di Marco FIORAMANTI
Roma, teatro Arcobaleno
IL CASO SOCRATE.. DELL’AMORE, DELL’ANIMA E …ALTRE QUISQUILIE
Tragedia in un atto scritta e diretta da Francesco Polizzi e Benedetta Nicoletti
con Francesco Polizzi, Andrea Lami, Giulia Sanna, Giuseppe Coppola
Musiche: Francesco Accascina
Scene e Costumi: Alessia Di Spena, Alessia Santacroce, Daniele Di Nottia, Matilde Vitolo
fino al 16 febbraio
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LA MACCHINA DEL MONDO DEVE SEMPRE LAVORAR
“Come un orologio che si sia arrestato a una cert’ora, e che si rimetta a segnare il suo tempo, dopo un cosi lungo arresto”.
Luigi Pirandello, Enrico IV
C’è chi crede di essere Enrico IV (quando, caduto da cavallo si trova improvvisamente nei costumi dell’imperatore di Germania) e chi crede di essere Socrate. Come questo vecchio, eccentrico professore di filosofia, paziente nel reparto psichiatrico di un ospedale, che riconosce nei suoi infermieri – Martino e Andrea – Platone e Critone, e in Anna, sua ex allieva che lo accudisce – la sacerdotessa Diotìma di Mantinea. La diagnosi del professore emessa dai medici: disturbo dissociativo, schizofrenia, mitopoiesi compensativa del reale.
Una tragicommedia musicale divertente e didascalica molto ben congegnata che inizia con l’apparizione sul palco di Diogene col lanternino che grida:
“Cerco l’Uomo, ma non uno qualunque, l’uomo giusto, Socrate! Avete visto Socrate?”
Dal retro della sala parte una voce, che capiremo essere quella di Martino/Platone, che apre con una dichiarazione di intenti diretta al pubblico:
Noi a fingere di essere Diogene o Socrate e voi a fingere di crederci. È proprio un gioco da bambini e allora andate a dormire e lasciate i bambini si godano il gioco. E se per caso qualcosa delle manchevolezze dell’autore o delle deficienze di noi guitti dovesse darvi fastidio, potete pensare che è stato tutto un sogno.
Lo spettacolo si articola poi in un continuo passaggio e alterazione temporale tra il V secolo avanti Cristo e l’attuale, con una serie di dialoghi in un altalenare di battute e giochi di parole intrecciate in una trama che è quella seria della giustizia, della verità e dell’obbedienza alle leggi.
Il pubblico fino alla fine non capirà quanto il protagonista sia davvero pazzo, nel credersi il “Maestro”, o si diverta a condurre – pirandellianamente – il gioco dialogando con Diotìma la veggente, figura sapienziale che disquisisce sul concetto dell’Eros, con Aristofane sul mito dell’androgino.
Infine la favola della rana e dello scorpione di Esopo si inserisce perfettamente nel gioco di ruolo dei personaggi (sia storici che contemporanei) sulla Natura dell’essere umano, costretto a seguire il suo ‘daimon’. Bravi tutti gli attori. Ottime le musiche, ben calibrate sui tempi comici (marcette) e tragici (pianoforte e corni). Applausi meritati. Divertente la gag /ritornello post-spettacolo, a sorpresa, del Salutame a’ Socrate.
Marco FIORAMANTI Roma 16 Febbraio 2025