di Leonardo ROCCO
Agli occhi dello scrivente non stupisce più di tanto, a differenza di diversi colleghi ed operatori dell’industria dell’arte, il nuovo “decreto cultura”, che non apporta alcun significativo cambiamento e miglioramento al settore.
Purtroppo siamo da sempre un paese che insegue e non che “comanda”. Ce lo insegna la Francia, sebbene colpita da una profonda crisi politica, dal 1° gennaio 2025 ha ridotto al 5,5% l’aliquota sulle transazioni di opere d’arte.
Ebbene in Italia vige il “famoso” 22%, che non ha alcuna intenzione di ridursi (contrariamente a quanto stabilito dalla direttiva dell’Unione Europea 2022/542), ad eccezione della già presente aliquota del 10% per le cessioni effettuate dall’autore o dai suoi eredi e per le importazioni dall’estero (ancora insufficiente).
Non stupisce, è bene ribadire, perché ormai è lapalissiano che a nessun governo, a prescindere dall’ideologia politica, abbia a cuore le sorti dell’industria dell’arte italiana, se non il leitmotiv di tutelare il già enorme patrimonio culturale italiano per mezzo dell’istituto della c.d. notifica (anch’esso meritevole di riforma).
Ed evidentemente non è nei primari pensieri dell’esecutivo occuparsi di tutte le problematiche esistenti, che affliggono l’intero indotto artistico, che oramai è alla deriva, non essendo in alcun modo competitivo sul mercato europeo. Non lo è mai stato, ma qualcuno sperava che questa fosse la volta buona, come avrebbe detto più o meno il compianto Nino Manfredi.
È, pertanto, un’altra occasione sprecata, nonostante tutti gli sforzi profusi dai players dell’arte italiana, specialmente nell’ultimo periodo.
Post scriptum: In Francia sarebbero scesi in piazza a protestare. Noi, compreso il sottoscritto, ci “indigniamo” con penna e calamaio.
Avv. Leonardo ROCCO Roma 16 Febbraio 2025