di Francesco MONTUORI
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M.Martini e F. Montuori
IL GIARDINO ITALIANO
Prima Parte
Nel De re edificatoria scritto da Leon Battista Alberti intorno al 1450, vengono fissate le regole per la costruzione della villa e del giardino. Il giardino è parte architettonica inscindibile dalle ville e dai palazzi; le aiuole dovranno avere precise forme geometriche e insieme ai viali di accesso formeranno stanze, talvolta su piani differenti, terrazze definite da elementi architettonici, muri perimetrali, scale di accesso, balaustre. Le specie vegetali adottate saranno sempreverdi, come bosso, mirto, lecci, cipressi.
Carattere essenziale del giardino italiano sarà il suo rapporto con il paesaggio:
“situare la villa dei signori in un punto della campagna non particolarmente fertile, ma notevole per altri aspetti: avrà cioè tutti i vantaggi e le piacevolezze per quanto riguarda la ventilazione, l’esposizione al sole, il panorama …. sarà bene in vista, godrà della vista della città, di castelli, del mare o di una vasta pianura; o permetterà di volgere lo sguardo alle note cime dei colli e di montagne o su splendidi giardini. Le ville devono essere in “una posizione leggermente rialzata…la strada che conduce al posto dovrebbe elevarsi pian piano con una pendenza minima, sicché i passanti non se ne avvedano, finché non si accorgano di aver trovato una salita per il solo fatto di trovarsi in un luogo sopraelevato che domina le compagne circostanti.”
Il giardino non si chiude limitandosi a boschi e fontane, ma tende a dilatare la sua ampiezza fondendosi con le linee e gli aspetti del paesaggio circostante, cercando un’armonia senza bruschi passaggi.
La villa si evolve verso schemi planimetrici aperti per comprendere il giardino, inteso come rettifica formale di un paesaggio naturale, aperto all’inserimento di costruzioni secondarie, nuovi nuclei architettonici ideati in funzione del giardino stesso: ninfei, porticati, imponenti o semplici fontane; anche la forma dell’acqua partecipa alla forma architettonica. Il giardino è lo spazio dedicato alla vita civile dei proprietari, distinto dalle aree dedicate alla normale coltura agricola. Acquista un carattere architettonico prendendo forma dalla geometrizzazione delle parti e dalla loro distribuzione secondo una logica prospettica.
Nel trattato albertiano il giardino è natura ideale, completamento della “città ideale” geometricamente ordinata; il paesaggio ne fissa la nuova dimensione: villa o palazzo, giardini, paesaggio sono la sequenza progettuale.
Nel Medioevo, al contrario, più ancora che sulla struttura del giardino l’accento cadeva sulla sua delimitazione o “recinto”: l’hortus conclusus, che, nella pittura tardo-medioevale serve da sfondo a rappresentazioni sacre e “cortesi” (fig.1)
Lo spostarsi dell’interesse dal “recinto” alla struttura del giardino corrisponde al dissolversi della concezione feudale; nel Rinascimento diviene centrale la struttura geometrica e prospettica del giardino. Essa coincide nell’innovazione profonda della relazione fra il giardino e la villa o palazzo, e quindi con l’architettura. La prospettiva diventa necessariamente il tramite fra architettura e natura e definisce lo spazio del giardino, ne determina lo sviluppo dimensionale e strutturale.
Bramante e Raffaello saranno i principali interpreti di questo radicale rinnovamento.
Il Cinquecento ha inizio con il grandioso progetto di Bramante per il collegamento, voluto da Giulio II, dei palazzi vaticani con la villa del Belvedere. I Giardini del Belvedere rappresentano un giardino radicalmente nuovo in cui la razionalità dell’architettura muraria e dei terrazzamenti hanno il predominio. Quanto a Raffaello, che immaginò un’architettura unitaria fra la Villa Madama e i giardini terrazzati ad essa annessi tramite un’unica assialità compositiva, progettò per il papa Clemente VII un grandioso unitario complesso architettonico.
I Giardini del Belvedere
Agli inizi XV secolo (1504-1505) il papa Nicolò V dà inizio ad un grande tentativo per la ristrutturazione del complesso dei palazzi vaticani. Agisce su Nicolò V e sul suo successore Giulio II la memoria dei palazzi degli antichi imperatori romani: il Palatino, la Domus Aurea, la villa Adriana. Grandi spazi aperti in un complesso monumentale vario e ricco di molteplici funzioni per l’esplicita esaltazione del papa-imperatore.
Tutta l’area del Vaticano dovrà essere profondamente trasformata e il nuovo Belvedere, come una classica villa imperiale, dovrà assumere alle funzioni papali del riposo, della meditazione degli eventi culturali. Il programma prevedeva dunque un grande invaso dove svolgere molteplici funzioni: spettacoli teatrali, spazi per le esibizioni circensi, lunghi corridoi e loggiati a costituire, secondo l’uso antico, strade coperte per passeggiare al fresco, per l’umanistico otium (fig.2).
Bramante ne viene profondamente influenzato; il programma architettonico era in larga misura innovativo in particolare per le sue grandiose dimensioni: costruire sulle grandi terrazze degradanti un teatro all’aperto; un nuovo museo per la valorizzazione degli antichi marmi romani e, infine, definire un grande giardino, delimitato da lunghi corridori di collegamento (fig.3).
I corridori, aperti a portico verso il grande invaso, scaleranno da tre, a due, ad un piano in modo da definire un altezza unitaria, un ideale grande piano orizzontale. La suggestione del Santuario della Fortuna primigenia di Palestrina costituirà per Bramante un affascinante prototipo ed un antecedente obbligato.
Lo spazio a disposizione di Bramante misurava 300 mt. di lunghezza per 100 mt di larghezza, la forma di un lungo ippodromo, un grande circo ideale. Un notevole dislivello complicava il problema: negli spazi più distanti dalla villa di Innocenzo VIII troverà posto l’antiquarium delle statue antiche; la parte intermedia sarà destinato a parterre, prati, alberi, fontane; i grandiosi spettacoli dei gladiatori si svolgeranno nel primo cortile, più prossimo ai palazzi vaticani sotto le finestre dell’appartamento del pontefice, davanti ai locali che ospiteranno le Stanze di Raffaello. E’ qui che Bramante immagina il punto di vista principale della composizione. Lo spazio del teatro sarà lo spazio più grande per permettere un adeguato palcoscenico ed una vasta platea per il pubblico.
Per superare il dislivello del grande spazio all’aperto, Bramante lo modella mediante terrazze a differenti livelli, risolti in continuità da scale di raccordo. Una serie di elementi caratterizzanti sono disposti lungo l’asse longitudinale della composizione: nella parte terminale un emiciclo conclude l’immenso spazio e ne costituisce il punto di fuga (fig.4);
segue, procedendo verso il basso, il fronte del ninfeo, concava voragine di ombra scavata, inquadrato da doppie paraste e dalle linee oblique dello scalone frontale a doppia rampa; il cortile intermedio prelude al ritmo dei gradoni del teatro; al centro della platea inferiore, cui si perviene da uno scalone frontale, Bramante colloca la grande tazza di marmo trasportata dalle Terme di Tito.
Una sequenza di soluzioni prospettiche, inquadrate tra due torri, giganteschi piloni laterali, enorme boccascena, perno fondamentale dell’orchestrazione prospettica. Piante, fiori, alberi, acqua natura pietrificata e razionalizzata, secondo il pensiero rinascimentale, partecipano della scenografica architettura cinquecentesca.
I Giardini di Villa Madama
In una lettera lunga e dettagliata Raffaello descrive il suo progetto della Villa Madama sul colle di Monte Mario.
“Fassi una vigna anchor del R.mo che sarà cosa ex.ma (eccellentissima). Nostro signore vi va spesso, e questa è sotto la croce di Monte Mario”. Nel 1516 il papa aveva acquistato dal Capitolo di San Pietro un terreno alle pendici di Monte Mario su cui insisteva un fabbricato. Il luogo descritto da Vasari, era ameno “oltre una bella veduta, erano acque vive, alcune boscaglie in ispiaggia, ed un bel piano, che andava lungo il Tevere persino a Ponte Molle, aveva da una banda e dall’altra una largura di prati che si estendeva quasi fino alla porta di San Pietro”.
Quando nell’estate del 1518 il committente ufficiale divenne il cardinale Giulio dé Medici, futuro papa Clemente VII, si decise per una villa da costruire ex novo (fig.5).
Alla villa sono annessi splendidi giardini. Essi sono documentati da due disegni, fatti per l’urbinate da Francesco da Sangallo e da Antonio da Sangallo il Giovane e da un disegno autografo dello stesso Raffaello. Il disegno è stato recentemente esposto nella mostra sull’artista urbinate tenuta presso le scuderie del Quirinale e Francesco P. Di Teodoro ne parla a lungo nella scheda del catalogo ad esso dedicata (fig.6).
Spetta tuttavia a Heinrich von Geymuller il merito di aver riconosciuto la mano di Raffaello nel grande disegno degli Uffizi e di averlo riferito al progetto dei giardini di Villa Madama.
Esso rappresenta un’importante testimonianza della sua partecipazione attiva alla progettazione, nell’estate del 1518 (fig.7).
Il progetto di Raffaello è chiaro: si tratta di tre giardini terrazzati organizzati da uno stesso asse longitudinale: un primo giardino a forma quadrata con quattro parterre; un secondo circolare, con quattro esedre mistilinee, anch’esso inscritto in un quadrato; un giardino a forma di stadio di forma allungata con due fontane poste nei due fuochi della forma geometrica. Nel disegno si notano alcune particolari caratteristiche come imponenti scalinate evidentemente necessarie a superare i dislivelli di un terreno fortemente accidentato.
Il problema consiste nell’esatta collocazione delle tre terrazze pensate da Raffaello rispetto all’edificio della Villa Madama.
Christoph L. Frommel che fu tra gli organizzatori della mostra romana su Raffaello del febbraio marzo 1984, tenuta a Roma al Palazzo dei Conservatori, nota che il solo punto di riferimento che consente la localizzazione delle tre terrazze a giardino è rappresentata dalla torre circolare nell’angolo a destra in alto del disegno di Raffaello. Ma dove si raccorda il viale che da esso si diparte? La scala circolare serviva a superare l’importante salto di quota fra la peschiera e i giardini segreti previsti nel progetto di Raffaello.
L’ipotesi più verosimile, rappresentata nel disegno di Geymuller, è che questa scala circolare si raccordi alla Villa nei pressi della peschiera, adiacente al giardino segreto posto sul retro della villa. Giovan Francesco da Sangallo, nel disegno redatto nel 1518 su richiesta dello stesso Raffaello, Progetto di Pianta per Villa Madama, sembrerebbe confermare questa ipotesi (fig.8).
Le tre terrazze misurano ciascuna 300 piedi, si trovano su un asse sostanzialmente parallelo a quello che unisce la Villa con i retrostanti giardini segreti e sono collegate fra loro e con la Villa da un sistema di scale. Se ne deduce che, per le asperità del terreno, le tre terrazze dei giardini avrebbero dovuto essere realizzate a differenti quote; dalla terrazza più vasta, probabilmente dislocata più a valle, una scala terminale posta sull’asse longitudinale, permetteva di raggiungere il Tevere.
I giardini del Belvedere di Bramante furono sconvolti dai corpi di fabbrica trasversali costruiti da Domenico Fontana per la Biblioteca apostolica vaticana tra il 1587 e il 1589 (fig.9);
il progetto dei giardini di Villa Madama di Raffaello non fu mai realizzato (fig.10);
tuttavia entrambi rappresenteranno degli imprescindibili prototipi per giardini all’italiana che saranno realizzati nella seconda parte del 1500.
Francesco MONTUORI Roma 20 settembre 2020