Il ritorno di Harnste. Rinvenuta un’iscrizione con questo nome in un elmo etrusco conservato a Villa Giulia

di Nica FIORI

“Il ritorno del guerriero”.

Con questa espressione, che richiama alcune raffigurazioni pittoriche di un antico passato, il direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia Valentino Nizzo ha voluto chiamare la straordinaria scoperta di un’iscrizione etrusca incisa entro un elmo, venuto alla luce nel 1930 nella tomba 55 della necropoli dell’Osteria di Vulci ed esposto nelle sale del museo a partire dal 1935, insieme al resto del corredo tombale.

1 Elmo Villa Giulia t. 55

Questa emozionante scoperta racconta una pagina inedita della vita di un guerriero sepolto a Vulci e offre nuovi dati per la ricostruzione dell’arte della guerra nel mondo etrusco-italico della metà del IV secolo a.C.: un secolo che vede nella nostra penisola la drammatica calata dei Galli, guidati da Brenno, e due delle tre guerre sannitiche.

Gli scavi nella necropoli dell’Osteria sono stati effettuati da Ugo Ferraguti, un ricco imprenditore appassionato di archeologia che li finanziò, e dall’esperto archeologo Raniero Mengarelli, che aveva già scavato a Cerveteri. Si trattava delle prime indagini archeologiche condotte con metodo scientifico moderno nell’antica città etrusca, dopo secoli di saccheggi quasi indiscriminati. Le necropoli di Vulci, infatti, sono state oggetto di interesse per tutto l’Ottocento, a partire dalle prime scoperte da parte di Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone. Pensiamo anche alla “Tomba François” (340-330 a. C.), scoperta nel 1857 dall’archeologo Alessandro François, celebre per i suoi splendidi affreschi, poi staccati e resi di fatto non visibili dai Torlonia.

Gli scavi di Ferraguti e Mengarelli portarono alla luce anche la cosiddetta “Tomba del guerriero” (tomba 47), il cui corredo, pure esposto a Villa Giulia, comprende un’armatura da oplita, che è tra le più complete rinvenute in Etruria, e il cui elmo da parata venne ritrovato ancora appeso alla parete con il suo chiodo. Si tratta di un tipo di elmo caratteristico del mondo etrusco e prodotto a Vulci, che era famosa per la lavorazione del bronzo, anche se viene detto “Negau” da una località della Slovenia dove sono state rinvenute decine di esemplari di questo tipo agli inizi dell’Ottocento. È un oggetto particolarmente pesante, riccamente decorato in cima alla calotta con la figura di Bellerofonte e con Acheloo e Tifeo nelle applique laterali, indossato da un guerriero della fine del VI secolo a.C.

L’elmo della tomba 55 è di un tipo diverso, con paranuca e due dischetti di bronzo fuso, decorato a centri concentrici, per la protezione dei lobi auricolari. Si tratta di un modello di elmo il cui uso non durò molto, perché nel secolo successivo gli venne preferito per motivi funzionali il tipo celtico detto “Montefortino”, particolarmente popolare nel mondo italico e anche nella Roma repubblicana.

2 Elmo Villa Giulia t. 55, (foto M. Benedetti)

L’iscrizione, nascosta all’interno del paranuca, era finora sfuggita all’attenzione di tutti, forse per la morte prematura di entrambi gli scopritori. Ma quando, in seguito a una richiesta di digitalizzazione degli elmi per ricavarne modelli digitali, l’elmo è stato prelevato dalla sua vetrina, l’archeologa Giulia Bison ha notato alcune lettere e, dopo un’accurata pulitura da parte della restauratrice del museo Miriam Lamonaca, è stato possibile leggerle tutte. I risultati dello studio scientifico dell’iscrizione da parte di Valentino Nizzo e una sua prima proposta interpretativa appariranno sul numero in uscita della rivista Archeologia Viva. Uno studio più approfondito uscirà su Sicilia antica, un volume dedicato allo scomparso Mario Torelli, che è stato il primo a studiare la sodalità tra i guerrieri, che, se particolarmente abili, potevano anche diventare re.

3 Elmo Villa Giulia t. 55,  (elab Miriam Lamonaca)

Come ha spiegato Nizzo, la lettura dell’iscrizione non comporta particolari difficoltà e consente di ricostruire una sequenza completa di 7 lettere disposte ai lati di un ribattino: HARN STE. L’insieme va letto molto probabilmente come un’unica parola: quasi certamente un gentilizio per analogia con altre iscrizioni rinvenute su elmi e caratterizzate da una collocazione simile. La presenza all’interno doveva, infatti, essere nota solo a chi utilizzava l’elmo e presumibilmente doveva indicare il suo proprietario. Questo rafforzava il senso di appartenenza di un oggetto di vitale importanza che, nel nascondere le sembianze del guerriero e nel proteggerlo, diveniva la sua proiezione metaforica.

Se si escludono gli esemplari con dediche votive e un gruppo di 60 elmi (su 150) tutti contraddistinti dal medesimo gentilizio rinvenuti sull’acropoli di Vetulonia nel 1904, sono circa una decina le armi di questo tipo caratterizzate da iscrizioni come quella appena individuata, documentate in ambito etrusco e italico tra il VI e il III secolo a.C.: si tratta, dunque, di un tipo di evidenza molto rara che offre informazioni fondamentali per la ricostruzione dell’organizzazione militare e dell’evoluzione dell’arte della guerra nell’Italia preromana.

4 Elmo Villa Giulia t. 55, (foto M. Benedetti)
5 Elmo Villa Giulia t. 55, (foto M. Benedetti)
6 Elmo Villa Giulia t. 55, (foto M. Benedetti)

La deposizione dell’elmo nella tomba può essere datata intorno alla metà del IV secolo a.C. in base al suo esame tipologico e alle informazioni fornite dagli altri oggetti del ricco corredo della tomba 55, tra cui due vasi di importazione attica (all’epoca rarissimi perché l’importazione della ceramica attica cessa proprio nel IV secolo a.C.), una punta di lancia, uno strigile, anfore da trasporto, vasi in bronzo con funzione di attingitoi. Come ha precisato Nizzo, per datare un corredo si fa riferimento all’oggetto più recente e in questo caso si tratta di una coppa per il vino.

7 Elmo Villa Giulia t. 55, (foto M. Benedetti)
Interno dell’elmo

Non è possibile, invece, stabilire con certezza se il nome conservato coincida con quello del suo ultimo proprietario. Se i guerrieri potevano viaggiare come mercenari alle dipendenze del migliore offerente, ancora di più potevano viaggiare le loro armi, donate come premio o acquisite come preda di guerra.

L’elmo è stato deposto nel sepolcro del suo proprietario a Vulci, ma molti indizi portano a cercare le sue origini in un’altra città, Perugia, dove è documentato il maggior numero di esemplari di questo tipo di arma, che appare come una via di mezzo tra i più antichi elmi tipo “Negau” di tradizione etrusca e quelli cosiddetti “Montefortino”. Tale provenienza sembrerebbe confermata dal gentilizio restituito dall’iscrizione, molto simile a quello documentato in un’epigrafe latina rinvenuta nei pressi del celebre ipogeo dei Volumni di Perugia e appartenuta a una donna di origini etrusche vissuta nel I secolo a.C.: Thania Harnustia.

Altre analogie possono essere ravvisate anche con i gentilizi Havrna, Havrenies/Harenies attestati agli inizi del III secolo a.C. a Bolsena, a metà strada tra Vulci e Perugia.

Il Direttore Valentino Nizzo davanti al corredo della tomba 55

Ma è proprio a Perugia che sembra ricondurci l’origine del nome, ipotizzando una sua correlazione con il toponimo Aharnam, menzionato da Tito Livio (X, 25.4) come sede di un accampamento romano alla vigilia della celebre battaglia delle Nazioni avvenuta presso Sentino nel 295 a.C. È infatti assai probabile che il piccolo centro etrusco-umbro menzionato da Livio vada identificato con la moderna Civitella d’Arna, vicinissima a Perugia.

Il gentilizio del nostro guerriero si sarebbe dunque potuto formare traendo origine dal nome della città di cui era originario, come testimoniano diverse iscrizioni su armi, anche a seguito della mobilità dei militari e della loro eventuale propensione a essere chiamati con il nome del luogo di provenienza. E a questo proposito Nizzo ha ricordato il celebre film di Ridley Scott “Il gladiatore”, il cui protagonista veniva acclamato dal pubblico dell’arena come “Hispanico”.

Il nome Harnste potrebbe essere quello di un mercenario umbro, assolutamente plausibile in un periodo in cui il popolo etrusco organizzava i propri eserciti reclutando anche mercenari. Un mercenario che potrebbe aver fatto fortuna a Vulci e sarebbe stato qui sepolto in una ricca tomba. Ma potrebbe anche trattarsi del nome di un guerriero ucciso su un ignoto campo di battaglia e del cui elmo si sarebbe impadronito un suo rivale vulcense.

Grazie alla scoperta di questa iscrizione, il visitatore del museo potrà ora emozionarsi pensando a un uomo reale che 2400 anni fa ha posseduto quell’elmo, affidando ad esso la sua vita, e non più al freddo e anonimo numero di una tomba.

Nica FIORI  Roma 30 dicembre 2o21

Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

Piazzale di Villa Giulia 9, Roma

Dal martedì alla domenica ore 8,30-19,30 (ultimo ingresso ore 18,30)

Biglietto: intero 10€; ridotto 2€

https://www.museoetru.it/