di Claudio LISTANTI
Notevole successo per il ritorno di Myung-Whun Chung nei concerti dell’Accademia di Santa Cecilia
Uno degli avvenimenti più importanti di questo primo scorcio del 2025, in risalto nella già cospicua ed interessante stagione concertistica 2024-2025 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, è stato senza dubbio il ritorno all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Myung-Whun Chung, protagonista di due concerti consecutivi. Con l’occasione il direttore sudcoreano, alla guida dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ha rinnovato il successo e la stima reciproca con il pubblico che lo ha sempre apprezzato nel periodo 1997-2005 quando ha ricoperto la carica di Direttore Principale dell’orchestra ceciliana ottenendo continui e molteplici successi.
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Ovviamente nel corso degli anni successivi al suo incarico Chung è tornato più volte, e con successo, sul podio della prestigiosa orchestra romana ma i due concerti inseriti nella stagione concertistica in corso, a nostro giudizio, sono stati particolarmente significativi per valorizzare ancor di più l’arte del direttore soprattutto in relazione alla risposta del pubblico che è accorso numerosissimo a questi due appuntamenti.
In occasione dei due ultimi concerti (ci riferiamo alle esecuzioni di sabato 11 e sabato 18 gennaio) abbiamo avuto il piacere di registrare una massiccia presenza di pubblico, come non ci capitava da diversi mesi, che ha occupato anche le poltrone collocate nel retropalco. Tutto ciò è certamente il risultato dei brani scelti per l’esecuzione ma anche della stima verso l’arte direttoriale di Chung da parte del pubblico che, in entrambe le occasioni, è rimasto incantato dalla fluidità e dalla cantabilità dell’esecuzione.
Nel primo concerto era prevista l’esecuzione del Concerto in re maggiore per violino e orchestra, op. 77 di Johannes Brahms e della Sinfonia n. 7 in la maggiore, op. 92 di Ludwig van Beethoven. Il programma inoltre è stato arricchito dalla presenza di uno dei solisti più in vista di oggi, il violinista armeno Sergey Khachatryan. Un concerto particolarmente attraente che è stato eseguito anche al Lingotto di Torino in una di quelle tournée alla quali l’Accademia di Santa Cecilia frequentemente partecipa.
La prima riflessione che scaturisce dopo l’ascolto di questo concerto è relativa al programma presentato. Come il nostro lettore avrà notato si tratta di due capolavori popolari e conosciuti da una larghissima parte del pubblico. Nel corso della nostra frequentazione delle stagioni di Santa Cecilia che dura ormai da diversi decenni, spesso il pubblico degli appassionati giudica le stagioni ceciliane poco interessanti nei contenuti a causa delle proposte musicali orientate, a loro dire, verso il grande repertorio. I due concerto di Gennaio, con i due brani eseguiti, che le note del programma di sala ci dicono presenti decine di volte ognuno nelle stagioni ceciliane, hanno registrato, come dicevamo, una presenza massiccia di pubblico, segno molto evidente del gradimento del programma presentato oltre, ovviamente, all’elemento attrattivo degli interpreti chiamati ad eseguirli.
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Per quanto riguarda nello specifico il brahmsiano Concerto in re maggiore per violino e orchestra, op. 77, posto come brano di apertura, ha messo in risalto le particolari doti virtuosistiche del violinista armeno Sergey Khachatryan, vero e proprio fenomeno che nella sua carriera ha ottenuto diversi riconoscimenti per la sua arte tra i quali la vittoria, nel 2000 a 15 anni, dell’International Jean Sibelius Competition di Helsinki risultando il più giovane strumentista ad aggiudicarsi il premio, rafforzando il suo palmares con il primo premio, nel 2005, nella Queen Elisabeth Competition di Bruxelles.
Qui a Santa Cecilia ha messo in evidenza una linea esecutiva del tutto raffinata frutto di una ottima tecnica violinistica che gli consente di porre all’ascolto del pubblico una continuità di suono dove leggerezza ed eleganza ne sono i pregi principali per una esperienza sonora tanto seducente quanto ammaliante.
Il Concerto di Brahms è uno dei cardini della letteratura musicale per violino e orchestra. Siamo nel 1878 (anno di composizione) e la dedica a Joseph Joachim ne certifica l’attenzione con la quale il musicista amburghese ha composto questo capolavoro. Una delle peculiarità dell’opera 77 è il dialogo tra strumentista ed orchestra ed è l’elemento che in questa esecuzione è stato trascurato sbilanciandola più verso la parte violinistica togliendo quell’elemento di unitarietà di insieme condotto da quel dialogo poco prima accennato. Grande successo personale per Khachatryan osannato dal pubblico e più volte chiamato al proscenio.
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Nella seconda parte del concerto sono emerse con forza le qualità direttoriali di Chung. Grazie alla specificità della Sinfonia n. 7 in la maggiore, op. 92 e della sua principale caratteristica che Wagner sintetizzò considerandola “apoteosi della danza” per il ruolo fondamentale assunto dal ‘ritmo’ che nel quarto movimento si esplicita con il trascinante Allegro con brio che Chung ha eseguito con intensità grazie anche al contributo fondamentale dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Ma anche gli altri tre movimenti sono stati caratterizzati dall’intensità dell’insieme e dalla incessante ‘cantabilità’ del Poco sostenuto inziale risultato impalpabile e raffinato preludio ai due seguenti movimenti, l’elegante Allegretto e il vivacissimo Presto che sfociano in quella trascinante ‘apoteosi’ del finale.
Esecuzione intensa, come accennato, che il pubblico ha apprezzato applaudendo a lungo Chung assieme a tutta l’orchestra.
Nel successivo concerto la locandina prevedeva altre due grandi pagine musicali. In apertura Franz Schubert con la Sinfonia n. 8 in si minore “Incompiuta” D. 759 e chiusura con lo Stabat Mater per soli coro e orchestra di Gioachino Rossini.
Composizioni tra loro distanti nella poetica sia per i diversi generi musicali ai quali appartengono sia per le specificità dei due compositori. Chung ha saputo imporre all’esecuzione una certa unitarietà nel proporle mettendone in risalto la loro immensa qualità musicale. La Sinfonia di Schubert, composta nel 1822 non ebbe completamento da parte dell’autore per motivi non accertati e, fortunatamente, ha resistito ai tentativi di completamento a volte tentati post mortem. Ci restano due movimenti completi e l’abbozzo di un terzo movimento per una composizione rinvenuta diversi decenni dopo la morte di Schubert. Per questa sua condizione risulta all’ascolto enigmatica, possedendo tutto il fascino che emanano i grandi capolavori ‘incompiuti’ sia nel campo della Musica sia dell’Arte in generale.
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Chung ha offerto una interpretazione che ha amplificato la seduzione dell’Incompiuta fin dalle prime battute con l’affascinate pianissimo di violoncelli e contrabassi che fanno sorgere la musica come provenisse dal nulla per raggiungere progressivamente l’Andante con moto del secondo e ultimo movimento, pieno di contrasti e di un felice dinamismo che si spegne progressivamente verso il senso di sospensione finale, regalando l’impressione di una composizione pienamente matura e, in fondo, autosufficiente. Chung con la sua esecuzione ha privilegiato efficacemente questo tipo di lettura con una interpretazione intensa, densa e penetrante.
Nello Stabat Mater di Rossini, composizione più orientata verso la monumentalità e la drammaticità di un momento tragico che descrive la condizione spirituale di Maria ai piedi della Croce. Chung ha lavorato per rendere la teatralità del momento che Rossini, compositore a vocazione operistica, ha impresso con un certo vigore al suo capolavoro. Scritta sulla base del testo che la tradizione attribuisce a Jacopone da Todi, la composizione occupò, attraverso varie circostanze, circa dieci anni della vita di Rossini dal 1831 al 1841, periodo susseguente all’abbandono del teatro d’opera che il pesarese lasciò nel 1829 dopo il Tell.
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È una composizione di stampo monumentale, scritta quindi per un vasto organico che comprende quattro voci soliste, coro misto e, oltre agli archi, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani. Ne scaturisce un’architettura musicale di vaste proporzioni con 10 brani, un’aria per ogni voce, un quartetto di voci soliste, un duetto e diversi brani per coro dei quali uno ‘a cappella’.
Chung ha fornito una esecuzione piuttosto accurata, rispettosa della parte monumentale come dei momenti più lirici con una intensa direzione che si è articolata con efficacia dall’Introduzione iniziale all’Amen ed al fugato finale, evidenziando una perfetta intesa tra orchestra, coro e solisti come di rado capita di sentire.
Di rilievo il quartetto di solisti ognuno dei quali ha fornito una prova più che valida considerando anche che alla prima dello Stabat, avvenuta a Parigi il 7 gennaio 1842, parteciparono stelle del canto tra i quali la celebre Giulia Grisi ed il tenore Giovanni Matteo De Candia conosciuto con il nome di Mario. Nei due ruoli femminili hanno brillato il soprano Chiara Isotton e il mezzosoprano Teresa Iervolino sia nelle rispettive arie che nel duetto a loro dedicato (Quis est homo) così come il basso Adolfo Corrado dalla corposa voce che ha esibito nell’aria Pro peccatis suae gentis. Per la parte del tenore soddisfacente la prova del sudafricano Levy Sekgapane, cantante giovane e dal repertorio già esteso e tendente al belcanto, per nulla intimorito dalla serata che segnava il suo debutto a Santa Cecilia, riuscendo ad affrontare con sicurezza, e una certa eleganza, le note asperità del Cujus animam.
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Di grande rilievo la prova del Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia guidato da Andrea Secchi che ha affrontato il ruolo determinante per questa composizione con evidente autorevolezza che si è manifestata particolarmente nel coro a cappella Quando corpus morietur e nell’Amen. In Sempiterna saecula.
Myung-Whun Chung ha dimostrato di aver ben preparato il concerto compiendo un ottimo lavoro non solo sulla parte strumentale ma anche su quella vocale e corale, ottenendo così un efficace amalgama tra tutte le componenti dell’esecuzione per un notevole risultato sonoro che si è registrato in tutte e due le esecuzioni.
Al termine lunghi applausi ed ovazioni non solo per gli interpreti ma anche per lo stesso Chung che è stato a gran voce osannato anche da tutti i componenti di coro e orchestra. Un successo personale che conferma e rafforza il filo che lo lega all’Accademia di Santa Cecilia, ai suoi complessi artistici ed al suo pubblico.
Claudio LISTANTI Roma 2 Febbraio 2025