Il potere delle storie, cambiare la Storia. “Il Male ha i giorni contati”; Papa Francesco incita i giornalisti alla “buona battaglia”

di Chiara GRAZIANI

Comunicare una cosa divina”: questo fa chi, per mestiere, racconta le storie degli uomini.

Il Papa, messe da parte nove pagine di indirizzo di saluto a migliaia di operatori dell’informazione arrivati a Roma per il Giubileo della comunicazione, al solito preferisce mirare subito al cuore di chi lo ascolta e creare l’empatia nell’uditorio (che è la base della sua tecnica comunicativa). Improvvisando apre la breccia, con il testo ufficiale ci passa attraverso.

Comunicare – con lo scritto, le immagini, la parola – è opera paragonabile a quella di Dio stesso, “una prova tanto grande”, dice, frutto di vera saggezza. Ma a patto che l’impegno “sia vero”.

Il saluto del papa ai giornalisti

Il messaggio nella sua interezza, rivolto anche agli ospiti non cattolici ricordati all’inizio dell’udienza dal prefetto del dicastero della Comunicazione Paolo Ruffini, propone agli “artigiani della speranza” una “buona battaglia”: raccontare storie, le storie degli uomini e delle donne,  ancorati alla verità, spinti dal coraggio, capaci di far rinascere “il senso del bene e del male” –  dunque la verità – in una società percorsa da rapporti tossici che la verità la capovolgono usurpandone il nome. Perché le storie hanno un enorme potere che il potere teme.

L’incitamento del Papa ai comunicatori è tutt’altro che astratto, in questo momento storico, nell’affidar loro la cura della “nostalgia del bene”.

Il Papa si intrattiene con i giornalisti

E’ la “nostalgia del bene” la medicina della quale un mondo spezzato ed incattivito da notizie false o falsamente raccontate – ed oggi più che mai sull’orlo di una nuova guerra mondiale –  ha bisogno per invertire la tendenza alla distruzione di sé, dell’ambiente e delle regole comuni della convivenza fra popoli. Nostalgia di verità, di fatti verificati e solidi, non piegabili agli umori o alla propaganda. Nostalgia di fiducia: e di democrazia, come aveva spiegato prima di lui ai convenuti nell’aula Paolo VI, la giornalista Maria Ressa, premio Nobel per la Pace 2021, perseguitata dal governo del suo paese d’origine, le Filippine.

Maria Ressa (Manila, 2 ottobre 1963) Premio Nobel per la Pace 2021

A questa piccola donna di ferro – incarcerata dopo due anni in cui i troll dei social ne avevano invocato l’arresto al ritmo di 90 messaggi d’odio all’ora – il Papa aveva affidato il compito di lastricare con duri fatti il precario stato dell’arte della libertà dell’informazione in quasi ogni parte del pianeta. E lei lo aveva fatto con durezza e rara chiarezza, in una sorta di  manifesto contro il “capitalismo di sorveglianza” ed il suo “preciso progetto che drena tramite un’architettura di profitto, centinaia di miliardi di dollari l’anno”. Ed aveva detto: “l’ultima volta che la tecnologia aveva supportato l’ascesa del fascismo era stata ottanta anni fa”.

Cosa accade, dunque, oggi che ricorda a Maria Ressa scenari passati?

“Come ad Hiroshima – dice nell’attesa dell’intervento del Papa in aula Paolo VI – una bomba atomica è esplosa nel nostro ecosistema dell’informazione (just like in Hiroshima, an atom bomb exploded in our information ecosystem). La bomba è la nuova tecnologia, ogni giorno più nuova ed avanzata, nelle mani di una ristretta elite che usa di un potere inedito, “semidivino”,  sulle coscienze e l’immaginario per “perseguire potere e denaro tramite un’insidiosa manipolazione cellulare delle nostre democrazie”.

Questo giubileo, dice la giornalista a migliaia di altri giornalisti, arriva dunque

“in un momento in cui il mondo è capovolto. Quello che giusto è sbagliato e quello che è sbagliato è giusto”.  Il suo è un richiamo “al coraggio di stare dalla parte della verità, anche se tutto il mondo sembra essere contro di te”.

Un appello, questo, nelle corde del Papa che propone ai comunicatori arrivati a Roma la via per cercare di raddrizzare la barca in pericolo.  La premessa è che

  “la forza per incamminarsi su una strada di cambiamento trasformativo è generata sempre dalla comunicazione diretta tra le persone”.

Divisioni, pregiudizi, false narrative e false notizie amplificate dai social, generano gli scenari ai quali assistiamo (o dei quali facciamo parte).  Mettere in comunicazione le persone, le loro vite reali tanto simili fra di loro, crea l’empatia, via per riconoscere l’altro come simile e disinnescare i conflitti. Tutelare la libertà di stampa, di manifestare il pensiero assieme al diritto fondamentale di essere informati è, dunque, oggi più che mai decisivo.

“Un’informazione libera, responsabile, corretta è un patrimonio di conoscenza, di esperienza e di virtù che va custodito e promosso. Senza questo rischiamo di non distinguere più la verità dalla menzogna. Senza di questo ci esponiamo a crescenti pregiudizi e polarizzazioni che distruggono i legami di convivenza civile ed impediscono di ricostruire la fraternità”.
Il Papa saluta Maria Ressa

La buona battaglia del comunicatore, ricorda il Papa, ogni anno costa perfino la vita, e la libertà a tantissimi.

“Tantissimi vostri colleghi hanno firmato il servizio con il sangue. Preghiamo per loro. E chiedo, a chi ha potere di farlo, che vengano liberati tutti i giornalisti ingiustamente incarcerati. Sia aperta anche per loro una “porta” attraverso la quale possano tornare in libertà, perché la libertà dei giornalisti fa crescere la libertà di tutti noi. La loro libertà è libertà per ognuno di noi”.

La libertà, però, è un sistema fondato sul coraggio, diceva già Charles Peguy. E per avviare i cambiamenti non se ne può fare a meno.

“La parola coraggio  – dice il Papa ai comunicatori in platea – deriva dal latino cor habeo, che vuol dire “avere cuore”.

Si tratta di quella spinta interiore, di quella forza che nasce dal cuore che ci abilita ad affrontare le difficoltà e le sfide senza farci sopraffare dalla paura”. E’ la raccomandazione principale del Papa a chi lo ascolta. Nel mondo alla rovescia, quello che Maria Ressa descrive con tanta vivezza come il presente distopico dell’umanità, solo il coraggio ci verrà in aiuto. Che consiste, spiegherà poi lei stessa a giovani colleghi che la interrogano, nello stabilire a cosa tieni davvero “e poi tenere la posizione”, costi quel che costi. Perfino don Abbondio così risolverebbe il problema di darsi quel che non ha per indole.

Nell’aula Paolo VI,  era stato invitato anche un altro comunicatore, lo scrittore irlandese Colum McCann. E’ a narratori come lui che il Papa pensa quando invita a “raccontare il male, lasciando la possibilità di ricucire quel che è strappato”. McCann è convinto del potere dello storytelling (che unisce, imprescindibilmente, a quello dello storylistening). E’ stato lui, nel suo libro “Apeirogon” a raccontare l’incredibile, ed autentica, vicenda di due padri ai quali è stata uccisa una figlia nella guerra fra i popoli ai quali appartengono, quello palestinese e quello ebraico.

Maria Ressa, Mario Calabresi e Colum Mc Cann

Il dolore comune, ben comprensibile dall’israeliano e dal palestinese, li ha fatti amici e propagatori di pace. Vanno per il mondo – Vaticano incluso – e raccontano tutto, tenendosi per mano, nel nome delle loro figlie e dell’umanità. A gente come loro, e a chi racconta al mondo la loro storia, il Papa  affida le speranze della pace.

La Messa in San Pietro

Per lui più che una speranza. La mattina dopo l’udienza, il Papa è in San Pietro per la Messa per il Giubileo della Comunicazione. Il Vangelo di Luca racconta di Gesù che “si rivela il Messia” dopo aver letto nella Sinagoga la profezia di Isaia.

Portare ai poveri il lieto annuncio, la liberazione ai progionieri, la vista ai ciechi, spezzare le catene degli oppressi, “proclamare l’anno di grazia del Signore”.

Il Papa alla Messa per il Giubileo della Comunicazione

Allora sì,

“sorelle e fratelli, trasformeremo il mondo secondo la volontà di Dio, che lo ha creato e redento per amore”.

Tutto questo accadrà, dice il Papa che assicura:

“Il Male ha i giorni contati. Guerra, ingiustizia e morte non avranno l’ultima parola”.

Le storie degli uomini, e chi le racconta, cambieranno la storia.

Chiara GRAZIANI  26 gennaio 2025