di Nica FIORI
Il promontorio del Circeo, dove gli antichi pensavano risiedesse la mitica maga Circe, continua a stupirci perché un suo sito preistorico, già molto famoso a partire dalla sua scoperta avvenuta nel 1939, ha spalancato una finestra su un passato remotissimo.
Parliamo della Grotta Guattari a San Felice Circeo (LT), i cui nuovi eccezionali ritrovamenti sono di enorme importanza scientifica per lo studio dell’uomo di Neanderthal. In attesa di poter accogliere sul posto i visitatori, a partire dal primo weekend di luglio, è stata organizzata il 10 giugno 2021 una presentazione in diretta streaming nella sede della Stampa Estera a Roma, nel corso della quale è stato anche proiettato un filmato inedito sui dettagli dei lavori effettuati all’interno dell’antro dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina, diretta da Paola Refice.
Un convegno che si è tenuto due anni fa, per ricordare gli 80 anni della scoperta della Grotta Guattari, ha stimolato gli archeologi della Soprintendenza a compiere ulteriori scavi e indagini per studiare il contesto, coadiuvati dall’Università di Tor Vergata, ed è proprio da queste ricerche sistematiche, fatte con metodologie diverse rispetto al passato, che sono emersi significativi reperti fossili attribuibili a ben 9 individui di uomo di Neanderthal. Di questi, 8 sono databili tra i 50mila e i 68mila anni fa e uno tra i 100mila e i 90mila anni fa. Aggiungendo a essi i ritrovamenti del 1939, il numero complessivo di individui umani sale a 11. Sono inoltre stati rinvenuti reperti ossei di iene, di elefante, di rinoceronte, di orso delle caverne e dell’uro, il grande bovino estinto.
La Grotta Guattari si conferma così come uno dei luoghi più significativi al mondo per la storia dei Neanderthaliani, vissuti nel Paleolitico medio, tanto che il Comune di San Felice Circeo sta già pensando alla realizzazione di un Centro Studi sull’Uomo di Neanderthal e ha predisposto insieme alla Soprintendenza il nuovo percorso per le visite guidate (con prenotazione obbligatoria), che utilizzerà la realtà virtuale.
La peculiarità di questa grotta è quella di poter far compiere ai visitatori un vero e proprio viaggio nel tempo, per via delle sue condizioni sostanzialmente immutate rispetto a 60mila anni fa, quando una frana l’ha obliterata, bloccandone l’accesso. La sua scoperta avvenne in maniera del tutto casuale, durante i lavori di risistemazione dell’hotel Guattari, da cui prende il nome. Si intuì subito di avere a che fare con uno dei più significativi rinvenimenti archeologici del secolo scorso.
La straordinarietà non consisteva solo nella grotta in quanto tale, una vasta cavità che si estende per 15 x 12 metri, ma in ciò che vi era all’interno: un paleosuolo con ossa di animali in superficie che documentavano la ricca fauna dell’epoca, ora in buona parte scomparsa in Italia, e due mandibole e un cranio umano in buono stato di conservazione, sia pure con una lacuna nell’area occipitale, il cosiddetto “Uomo del Circeo”. Un reperto eccezionale (attualmente nel Museo Nazionale Preistorico Etnografico Pigorini, a Roma), che si è conservato perché, non essendo mai finito sotto terra, non è stato oggetto di schiacciamenti e decomposizioni.
I primi scavi furono fatti dallo studioso di paleontologia Alberto Carlo Blanc, chiamato dal proprietario del terreno Alessandro Guattari. Da allora la grotta e l’Uomo del Circeo sono rimasti a lungo al centro del dibattito scientifico per l’ottimo stato di conservazione del cranio umano rinvenuto e per la particolarità della sua posizione al centro di un circolo di pietre. Si ipotizzò che la collocazione non fosse casuale, ma dovuta a una cerimonia di cerebrofagia rituale, anche per le caratteristiche del cranio. Questa è la descrizione fatta all’epoca dall’antropologo Sergio Sergi:
“Alla base una larga perdita dell’occipitale determina un’apertura trapezoidale che sembra creata artificialmente al momento della morte per estrarne il cervello. La forma e l’estensione della frattura sono molto simili a quelle che si riscontrano in crani melanesiani che si conservano nell’Istituto di Antropologia e nei quali fu compiuto l’allargamento con lo stesso scopo”.
In seguito altri studiosi, basandosi su analisi archeologiche e tafonomiche (che si occupano dello studio della formazione dei fossili), sostennero che i danni sulla parte inferiore del cranio fossero dovuti all’azione di iene.
Anche gli altri crani venuti alla luce negli ultimi scavi, però, presentano un’analoga apertura del foro occipitale, che sembra seriale, e non dovuta casualmente all’azione delle iene. Le iene potrebbero essere intervenute in un secondo tempo, dopo l’azione umana, continuando a rodere l’osso.
Certo la Grotta Guattari era un rifugio di iene, mentre i Neanderthaliani non l’avrebbero mai presa in considerazione come dimora, perché troppo buia e umida, e frequentavano, invece, l’esterno. Gli uomini ritrovati nell’antro erano, quindi, delle prede, trascinate all’interno per essere divorate con tutta calma, proprio come le altre prede animali. Tutto l’insieme permette di studiare dal punto di vista antropologico, come mai prima d’ora, l’uomo di Neanderthal. Un uomo che ha “colonizzato” l’Europa, visto che era presente in Germania (è dalla valle tedesca del Neander che prende il nome), nella penisola Iberica, in Inghilterra, in Francia e in altri Paesi, e che si è spinto in Asia, divenendo per decine di millenni il “padrone assoluto dell’Eurasia”.
C’è un grande fermento d’interesse su di lui, tanto che “l’idea del Neanderthal in questo momento si sta costruendo a livello internazionale”, ha dichiarato la Soprintendente Paola Refice, che auspica una rete di comunicazioni con gli altri paesi europei. È stato anche ipotizzato che potesse avere caratteristiche genetiche tali da renderlo immune a certi virus, condizione che gli avrebbe consentito, insieme ad altre caratteristiche culturali, una maggiore sopravvivenza nel tempo rispetto agli “ominidi” che lo avevano preceduto. Ma, poiché tutto è relativo, le ultime scoperte ci fanno capire che l’Homo Neanderthalensis può essere visto anche come preda e non solo come un dominatore. La Refice ha aggiunto:
“il Neanderthal a noi non è arrivato, ma non si è neanche estinto: è diventato altro; è diventato interfecondo, ha creato con la sua operazione culturale una serie di connessioni da cui deriviamo noi”.
Mauro Rubini, direttore del Servizio di Antropologia della stessa Soprintendenza, ha spiegato che i crani del Circeo sono fondamentali per capire che l’uomo di Neanderthal era abbastanza vicino a noi nella modernità dei tratti, diversi da quelli arcaici dell’uomo di Saccopastore, con una encefalizzazione che gli consentiva di associare a una parola un’immagine visiva. Questi uomini erano cacciatori e raccoglitori, profondi conoscitori del territorio e abili sfruttatori delle risorse, pertanto integravano la loro dieta con prodotti vegetariani, con una complessità di ragionamento legato alla sopravvivenza.
Gli scavi recenti, illustrati da Francesco di Mario, funzionario archeologo della Soprintendenza, hanno interessato il cosiddetto “antro del laghetto”, una porzione della grotta dove nel secolo scorso non avevano scavato per la presenza di un bacino d’acqua. Nel periodo estivo, approfittando del ritiro delle acque, si è proceduto allo scavo fino ad arrivare a un piano di calpestio ricoperto di ossa, spesso 60-70 cm, che ha restituito i primi reperti umani tra cui una mandibola e un femore: quest’ultimo di eccezionale interesse perché mostra chiare tracce di masticazione da parte delle iene.
Sono stati trovati complessivamente circa 25 resti umani e un cranio femminile importantissimo, in corso di studio, come sono in corso di studio i resti di animali. In un secondo momento si è proseguito con la pulizia dei vecchi scavi fatti da Blanc e con gli scavi all’esterno. L’uomo di Neanderthal stazionava all’esterno della grotta, che doveva avere una parte aggettante poi crollata, e si nutriva degli animali cacciati, dopo averli cotti. Sono stati rinvenuti strumenti litici, che dovevano servire per raschiare la pelle degli animali e per tagliare le carni e le ossa, dalle quali veniva estratto il midollo. Sempre all’esterno è stato rinvenuto il frammento di un piede di Neanderthaliano in un livello databile a 125.000 – 100.000 anni fa, di datazione più antica rispetto ai rinvenimenti nella grotta, dove il “livello di iena” risalirebbe a 63.500 anni fa. Le indagini in corso permetteranno prossimamente di essere più precisi sulle datazioni.
Il paletnologo Mario Federico Rolfo, professore dell’Università di Tor Vergata, ha dichiarato da parte sua:
“Al di là dell’eccezionalità dei reperti umani rinvenuti dentro e fuori, la grotta Guattari è una banca dati di inestimabile valore, perché abbiamo 60mila anni di storia. … Attraverso gli studi dei pollini, delle faune, micromorfologici e geologici potremo ricostruire l’ambiente, il clima e la morfologia del territorio”.
Un anno e mezzo di lavoro ha permesso, in effetti, di scoprire uno scrigno naturalistico davvero unico, che ora viene lanciato a livello mondiale e che vedrà prossimamente il Circeo grande protagonista del turismo internazionale.
Nica FIORI Roma 13 giugno 2021
*Le immagini inserite nell’articolo sono state fornite da Micromegas, realizzatore del video sulla Grotta Guattari e organizzatore della presentazione.
Chi è interessato, può trovare l’intera presentazione sulla pagina facebook della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina http://www.facebook.com/sabap.lazio
Per la prenotazione delle visite, scrivere a sabap-lazio.comunicazione@beniculturali.it