di Claudio LISTANTI
Lo scorso 1° agosto è terminato il 46mo Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano che anche per questa edizione ha ottenuto un notevole, e meritato, successo di pubblico. Negli ultimi cinque giorni di programmazione che, come di consueto rappresentano il ‘serrate finale’ che ha come punto d’arrivo il Concerto di Chiusura in Piazza Grande, quest’anno ha visto impegnato il nuovo direttore musicale Antonio Greco.
Per quanto riguarda questo scorcio di festival vogliamo riferire delle due serate alle quali abbiamo partecipato, molto apprezzabili per il loro contenuto e per il pregio delle relative esecuzioni. Si tratta del Concerto Sinfonico del 30 luglio del direttore Markus Stenz e dell’opera Else di Federico Gardella presentata il 31 luglio in prima esecuzione assoluta.
Il nome del direttore tedesco Markus Stenz è molto importante per Montepulciano in quanto ha lasciato un vivissimo ricordo per la sua direzione artistica della manifestazione nel periodo compreso tra il 1986 e il 1995. A questa esperienza ha aggiunto anche prestigiosi incarichi di livello internazionale, non solo in Europa come direttore principale della London Sinfonietta e direttore ospite principale della Hallé Orchestra di Manchester ma anche nel resto del mondo presso istituzioni come la Melbourne Symphony Orchestra dove è stato direttore artistico e direttore principale e della Seoul Philharmonic Orchestra dove è stato direttore ospite.
La presenza di Markus Stenz ha dato al concerto del 30 luglio ha dato a Montepulciano un sapore del tutto particolare, un evento che ha richiamato in Piazza Grande un foltissimo pubblico per ascoltare l’interessante programma che comprendeva la musica del balletto Jeu de cartes di Igor Stravinskij, la Brahms Fantasie di Detlev Glanert e la Sinfonia n. 1 in do minore per orchestra, op. 68 di Johannes Brahms.
Il programma ascoltato può essere considerato diviso in due sezioni ideali. La prima omaggio ad una delle musiche per balletto più celebri di Stravinskij, Jeu de cartes, scritto nel 1937, deliziosa pagina musicale adiacente al periodo cosiddetto ‘neoclassico’ del musicista russo che rappresenta in maniera del tutto raffinata una partita a carte che si svolge in tre mani, dove ogni carta corrisponde un danzatore e con i ruoli femminili e maschili contrastanti tra loro. Molte sono le reminiscenze da opere di altri autori, come citazioni del valzer viennese o dei galop per banda per giungere ad autori famosi come Rossini e Johann Strauss.
La seconda sezione dedicata al compositore contemporaneo Detlev Glanert, altro personaggio importante per il Cantiere per la sua entusiasmante direzione artistica di qualche anno fa, e la sua ‘attrazione’ particolare verso la poetica musicale di Brahms con il quale vuole stabilire una particolare collegamento basato su una ‘trasfigurazione’ della poetica musicale brahmsiana. Un ‘progetto’ con il quale, qui a Montepulciano, il pubblico è già entrato in contatto lo scorso anno con Idyllium per orchestra con il quale Glanert ripercorreva le sensazioni derivate dall’ascolto della Seconda Sinfonia di Brahms, dimostrando di essere in sintonia con il compositore di Amburgo non solo per la comune città natale ma anche per una certa affinità con i contenuti musicali ed espressivi seppur filtrati dalla sua ‘sintetica’ scrittura musicale contemporanea che rende Glanert uno di compositori di oggi più interessanti.
Per il concerto di oggi è stata proposta la Brahms Fantasie dal significativo sottotitolo di Eliografia per orchestra, un brano che prende a modello quel particolare procedimento fotografico utilizzato nell’800 per riprodurre immagini pittoriche. Glanert ne ha ricavato una composizione dall’incedere ‘tagliente’, che rievoca alcune sonorità della Prima Sinfonia brahmsiana conservandone alcune ‘atmosfere’ soprattutto del primo e del quarto movimento. Per rendere più individuabili queste relazioni è stato scelto, questa volta, di accoppiare a questo pezzo contemporaneo l’opera musicale che ha offerto l’ispirazione di Glanert, la Sinfonia n. 1 in do minore per orchestra, op. 68 di Brahms.
Markus Stenz è stato interprete ideale di questo concerto che ha diretto l’intero programma in maniera del tutto convincente. Se per Jeu de cartes possiamo dire che la sua evidente cura nel realizzare l’eleganza della ‘filigranata’ partitura purtroppo non ha avuto l’effetto desiderato a causa dell’ubicazione nei cospicui spazi all’aperto di Piazza Grande, che non favoriscono l’ascolto di un capolavoro come questo, negli altri due brani, di Glanert e Brahms, la situazione si è letteralmente capovolta con Stenz che ha dimostrato di avere le opere dei due musicisti nelle sue ‘corde emotive’ offrendo una esecuzione veramente trascinante che ha esaltato non solo le sonorità contemporanee della ‘Fantasia’ di Glanert ma anche la cantabilità, i ritmi, i colori e la bellezza strumentale della Prima brahmsiana. La qualità dell’esecuzione è stata anche favorita dalla prestazione dell’Orchestra Regionale della Toscana che ci è apparsa in evidente simbiosi con Stenz e con la sua impostazione interpretativa.
Il foltissimo pubblico intervenuto al concerto, seppur nel rispetto delle disposizioni anti-covid, ha decretato, applaudendo a lungo e sonoramente, un caloroso e vistoso successo per tutti gli interpreti e per Detlev Glanert.
Con la 46ma Edizione del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano è tornata anche l’opera lirica e, finalmente, al chiuso, nella splendida cornice del Teatro Poliziano con Else, opera che il Cantiere ha appositamente commissionata al compositore Federico Gardella e alla drammaturga Cecilia Ligorio.
Gli autori hanno preso ispirazione da una novella di Arthur Schnitzler, “La signorina Else” nella quale lo scrittore e drammaturgo tratta di un tema sempre molto attuale, quello della violenza sulle donne perpetrata con molteplici sfumature giungendo fino al loro sfruttamento. Una storia, quella narrata da Schnitzler, che si ripete purtroppo nella vita quotidiana di tutti i giorni e per conoscerla basta scorrere le pagine di un qualsiasi quotidiano.
La trama dell’opera, che segue nell’essenziale la novella originale, è molto esplicativa nei suoi contenuti. La protagonista è Else, una giovane viennese, solitaria in vacanza in una zona alpina dove si verifica quel fenomeno chiamato Alpenglühen (montagne che all’alba e al tramonto assumono il colore rossastro). In un momento del giorno nel quale le cime delle montagne diventano rosse riceve una lettera che contiene la drammatica notizia che il padre, giocatore d’azzardo, ha peso tutto al gioco facendo precipitare la famiglia nella miseria. A questo punto si materializza la madre di Else che la implora di rivolgersi a Dorsday, ricco ospite dell’albergo per chiedere un aiuto finanziario ‘ad ogni costo’; le viene concesso ma il costo è quello di spogliarsi nuda per godere della bellezza del suo corpo.
Else precipita nello sconforto e man mano entra nell’idea che il suicidio è l’unica via d’uscita dalla incresciosa situazione. Sarà il Veronal, farmaco da lei prediletto per l’azione ipnotica ma che assumerà in una dose massiccia che l’accompagnerà alla morte.
Il libretto approntato da Cecilia Ligorio segue la medesima tecnica narrativa dell’originale, quella del monologo interiore, con un ritmo veramente stringato e avvincente, un’asciuttezza del tutto idonea a rappresentare questo dramma. Inoltre sono stati creati tre personaggi, chiamati Voce 1, Voce 2 e Voce 3 con il compito di evidenziare con forza l’interiorità di Else facendone comprendere tutto il suo percorso psicologico che la guida alla fine.
La partitura approntata da Federico Gardella si è rivelata del tutto funzionale a questa visione di base collocando il lavoro nell’ambito della cosiddetta ‘Opera da Camera’. Otto sono gli strumenti utilizzati, una piccola formazione suddivisa in due blocchi, archi (violino, viola e violoncello) e fiati (flauto e clarinetto più una fisarmonica), con una serie di percussioni e il pianoforte utilizzati come collante. All’ascolto si potevano scorgere delle sembianze espressionistiche, soprattutto nell’utilizzo combinato di fiati e percussioni, che ricordano il contorno musicale e culturale di quel 1924 nel quale fu scritta “La signorina Else” ma con un incedere avvincente che ben si fondeva con la felice scelta di proporre una linea vocale del tutto scevra da quell’insistere sui registri acuti e sovracuti che caratterizzano frequentemente le composizioni contemporanee con il risultato di rendere incomprensibile quanto accade sulla scena. In Else, invece, Gardella ha dato spazio ad incisi melodici utilizzando spesso il parlato abbinato ad un espressivo recitativo accompagnato che con le evoluzioni della linea melodica rendevano le vicissitudini del personaggio principale particolarmente intelligibili.
Lo spettacolo, nell’insieme, è risultato coerente alle premesse poco prima individuate. A partire dalla realizzazione scenica basata sulle scene e costumi di Domenico Franchi, alle luci di Fabiola Tacchi e Federico Pallotta coordinati da Francesca Cecarini per il disegno luci, tutti elementi che sono stati ben saldati dalla regia di Cecilia Ligorio, che essendo anche la librettista ha saputo offrirci uno spettacolo del tutto omogeneo nell’insieme seppur basato su una ‘semplicità’ risultata indubbiamente pregevole.
Per quanto riguarda la parte musicale Tito Ceccherini ha dimostrato di essere buon specialista di musica contemporanea, anche perché coadiuvato dell’Ensemble Risognanze, formato da validi musicisti come Manuel Zurria flauto, Marco Sorge clarinetto, Alfonso Alberti pianoforte, Francesco Gesualdi fisarmonica, Sebastiano Menardi violino, Marco Massera viola, Marco Radaelli violoncello e Elio Marchesini percussioni.
Una esecuzione impreziosita anche da una eccellente compagnia di canto nella quale svettava l’interpretazione del soprano Maria Flora Caminada una Else a tutto tondo a sua agio con la parte vocale a lei dedicata alla quale ha saputo dare la giusta dimensione e la giusta espressività per una prova completata da una recitazione molto ben curata e attenta ai contenuti della storia narrata. Assieme a lei un’altra specialista del contemporaneo, il mezzosoprano Alda Caiello alla quale sono stati riservati tre ruoli, quello della madre di Else, di Cissy Mohr e la Voce 1 tutti ben recitati e cantati. Poi le parti maschili, il tenore Leonardo Cortellazzi Cugino Paul e Voce 2 assieme al basso Michele Giaquinto convincente Dorsday e Voce 3.
Un folto pubblico ha affollato il Teatro Poliziano (ci riferiamo alla replica del giorno 1 agosto) applaudendo a lungo tutti gli interpreti a totale gradimento di questa nuova opera che, ricordiamo, è stata coprodotta con la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e in collaborazione con Accademia delle Belle Arti di Macerata, salutando tutti i partecipanti alla recita con lunghissimi e convinti applausi.
Siamo giunti al termine di questo 46mo Cantiere Internazionale d’Arta di Montepulciano che quest’anno presentava le direzioni artistica e musicale completamente rinnovate. Sulla carta erano due incognite di peso, visti i successi e la lunga tradizione del Cantiere, ma dopo aver assistito a sei manifestazioni possiamo senza dubbio sostenere che Mauro Montalbetti e Antonio Greco hanno superato la prova facendoci restare con la certezza che le prossime edizioni del Cantiere saranno senz’altro valide e nel solco della tradizione.
Vogliamo però concludere ricordando Angelo Sanchini scomparso recentemente, una di quelle figure ‘invisibili’ ma fondamentali per la realizzazione del Cantiere, un ‘macchinista’ che da molti anni era impegnato attivamente per la realizzazione degli spettacoli, persona che ricordiamo con affetto vista la nostra conoscenza personale. Il Cantiere, molto opportunamente, ha intitolato al suo ricordo la Sala Mensa, che è l’elemento centrale voluto dal fondatore Henze, punto di incontro tra tutti i partecipanti al festival nei due periodi di pausa giornalieri per consolidare idee e esperienze di lavoro.
Claudio LISTANTI Roma 8 agosto 2021