Il “Macbeth” allo Sperimentale di Spoleto. Intensità e teatralità esaltano l’arte di Shakespeare e di Verdi.

di Claudio LISTANTI

Una più che convincente edizione di Macbeth di Giuseppe Verdi ha concluso alla grande la 78^ Edizione della Stagione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, salutata da un chiaro e lusinghiero successo di pubblico.

Lo straordinario capolavoro verdiano è stato il giusto coronamento di una piccola ma intensa stagione che presentava diversi appuntamenti musicali, stimolanti e di particolare interesse, come la prima assoluta di Anita di Gilberto Cappelli, due intriganti dittici, Procedura Penale di Luciano Chailly e La Smorfia di Bruno Bettinelli, due opere in linea con i fermenti culturali e musicali degli anni ’50 dello scorso secolo senza dimenticare l’altro dittico dedicato al progetto di rivalutazione degli Intermezzi del ‘700 con la scelta orientata verso due divertenti ed eleganti intermezzi di Domenico Sarro, Moschetta e Grullo ed Eurilla e Beltramme.

About Art ha seguito tutte queste rappresentazioni. Per eventuali approfondimenti proponiamo i links delle recensioni comparse sulle nostre colonne virtuali:

https://www.aboutartonline.com/la-78-stagione-lirica-del-teatro-lirico-sperimentale-di-spoleto-apre-con-l-anita-di-gilberto-cappelli/

https://www.aboutartonline.com/per-lo-sperimentale-di-spoleto-due-spettacoli-dedicati-allopera-comica-italiana-di-chailly-bettinelli-e-domenico-sarro/

Macbeth, quindi, è arrivato allo Sperimentale di Spoleto al termine di una stagione molto prolifica, grazie ad una coraggiosa iniziativa di tutto lo staff dell’istituzione musicale spoletina che ha dimostrato di avere le risorse artistiche necessarie per la realizzazione di un’opera che, per la sua particolare struttura, evidenzia diverse difficoltà esecutive. Lo Sperimentale, guidato artisticamente da Enrico Girardi e Michelangelo Zurletti con Roberto Calai fresco di nomina alla presidenza, si sta orientando verso una sorta di rinnovamento della propria attività aggiungendo alla sua già gloriosa tradizione una nuova linfa in termini di affermazione nel territorio e di proiezione verso il futuro, ricercando nuove strade che portino ad una diffusione più ampia di tutta la propria attività musicale.

Fig. 1 Il basso Nicolò Lauteri (Banco) assieme al coro delle Streghe. Foto di Niccolò Perini © TLS.

Macbeth è un’opera simbolo della produzione verdiana che ha avuto una vita piuttosto travagliata prima di giungere ai vertici del teatro lirico di tutti i tempi. Scritta nel 1847, è la decima opera di Verdi, il primo lavoro nel quale compare in maniera tangibile la piccola/grande rivoluzione del compositore bussetano, che si dirige verso un teatro in musica basato su un canto orientato verso il declamato senza abbandonare la melodia, distaccandosi da quello stile mutuato dai grandi capolavori di Bellini e Donizetti che furono alla base delle produzioni del primissimo Verdi. Con Macbeth il musicista, già nel 1847, guardava con una certa chiarezza al futuro evidenziando i prodromi di quella che sarà la sua produzione matura, da Don Carlos ad Aida per giungere ad Otello e Falstaff. Prese ispirazione dall’omonima tragedia di Shakespeare, drammaturgo molto caro a Verdi fin dalla giovinezza, i cui drammi colpirono in maniera dirompente la sua sensibilità di artista, basti pensare che in quell’anno Macbeth di Shakespeare non era ancora stato rappresentato in Italia nonostante avesse diverse traduzioni in italiano. Verdi riuscì a giungere ad una interpretazione che mise in luce gli aspetti fantastici dell’originale shakesperiano, con un’opera attenta alla comprensione del testo e rivolta all’essenziale del dramma.

Poi, nel 1865, Verdi ne preparò una edizione revisionata per l’Opéra di Parigi apportando alcuni cambiamenti, non solo inserendo la necessaria (per quella piazza) parte ballettistica ma anche apportando modifiche al finale, togliendo una delle arie più esplicitamente legate alla sua prima maniera, assieme ad alcune modifiche alla strumentazione, inserendo un finale più grandioso incline al genere Grand Opéra parigino. Nel complesso l’opera, comunque, non fu stravolta perché conservò indubbiamente tutte quelle caratteristiche di novità prima accennate. Se l’edizione 1847 ebbe successo quella del 1865 mise in luce qualche riserva da parte della critica. Nonostante ciò contribuì a portare nel dimenticatoio la prima edizione, cosa che avveniva frequentemente nei diversi casi di ‘rifacimento’ di opere, ma con il tempo uscì di repertorio; nonostante la maggior parte delle opere di Verdi furono costantemente rappresentate, Macbeth fu per anni sconosciuta a molti.

Fig. 2 Leonardo Galeazzi (Macbeth) e Marily Santori (Lady Macbeth). Foto di Marco Pozzi ©TLS

La rinascita però partì a metà ‘900 ed attori furono esecutori di lingua tedesca, forse attratti dalle indubbie caratteristiche ‘espressioniste’ che l’opera contiene. Nel 1943 rilevante fu una esecuzione di Karl Böhm all’Opera di Vienna che riaccese i riflettori su questa partitura. Poi si passa al dopoguerra (1952) con la Scala che produsse una leggendaria esecuzione con la Callas che pose all’attenzione il capolavoro presso il pubblico italiano. Da allora Macbeth comparve, progressivamente, nelle stagioni operistiche italiane ed internazionali fino a rientrare pienamente in repertorio e divenire uno delle partiture verdiane più eseguite.

Parallelamente a questo recupero del repertorio si è verificato anche un altro tipo di fenomeno che ha interessato l’interpretazione vocale dell’opera soprattutto per la parte di Lady Macbeth che, nei primi anni della riscoperta, fu appannaggio di famose interpreti wagneriane, giudicate ideali per il tipo di vocalità che contraddistingue, prevalentemente asciutta ma anche estesa sia in basso che in alto, cosa che rende il ruolo particolarmente impervio. Spesso la parte della Lady fu assegnata anche al mezzosoprano, soprattutto a quelle cantanti che con facilità potevano arrivare verso gli acuti. Poi con il rafforzarsi della prassi esecutiva il ruolo è stato sempre più affrontato da un vasto numero di cantanti, soprattutto quelle classificate soprano drammatico d’agilità’ ,olto adatte a ruoli verdiani, che hanno inserito questo personaggio nel loro repertorio.

Fatte queste premesse si può capire quanto coraggiosa sia stata la scelta da parte dello Sperimentale di Spoleto di mettere in cartellone questo capolavoro, inserendolo così per la prima volta nella loro stagione, fatto che ha reso l’occasione di particolare valenza artistica.

Lo spettacolo è risultato del tutto godibile nell’insieme apprezzabile sia dal punto di vista teatrale sia dal punto di vista vocale

Fig. 3 Il coro dei sicari. Foto di Marco Pozzi ©TLS.

Partiamo dalla realizzazione scenica che è stata pregevole e teatralmente coinvolgenteLuigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi, gli artisti incaricati della realizzazione di scene e regia, hanno optato per uno spettacolo essenziale e basato sulla semplicità. Nessun elemento scenico sul palco, solamente fondali e quinte realizzati con drappi e veli che contenevano una azione scarna ma incisiva del tutto rispettosa non solo del testo shakesperiano ma anche dell’essenza della musica verdiana. I due artisti hanno puntato tutto sul fantastico lasciando lo spettatore ad immaginare quanto succede sulla scena. Così come il pugnale che ”si affaccia” a Macbeth nel primo atto per andare a trucidare Duncano non si vedeva ma erano parole e musica che avvertivano dell’esistenza, così come nel famoso brindisi non c’erano bicchieri e vino ma solo sensazioni derivate dalla comprensione della parola. Quello che più colpiva era la realizzazione di un ambiente senza tempo, molto indicato per Shakespeare, teso a rappresentare concetti astratti e universali, arricchito da movimenti scenici del tutto curati per rendere l’azione felicemente intelligibile e coinvolgente valorizzando così il peso specifico della partitura verdiana che si fonde alla perfezione con l’azione e gli ambienti.

Fig. 4 Macbeth. Finale dell’opera. Foto di Marco Pozzi ©TLS.

Nel teatro d’opera capita raramente, oggi, di vedere una realizzazione scenica del tutto rispettosa della musica, spesso sopraffatta da regie astruse e prive di senso. Qui a Spoleto, almeno questa volta, ciò non è avvenuto e lo spettatore è rimasto del tutto coinvolto in questa tragedia dell’animo umano e della sete di potere. Anche le scene di insieme sono state curate, come quella dell’inizio del quarto atto con il coro degli esuli scozzesi e la successiva aria di Macduff che istiga il popolo a combattere contro il tiranno, l’unica scena che ricalca in maniera più evidente i caratteri di ispirazione risorgimentale del primo Verdi. È stato scelto di eseguire a luci completamente accese della sala. Soluzione adottata spesso per scene di questo tipo, quindi non una novità, ma al contempo si riusciva a dare il necessario ‘smalto’ eroico, prerogativa di tutta la scena esaltando i contrasti tra le luci tenui e misteriose del contesto scenico che sottolineava il resto dell’azione. Per la realizzazione della parte visiva del tutto in linea con l’impostazione registica e scenografica sono stati i costumi Clelia De Angelis e, soprattutto, le luci, molto importanti per una realizzazione scenica di questo tipo approntate da Eva Bruno che è un po’ la ‘signora delle luci’ per gli spettacoli dello Sperimentale ai quali ha dedicato sempre la sua indiscutibile professionalità. In definitiva una realizzazione scenica che ha onorato quella ‘sperimentalità’ che è parte costitutiva dell’istituzione spoletina.

Fig. 5 Il baritono Leonardo Galeazzi (Macbeth). Foto di Niccolò Perini © TLS.

Per quanto riguarda la compagnia di canto c’è da dire che la rappresentazione del 20 settembre alla quale abbiamo assistito è stata del tutto apprezzabile nell’insieme.

Nella parte del titolo il baritono Leonardo Galeazzi ha fornito una parte vocale caratterizzata da una apprezzabile duttilità nelle emissioni, esibendo buone e delicate mezze voci, affiancata, dove necessario, da una vocalità più prorompente nei momenti più concitati, grazie ad una buona dizione e ad una presenza scenica del tutto rilevante. Il soprano Marily Santoro ha affrontato con sicurezza il difficile ruolo di Lady Macbeth, mettendo in evidenza una linea di canto molto intensa che le ha consentito di superare tutte le difficoltà del ruolo. Possiede delle note gravi corpose e notevoli ed una facilità nel raggiungere il registro acuto accanto ad una apprezzabile duttilità nell’emissione che la rendono cantante particolarmente adatta al ruolo. La sua Lady è stata travolgente e spietata nell’insieme riuscendo ad affiancare le doti vocali ad una più che convincente presenza scenica.

Fig. 6 Il soprano Marily Santori (Lady Macbeth). Foto di Niccolò Perini © TLS.

Macduff era il giovane tenore Oronzo D’Urso dalla voce chiara e corposa mostrando però qualche problema nell’intonazione soprattutto nelle scene d’insieme mentre è stato trascinante nella sua scena del quarto atto che ha eseguito con sicurezza. Banco era il giovane basso ternano Nicolò Lauteri, terzo classificato nel concorso di quest’anno, voce di buon impianto vocale che attende però un rafforzamento nel registro basso indispensabile per la sua maturazione di interprete.

Negli altri ruoli c’erano Giorgia Costantino Dama di Lady Macbeth, Nicola Di Filippo Malcom, Andrea Ariano Medico/Domestico, Marco Guarini Sicario, Alessio Neri Araldo, Amedeo Testerini I apparizione, Klara Luznik II apparizione, Andrea Marino III apparizione/Fleanzio. Nella parte muta di Duncano il mimo Valentino Pagliei e Giulia Tizi nella parte di Ecate. Tutti in linea con l’impostazione scenica-registica per essere parte integrante della riuscita dello spettacolo.

Fig. 7 Macbeth. Applausi per tutta la compagnia al termine della recita del 20 settembre. Foto di Niccolò Perini © TLS.

Carlo Palleschi ha diretto con sicurezza tutto lo spettacolo al quale ha partecipato il Coro del Teatro Lirico Sperimentale guidato da Mauro Presazzi e l’Orchestra Calamani del Teatro Lirico Sperimentale che ha confermato ancora una volta la validità di questa nuova collaborazione con l’istituzione spoletina.

La recita del 20 settembre è stata accolta con favore da numeroso pubblico presente presso il Teatro Nuovo applaudendo vivamente non solo al termine dello spettacolo ma, anche, e in diverse occasioni a scena aperta.

Macbeth, inoltre, dopo altre due repliche spoletine, sarà protagonista della Stagione Lirica Regionale 2024: lunedì 23 e martedì 24 settembre alle ore 20.30, al Teatro Morlacchi di Perugia; mercoledì 25 settembre alle ore 20.30, al Politeama Clarici di Foligno; giovedì 26 settembre alle ore 20.30, al Teatro degli Illuminati di Città di Castello; venerdì 27 e sabato 28 settembre alle ore 20.30, al Teatro Comunale di Todi.

Claudio LISTANTI  Roma 22 Settembre 2024