Il culto di Minerva e il mito di Enea nell’antica città latina, al Museo Archeologico “Lavinium”a Pratica di Mare (Pomezia)

di Nica FIORI

La statua è entrata nella mia vita la mattina di un sabato di ottobre 1977, quando ne sono emersi dalla terra i primi frammenti e non ne è più uscita”.

Queste parole, che si riferiscono alla statua di Minerva Tritonia conservata nel Museo Civico Archeologico Lavinium a Pratica di Mare (il borgo sorto sull’acropoli dell’antica città latina, attualmente nel Comune di Pomezia), sono di Maria Fenelli, docente di topografia dell’Italia antica e direttore della missione archeologica Lavinium, e si leggono nella targa che le è stata dedicata nel museo lo scorso 7 aprile, a pochi giorni di distanza dalla sua scomparsa (29 marzo 2022). La studiosa, che ha dato un enorme contributo alla ricerca archeologica nell’area, è stata ricordata in occasione dei festeggiamenti per il 17° anniversario dell’apertura del museo dall’attuale direttrice Federica Colaiacomo, che ha accompagnato i presenti alla scoperta dell’area archeologica e delle meraviglie del museo.

1 Minerva Tritonia, Terracotta policroma V sec. a.C

L’orgoglio e la forza che caratterizzano Minerva acquistano corposità e spessore nella splendida statua di terracotta (V secolo a.C.) rinvenuta dalla Fenelli, probabile simulacro di culto di un santuario a lei dedicato. Alta circa due metri, ha un serpente sul braccio destro e altri serpentelli sullo scudo che poggia sulla testa di Tritone, il cui corpo è per metà umano e per metà a forma di pesce. Dopo averla vista, lo scrittore Valerio Massimo Manfredi ha scritto il suo primo romanzo, “Palladion”, il cui nome rievoca la statua troiana che garantiva l’incolumità della città. Sarebbe stato, in effetti, il trafugamento della statua dell’Atena iliaca (detta Palladio) da parte di Diomede e Ulisse a provocare la fine di Troia e la conseguente fuga di Enea. L’eroe, secondo la leggenda ricordata ed esaltata da Virgilio nell’Eneide, approdò profugo coi suoi Penati sulla costa del Lazio, dove, dopo la vittoria su Turno, sposò Lavinia e fondò in suo onore Lavinium. Secondo un’altra versione del mito, il vero Palladio non sarebbe stato trafugato dagli eroi greci, ma portato in salvo da Enea e conservato in un secondo tempo a Lavinium, oppure a Roma nel Tempio di Vesta.

Sempre riferibile al culto di Minerva è lo scarico di materiale votivo (fine VII-inizi III secolo a.C.) ritrovato nel 1977, costituito da migliaia di frammenti di terracotta. I lavori di restauro hanno permesso la ricomposizione totale o parziale di numerosissime statue di offerenti (alcune a grandezza naturale), la cui pregevole fattura testimonia la presenza di un artigianato artistico di alto livello.

2 Terrecotte votive del Santuario di Minerva

Tra i reperti ricordiamo le “fanciulle di Lavinio” (così le ha denominate la stampa), famose in tutto il mondo, perché, prima della sistemazione del museo, sono state presentate al pubblico più volte e in diverse città, a partire dalla prima importante mostra “Enea nel Lazio, archeologia e mito”, tenutasi nel Palazzo dei Conservatori nel 1981.

3 Offerenti in terracotta

Le figure sono ora esposte nella prima sala, intitolata Tritonia Virgo, dal nome dato alla statua di Minerva posta all’ingresso: sono state realizzate tra il V e il III secolo a.C. e rappresentano fanciulle o anche donne appena sposate (una è raffigurata con una colomba, simbolo di fertilità), ma vi è anche un bambino con una trottola. Tutte queste statue votive erano dedicate a Minerva, per chiedere la sua protezione nei momenti di passaggio dall’età giovanile a quella adulta. Ci colpisce la ricchezza dei dettagli, come per esempio i gioielli, che venivano applicati in un secondo momento, con la tecnica dell’argilla liquida, sulle terrecotte realizzate a stampo e il tutto veniva poi colorato.

4 Piccola statua di Minerva come Palladio

Anche se le figure riproducono con molta veridicità l’abbigliamento e le acconciature, probabilmente non vi era un intento ritrattistico, a meno che l’artigiano non fosse talmente abile da intervenire dopo lo stampo sui volti su precisa richiesta dell’offerente. Isolata in una nicchia, dall’altro lato rispetto agli ex-voto, c’è una piccola statua della dea raffigurata come Palladio, mentre un video, relativo ai “riti di passaggio”, rende le statue parlanti.

La seconda sala, Mundus muliebris, presenta un approfondimento del mondo femminile con l’esposizione di numerose teste, dalle particolari acconciature e gioielli, legati allo status sociale e all’età.

Foto 5, 6, 7, 8

5 Teste dal deposito votivo del Santuario
6 Una testa dal deposito votivo del santuario di Minerva
7 Testa di donna ingioiellata in terracotta

Sono in mostra anche collane, fibulae e bullae, rinvenute nelle tombe di Lavinium. Ricordiamo che la bulla, tipica anche dell’Etruria e della Magna Grecia, era un gioiello femminile che conteneva all’interno un portafortuna e veniva donato dalla mamma a ogni figlio maschio, che lo avrebbe portato fino al compimento del sedicesimo anno. Altre vetrine illustrano la tessitura e i corredi funerari.

8 Teste femminili in terracotta
9 Un corredo funerario ritrovato a Lavinium
10 Modello di nave della tarda età del bronzo

Segue Hic domus Aeneae, un focus dedicato al mitico fondatore della città, che affrontò un lungo viaggio per mare con il padre Anchise e il figlio Iulo, alla ricerca di una nuova terra dove insediarsi. Il primo a identificare il borgo di Pratica con Lavinium è stato nel Cinquecento l’architetto Pirro Ligorio, sostenendo che il suo nome derivasse da Patria, nel senso che si trattava della nuova patria di Enea. Il tema del viaggio, con tutte le sfide che i primi marinai greci hanno dovuto affrontare prima dell’approdo nel Lazio, è descritto da un video e suggerito dalla ricostruzione in piccola scala di una nave della tarda età del bronzo.

Lavinium può fregiarsi della definizione di civitas religiosa (così la definì l’oratore Simmaco nel IV sec.), che dà il titolo alla IV sala, dedicata ai suoi santuari. Tra questi il più importante è da individuarsi nell’area sacra delle Tredici Are (o dei XIII Altari), che si trovava a sud e fuori della città. Sorto intorno alla fine del VI sec. a.C., il santuario è caratterizzato da una fila monumentale di are, erette in diversi tempi (fino al IV sec. a.C.), probabilmente a gruppi di tre o quattro per volta, allineate da nord a sud e rivolte a oriente.

11 Santuario dei Tredici Altari

Nel museo, oltre ad evocare quest’area con immagini e ricostruzioni, sono esposti diversi oggetti legati a riti religiosi lì eseguiti e numerosi ex-voto anatomici.

Importante era anche il santuario dedicato a Sol Indiges, una divinità la cui identificazione non è certa: è suggestiva l’ipotesi che si trattasse proprio di Enea, che aveva un suo culto come fondatore. Un monumento, identificato con l’heroon di Enea descritto da Dionigi di Alicarnasso, sorge vicino all’area sacra delle Tredici Are. Il complesso strutturale dell’heroon era in realtà una tomba a tumulo, forse appartenente a un personaggio importante del VII sec. a.C., che vi fu sepolto con i suoi preziosi oggetti personali. Alla fine del IV sec. a.C. avvenne la sua monumentalizzazione, ormai associata alla figura di Enea, dove si svolgevano rituali religiosi. Al suo interno vi era una cella inaccessibile e chiusa da una falsa porta in tufo a due battenti.

12 Il cosiddetto Heroon di Enea

Nella quinta sala museale, chiamata Eneas Indiges, scopriamo che il tempio di Sol Indiges era posto sulla costa, presso lo scalo portuale della città, dove gli autori antichi collocavano il leggendario sbarco di Enea. In quel luogo sarebbero apparse le due sorgenti che dissetarono i profughi e che si ritenevano legate al Sole. L’area doveva presentarsi come una laguna separata dal mare da dune costiere: lì sfociava l’antico fiume Numicus, presso le cui sponde sarebbe morto Enea molti anni dopo. Lo stesso fiume viene anche messo in relazione con la leggenda romana di Anna Perenna. Anna sarebbe stata la sorella di Didone, che, profuga e raminga dopo il suicidio di Didone, approdò un giorno sul lido italico e venne accolta da Enea nel suo palazzo. Ma la moglie Lavinia era insofferente verso la donna cartaginese che con la sua presenza poteva risvegliare troppi ricordi nell’amato sposo. Anna, che a sua volta diffidava di Lavinia, ebbe un sogno premonitore che l’avvertiva di una trama ai suoi danni. E fu così che in piena notte scappò. Nella sua folle corsa incontrò Numicus, dio del fiume omonimo, che la invitò nel suo letto, offrendole eterna pace. Anna si gettò nel fiume e diventò ninfa perenne.

Da quando, nel 1958, sono iniziati gli scavi che hanno messo in luce i suoi monumenti, Lavinium vanta una continuità di ricerca archeologica ininterrotta, condotta dall’Università di Roma La Sapienza, che ha pure realizzato una cartografia archeologica analitica. La rilevanza delle scoperte archeologiche che si sono susseguite nel tempo ha conferito notorietà internazionale a questo sito.

Pensiamo soprattutto al ritrovamento dell’impressionante santuario delle Tredici Are, che poteva essere, secondo un’ipotesi, il santuario della lega Latina, i cui altari di tufo, eretti in più momenti tra il VI e il III secolo a.C., potevano essere rappresentativi delle città che entravano a far parte della lega. Quindi il santuario va inteso come un luogo che identificava culturalmente il popolo dei Latini. Esiste anche un 14° altare, fuori asse rispetto agli altri e ancora poco indagato, al quale verrà dedicato un convegno di approfondimento nel prossimo maggio.

13 Santuario dei Tredici Altari, una delle are

All’interesse storico del sito e alla bellezza dei reperti ritrovati va aggiunto che un’ampia zona verde si è mantenuta fortunosamente intatta, così come il bellissimo borgo di Pratica, cristallizzato nel suo aspetto rinascimentale. Ci si augura che quanto prima venga istituito un parco archeologico, ma intanto ci si può immergere nelle emozionanti proposte del museo, che si caratterizza per le suggestive atmosfere ricreate con le moderne tecnologie multimediali. In effetti il percorso espositivo presenta un mix tra un tradizionale allestimento e l’uso dello storytelling che contribuisce al successo della visita.

Nica FIORI   Roma 10 Aprile 2022

Museo Civico Archeologico Lavinium. Via Pratica di Mare, 4. Pomezia (loc. Borgo di Pratica)

Orario: martedì e giovedì ore 9-13 e 15-18; mercoledì e venerdì ore 9-13; sabato, domenica e festivi ore 10-13 e 16-19. Lunedì chiuso. La biglietteria chiude 45 minuti prima dell’orario di chiusura

www.museolavinium.it