di Nica FIORI
Ai piedi della Laga
Il volume sul patrimonio culturale ferito dal sisma nel Lazio
Il terremoto è un evento catastrofico, che annienta la popolazione dei luoghi colpiti, distruggendo non solo le vite e le case, ma anche la loro identità storica e culturale, rappresentata dal patrimonio artistico conservato per lo più nelle chiese e nei musei. Il MIBACT, all’indomani del terremoto del 24 agosto 2016, si è posto il problema di come cercare di salvare il patrimonio dei Comuni terremotati e come prima cosa ha stanziato i fondi provenienti dalle visite dei musei statali nella prima domenica successiva al sisma. Si è quindi costituita un’unità di coordinamento tecnico di messa in sicurezza dei beni immobili e spostamento dei beni mobili, con l’individuazione di depositi temporanei. Nel Lazio, gli oggetti d’arte provenienti da Amatrice e Accumoli e altri centri del Reatino sono stati sistemati nell’autoparco della Caserma del Corpo Forestale di Cittaducale (Rieti), che è stato adibito a magazzino e restauro di primo soccorso, suddividendo il grande ambiente in una serie di reparti con strutture tubolari, congiunte tra loro secondo criteri antisismici e in piena sicurezza.
A distanza di più di tre anni da quel terribile evento, che si è prolungato nel tempo con il suo sciame sismico, è uscito il libro “AI PIEDI DELLA LAGA. Per uno sguardo d’insieme al patrimonio culturale ferito dal sisma nel Lazio”, a cura di Giuseppe Cassio, Monica Grossi, Paolo Iannelli, Paola Refice (ed. Electa), che ci informa sulla situazione attuale del patrimonio “ferito”. Il volume è promosso dalla Fondazione Varrone (Cassa di Risparmio di Rieti) e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti, insieme alla Soprintendenza Speciale per le aree colpite dal sisma e alla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio. Il volume si presenta in una pregevole edizione rilegata e richiama nel titolo la conca di Amatrice, che si affaccia sui Monti della Laga, che segnano il confine con l’Abruzzo.
Come scrive Leonardo Nardella, coordinatore Unità di Crisi Coordinamento regionale Mibact Lazio, “Ai piedi della Laga fa un passo in avanti con un tentativo di metabolizzare i tragici eventi attraverso un excursus dell’identità culturale del territorio ferito dal sisma”. L’intento del libro è, in effetti, quello di “ricomporre” gradualmente le trame di un discorso bruscamente interrotto con una serie di studi orientati a preservare l’eredità materiale e immateriale del territorio studiato. La prima parte del libro, intitolata “Memorie, arte e devozione”, raccoglie una serie di contributi di carattere storico, archeologico, storico-artistico, paesaggistico e antropologico dedicati alle diverse tipologie di beni culturali.
Scopriamo, tra le altre cose, il periodo del popolamento italico e la successiva romanizzazione della Sabina interna, trattati da Carlo Virili e Alessandro Betori. Dell’epoca romana si ricorda in particolare l’operato di Manio Curio Dentato, console nel 290 a. C. e censore nel 272 a. C., cui si deve nel 271 a.C. la costruzione del Cavo Curiano, un canale per far defluire le acque stagnanti del Velino in direzione del salto naturale delle Marmore: da lì l’acqua precipitava con un effetto grandioso direttamente nel fiume Nera, affluente del Tevere. Grazie a quest’operazione Roma riuscì a guadagnare territori strategici per il collegamento dell’Urbe con l’Adriatico.
Il saggio di Paola Refice, relativo a due Madonne su tavola di Accumoli e Amatrice, ha messo in luce come “l’area dominata dai Monti della Laga presenta, nel Medioevo maturo, rilevanti manifestazioni di un’arte sacra che riassume elementi laziali, abruzzesi, marchigiani, umbri e toscani, rielaborandoli in forme originali”.
La Madonna in trono con il Bambino (tempera su tavola), proveniente dal Museo Civico di Amatrice, detta anche Madonna Cossito, dal paesino dove si trovava, presenta il bambino in posizione frontale, ed è databile alla fine del XIII secolo, mentre la Madonna dal Palazzo Comunale di Accumoli (un tempo nella chiesa di Santa Maria delle Coste), è in realtà un trittico con una Madonna del Latte, ridipinta basandosi su un’immagine preesistente particolarmente venerata, e contornata nei pannelli laterali (XVII secolo) dalle scene con l’Annunciazione, la Visitazione e l’Assunzione di Maria nello sportello di destra, l’Immacolata Concezione, la Natività di Maria e la Presentazione di Gesù al tempio nell’altro sportello, e con la scena della Pentecoste nella cuspide. È interessante il fatto che le linee del volto delle due Madonne, anche se quella di Accumoli è molto alterata rispetto all’originaria, sembrano sovrapponibili, un dettaglio questo che, secondo Paola Refice, vale la pena di approfondire.
Un’altra Madonna Lactans, ma stavolta di terracotta policroma (prima metà del XVI secolo), da Grisciano (Accumoli), si trova attualmente nel deposito Mibact di Cittaducale e rientra tra i “Simulacri di terra e colore tra l’alta Valle del Tronto, la Sabina e l’Umbria meridionale”, trattati da Giuseppe Cassio. Il Gesù Bambino raffigurato sulla copertina del volume è proprio quello che sta succhiando il latte dalla Madonna di Grisciano.
Altre immagini che ci colpiscono sono la Processione con il reliquiario della Filetta, di Pierpalma da Fermo, dal santuario della Filetta di Amatrice e il santuario dell’icona Passatora (Ferrazza, Amatrice), nell’ambito del contributo di Rossana Torlontano, relativo alla cultura artistica di Amatrice tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, come pure altre relative ai secoli XVII e XVIII, trattate da Claudio Strinati.
Tra le opere secentesche da Amatrice ricordiamo, tra le altre, San Lorenzo che adora la Trinità, di un pittore romano prossimo a Paolo Guidotti, detto il Cavalier Borghese, e Il Crocifisso adorato dai Santi Francesco, Antonio da Padova, Bonaventura, Luigi dei Francesi e Ludovico di Tolosa, opera di Giulio Cesare Bedeschini. Da Accumoli (Collespada) proviene invece la pregevole Annunciazione con i Santi Francesco e Borromeo (1615), di Francesco Flavio.
La seconda parte del volume, intitolata “Dalle rovine alla luce”, documenta il lavoro svolto dal Mibact per il recupero post sisma, l’attività conservativa e i progetti di restauro del patrimonio culturale. Alcune immagini che troviamo rievocano in tutta la loro crudezza la terribile distruzione. Ma, così come il lavoro dei restauratori sta recuperando alcuni dipinti e sculture, e i frammenti sbriciolati di affreschi, ci si augura che questi paesi laziali possano superare a poco a poco il loro straziante dolore e ricostruire con grande spirito di collaborazione ciò che gli è venuto a mancare all’improvviso.
Monica Grossi, in particolare, ha trattato nel suo saggio un aspetto meno appariscente, ma altrettanto importante di quello artistico, il recupero della memoria, ovvero il restauro archivistico e bibliografico, quello che tra i beni culturali è “il più silente e poco visibile”. Viene affrontato anche il tema del recupero del tessuto edilizio minore e di tutte quelle caratteristiche locali, dal paesaggio alle memorie e tradizioni religiose, che caratterizzano il territorio ferito.
Il libro, presentato a Rieti poco prima di Natale, ci appare quanto mai utile per fare in modo che non cali l’attenzione degli Italiani rispetto ad una ricostruzione che appare lenta e difficile. Certo bisogna muoversi con cautela per ricostruire nel modo giusto gli spazi di paesi, che già prima del terremoto soffrivano il problema dello spopolamento, cercando di ritessere la trama di esperienze, di vite vissute, di fede genuina, che si ha il dovere di proteggere e di tramandare a chi verrà dopo.
Nica FIORI Roma 5 gennaio 2019