di Nica FIORI
Fu San Francesco d’Assisi, secondo la tradizione, a creare il primo presepe a Greccio, un paese della provincia di Rieti, nel Natale del 1223.
Si trattava di un presepe vivente, ovvero una rappresentazione della Natività con un bambino vero, che suscitò nei fedeli grande commozione. La prima raffigurazione scultorea, invece, la dobbiamo ad Arnolfo di Cambio, che la realizzò in marmo nel 1291-1292 per fare da cornice alla reliquia della Sacra Culla di Gesù conservata nella Basilica di Santa Maria Maggiore, un tempo chiamata Sancta Maria ad Praesepe.
Quindici anni fa il Presepe di Arnolfo, dopo essere stato smurato dal piccolissimo ambiente ipogeo, dove lo aveva collocato nel 1590 Domenico Fontana nel corso della realizzazione della Cappella Sistina voluta da Sisto V, è stato restaurato e collocato provvisoriamente nel Museo della Basilica Liberiana. Il restauro e lo studio tecnico, storico e artistico delle sculture sono stati effettuati da Sante Guido e Giuseppe Mantella, autori di pubblicazioni sull’argomento, tra cui un articolo su About Art, cui si rimanda per gli approfondimenti (vedi https://www.aboutartonline.com/arnolfo-di-cambio-a-santa-maria-maggiore-il-presepe-del-1291-nel-nuovo-allestimento-fino-al-22-febbraio/).
Ora, finalmente, grazie alla decisione presa dal cardinale Stanisław Ryłko, arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore, il Presepe torna a essere riposizionato nella Cappella Sistina (detta anche del SS. Sacramento o della Natività), il cui restauro è stato da poco ultimato. Risulterà quindi visibile tutto l’anno, senza pagare alcun biglietto, “con un intento non museale, ma spirituale ed ecclesiale”, ovvero in funzione del culto, come ha ribadito Sante Guido, che mi ha guidato alla scoperta di quest’importante opera, che, in effetti,
“non può essere considerata solo come un’opera d’arte, ma come un rudere che dal suo valore spirituale acquista antica e nuova significanza”.
Non è un caso che papa Francesco abbia detto messa, in forma privata, proprio in questa cappella, nell’antico altare dell’Oratorio del Presepe, lo scorso 8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione. Dopo aver reso omaggio alla celebre icona della Salus Populi Romani, cui è particolarmente devoto, il pontefice ha scelto di celebrare la messa nello stesso altare del Presepe dove l’aveva celebrata per la sua prima volta Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, la notte di Natale del 1538. Il papa ha voluto ricordare allo stesso tempo San Francesco, in quanto fondatore del culto del Presepe.
La parola “rudere”, usata da Sante Guido, può sembrare forse eccessiva, ma rende bene l’idea delle manomissioni subite nel tempo da questo che è il primo presepe della storia, la cui presenza è essenziale per Santa Maria Maggiore, la madre di tutte le chiese mariane.
Questa straordinaria basilica, la cui fondazione è tradizionalmente legata alla miracolosa nevicata del 5 agosto 358, annunciata in sogno al patrizio Giovanni e a papa Liberio (da cui deriva il nome di Basilica Liberiana), venne intitolata alla Madonna per festeggiare la proclamazione della maternità divina al concilio di Efeso del 431. Proprio per questo motivo venne scelta per accogliere le reliquie della grotta di Betlemme, ovvero la mangiatoia, le fasce di Gesù Bambino e forse un po’ di paglia della grotta, reliquie salvate e mandate a Roma dal patriarca di Gerusalemme San Sofronio, quando la Terra Santa stava per essere conquistata dai musulmani nel 637. La basilica, a partire dal VII secolo, cominciò a chiamarsi Sancta Maria ad Praesepe e divenne per i pellegrini, che non potevano più compiere il pellegrinaggio d’oltremare, la “Betlemme d’Occidente”.
Le reliquie erano conservate in un piccolo oratorio, situato sulla navata destra, dove adesso vediamo la cancellata di accesso alla Cappella Sistina.
Come risulta dal Liber Pontificalis, tantissimi papi fecero donazioni a quest’oratorio, e qualcuno promosse restauri, finché il primo pontefice francescano Niccolò IV (1288-1292), volendo rendere omaggio a San Francesco, che aveva pregato presso la culla di Gesù e fondato il culto del Presepe, fece restaurare l’oratorio ad Arnolfo di Cambio e gli fece realizzare il Presepe.
Questo è costituito da più personaggi, che dovevano essere disposti secondo un criterio di visibilità, dando l’illusione di figure a tutto tondo, mentre in realtà sono lavorate solo sul davanti, con l’unica eccezione della Madonna col Bambino, che presumibilmente doveva essere isolata al centro di uno spazio, attorno al quale erano sistemate le altre sculture. La Madonna è raffigurata seduta ed è alta come le figure stanti.
Oltre alla Madonna col Bambino, le sculture, di dimensioni inferiori al vero, raffigurano San Giuseppe in piedi, due Magi stanti realizzati sulla stessa lastra con un fondale dipinto a girali, un re Magio inginocchiato e il gruppo del bue e dell’asinello (solo la parte superiore con le teste).
L’opera, commissionata nel 1291, è secondo Vasari una delle ultime opere di marmo del toscano Arnolfo di Cambio, un artista dotato di grande senso plastico e pittorico, abile sia come scultore che come architetto. In ciò che rimane del Presepe traspare, in effetti, la simbiosi tra architettura e scultura (e anche di pittura, perché rimangono tracce di cromia), che a Roma è maggiormente visibile nei due cibori arnolfiani, quello di San Paolo fuori le Mura e quello di Santa Cecilia in Trastevere.
È stato detto che la Madonna di Arnolfo sia andata perduta e che al suo posto sia stata realizzata la scultura che vediamo.
Secondo alcuni, l’originaria figura della Vergine Maria sarebbe stata raffigurata distesa come una puerpera. Sante Guido non è affatto d’accordo con questa tesi e ipotizza, invece, che la Madonna di Arnolfo sia proprio questa che ci è pervenuta, ma rilavorata nel tardo Cinquecento sul fronte, mentre sul retro sono visibili i panneggi di stile duecentesco. Egli ha notato che il Bambino, per esempio, non ha quasi il naso, evidentemente perché molto ridotto nella rilavorazione, e la stessa Madonna ha i piedi appena abbozzati (uno quasi mancante), mentre Arnolfo i piedi li faceva grandi e uguali. Egli, inoltre, esclude che la Madonna potesse apparire distesa di fronte ai Magi, perché sarebbe stato poco dignitoso.
Il presepe che vediamo è una rappresentazione di intensa spiritualità, ben diversa dalle opere monumentali che a Roma si diffusero a partire dal Rinascimento nelle chiese e nei monasteri, raggiungendo in età barocca livelli di singolare spettacolarità. Ci si può ravvisare un’essenzialità che si rifà ai Vangeli, pur mettendo insieme due episodi come se fossero contemporanei: la Natività e l’Epifania. Del resto anche i sarcofagi paleocristiani con lo stesso tema, conservati nei Musei Vaticani, raffigurano le due scene contemporaneamente, con la caratteristica presenza del bue e dell’asinello presso la mangiatoia e i tre Magi in corteo davanti alla mangiatoia o davanti alla Madonna, che è sempre raffigurata seduta.
Mentre i Magi dei sarcofagi sono tutti uguali, imberbi e con lo stesso abbigliamento orientale, i tre Magi di Arnolfo si differenziano nella postura e gestualità e danno l’idea di tre diverse età (uno giovane, uno maturo e uno vecchio).
Quando il cardinale francescano Felice Peretti Montalto, un anno prima di essere eletto papa col nome di Sisto V (1585-1590), decise di far costruire sul lato destro della basilica la sua grandiosa cappella di famiglia, dedicata al SS. Sacramento e nota come Cappella Sistina, incaricò dei lavori il suo architetto Domenico Fontana, che ideò un ingegnoso sistema per spostare il primitivo Oratorio del Presepe al centro della Cappella Sistina, calandolo in una cripta, cui si accede da scenografiche scalette (attualmente considerate non a norma).
Le sculture del Presepe, all’epoca ritenute vecchie e fuori moda (l’artista sarà poi rivalutato agli inizi del Novecento), vennero collocate entro un piccolo “nicchio quadro”, posto dietro l’altare dell’Oratorio, e da lì sono state smurate per il restauro.
Così come lo vediamo ora, l’antico oratorio, dotato di un altare cosmatesco, appare nell’ombra mentre è ben illuminato l’arcosolio con due figure di Profeti, realizzate a rilievo da Arnolfo di Cambio, che ricordano gli Assetati di Perugia. Al di sopra dell’Oratorio del Presepe si erge lo splendido Tabernacolo del SS. Sacramento (datato 1590), restaurato dallo stesso Sante Guido, forse il più bello tra tutti i tabernacoli romani. La sua forma richiama la maestosa cappella con alta cupola voluta da Sisto V, sorretta da quattro angeli di bronzo dorato.
Si tratta di un’opera edificata seguendo le norme impartite dal Concilio di Trento, esposte in un testo di San Carlo Borromeo, che prevedevano per i tabernacoli una forma architettonica e l’utilizzo di materiale prezioso e pietre dure. Ricordiamo che questo tempietto è stato realizzato da Ludovico del Duca, allievo di Michelangelo, mentre i quattro angeli sono di Sebastiano Torrigiani.
Sisto V, per quanto considerato a suo tempo un papa dal carattere imperioso e duro (i romani lo chiamavano “Er Papa tosto”), nel suo monumento funebre (opera del Valsoldo) si è fatto raffigurare in ginocchio, con lo sguardo abbassato verso il SS. Sacramento e il sottostante Oratorio del Presepe, dove erano le reliquie della Grotta di Betlemme. Le reliquie sono state poi fatte spostare da Pio IX (1846-1878) sotto l’altare maggiore della Basilica.
Non potendo più collocare il Presepe arnolfiano nel suo Oratorio, dove non avrebbe avuto visibilità e oltretutto con un accesso ora impensabile, per via delle pericolose scalette, si è pensato di sistemarlo nell’altare di San Girolamo, nella prima cappellina a sinistra all’interno della Cappella Sistina, dove una grande tela ricorda il grande Padre della chiesa, traduttore della Bibbia, nel suo abbigliamento da asceta.
La scelta non è casuale, perché San Girolamo (347-420) trascorse gli ultimi 34 anni della sua vita a Betlemme e si fece seppellire vicino alla Grotta della Natività. Anche le sue spoglie furono poi portate a Roma, nella stessa Santa Maria Maggiore, per riposare vicino alla reliquia della culla di Gesù.
Il Presepe di Arnolfo di Cambio, strettamente legato alla mangiatoia di legno che accolse Gesù Bambino, è quindi riproposto come oggetto di culto, a partire da questo Natale 2020, nella sua chiesa, dove si svolgeva originariamente la messa di mezzanotte.
E dove per tradizione non si prepara un nuovo presepe ogni anno, perché questa è l’unica chiesa con il “Presepe” per antonomasia, cioè con la Sacra Culla.
Nica FIORI Roma 20 dicembre 2020