di Claudio LISTANTI
Trionfo per Il Barbiere di Siviglia di Rossini che chiude alla grande la 73ma edizione dello Sperimentale di Spoleto.
Divertente ed eccentrica la regia di Paolo Rossi. Intensa la direzione di Salvatore Percacciolo che ha guidato l’Orchestra e Coro dello Sperimentale ed una soddisfacente compagnia di canto formata in gran parte da vincitori del Concorso spoletino
Il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto ha chiuso la 73ma edizione di questa importante rassegna musicale, da considerare certamente tra le eccellenze culturali italiane, con una nuova edizione de Il Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini. Si rinnova così la tradizione che vede il cartellone della prestigiosa istituzione umbra dedicare un significativo spazio all’opera di grande repertorio.
Mettere in scena oggi il capolavoro rossiniano, vero colosso della Storia dell’Opera, partitura che ha vinto a pieni voti la sfida del tempo, mai andato fuori repertorio all’interno del quale è riuscito ad occupare in tutte le epoche i primissimi posti nei gusti e nell’apprezzamento dei pubblici di ogni tipo e di ogni estrazione culturale, è operazione piuttosto difficile ed impervia.
Programmare Il Barbiere di Siviglia certamente facilita la vendita dei biglietti ma l’operazione in sé è molto insidiosa soprattutto per i rischi connessi alla scelta della realizzazione scenica che deve essere concepita in modo di non essere troppo legata alle esperienze storiche, spesso datate, ma puntando su una innovazione che consenta un adeguato bilanciamento tra i contenuti musicali intrinseci della partitura e l’espressione teatrale di oggi.
Qui a Spoleto è stata scelta la via della sperimentazione, elemento che risiede nel Dna del festival evidenziato dall’aggettivo ‘sperimentale’ con il quale fondatori dell’istituzione spoletina hanno definito il carattere delle loro creatura; sperimentazione non solo rivolta alle valorizzazioni di giovani e promettenti voci liriche ma anche alla ricerca di nuove soluzioni per gli allestimenti scenici delle opere proposte.
Proprio su queste basi l’istituzione guidata oggi da Michelangelo Zurletti ha scelto di affidare questa realizzazione scenica a Paolo Rossi, artista che ha collaborato altre volte con il Teatro Sperimentale di Spoleto del quale si ricorda una stimolante realizzazione scenica de Il Matrimonio Segreto di Cimarosa, personaggio teatrale di grande esperienza in possesso di quella indispensabile ‘vis comica’ che può essere elemento cardine per una soddisfacente esecuzione del Barbiere rossiniano.
Per quanto riguarda la ‘particolare’ impostazione dello spettacolo vogliamo utilizzare le parole dello stesso Paolo Rossi pronunciate prima di una recita dedicata alle scuole per far comprendere ai ragazzi il senso dello spettacolo, parole utili più delle nostre a sintetizzare il suo punto di vista: “Tutto è stato fatto al servizio della musica ….. , la scenografia racconta abbastanza, quantomeno credo che rivelerà sul palcoscenico un mondo singolare, che in realtà altro non è che un Teatro occupato da alcuni giovani attori che non hanno denaro a sufficienza per pagarsi l’affitto. E come per incanto appare un’orchestra e un direttore, così i ragazzi hanno finalmente la possibilità di affrontare Il barbiere di Siviglia. Ovviamente si lavora con quello che c’è, infatti la scenografia è una sorta di accampamento, che rispecchia un po’ anche la precarietà della situazione stessa, ma a volte i limiti danno anche degli stimoli alla creatività”.
E’ senza dubbio una visione paradigmatica di quanto avviene oggi nel mondo della cultura italiana, sempre più dimenticata dalle istituzioni che stanno progressivamente togliendo il necessario sostegno economico per tenere in vita lo spettacolo dal vivo che, da sempre, è una delle eccellenze della nostra nazione, pensiero sublimato al termine della recita con la realizzazione di una sorta di tableau vivant che richiamava alle significative immagini de Il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, per evocare una nuova, ed attuale, forma di Resistenza che impedisca quell’oblio e quell’imbarbarimento culturale che sta affliggendo, oltre ogni misura, la nostra tradizione e la nostra identità culturale.
Il pregio di questo spettacolo risiede non solo nella robustezza di queste basi ma, anche, nell’avere portato avanti tutto il discorso con indubbia coerenza, grazie alle idee vulcaniche di Paolo Rossi, divertenti e allo stesso tempo geniali ma che non hanno mai dimenticato la struttura originale dell’azione e quella giocosità che la splendida partitura possiede dimostrando di essere inossidabile nonostante l’arco di tempo passato da quel famoso 20 febbraio del 1816 quando Il Barbiere di Siviglia iniziò al Teatro Argentina di Roma il suo splendido cammino divenuto trionfale fino ai giorni nostri a dispetto anche del mitico, ma trascurabile, insuccesso che si verificò alla prima assoluta.
Tutti i movimenti scenici sono risultati ben calibrati, spesso eccentrici ma mai di cattivo gusto, con una particolare cura non solo del singolo gesto di ogni personaggio ma anche delle parti d’insieme che nel Barbiere sono numerose. Un efficace realizzazione costruita anche grazie ai ‘classici’ registi assistenti di Paolo Rossi, Emanuele Dell’Aquila e Lisa Nava, perfettamente contenuta nelle semplici ma funzionali scene di Andrea Stanisci arricchite dai costumi di Clelia De Angelis e dalle luci di Eva Bruno.
Per quanto riguarda la parte prettamente musicale abbiamo ascoltato (recita del 22 settembre) una compagnia di canto del tutto valida, quasi totalmente composta da cantanti vincitori in vari anni del Concorso del Teatro Lirico Sperimentale, che è risultata, dal punto di vista teatrale particolarmente omogenea nell’insieme dimostrando di ‘assorbire’ tutte le indicazioni sceniche del regista per rendere piacevole e coinvolgente lo sviluppo dell’azione.
Nella parte del protagonista c’era il baritono Paolo Ciavarelli, vincitore della 71ma edizione del Concorso per Giovani Cantanti Lirici “Comunità Europea”, già ammirato nell’intermezzo Drosilla e Nesso, di Leonardo Leo, che ci ha regalato un Figaro simpatico e dalla spiccata intraprendenza, in possesso di una voce ben educata e piuttosto calda che gli ha consentito di superare senza affanno le intrinseche difficoltà della parte vocale; una voce che può crescere ulteriormente se abbinata ad una attenta e intelligente maturazione.
Il ruolo di Rosina è stata affidato ad un soprano, la norvegese Susanna Wolff, vincitrice della 72ma edizione del Concorso, che ha esibito una voce sicura e gradevole mostrando, però, qualche difficoltà nel registro grave, zona nella quale scende con una certa frequenza la linea vocale del personaggio mostrando però una dizione italiana del tutto soddisfacente che ha contribuito a rendere il personaggio credibile e ben inserito nell’insieme.
Luca Simonetti, fresco vincitore dell’edizione di quest’anno del Concorso per Giovani Cantanti Lirici “Comunità Europea”, ha dato vita ad un efficace Don Bartolo al quale ha saputo dare i giusti accenti, scenici e vocali, superando con facilità il grande scoglio costituito dall’aria ‘A un dottor della mia sorte’ ed in quei punti caratterizzati da un ritmo frenetico che inaspriscono oltre misura la pacata linea vocale del personaggio.
Il soprano francese Tosca Rousseau, anch’essa tra i vincitori del Concorso di quest’anno, ha dato vita al personaggio di Berta, certo tra i meno importanti dell’opera, al quale però la cantante ha saputo dare spessore eseguendo con precisione l’aria dedicata mostrando nel complesso una voce fresca e sicura.
Per la parte di Almaviva, piuttosto difficile come tutti gli appassionati sanno, è stato di scelto di affidarla ad un cantante già in carriera, il tenore colombiano Alejandro Escobar in possesso di una voce piuttosto corposa, non da tenore leggero come spesso capita per questo personaggio, dal timbro particolarmente gradevole, chiaramente in possesso di una inconfondibile esperienza esecutiva che gli ha consentito di eseguire con gusto e sicurezza, vocale e scenica, tutta la parte.
Di rilievo anche il Don Basilio del basso Antonio Albore, dalle emissioni piuttosto misurate ma incisive, scevre dal frequente cattivo gusto che evidenziano alcuni interpreti di questo personaggio. Per i rimanenti personaggi minori c’erano Maurizio Cascianelli come Fiorello e Un ufficiale e Ivano Granci per Ambrogio. Non va dimenticata la parte mimica realizzata con espressività ed incisività da Jacopo Spampanato.
Concludiamo con il direttore d’orchestra, Salvatore Percacciolo, musicista di provata esperienza nel teatro d’opera, che ha diretto l’Orchestra O.T.Li.S. ed il Coro del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto restituendoci una esecuzione particolarmente brillante, adeguata a tutta l’impostazione dello spettacolo, dedicando estrema cura alla innata teatralità che questa partitura contiene e realizzata grazie a tempi appropriati e ad una dinamica dei suoni molto attenta riuscendo, nell’insieme, a trasmettere la necessaria intelligibilità dell’esecuzione ottenuta anche ad una accuratezza nella realizzazione dei recitativi ben coadiuvato dall’impegno di tutta la compagnia di canto.
Un foltissimo pubblico ha gremito il Teatro Nuovo di Spoleto per assistere con dedizione alla recita e decretando al temine un vero e proprio trionfo per tutti i protagonisti dello spettacolo.
Claudio LISTANTI Spoleto settembre 2019