l’altra[49].

Filone d’Alessandria  ripete il tema in “senso inverso”:

Vedi di che consiste il cibo dell’anima; E’ una parola, mediazione di Dio perpetua, somigliante alla rugiada, in circolo, abbracciante l’anima che non ne lascia parte senza parteciparne.. Una passione speciale è prodotta da questa mediazione. Quando ha richiamato a se stessa l’anima produce un congelamento di tutto ciò che è terrestre, somatico, sensibile; e perciò è detto della manna: Come fosse gelato in terra  (Esodo, 16,14)[50]

Pare che nella misura in cui il filosofo fa ascendere all’intellegibile l’Eros, la passione spirituale cali nel corpo.

“Lassù, infatti, tutti gli dèi sono «impregnati» di bellezza e, riempiti di essa, ne riempiono tutto ciò che viene dopo di loro; ridestano tutti gli esseri ispirando loro «un entusiasmo bacchico» d’amore per essi, e dall’alto «riversano» su tutti il divino «efflusso della bellezza.[51]

La mania erotica conduce alla mania telestica attraverso le ali di Eros:

I mortali lo chiamano Eros alato /gli immortali invece Pteros / perché costringe a mettere le ali (Fedro, 32),

Due principi ed una sola natura, potus deorum e potus animarum dell’Orfismo, così l’espressione enigmatica, intrigante, del Bacco dipinto, il suo essere ermafrodita indicano la partecipazione del dio in due dimensioni.

Gli episodi mitologici sull’origine del sapere alchemico sono metaforicamente basati sull’attitudine mediatrice di Eros. Nel trattato “Iside la profetessa a suo figlio Horus” (forse III sec.) Iside racconta di aver ottenuto da un angelo il segreto della preparazione dell’oro e dell’argento grazie alla resistenza opposta dalla stessa al desiderio dell’angelo di unirsi con lei in un commercio amoroso; nel libro di Enoch si narra, riprendendo un passo del Genesi, che gli angeli bramando le figlie degli uomini si risolsero a raccontare ad esse le arti proibite: metallurgia, magia, astrologia. L’Eros, l’amore che lega l’angelo alla donna è quella regione immaginale in cui s’incontrano le forze contrapposte dell’Anima Mundi – Spirito universale  – la cui  tensione ad espandersi, creando, e quella di contrarsi, complicandosi nell’Uno, sono rese in termini di commercio amoroso. In entrambi gli episodi la conoscenza del mistero dell’immortalità, del sapere alchemico, è permutata dagli angeli a fronte dell’appagamento della loro brama di generare. La resistenza opposta dalla donna è la purezza necessaria ad accogliere ed unirsi all’Uno, è Maria di fronte all’angelo dell’Annunciazione, (figura 14) laddove Eva in forza di un disegno identico e contrapposto cede alle lusinghe dell’angelo-serpente.

Caravaggio, Annunciazione, Nancy, Musée des Beaux-Arts
Figura 15 – Lo stemma di Jean Bourré, Castello del Plessis – Bourrè

Eros costituisce il mezzo di tutto ciò che si converte e la causa di questa conversione.

Con linguaggio alchemico, più conciso, orientale, il concetto di Anima Mundi come Amore, vita che anima l’universo è reso in termini di virtù attrattiva: i Filosofi infatti ci parlano della calamita che è contenuta nel corpo della magnesia (calamita in greco antico è Μάγνης).

Eugène Canseliet, che ebbe a notare la rappresentazione figurata di questa forza nel soffitto alchemico del castello del Plessis-Bourré, precisamente nel blasone del signore del castello, commentò il ruolo considerevole sostenuto dal magnetismo nell’elaborazione filosofale (figura 15):

Come richiede l’autentica nobiltà, le armi di Jean Bourré nascono qui dalla spoglia dell’ariete dal vello d’oro, che l’immagine mostra appena conquistata. Lo spirito del mondo, di cui la lana magica attira il magnetismo e lo raccoglie dentro di sé, si ritrova e zigzaga sul campo dello scudo. E’ la medesima proiezione che cade dallo spazio e satura i teli stesi in primavera dalla coppia del Libro senza parole o Mutus Liber(si vedano figure 4 e 5).

Paolo Lucarelli accenna al lungo dibattito degli alchimisti nel XVII e XVIII sul corpo attrattivo ideale, il magnete per realizzare la pietra filosofale ossia per corporificare la panacea universale:

“Il corpo che ricevette il maggior numero di consensi fu senza dubbio il salnitro, non appena i chimici scoprirono la sua diffusione in natura…e il grande rivale del salnitro, il tartaro di vino, anzi il cosiddetto sale fisso che se ne estraeva per calcinazione e lisciviazione.. Questo sale aveva dalla sua due argomenti interessanti. In primo luogo esso derivava dal vino, e dunque da una bevanda considerata una forma di quintessenza solare naturale….”.

E’ il distillato del vino –mercurius vegetabilis-, l’aqua vitae che risponde meglio alle descrizioni dell’elixir:” Calore naturale infisso nel suo proprio umido radicale” secondo il Testamentum di Raimondo Lullo (XIII sec.) la cui sentenza è espressa in un altro detto del filosofo maiorchino: “Cum igne tandem in gratiam redit aqua” che il Cardinal del Monte pone a commento del ritratto di Lullo.

DIONISO – AION, il Tempo

Tanto potente è nei culti della vegetazione l’idea di una legge ciclica necessaria, ineludibile che nel tempo è riconosciuta la stessa divinità, una sua evidente ipostasi.

Nelle religioni astrali persiana, sumera, babilonese gli uomini non adorano le stelle in quanto tali, ma colgono nella periodicità degli eventi celesti la legge immanente dell’Ordine ciclico. Un sentimento cui non si sottraggono neppure gli Ebrei:

Tu sei il Signore, Tu solo [52] Tu dai la vita a tutti. E le schiere del cielo si prostrano davanti a  te” (Neemia,9,6) [53].

Gli abitanti di Harran, luogo incluso nell’impero mitannico dell’alta Mesopotamia, formato da popolazioni hurrite adorano l’Ouroboros, il dio- serpente che si morde la coda, di origine mesopotamica ed identificato nella totalità dell’armonia astrale[54].

Dioniso – Preteuritmo, è il primo ritmo buono che dà inizio alla danza ritmata degli astri. Nella parziale identità dell’idea di tempo nei poeti, nelle teogonie rapsodiche e orfiche, nei pitagorici, tale concetto è ovunque identificato col cielo stellato o strettamente collegato con esso. Tuttavia, la rappresentazione fisica e concreta del tempo convive con la concezione astratta del tempo, pensato come eterno generatore di sé stesso. In un frammento di una tragedia perduta, Crizia definisce

il tempo  infaticabile, che si aggira pieno di eterno flusso, generando sé stesso e le due Orse con i veloci battiti delle ali guardano il cielo Atlante [55].

 Xpóvos orfico, che non è il padre di Zeus, è il principio di cui non può concepirsi l’inizio e che è condizione necessaria dell’essere. Esso produce infatti con Etere e Erebo l’uovo d’argento da cui sorge Fanete-Aion, che è il tempo eterno. (Figura 16)

L’eternità (Aion) è un fanciullo che gioca muovendo i pezzi sulla scacchiera: di un fanciullo è il regno (Eraclito, fr 52).

Il fanciullo per antonomasia è per gli orfici Dioniso Zagreo, erede di Zeus (figura 17). Egli è il tempo assoluto che muove la scacchiera del cosmo, concilia essere, non-essere, divenire.

Figura 16 L’Uovo Orfico rappresentato da Jacob Bryant (1774)
Figura 17 Dioniso Niño, Museo de Màlaga

Il frammento di Eraclito è quindi da collegarsi al Dioniso polimorfo dell’epiclesi orfica: Primigenio, Protogonos, ovvero Eros, Evo-Aion, Fanete-sole spirituale, cui il filosofo oscuro si richiama per rivelare tanto la sua appartenenza all’Orfismo, quanto l’identificazione della divinità con il tempo primigenio. In un’iscrizione di una statua di Aion –Evo- ad Eleusi, il dio è caratterizzato esattamente come il Fanete o Dioniso orfico.

Interpretazione questa che trova nell’aspetto di Eros Protogono conferma: secondo la cosmogonia orfica Eros è un ermafrodito dotato di quattro teste, è leone, toro, serpente, ariete, le metamorfosi cioè di Dioniso Zagreo che ordinano la ciclicità stagionale e le sue trasformazioni quando, fanciullo, tenta di sfuggire ai Titani[56].

Figura 18 – Aion, Musei Vaticani

Chronos orfico si sovrappone alla sua creatura, nata dall’uovo, sia nell’aspetto che nella funzione. E’un serpente (δράκων) avente la testa di un toro e quella di un leone e in mezzo tra queste il volto di un dio, aveva anche le ali poste dietro le spalle, il suo nome era Tempo (Ellanico-Damascio) (figura 18)

Atenagora racconta di Chronos come di un Dio dragone elittico, l’elittica dello Zodiaco; si tratterebbe cioè del serpente celeste che rappresenta appunto i movimenti dei tempi dell’anno che si ripetono eternamente[57]. Essa col suo giro, che è la ragione di tutte le determinazioni del tempo, trasporta con sè le parti del mondo che include. In questo senso, è propriamente l’Anima del mondo, (Plutarco)[58] .

Nel Timeo il tempo, i segni ciclici del tempo sono l’imitazione, la proiezione visibile dell’Unità dell’Eterno.

Il Padre generatore..pensò di produrre un’immagine mobile dell’eternità, e, mentre costituisce l’ordine del cielo, dell’unità che permane nell’unità, fa un’immagine eterna che procede secondo il numero (37D)
In questo modo e per queste ragioni furono generati tutti quegli astri che corrono per il cielo e hanno ritorni, affinché questo cosmo fosse somigliantissimo al Vivente perfetto intelligente, a motivo dell’imitazione della realtà eterna (39 E).

Il movimento degli astri è un moto che allontana ma che torna sempre su se stesso.[59]La ciclicità è la legge del cosmo le cui vicissitudini seguono, rispecchiano, il viaggio dello Spirito dall’eternità al tempo durata e viceversa. Quando il divino esce dalla latenza, penetra e vivifica la materia passiva imprimendo ad essa luce, calore, movimento.

Tale passaggio è rappresentato dalla Dea Madre, Sapienza (Proverbi), Maat, Atena, Cibele. Essa dispensa la propria sostanza affinché l’universo e gli stessi dei possano agire in modo ordinato ed armonioso.

Le vesti di Iside sono di colore variegato, il suo ambito, infatti, è quello della materia, la quale si evolve in tutte le forme e a tutte le forme si presta: luce e oscurità, giorno e notte, fuoco e acqua, vita e morte, principio e fine. La veste di Osiride invece non è né sfumata, né screziata, il suo colore è uno solo, quello della luce[60]

La dea che imprime la misura al cosmo appartiene al tempo primigenio, ad Aion, il tempo delle realtà metafisiche che trascende il flusso storico del tempo-durata[61]. Nei testi platonici, la Dea Madre costituisce la seconda ipostasi divina che accoglie l’eternità e gli archetipi. L’Anima -Dioniso-  è la sua estensione nel processo derivazionistico, l’Uno che si protende nel molteplice. L’ambiguità, l’androginia di Dioniso, è risolta da Platone nel Timeo in cui l’Anima del Mondo viene creata dal Demiurgo attraverso complesse operazioni matematiche, mescolando Essere, Identico, Diverso, Indivisibile con Essere, Identico, Diverso Divisibile, quindi sono mescolati e divisi questi elementi intermedi con rapporti proporzionali armonici detti “intervalli”  uguali alle frazioni proporzionali della scala musicale.

Questa ipostasi “in alto”, come Sapienza, comprende l’eternità, “in basso”, per la sua immanenza al sensibile, contiene il tempo-durata e tutto ciò che è nella sfera mondo[62]. Il tempo visibile è il grande oceano delle creature (Upanishad). E’ il passaggio da un tempo sempre uguale a se stesso, in cui gli eventi sono ripetibili all’infinito, ad “un’imitazione che ha la struttura degli istanti numerabili secondo una numerazione successiva“ (Gadamer)[63].

Dioniso è la regione spazio-temporale del mediatore, di colui che è rivolto a sé ed al mondo. La luce che esce dalla profondità contiene in sé spazio e tempo. Il tempo è la veste con cui la divinità rende manifesta la sua doppia natura. Il firmamento della Genesi collega le acque superiori con le inferiori è il tramite che rende possibile l’unità della Natura. La sua materializzazione, elemento aria, è il Vento della tavola di Smeraldo che porta l’embrione nel suo grembo:  …Il Vento lo portò nel suo ventre[64]. (figura 19) E’ la porta attraversata da chi vive in Cristo

”Io sono la Via; io sono la porta; chi non passa attraverso di me è un ladro o un bandito”.
Figura 19- Il nero nelle carni, particolare Bacco svizzero

Nelle teorie recenti di alcuni fisici, la luce, onda-particella, è forma universale, semplice, che, agendo sulla materia passiva continua, omogenea, crea il molteplice immettendo i corpi nel dominio del tempo secondo la metrica dei quanti di luce.

Se non ci fosse il discontinuo della materia combinata, e se la materia incombinata non divenisse combinata nei suoi elementi, e non ci fossero le mutazioni di questi elementi di ciascuna discontinuità materiale, non comparirebbe il tempo e non ci sarebbe il fluire del tempo, ma lo stare in un eterno presente del non-tempo [65].

 Con il tempo, per mezzo di esso si succedono fasi alterne di vita e di morte; in tal senso si è indirizzata l’interpretazione di Schelling al seguente passo del Bundehesch, (VII d.C) commentario della dottrina avestica :

”Ormazd e Ahriman, ad entrambi diede Zeruane Akherene il tempo che non ha limiti;

il filosofo tedesco, alla luce dell’esistenza di sette antidualiste in Persia in epoca anteriore a Zoroastro[66] ed alla sopravvivenza della loro dottrina anche nel regno sassanide, conclude che il significato più pertinente all’affermazione citata del Bundehesch in realtà escluda la dualità originaria dei due contrapposti principi Ormazd e Ahriman in quanto il loro contrasto non sorse certamente nel tempo ma col tempo; col tempo furono poste per la prima volta espansione e contrazione. La genesi si manifesta come tempo. Ahriman è l’archetipo più antico.

Eraclito si riferisce al gioco di Dioniso bambino quando lo associa al tempo-durata, scacchiera in cui il dio dispone i suoi pezzi, dove egli svolge la sua azione specificatrice sulla materia inerte così come il mozzo vuoto della ruota fa la ruota[67]; Dioniso il rigenerato esce invece dal tempo per divenire immortale, come il Bacco dipinto emergendo dalle tenebre, si libera della sindone, la veste del tempo, delle potenze demiurgiche dei sette arconti ed ancora con i segni della “cenere” (figura 20) e della “terra” regge in mano la coppa dell’immortalità.[68]

Francesca BECONCINI  Palmaria (SP) 21 Luglio 2024

NOTE

[1] https://www.aboutartonline.com/la-monade-gli-elementi-larmonia-cosmica-nel-dipinto-murale-di-caravaggio-al-casino-ludovisi/.  https://www.aboutartonline.com/prisca-theologia-e-pratica-filosofale-nel-bacco-del-bastianino/
[2] Frammenti Orfici, n 150, Boringhieri 1959
[3] Artefii, Liber classi maioris sapientiae, infra Theatrum Chemicum, Argentorati, 1661, IV, p 199, traduzione di C. Cardella, Il Sogno dei filosofi,
[4] In C. Della Riviera, Il Mondo Magico degli Heroi, pag. 30-31, in Milano, P. P. Martire Locarni,
1605
[5] Filosofia della Mitologia, Mursia, 1999; E.Cassirer, Fenomenologia delle Forme Simboliche, Il Pensiero Mitico, pag. 13, Pgreco, MI, 2015
[6] Caravage, 1961, in  I Classici dell’Arte, Rizzoli, Mi, 1967, pag.13
[7] P.Lucarelli,  La Cosmologia, in Scritti Alchemici, ” Colloquio tra un Maestro e un curioso dell’arte, Mimesis, 2012
[8]La materia nel suo insieme iniziò ad esistere, figlio mio, ed essa esisteva poiché la materia è il limo del divenire, il divenire è il modo in cui si esprime lattività dellIngenerato e Preesistente Dio. Ricevendo dunque il seme del divenire, la materia iniziò ad essere” Ermete, Kore Kosmou, cit., IX, pag. 59
[9] Confessiones XII,8,8, Tu, Signore, traesti il mondo da una materia informe, un quasi nulla ..in il Sogno dei Filosofi, pag. 25, Edizioni CiQuadro, 2017
[10] Codice Arundel, f 131 r, ibidem
[11] De Subtilitate, Libri XXI, ibidem pag.26
[12] Nel Salve Regina, la Vergine è chiamata radice per sottolineare che è principio ed inizio del tutto..Radice, in francese racine, molto simile al greco rhakinos, lacero, cencioso. Qui la Vergine Madre è la Madonna Nera che, come si è detto prima, dovrà dispensare la sostanza passiva.” Fulcanelli/Lucarelli, Il Mistero delle Cattedrali, pag.103, Meditteranee, Roma, 2005
[13] “Materia e causalità, energia ed indeterminazione”in Cardella -Costa, il Sogno dei Filosofi, pagg. 197 e 219, cit
[14] In tal senso anche papa Pio XII. Dal discorso inaugurale del IV congresso tomistico internazionale, Roma 14/9/1955, “..alla scomparsa di una certa quantità di massa, cioè di una certa porzione di materia considerata sotto laspetto delle sue proprietà inerziali e gravitazionali, fa riscontro il manifestarsi di una ben precisa quantità di energia legata a quella massa dalla surriferita equazione relativistica. Ciò non autorizza ancora a dire che la materia si è trasformata in energia…Si può dunque legittimamente concludere che in natura si verificano fenomeni, nei quali una porzione di materia perde le sue caratteristiche di massa per mutarsi radicalmente nelle sue proprietà fisiche, pur restando integralmente materia; accade così che il nuovo stato assunto sfugge a quei metodi sperimentali, che avevano servito a determinare il valore della massa”. ibidem, pag.47
[15] P.Lucarelli, Lettere Musulmane, pag. 75,Promolibri Magnanelli, Torino,1998
[16]Bareshit-Bereshit, tradotto generalmente con in principio”, quando Elohim creò il cielo e la ter ra, si presta a una differente esegesi:” Posto che resit indica una primizia di un prodotto agricolo, la sua parte più nobile, una nuova proposta di traduzione, che onestamente si oppone sia a quella giudaica che a quella medioevale, ma che è proposta da uno studioso interessante, legge ba” e lo intende in forma strumentale per mezzo di”, e allora resit potrebbe essere un equivalente della Sapienza, o dello Spirito, insomma lo strumento di cui si serve elohim (un alchimista direbbe la Natura”). Infine si è suggerito che ‘bara(tradotto usualmente con creare) in origine significasse separare”. Si potrebbe allora leggere Per mezzo della Natura Elohim separò il cielo e la terra… lettura ad usum delphini…” P. Lucarelli, Colloquio tra un Maestro ed un curioso dell’Arte, in Scritti Alchemici e Massonici, cit. pag 433, Mimesis, 2012
[17] Ibidem, pag 404
[18]  cap.III
[19] Le Dimore  Filosofali, Mediterranee, I, pagg.63, 73, 2002
[20] in M.Eliade, the forge and the crucible, cit. pag.233
[21] Natura deorum II, 9, 28 in H. Jonas, Lo Gnosticismo, pag. 214, Soc.Ed. Internazionale, TO, 2006
[22] Dioniso, gli Adelphi, 1992
[23]   Oracoli, cit. in Il mondo magico degli eroi del Signor Cesare Della Riviera in Milano, P.P. Martire Locarni,1605,pag.57
[24] Natura deorum II, 9, 28 in H. Jonas, Lo Gnosticismo, pag. 214, Soc.Ed. Internazionale, TO, 2006
[25] Vangelo di Tommaso, I vangeli Gnostici, Adelphi
[26] La ricerca di Dio, in il Dio nascosto, pag.103, Bur
[27] Le comte de Gabalis ou Entretiens sur les sciences secrètes citato da Canseliet, prefazione alla Dimore Filosofali di Fulcanelli, vol. I, pag.23, Mediterranee
[28] I raggi del sole riflessi dalla luna acquistano proprietà nuove non diversamente da ciò che accade in una lampada Crookes con l’effetto reattivo catodico – raggi x – R.A. Schwaller de Lubicz, Simboli e Simbolica, pagg. 73,74
[29] “Quale ricco si salverà”, Città Nuova, Roma 1999
[30] Duchesne, Guillemin. In H.C.Puech, Storia delle religioni, Da Babilonia a Zoroastro, Laterza, Roma-Bari, 1977.
[31] Proclo Teologia Platonica, pag 139, cit
[32] De Hominis dignitate Heptaplus De ente et uno”, a cura di E.Garin, Aragno, 2004, pag.275.
[33]  pag 191
[34] L’Antro delle Ninfe in E.Zolla, I Mistici dell’Occidente, vol. I, Adelphi
[35] https://www.aboutartonline.com/la-verita-sul-bianco-di-zinco-breve-storia-dellerrore-di-datazione-relativo-allinizio-del-suo-uso-in-campo-artistico/
[36] Le Dimore Filosofali I, pag.167-168, cit.
[37]  “Pensate che gli ignoranti siano uguali ai sapienti? Gli uomini dotati di intelligenza sono gli unici che riflettono” (Corano, XXXIX, 9)
[38] All’inizio del XI sec. ibn Al-Haytham utilizzò una camera oscura per dimostrare che la luce viaggia perpendicolarmente ai nostri occhi. Lo scienziato arabo aveva dedicato molti studi ai fenomeni di riflessione speculare e di passaggio della luce in palle cristalline sferiche. Le teorie sulla camera oscura e quelle sulla riflessione di Ibn al-Hayṯam furono messe in pratica da Della Porta. (Si vedano le pubblicazioni di R.Lapucci per l’applicazione che ne fece Caravaggio)
[39] 1924, conferenza alla British Academy, Roberto Grossatesta, La Luce, Pisa University Press, Pisa, 2016
[40] Amore era la principale divinità di Tespia, in Beozia. “Fra tutti gli Iddii i Tespiesi hanno sempre in speciale modo onorato lAmore, e la loro più antica statua è una pietra rozza” Pausanias, Descrizione della Greciadi Pausania, Volume III, www.liberliber.it
[41] Per assolvere il suo compito deve penetrare ogni cosa, essere aguzzo come l’acciaio dei Filosofi:” prendi dellacciaio ben affilato e aprile (alla materia) le viscere, e troverai questa seconda materia dei Filosofi, tanto cercata da così tanto tempo. Ma senza acciaio ben raffinato e lavorato dalla mano di un buon maestro, non pensare di venirne a capo” Dom Belin, Les aventures du Philosophe inconnu, Parigi, 1646, in Il Mistero delle Cattedrali, nota di P.Lucarelli, pag.130, cit.
[42] P. Lucarelli, “Muratoria e Arte Regia”, in Scritti Alchemici e Massonici, cit
[43] Proclo, Teologia, pag.130. Utet 2013
[44] Enneadi, VI. 9
[45] Il Commento alla canzona d’Amore di Gerolamo Benivieni, VI cap.
[46] Theolog. 103
[47] Teologia Platonica, pag 196-197 cit.
[48] Enneadi, VI. 9
[49] Corpo Ermetico, pag.36, Mimesis, 2000
[50] Le allegorie delle leggi, in E.Zolla, I mistici dell’Occidente, I, pag.140, cit.
[51] Proclo Th pl pag 101-102
[52] Gli Ebrei per lungo tempo hanno mangiato il cibo dei pagani, ricadendo spesso nella fede dei loro vincitori assiri e babilonesi; Ezechiele profetizza la caduta di Gerusalemme, della terra d’Israele colpita dall’ira di Dio:”Ti giudicherò secondo la tua condotta, ti rinfaccerò le tue abominazioni, 7,3, nel tempio di Gerusalemme c’erano figure di rettili e bestie schifose e tutti gli idoli ella casa d’’Israele 8,10, e addirittura donne che piangevano Tammuz 8,14, venticinque uomini con le spalle al tempio del Signore e le facce ad oriente e stavano adorando il sole a Oriente 8,16, con i profeti si perde la sacertà dell’ordine naturale; superstizione, non fede è cercare Dio nella natura.
[53] Crisopea di Cleopatra, Codice Marciano XII sec.
[54] Il mondo greco che personifica le idee astratte associa, intorno al V sec. a.C., leggende mitiche e costellazioni. Il pantheon planetario greco, grazie probabilmente ai Pitagorici assimila e si sovrappone ai geni egiziani -stelle e divinità, Asclepio, 19- alle costellazioni caldaiche e babilonesi. Ad ogni dio babilonese è sostituito quale signore del pianeta un dio greco simile di carattere -Diodoro Siculo 2.30.3,-– J.Seznec, “La sopravvivenza degli antichi dei”, Le più antiche sistemazioni dottrinarie dei metalli si fondano sull’associazione di ciascuno di essi con un pianeta,  Sole-oro, luna-argento, Saturno-piombo, Marte-ferro, Giove-stagno, venere-rame, Mercurio-mercurio. Olimpiodoro nel VI sec.D.C riporta tale associazione in una lista alchemica, che tuttavia risale ad epoche precedenti, alle antichissime religioni astrali mesopotamica ed harraniana. M.Peirera, Arcana Sapientia,Carocci,Roma,2001
[55] In Clemente Alessandrino,Stromata,V,VI,36,1, cit. Adolfo Levi, IL Concetto del Tempo nei suoi  rapporti con i problemi del divenire e dell’essere nella filosofia greca fino a Platone,
Rivista di Filosofia Neo-Scolastica, Vita e Pensiero, MI, 1919
[56] Per questo il teologo immagina un animale con caratteri universali, attribuendogli le teste del caprone, del toro, del leone e del rettile, e fornendolo per primo, in quanto primo animale , dei caratteri del maschio e della femmina .. Fr Orf 79
[57] La credenza nella trasmigrazione delle anime, comune all’Orfismo e al Pitagorismo, è un’applicazione particolare della dottrina dell’eterno ritorno delle cose determinata a sua volta da quella del grande anno del mondo, risultante dalla successione regolare dei movimenti dei corpi celesti. Queste credenze implicano una concezione fatalistica che vede nella storia eterna dell’universo l’effetto di una legge necessaria e immutabile, definita dall’azione dei corpi celesti
[58] Platonicae Questione, VIII, 4: 1007 B in A. Levi, cit
[59] Platone stima ugualmente la sfera forma perfetta la forma che gli-al Demiurgo- era conveniente ed affine . Infatti al vivente che deve comprendere in sé tutti i viventi è conveniente quella forma che comprende in sé tutte quante le forme; Perciò lo tornì arrotondato, in forma di sfera che si stende dal centro agli estremi in modo eguale da ogni parte, ossia la più perfetta di tutte le forme e la più simile a se medesima, ritenendo il simile più bello del dissimile” (33B)
[60] Plutarco, Iside e Osiride, Adelphi, pag. 147, 2002
[61] In base alla teoria della relatività speciale, viaggiare alla velocità della luce equivale a fermare il tempo
[62] Plotino cit., Aristotele  Phys,  2 1 8 b , 5 – 7 cit. A.Levi
[63] H.G.Gadamer, La concezione del tempo dell’occidente, L’enigma del tempo, Zanichelli, 1996 in Il Sogno dei Filosofi, cit.
[64] E’ vero senza errore, è certo e verissimo.
ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare il miracolo della Cosa-Una.
E come tutte le cose sono sempre state e venute dall’Uno, così tutte le cose sono nate per adattamento di questa cosa unica.
 Suo padre è il Sole, sua madre la Luna, il vento lo portò nel suo ventre, la Terra è la sua nutrice.
Il Padre di tutto, il Telesma di tutto il mondo è qui.
La sua potenza è illimitata se viene convertita in terra.
Tu separerai  la terra dal fuoco, il sottile dallo spesso, dolcemente, con grande industria
Sale dalla terra al cielo, subito ridiscende in terra, e raccoglie la forza delle cose superiori e delle inferiori.
Tu avrai con questo mezzo tutta la gloria del mondo, epperciò ogni oscurità andrà lungi da te.
E’ la forza forte di ogni forza, perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida.
E in questo modo che il mondo fu creato.
Da questa sorgente usciranno innumerevoli adattamenti, il cui mezzo si trova qui indicato..
E’ per questo motivo che fui chiamato Ermete Trismegisto, perché possiedo le tre parti della filosofia del mondo.
Ciò che ho detto sull’operazione del Sole è perfetto e completo. (La Tavola di Smeraldo, Ermete Trismegisto)
[65] da Mutazione Fisica, Reazione Chimica e Relatività, in F. Pannaria, Memorie Scelte – a cura di Claudio Cardella, 2016, p. 368, p. 387, in Captain Nemo’s web blog, Riflessioni sul tempo dell’Unus versus
[66] haristani nel XII sec. a.C. parla della setta degli zervaniti e della loro fede in un principio originario, cit. Schelling, Filosofia della mitologia
[67] Lao-Tsu, Tao Tê Ching, XI, “Si ha un bel riunire trenta raggi in un mozzo, l’utilità della vettura dipende da ciò che non c’è” s
[68] nell’altra mano, il nastro nero, annodato e di cui si è detto, forse è un crabilo che era usato per raccogliere i capelli nell’acconciatura maschile greca. Sciogliersi le chiome era infatti un rito frequente nella religione dionisiaca come attestato da Euripide nelle Baccanti e da Nonno nelle Dionisiache
Il nastro può ricordare altresì la striscia di tessuto nero che, nella liturgia orfica pompeiana, fasciava il perimetro del tavolo sul quale si preparava il rito dell’agape, il pasto lustrale preparatorio al l’iniziazione