di Francesco MONTUORI
Migranti sull’About
di M. Martini e F. Montuori
Il Monte Sant’Angelo che domina dall’alto dei suoi 227 metri la città di Terracina, è la parte più avanzata della catena dei Monti Ausoni che si dipana nel Lazio meridionale; a Terracina essi per la prima ed unica volta si affacciano sul mare Tirreno. L’altura ha quindi costituito, sin dai primi tempi storici, un formidabile sbarramento naturale di contrasto alla penetrazione verso Roma delle tribù volsce.
Alla fine del IV secolo a.C. il tracciato della via Appia superò a nord il Monte Sant’Angelo e nello stesso periodo la sommità dell’altura venne destinata a scopi religiosi e militari. Il santuario di Monte Sant’Angelo, ispirato alla grande architettura scenografica ellenistica, sorse dunque in primo luogo come struttura militare di protezione a sud di Roma (fig.1).
Fu costruita una nuova cinta muraria con nove torri circolari ed un camminamento di guardia nella sommità delle mura, protetto da un parapetto da cui è possibile sorvegliare l’area montana, sbarrare la via Appia a est della città e collegare il santuario all’abitato di Terracina.
La tecnica costruttiva del santuario di Monte Sant’Angelo, realizzato in opera incerta, ha permesso di definire la sua datazione ai primi decenni del I sec. a.C., in concomitanza della guerra civile fra Mario e Silla.
Il complesso conta tre distinti terrazzamenti: la Terrazza superiore, detta “campo trincerato” (fig.2) a prevalente funzione militare;
tre bracci di un portico a C, formano il campo militare propriamente detto; il lato sud aperto verso il mare, il braccio nord con funzione difensiva munito di un avancorpo e due torrioni laterali di avvistamento. Nel lato della terrazza aperto verso il mare sono state rinvenute le fondazioni di un piccolo tempio in antis, una tipologia di tempio ancora arcaica di origine ellenistica.
La Terrazza mediana ospita la costruzione più propriamente religiosa del santuario; l’area pianeggiante è ottenuta livellando parzialmente la roccia e costruendo un imponente porticato a valle, verso il mare (fig.3). Penetrando dalla terrazza superiore si presentava, nella terrazza mediana, un edificio rettangolare con portici, luogo di sosta e riposo per i pellegrini; in asse con i portici, al centro del terrazzamento, era il Tempio di Giove Anxur. Mentre il terrazzamento è orientato secondo l’orografia del terreno, motivi cultuali imposero di orientare l’edificio sacro a sud.
Si tratta di un tempio pseudo periptero, con semicolonne laterali lungo i muri della cella, esastilo, quindi con sei colonne su fronte, di ordine corinzio, con capitelli a foglie d’acanto. Sulla destra del tempio era un’edicola a proteggere l’oracolo, una roccia naturale provvista di un foro superiore comunicante con una cavità sottostante. Da qui vaticinava la divinità venerata nel santuario.
Una scala di collegamento univa la Terrazza mediana con gli ambienti dell’imponente basamento sostruttivo fondato sulla roccia del monte (fig.4) Il basamento, la parte più visibile e spettacolare del santuario, è costituito da un complesso di dodici possenti arcate che definiscono grandi ambienti.
Il primo ambiente, addossato alla roccia, è un corridoio o criptoportico, coperto a botte che corre da un estremo all’altro della sostruzione. Esso è costituito da dodici alte arcate che formano altrettanti ambienti voltati che si aprono nella facciata verso il mare. Le arcate sono impostate su una terza terrazza che si appoggia sul terreno e corre per tutta la lunghezza del basamento; a due terzi del loro sviluppo presentano un antro che è stato interpretato come la grotta oracolare connessa al culto del tempio superiore.
A fianco del grande tempio di Giove Anxur è l’area dove si ergeva il “piccolo tempio”. Si tratta di un complesso che, in dimensioni minori, ripropone lo stesso sistema architettonico del Tempio maggiore. Dal tempio di Giove Anxur di Terracina si gode di un imponente paesaggio che va dal Monte Circeo alle isole pontine fino al golfo di Napoli (fig.5).
Il Santuario di Monte sant’Angelo è il primo di una serie importante di santuari che verranno realizzati fra il II e il I sec. a.C. nel Lazio meridionale: Tibur, Praeneste, Gabi, Fregellae, Lanuvium. Il santuario di Pegamo, oggi al Museo di Berlino (fig.6), fu, in epoca ellenistica, capitale dell’omonimo regno sotto la dinastia degli Attalidi. Sarà il modello a cui si ispireranno i santuari del Lazio meridionale.
La ragione più convincente che favorì le numerose costruzioni di santuari nel Latium vetus risiedeva nella possibilità di attrarre pellegrini che portavano offerte in denaro ed ex voto, spesso in oro ed argento. I pellegrini che si recavano ai santuari avevano bisogno di alloggi, di cibo, di prestiti in denaro. Uomini politici, ricchi mercanti, senatori, personalità della nobiltà repubblicana erano interessati alle donazioni come mezzo di affermazione sociale e politica. Accrescevano così il loro prestigio, si accattivavano la benevolenza dei sacerdoti e delle divinità, e si ammantavano di un forte carisma individuale spesso in funzione se non esplicitamente antiromana, almeno in polemica nei confronti di Roma.
I Santuari offrivano servizi di locanda a pagamento e servizi bancari e la nobiltà repubblicana utilizzava a fini politici e di personale propaganda l’architettura e le arti figurative che caratterizzarono santuari molto spesso imponenti.
Dal punto di vista della tipologia architettonica essi erano costituiti da tre fondamentali elementi: il portico, il tempio, la cavea per le manifestazioni religiose.
Il santuario di Ercole Vincitore a Tibur (Tivoli), di tipologia chiaramente ellenistica, sarà uno dei complessi più significativi dell’architettura romana di epoca repubblicana (fig.7).
Vi venivano venerati sia Hercules Victor, protettore dei commerci e della transumanza delle greggi sia Hercules Saxamus, protettore delle attività estrattive del travertino romano. Qui Augusto vi amministrò la giustizia in numerose occasioni.
La grande pianta rettangolare a più livelli articola lo spazio sacro o temenos del piazzale superiore; al centro dello spazio sacro ma in posizione arretrata era il grande tempio su un alto podio perché fosse ben visibile da Roma; lungo i tre lati del perimetro due ordini di portici ospitano le botteghe ed i servizi per i pellegrini mentre il quarto lato rimaneva aperto verso la campagna romana; le gradinate del teatro, adagiato sulla collina più in basso erano utilizzate per le cerimonie religiose. Scale interne permettevano di raggiungere la cosidetta via Tecta, o strada sotterranea, che attraversava tutta l’area sacra da nord-est a sud-ovest, permettendo di raggiungere i vasti locali sotterranei del santuario. Straordinaria creazione dell’architettura voltata di epoca romana la via tecta divenne uno dei massimi esempi dell’orrido romantico ante litteram, del quale sarà interprete inimitabile Giovanni Battista Piranesi.
Il santuario della Fortuna Primigenia di Praeneste (fig.8) la moderna Palestrina, fu costruito verso la fine del II sec. a.C. probabilmente grazie a cittadini desiderosi di fare una donazione dopo aver accumulato ingenti flussi di denaro in seguito alla guerra ed ai traffici commerciali instaurati con i paesi orientali.
Il santuario era celebre in tutto il mondo romano per il culto della Fortuna Primigenia, si articola su sei terrazze artificiali edificate sulle pendici del monte Ginestro collegate fra loro da rampe e scalinate di accesso che si concludono nell’ultima terrazza con una cavea teatrale su cui si fondava il portico di fondo. Sopra quest’ultimo porticato e nella cavea dell’ultima terrazza, sorse nel XII secolo, ad opera dei Colonna, il Palazzo Colonna Barberini ricostruito nel 1640 nelle forme attuali da Taddeo Barberini. E’ attualmente sede del Museo Archeologico Prenestino (fig.9).
I santuari di Fregellae, Lanuvio, Gabi
Il santuario di Fregellae, databile alla metà del II sec.a.C. è il più antico del santuari laziali (fig.10) In posizione periferica rispetto alla città, era dedicato ad Esculapio, dio della medicina. Segue la tipologia ufficiale sancita dai santuari ellenistici: un complesso di terrazze delimitate da un porticato a forte effetto scenografico che degradano da una collina e si aprono verso la città si concludono con una cavea per gli spettacoli religiosi.
Il santuario di Giunone Sospita Lanuvina fa eccezione in quanto databile tra il 66 e il 62 a.C.(fig.11).
Fu costruito da Licinio Murena, console nel 62 e primo cittadino di Lanuvio ad ottenere il consolato. La divinità di Lanuvio è una sorta di dea personale, alla stregua delle varie Veneri Vincitrici e Genitrici che, nella Roma fra Silla e Cesare si inseriscono nella religione di stato romana. Si potrebbe parlare di una vera e propria teologia della vittoria. Rimane ancor oggi ben visibile un portico diviso in arcate con semicolonne doriche che introduce alla grotta ove era custodito il serpente sacro a Giunone Sospita. Narra Properzio che nel santuario di Lanuvio si svolgesse ogni primavera un rito propiziatorio per i raccolti nei campi agricoli.
Il santuario di Giunone a Gabi, città che sorse in località Castiglione, in prossimità di Roma fra Tor Bella Monica e Palestrina (fig.12) La città si sviluppò nell’età repubblicana favorita dalla vicinanza della via Prenestina. Anche se il luogo non presenta dislivelli accentati, il santuario segue rigorosamente la tipologia ufficiale: l’area sacra è delimitata da un triplice portico a ferro di cavallo che ospitava le botteghe per i pellegrini; il tempio sorge in posizione centrale su un alto basamento; l’area sacra è configurata come una piazza alberata per ricordare il bosco sacro che in origine occupava la breve collina. L’organizzazione sull’asse di simmetria si conclude con una gradinata semicircolare per gli spettacoli sacri, rispettando il dettato dei coevi esempi ellenistici.
Dalla complessità e la rilevanza architettonica dei santuari tardo repubblicani emerge una potente valenza di organizzazione spaziale. Le città ne sono profondamente caratterizzate ed oggi noi le ricordiamo essenzialmente per i loro santuari. Un grande architetto moderno americano, Louis Kahn, influenzato dal santuario di Praeneste, concepì nel 1972 un centro culturale, il Pocono Art Center, destinato alle arti plastiche ed alle arti dello spettacolo, sui contrafforti dei monti Poconos (fig.13);
comprendeva sale di spettacoli, un teatro all’aperto spazi espositivi e ateliers per artisti. I santuari laziali offrirono il modello urbano più appropriato per grandi spazi dei deserti americani che richiedevano una vasta e complessa organizzazione spaziale.
Il santuario di Giove Anxur a Terracina ha una struttura architettonica in grado di organizzare virtualmente grandi e illimitati spazi, città e campagne. La sua collocazione sulla sommità del Monte Sant’Angelo ne fa un punto di riferimento di un vasto territorio. Sorprende che da un esame geografico dell’antico Lazio meridionale (fig.14) si rilevi il perfetto allineamento dei più imponenti santuari di Tibur e di Praeneste con il Tempio di Anxur a Terracina.
E’ il culto delle divinità che misura e costruisce un territorio o è solo casualità?
Francesco MONTUORI Terracina (LT) 2 Agosto 2020