di Nica FIORI
Quando il 6 agosto del 1623 Maffeo Barberini, sostenitore convinto della suprema autorità della Chiesa e di quella personale, venne eletto papa, aveva solo 56 anni ed era laboriosissimo, proprio come le api del suo stemma. Con il nome di Urbano VIII egli regnò fino al 1644 distinguendosi, più che per le modeste capacità politiche in campo internazionale, per il mecenatismo e per lo sfacciato nepotismo, poiché riversò su tutti i suoi parenti un cumulo di benefici.
Ricordiamo, in particolare, che egli nominò cardinali il fratello cappuccino Antonio Barberini e due nipoti, Francesco e Antonio, i cui ritratti troviamo nell’omonimo palazzo Barberini, accanto a quelli del pontefice (due marmorei e uno pittorico) realizzati da Gian Lorenzo Bernini, il geniale artista che diede un’inconfondibile impronta barocca alla città eterna.
Ilpontefice doveva avere con Bernini un rapporto privilegiato, se è vero che gli avrebbe detto, per non indurlo a lasciare Roma, che egli “era fatto per Roma, e Roma era fatta per lui”, secondo quanto riportato da Filippo Baldinucci nella sua Vita del Cavaliere Gio. Lorenzo Bernino, scultore, architetto e pittore (1682). La Roma che il pontefice aveva in mente era quell’urbs spettacolare, fastosa e opulenta, della quale aspirava a essere espressione e personificazione.
Lo scorso 6 ottobre 2022 il busto bronzeo di Urbano VIII, eseguito da Bernini intorno al 1658 circa, è stato prestato dal principe Filippo Corsini alle Gallerie Nazionali Barberini Corsini, dove rimarrà fino al 30 luglio 2023, per permetterne il confronto ravvicinato con la versione berniniana in marmo del Ritratto di Urbano VIII (datato al 1655 circa), esposto nella Sala Sacchi di Palazzo Barberini.
La sala, al piano nobile del palazzo, è detta anche Sala della Divina Sapienza, dall’omonimo affresco di Andrea Sacchi (realizzato intorno al 1630), la cui complessa iconografia deriva dal biblico Libro della Sapienza, attribuito al re Salomone, prototipo del re saggio e illuminato, cui Urbano VIII si paragona. Le virtù che circondano il Sol Sapientiae sono le personificazioni delle costellazioni che disegnano il cielo astrale nella “mirabil congiuntura” dell’elezione papale.
In questa sala, in seguito al riallestimento del 2021, viene evidenziata la rilevante funzione originaria di massima rappresentanza simbolica degli appartamenti del principe Taddeo Barberini con l’esposizione di opere che illustrano i protagonisti della famiglia Barberini, ovvero i ritratti dipinti e scolpiti di Urbano VIII e dei suoi nipoti, realizzati da Gian Lorenzo Bernini, Giuliano Finelli, Lorenzo Ottoni.
Al centro della sala, i due Globi della sfera celeste e terrestre di Matthäus Greuter evocano lo spiccato interesse dei Barberini per gli oggetti legati alle nuove discipline ottiche, fisiche, astronomiche e cartografiche. Un interesse che non coincise, però, nel caso di Urbano VIII, con una visione scientifica del mondo, visto che sotto di lui Galileo Galilei subì un infamante processo, nel corso del quale fu costretto ad abiurare un’opera come Il Saggiatore, che era stata dedicata proprio al pontefice.
La direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte Antica Flaminia Gennari Santori, in occasione del prestito del ritratto bronzeo del pontefice, ha dichiarato:
“Stiamo lavorando alacremente per la grande mostra sui Barberini in programma la prossima primavera per celebrare il quarto centenario dell’elezione di Urbano VIII. Il continuo arricchimento di opere nella Sala Sacchi vuole alimentare la curiosità del nostro pubblico per la grande storia che questo palazzo conserva e racconta”.
Il busto in bronzo proviene dalla collezione del principe Corsini a Firenze, ove giunse nella seconda metà dell’Ottocento in seguito al matrimonio di Anna Barberini e Tommaso Corsini, avvenuto nel 1858.
Si tratta di un ritorno a casa, perché la sua presenza è attestata a Palazzo Barberini alla fine del Seicento. Il busto era stato commissionato dal nipote Antonio Barberini, che in un primo momento lo teneva nella sua dimora in via dei Giubbonari.
Era un ritratto post mortem, perché Bernini lo realizzò negli anni ’50 del Seicento, come ha dimostrato Andrea Bacchi, esperto di scultura barocca e curatore della mostra Bernini alla Galleria Borghese nel 2017.
In una lettera datata 11 novembre 1655, il cardinale Antonio Barberini scriveva all’artista: “la prego (…) di farmi fondere l’altra testa della Serenissima Memoria di Urbano”.
Successivamente, in una lettera del marzo 1656, lo stesso cardinale, insistendo per la realizzazione del busto, scriveva:
“Intendo ancora che la si accinga per il secondo getto della testa della santa memoria di Papa Urbano”.
L’altra testa era proprio il ritratto di Urbano VIII passato poi ai Corsini, mentre la prima era il busto attualmente esposto nel Louvre: entrambi i busti, evidentemente, sono stati commissionati direttamente dal Cardinale a Gian Lorenzo Bernini.
Il busto dei Corsini, pur menzionato dallo storico Ludwig von Pastor nella sua Storia dei Papi (1928), non ha suscitato per diverso tempo grande attenzione negli studi sul Bernini; per Valentino Martinelli (I ritratti di pontefici di G.L. Bernini, 1956), come pure per Rudolf Wittkower (Gian Lorenzo Bernini: The Sculptor of the Roman Baroque, 1955) si trattava semplicemente di una “replica mediocre” del busto in bronzo del Louvre, che era stato donato dalla famiglia Barberini a Luigi XIV nel 1672 dopo la morte del card. Antonio.
Nel 1681, presso la casa di Bernini erano conservati due busti del Pontefice in terracotta, uno ricordato in forma generica, l’altro così descritto: “un ritratto di Papa Urbano Ottavo fatto di creta cotta con il suo busto, e piede indorato”. A parere di Andrea Bacchi, uno di questi era probabilmente il modello da cui Bernini aveva potuto trarre le versioni in bronzo nel corso degli anni: un esempio del rinnovamento della formula ritrattistica che Bernini aveva elaborato negli anni Trenta del Seicento, in maniera specifica per Urbano VIII.
Il busto appartenente al principe Corsini e il busto in marmo quasi coevo delle Gallerie Nazionali presentano elementi iconografici simili, come la parte con la mantellina (mozzetta) decorata dalla stola, mentre ci sono significative differenze nel trattamento delle superfici e del panneggio.
Nell’opera prestata si nota una particolare attenzione alla rifinitura. Pur non essendo un bronzista, Bernini seguì il lavoro dall’inizio alla fine. L’aspetto cromatico è fondamentale, come nel rapporto tra la basetta dorata e il resto in bronzo. Una cosa sofisticata, citata in tutti gli inventari, è l’ape barberiniana in bronzo.
Certamente è un’opera che mostra la qualità di Bernini anche come bronzista, ed è concettualmente straordinaria perché questa volta è il bronzo che imita la terracotta, e non il contrario.
La presentazione di questo busto di Urbano VIII è l’occasione per il lancio della nuova web-app Sala Sacchi, realizzata da Nitida Immagine s.r.l., che permette ai visitatori di esplorare la volta affrescata con l’Allegoria della Divina Sapienza. Allo stesso tempo si è deciso di aprire ai visitatori l’adiacente Cappella di Pietro da Cortona, la cui visita prima si limitava a un semplice affaccio dalla sala.
Affrescata tra il 1631-32 da Pietro da Cortona, assistito da Giovan Francesco Romanelli e Pietro Paolo Baldini, la cappella rappresenta il punto d’arrivo di un percorso simbolico che riprende, in chiave cristologica, i temi della volta della sala e in particolare il propizio parallelo tra l’unione coniugale dei committenti Taddeo Barberini e Anna Colonna con quella della Sacra Famiglia.
Nica FIORI 9 Ottobre 2022
Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane, 13 Roma
Orari: fino al 28 ottobre 2022, dal martedì alla domenica ore 10-18; dal 29 ottobre 2022 dal martedì alla domenica ore 10-19. L’ultimo ingresso è un’ora prima della chiusura
Biglietto integrato Barberini Corsini: intero € 12, ridotto € 2