Il complesso del Mausoleo di Cecilia Metella e del Palazzo Caetani nel Parco archeologico dell’Appia Antica

di Nica FIORI

V’è una severa torre di tempi passati, salda come una fortezza, con la sua difesa di pietra, di quelle che trattengono e frustrano la forza di un esercito, anche se rimangono soltanto con metà dei loro bastioni, e coperta con edera bimillenaria … Quale tesoro giace nel suo grembo, così rinchiuso, così nascosto? La tomba di una donna”.
Mausoleo di Cecilia Metella

Così lord George Byron nel IV canto del Pellegrinaggio del giovane Harold (pubblicato tra il 1812 e il 1818) ricorda la tomba di Cecilia Metella, una massiccia costruzione cilindrica che si impone alla vista dei passanti nell’antica via Appia. Monumento simbolo di quella che era la regina viarum, innumerevoli volte è stata meta di pellegrinaggi artistici e letterari e riprodotta in stampe, disegni e dipinti.

Wilhelm Waiblinger (1804-1830), un poeta tedesco morto giovanissimo a Roma di tubercolosi e sepolto nel Cimitero acattolico, le ha dedicato un’ode, in cui sembra quasi colloquiare con essa, definendola “Cara torre della solitudine, salda antichissima immagine di Roma, sospiro di Byron”. Del resto a Roma i monumenti funerari, da quelli più semplici in forma di stele ai più complessi mausolei, sembrano ribadire il desiderio di superare la morte attraverso un continuo dialogo con i vivi. Non è un caso che i sepolcri fossero collocati sui bordi delle vie e non nelle zone più raccolte dell’interno: il desiderio di esporli allo sguardo è evidente e le epigrafi apposte all’esterno glorificano le imprese e il nome del defunto.

In questo caso una grande iscrizione marmorea, Caeciliae Q. Cretici f(iliae) Metellae Crassi (uxori), ci dice che abbiamo a che fare con un personaggio di alto rango, la figlia di Quinto Cecilio Metello Cretico che aveva sposato un Crasso, da identificare con il figlio del celebre e ricchissimo triumviro Marco Licinio Crasso, se non addirittura con lui stesso. Cecilia apparteneva a una famiglia romana così illustre che i membri più oscuri si erano limitati a essere dei consoli, ma, nonostante questo, rimane una donna misteriosa, che non viene ricordata dagli storici dell’epoca, oscurata com’è dalla fama del padre.

Mausoleo di Cecilia Metella, part.

Il suo mausoleo, al contrario, è forse il monumento più celebre dell’Appia. Si presenta come un poderoso corpo cilindrico (del diametro di 100 piedi romani, corrispondenti a circa 29,5 m), costruito con scaglie di selce e rivestito di travertino, che sovrasta una base quadrangolare in calcestruzzo. Tutt’intorno alla parte superiore del cilindro corre un bellissimo fregio in marmo pentelico, ornato con la tipica decorazione augustea dei bucrani (teste di bue), dai quali pendono ghirlande di fiori e frutti.

Una decorazione marmorea con bucranio

Proprio per la presenza di questo motivo ornamentale nel Medioevo il luogo veniva chiamato “Capo di Bove” e, per riflesso, a una torre che sorge a circa un chilometro e mezzo di distanza, era stata attribuita la denominazione di “Zampa di Bove”.

Sopra l’iscrizione dedicatoria è ancora visibile un avanzo di rilievo nel quale può riconoscersi un motivo celebrativo caratteristico dell’arte romana: la Vittoria che scrive i fasti su uno scudo. Si tratta presumibilmente di un riferimento alle vittorie del padre di lei Metello, che aveva conquistato nel 67 a.C. l’isola di Creta.

L’epoca di costruzione del sepolcro (30-20 a.C.) va posta sullo scorcio del I secolo a.C., che vide il passaggio dalla Repubblica al principato di Augusto.

Fu proprio il primo imperatore a scegliere per la sua sepoltura uno schema analogo, l’Augusteo a Campo Marzio, imitato da tanti personaggi prestigiosi. Ricordiamo a Roma il mausoleo di Lucilio Peto sulla Salaria, quasi all’angolo con via Po, quello dei Plauzii al Ponte Lucano sulla Tiburtina, quello di Messalino Cotta al VI miglio dell’Appia (Casal Rotondo), e a Gaeta quello di Munazio Planco, uno dei meglio conservati di quell’epoca.

Disegno ricostruttivo della tomba con copertura conica

Probabilmente il tetto del monumento doveva essere di forma conica, visto che un documento dell’XI secolo lo definiva peczutum (aguzzo). Forse il cono era costituito da un tumulo di terra ricoperto di vegetazione.

La tomba di Cecilia Metella si mantenne fortunosamente quasi intatta durante il Medioevo, perché utilizzata come fortezza già a partire dall’XI secolo.

Palazzo Caetani, interno

 

All’inizio del Trecento divenne il mastio di un complesso sistema di fortificazioni, quando papa Bonifacio VIII la diede in possesso al nipote Francesco Caetani per controllare i movimenti dei rivali Colonna lungo le vie Appia e Latina; non meno importante e lucrosa era l’utilizzazione come posto di riscossione dei pedaggi da parte di chi percorreva la via. I resti della fortezza, ampliata definitivamente dai Savelli (e passata poi ai Colonna e agli Orsini), sono ben visibili insieme a quelli dell’antico palazzo baronale.

Castello Caetani, interno

Dell’edificio originale, organizzato su tre livelli, rimangono le mura perimetrali, sormontate da merli bipartiti a coda di rondine, le bifore del primo piano (in gran parte restaurate all’inizio del ‘900), mentre non rimangono le coperture, i pavimenti e gli elementi decorativi. Nelle murature, un tempo intonacate, si leggono i fori per le travi che sostenevano i solai e le impronte del tetto.

Faceva parte del castello anche la chiesa gotica di San Nicola (consacrata nel 1303), sul lato opposto della via.

Chiesa di San Nicola
Chiesa di San Nicola, interno

Attualmente scoperchiata, è a navata unica absidata e conserva un piccolo campanile a vela sulla facciata. Una serie di monofore ad arco acuto si aprono sui fianchi, disegnate da una cornice marmorea bianca a profilo trilobo. All’esterno otto contrafforti si alternano alle finestre.

Il materiale impiegato in tutte queste aggiunte medievali è il peperino di Albano, il cui colore scuro contrasta nettamente con il travertino del sepolcro di Cecilia Metella.

Ricostruzione di una tomba sull’esterno del palazzo Caetani

Vicino al portone d’ingresso del castello (tuttora chiamato Castrum Caetani), addossati alle mura, vi sono frammenti architettonici e iscrizioni che provengono da tombe vicine. Anche all’interno era stata fatta una sistemazione analoga, nel corso dei lavori di restauro di Luigi Canina prima e di Antonio Muñoz poi, che voleva richiamare lo stile dei cortili dei palazzi patrizi, nei quali venivano armonicamente murati rilievi ed epigrafi per evidenziare la ricchezza della collezione antiquaria. L’ultima sistemazione ha trasformato le sale del palazzo (a cielo aperto) in un museo di concezione più moderna, i cui manufatti raccontano le consuetudini funerarie romane. I romani della Repubblica e dell’Impero potevano scegliere se essere cremati o inumati, anche se ci sono stati periodi storici in cui l’utilizzo di un rito è prevalso sull’altro.

Una sala del palazzo Caetani,
Statua di donna panneggiata

Sono esposti sarcofagi, urne cinerarie, cippi che segnalavano una sepoltura sotterranea ed elementi ornamentali che abbellivano le facciate e le celle degli edifici sepolcrali.

Statua di togato

                                           Le statue a figura intera dei defunti (uomini togati e una donna panneggiata) sono tutte provenienti da monumenti che si affacciavano sulla strada: dovevano preservare la memoria dei defunti, ma la violenza della natura e delle azioni umane le hanno ampiamente danneggiate. Nel primo ambiente visitabile, corrispondente al cortile del castello, una vetrina racchiude alcuni elementi scultorei di grande fascino, tra cui due rilievi con maschere della tragedia del II secolo d.C.

Corridoio di accesso alla cella funeraria
Cella funeraria di Cecilia Metella

Dal cortile si accede attraverso un lungo corridoio sulla sinistra all’interno della tomba, costituita da una camera sepolcrale cilindrica, che si restringe a cono verso l’alto. Lo spazio è ricoperto da una cortina muraria di mattoni, in origine coperta da intonaco o stucco. Nella cella era probabilmente conservata l’urna con le ceneri di Cecilia, visto che all’epoca della sua morte era in uso soprattutto il rito dell’incinerazione. Nella densa penombra di questo ambiente manca purtroppo ogni riferimento a colei che, da morta, salutava i viandanti dal suo fiero e candido mausoleo.

Mausoleo di Cecilia Metella e Palazzo Caetani

Il complesso comprendente il Mausoleo di Cecilia Metella e il Palazzo Caetani, al III miglio della via Appia Antica, rientra nel Parco archeologico dell’Appia ed è aperto attualmente, dopo la chiusura legata al covid 19, dal giovedì alla domenica (ore 9-19), con ingresso gratuito fino al 13 settembre.

Nica FIORI Roma 6 settembre 2020