di Nica FIORI
I Santi Pietro e Paolo di El Greco, dall’Ermitage a Palazzo Rhinoceros
Ci sono almeno tre buoni motivi per ammirare il capolavoro di Dominikos Theotokopoulos detto El Greco (1541-1614), raffigurante i Santi Pietro e Paolo, che la Fondazione Alda Fendi ospita a Roma fino al 15 marzo 2020 nella sua sede di Rhinoceros, davanti al quadrifronte Arco di Giano.
Il primo è che si tratta di un’opera davvero notevole di uno dei più grandi maestri del tardo Rinascimento spagnolo, prestata dall’Ermitage di San Pietroburgo. Il secondo è che il palazzo ospitante merita anch’esso una visita, trattandosi di una felice trasformazione contemporanea di un edificio secentesco, che al suo esterno è rimasto immutato, senza alterare il paesaggio storicizzato di una delle aree più suggestive di Roma. Il terzo infine è che si tratta di un’esposizione gratuita, perché Alda Fendi, da tempo impegnata nel mecenatismo d’arte, ritiene che l’arte debba essere condivisa da tutti.
Si potrebbe aggiungere, secondo me, anche un quarto motivo, e cioè che i santi raffigurati sono i patroni di Roma e, pertanto, la loro presenza di numi tutelari in questo luogo che in antico era la palude del Velabro, dove sarebbero stati allattati Romolo e Remo (sotto il Ficus ruminalis), sembra riagganciarsi alle origini leggendarie dell’Urbe.
Vi siete mai chiesti perché San Pietro e San Paolo, pur così diversi tra loro per estrazione sociale e temperamento, siano festeggiati insieme? La tradizione plurisecolare, secondo cui i due santi avrebbero subito insieme il martirio il 29 giugno, giorno che nel calendario segna la loro festa, non è storicamente valida. Pietro dovrebbe essere stato crocifisso, a testa in giù, durante la persecuzione di Nerone del 64, mentre Paolo, in quanto cittadino romano, sarebbe stato decapitato, probabilmente nel 67. Niente di preciso si sa riguardo ai giorni.
Una possibile spiegazione del perché essi siano uniti in questa dualità l’ha data Margherita Guarducci, la studiosa di epigrafia greca cui va anche il merito di aver individuato nei sotterranei vaticani il sepolcro di Pietro. Il 29 giugno si festeggiava anticamente sul Quirinale il dio Quirino, nel quale venne poi identificato Romolo.
Fino all’uccisione del gemello Remo, Romolo è strettamente legato al fratello, come se fossero due esseri inscindibili, tanto che il simbolo di Roma è la lupa con i due gemelli. La festa celebrava, quindi, i due fratelli ancora uniti nella fondazione della città. I due apostoli avrebbero insieme ereditato questa ricorrenza pagana, perché considerati i fondatori della nuova Roma, quella cristiana. Non a caso papa Leone Magno, alla metà del V secolo, nel sermone del 29 giugno si rivolgeva alla città di Roma ricordando l’operato dei due Apostoli con le parole:
“Quelli sono i santi padri tuoi e i veri pastori che ti fondarono meglio e molto più felicemente di coloro per opera dei quali fu stabilita la prima fondazione delle tue mura“.
Il quadro di El Greco raffigura i due Santi in uno spazio buio e neutro, cosa piuttosto eccezionale nell’opera del pittore greco, così da far emergere le caratteristiche attribuite loro dalla tradizione. Paolo, dall’atteggiamento deciso e lo sguardo intenso da pensatore, pur nel pallore del volto, è rappresentato sulla destra, mentre punta l’indice della mano sinistra su un libro. Manca la spada, che è uno dei suoi attributi più frequenti (in quanto combatte le eresie), ma qui “essendo il santo rappresentato in un interno come teologo, la spada risulta inappropriata “, come scrive il curatore Svyatoslav Savvateev nel catalogo (Il Cigno GG edizioni ), evidenziando anche come il suo sguardo sembra guardare “oltre lo spettatore, come se avesse colto una verità proveniente dall’alto”.
Gli è accanto, a sinistra, San Pietro con la sua aria serena e lo sguardo contemplativo e riflessivo allo stesso tempo. Il suo aspetto di vecchio con capelli e barba grigi si contrappone a quello del più giovane Paolo, stempiato ma con barba e capelli neri. Nella mano sinistra Pietro impugna la simbolica chiave del Regno dei Cieli, mentre la mano destra sembra muoversi verso quella sottostante di Paolo in un simbolico gesto di avvicinamento, così che lo spettatore percepisce il tutto come un “insieme inscindibile”.
Il quadro, che è stato donato all’Ermitage Imperiale nel 2011 dallo statista russo Petr Pavlovič Durnovo (1835-1919), nella cui collezione figurava come opera di ignoto, è attualmente datato al periodo 1587-1592, quando il grande pittore risiedeva in Spagna, a Toledo, considerata la sua seconda patria. Ampi cartelloni nella mostra romana del dipinto sono anche troppo ricchi di informazioni su El Greco (ne consegue una lettura faticosa, data la piccolezza dei caratteri), che dalla natia Candia (isola di Creta), dove iniziò la sua carriera come pittore di icone, si trasferì a Venezia, forse nel 1568, dove ebbe modo di studiare la pittura di Tiziano, Tintoretto e Jacopo Bassano, quindi a Roma, dove lo troviamo già nel 1570. A Roma abitò nel Palazzo Farnese e nel 1572 entrò nell’Accademia di San Luca. A Roma soggiornò sette anni, conquistando una significativa reputazione, ed ebbe modo di conoscere i capolavori di Michelangelo, di Raffaello e dei loro seguaci. Il passaggio da Roma alla Spagna non è così strano, visto che all’epoca le relazioni politiche tra la Cattolicissima Spagna e la Città eterna erano molto strette e la presenza di spagnoli a Roma era veramente consistente, circa 30.000 abitanti su 112.000. El Greco era probabilmente alla ricerca di committenze importanti da parte del re Filippo II, ma le sue aspettative andarono deluse. La sua prima opera per il monastero dell’Escorial, Il Martirio di san Maurizio (1580-82), non fu compresa da Filippo II, che, non ritenendola adeguata per un altare, la fece collocare nella sagrestia.
Certo El Greco deve aver sofferto per non essere stato compreso da molti contemporanei, come ha ricordato nel corso dell’inaugurazione Alda Fendi, in quanto era un pittore molto avanti rispetto agli altri, un pittore che “prefigura e visualizza Picasso e tanti altri artisti del Novecento”, come scrive nel catalogo Marco di Capua. Del resto la visione del capolavoro raffigurante i Santi Pietro e Paolo, secondo lo stesso Di Capua può generare “l’ulteriore paradosso di un antico che imita il contemporaneo”, forse per via di quei panneggi voluminosi e solidi, che in realtà caratterizzano anche simbolicamente i due apostoli (mantello giallo ocra per San Pietro e rossastro per San Paolo).
Ma la grande arte è senza tempo, sempre contemporanea, qualunque sia la stagione dalla quale emerge, come è stato ricordato nella presentazione, e lo stesso palazzo Rhinoceros, progettato da Jean Nouvel per Alda Fendi come sede di innovative esperienze e di eventi d’arte (ricordiamo la mostra dell’Adolescente di Michelangelo, sempre proveniente dall’Ermitage), ce lo dimostra. Il suo strano nome allude alla presenza del grande rinoceronte bianco realizzato in resina, che ammiriamo ora all’interno del palazzo, e che è nato come installazione (Rhinoceros AT Saepta) di Raffaele Curi (premio ADI Compasso d’Oro 2019) davanti all’Arco di Giano. Il nome rimanda all’antica Roma e a un’idea di forza e di non convenzionalità, che la Fondazione intende portare avanti nella programmazione artistica e nella vita del palazzo, che per il primo anno di vita ha utilizzato il tema del rinoceronte nelle arti visive e performative. Quella non convenzionalità che Svetonio attribuisce ad Augusto, quando scrive:
“Egli era solito, anche fuori dei giorni degli spettacoli, se qualche volta veniva inviato qualche animale strano e degno di venir visto, a presentarlo al pubblico, in via straordinaria, in qualsiasi luogo, per esempio un rinoceronte nel recinto di Campo Marzio (ut rhinocerontem apud Saepta)… ” (Le vite di dodici Cesari, XLIII).
El Greco. Santi Pietro e Paolo
Dal 14 Dicembre 2019 al 15 Marzo 2020. Fondazione Alda Fendi – Esperimenti
Indirizzo: via dei Cerchi 21 – Roma Orario: dal martedì alla domenica dalle 12:00 alle 24:00 Ingresso gratuito.Telefono per informazioni: +39 340.6430435
E-Mail info: info@fondazionealdafendi-esperimenti.it.