Il “Seppellimento di Santa Lucia” di Caravaggio e l’uso della riproduzioni digitali (con una dovuta precisazione).

di Francesca SARACENO

La controversa vicenda del prestito del Seppellimento di santa Lucia del Caravaggio (fig. 1) al MART di Rovereto nel 2020, continua a spandere la sua eco “avvelenata” anche a distanza di cinque anni.

1 Caravaggio, Il Seppellimento di Santa Lucia, 1608, Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, Siracusa.

Si apprende, infatti, da alcuni articoli pubblicati pochi giorni fa su altrettante testate siracusane[1], che Giovanni Di Lorenzo, presidente dell’associazione culturale Dracma, il 5 dicembre scorso aveva richiesto al FEC (Fondo Edifici di Culto) l’accesso agli atti per verificare collocazione e uso delle due riproduzioni digitali dell’opera siracusana, realizzate da Factum Arte proprio in occasione dell’esposizione del 2020 in Trentino. In un primo momento la richiesta era stata respinta ma, dopo il ricorso, il presidente di Dracma ha potuto visionare, presso gli uffici del FEC al Viminale, la documentazione richiesta, dalla quale è emerso un uso – per così dire – “disinvolto” delle due riproduzioni. Secondo quanto appurato da Di Lorenzo, le due copie digitali del Seppellimento sono state esposte in tre mostre italiane: al Premio Pio Alaferano di Castellabate (SA) il 4 settembre 2021, alla mostra “Fakes Da Alceo Dossena ai falsi Modigliani” di Ferrara (dal 7 aprile al 25 settembre 2022), e a Lucca per la mostra “I Pittori della Luce. Da Caravaggio a Paolini” dall’8 dicembre 2021 al 2 ottobre 2022.

Di tali esposizioni Di Lorenzo stigmatizza soprattutto quella di Lucca dove, pare, non fu specificato che si trattava di una riproduzione digitale e non del dipinto originale; in tal modo traendo potenzialmente in inganno i visitatori che, solo dopo aver pagato il biglietto, avrebbero saputo cosa stavano vedendo. Pratica, questa, drammaticamente diffusa negli ultimi anni, anche in contesti ben più “borghesi”, dove circuire un pubblico chiaramente inesperto con “chimerici” Caravaggio, è diventato fin troppo semplice.

Esiste, peraltro, una terza riproduzione digitale del Seppellimento di santa Lucia, di proprietà della Cattedrale di Siracusa, realizzata però da un’altra azienda con misure più piccole, che è stata esposta nella mostra “Martyrium. Pathos e plasticismo nell’opera di Mario Minniti”, tenutasi a Belpasso (CT) dal 19 novembre al 30 dicembre 2023, insieme al Martirio di santa Lucia di Mario Minniti, in prestito dal Museo siracusano di Palazzo Bellomo, dove si conserva. E siccome ogni critica non dovrebbe mai essere scevra da autocritica, a tal proposito, colgo l’occasione per esprimere un doveroso quanto opportuno mea culpa, per aver erroneamente attribuito a Factum Arte la produzione di questa copia, in un passaggio del mio ultimo volume sul Seppellimento[2], nonostante ne avessi riportato correttamente le misure ridotte che escludevano tale “paternità”. Un transfert involontario che si è prodotto, probabilmente, anche in virtù di quanto si poteva leggere nelle schede informative di corredo alla mostra, ovvero che quella riproduzione digitale proveniva dalla chiesa della Badia, dove chi scrive sapeva dovesse trovarsi, effettivamente, una copia Factum dell’opera.

Tanto è vero che lo stesso Di Lorenzo ha chiesto formalmente al FEC che una di quelle riproduzioni digitali, già “promessa” a Siracusa, venga restituita alla città che, solo “per qualche giorno”, l’aveva custodita proprio nella chiesa della Badia a Ortigia[3].

E trovo comprensibile – benché Siracusa conservi già il dipinto originale – che si voglia ricollocare quantomeno una riproduzione fedele del Seppellimento nel luogo di maggior attrazione turistica della città aretusea, là dove, per alcuni anni, la pala d’altare è stata oggetto di ammirazione per migliaia di visitatori; andrebbe a valorizzare ancora di più un’area che, tendenzialmente, non avrebbe bisogno di ulteriori “attrazioni”, tanto è già bella e storicamente importante di suo; ma la si potrebbe considerare comunque operazione giustificabile, se non “appropriata” (come ebbe modo di scrivere Vera Greco nel 2022, auspicando però la collocazione della copia digitale al Museo Bellomo)[4], dal momento che, ad esempio, una copia fedele della Natività del Caravaggio (fig. 2) prodotta sempre da Factum Arte, ha ridato valore e bellezza all’Oratorio di san Lorenzo a Palermo, da dove l’originale fu trafugato nel 1969, colmando in tal modo un vuoto artistico importante.

Fig 2  Altare dell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo con la riproduzione digitale della trafugata Natività con i santi Lorenzo e Francesco del Caravaggio (1600). Foto: journalchc.com, credits Factum Arte.

A ogni modo, il caso sollevato da Di Lorenzo, al di là della recrudescenza delle polemiche, fornisce l’occasione per riflettere su diversi aspetti legati non solo al prestito del 2020, e non solo in riferimento alle copie Factum. Ma volendo partire proprio da queste, ciò che metterei sui due piatti della bilancia è: da un lato la possibilità di creare un reale interesse e occasioni di studio intorno all’opera, senza dover movimentare il sofferente e già troppo itinerante originale del Seppellimento; dall’altro il danno che all’originale stesso si produce offrendo al pubblico, in giro per mostre, delle riproduzioni (più o meno) conformi, rendendo così teoricamente “evitabile” vedere il dipinto a Siracusa.

Chi scrive era (ed è) tra coloro che condannarono il prestito al MART, ma perché disapprova in generale lo spostamento del dipinto siracusano, ben sapendo in quali condizioni di precarietà si trovi e i danni – potenziali o reali – che ogni movimentazione comporta. Dunque, l’idea di una (o più) riproduzioni che se ne vanno in giro al posto del tribolato dipinto originale, potrebbe sembrare una soluzione che permetta agli organizzatori di mostre di “lavorare” senza dover mettere in pericolo un’opera così fragile.

Ma se l’obbiettivo di una mostra è (o dovrebbe essere) principalmente di tipo culturale, volto – cioè – ad accrescere conoscenze e fornire occasioni di studio e/o approfondimento, c’è da chiedersi se tale obbiettivo sia davvero perseguibile attraverso una riproduzione digitale, per quanto fedele; tuttavia, come documento di memoria storica, essa rimane certamente utile, anche per successivi confronti con l’originale che, a differenza della copia, continuerà a subire l’incuria del tempo. E seppure l’obbiettivo fosse esclusivamente estetico, mirato cioè al solo apprezzamento artistico delle opere in mostra, risulta vieppiù problematico – almeno per chi scrive – immaginare come si possa trarre un vero piacere, una vera emozione, dall’osservare qualcosa che si sa non essere il dipinto vero ma un’immagine digitale – quantunque sia stato detto “difficile da distinguere” – quando è già difficoltoso apprezzare una pala d’altare fuori dal suo contesto; perché il valore complessivo di un’opera come quella si percepisce solo ed esclusivamente nel luogo per il quale è stata commissionata, e poi realizzata dall’artista.

Il contesto è – di fatto – parte dell’opera stessa, e questo vale tanto più per il Seppellimento di santa Lucia eseguito espressamente per il luogo in cui si ritiene sia stata sepolta la martire. Dunque non so quanto siano ipotizzabili “sindromi di Stendhal” al cospetto di una copia digitale, o approfondimenti culturali di rilievo. Detto ciò, è chiaro che l’uso di tali copie andrebbe meglio regolamentato, e controllato, al fine di evitare che la loro disponibilità “sostituisca”, di fatto, la visione in loco del dipinto originale; esperienza culturale ed emozionale, questa, credo insostituibile.

Inoltre, come da tempo rimarcano a Siracusa giornalisti e operatori di settore a vario titolo, tenere lontani dalla città possibili visitatori offrendo loro copie digitali fedeli, costituisce un potenziale danno economico e di immagine non indifferente, che una località a vocazione turistica certamente non può tollerare in silenzio. Il patrimonio artistico di un territorio è parte integrante di esso, ne rappresenta la storia, spesso diventa elemento identitario delle popolazioni che lo abitano. Per tale motivo è sacrosanto che venga difeso e salvaguardato il suo status di “attrattiva” culturale.

Parlando di salvaguardia, però, si apre un altro capitolo “scottante” che il prestito al MART del 2020 ha riproposto con tutto il suo carico di proclami e contraddizioni. Perché se è vero che una città ha diritto di valorizzare sul posto i propri “gioielli” d’arte, è altrettanto innegabile il suo dovere di conservarli integri nel tempo. Il che, nel caso del Seppellimento di santa Lucia del Caravaggio, purtroppo, non è mai stata una priorità. Dopo secoli di danneggiamenti subiti a causa del micidiale microclima che caratterizza, da sempre, la chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, sua collocazione originale deputata, il dipinto è stato sottoposto, nel tempo, a diversi interventi di restauro, dagli esiti spesso infelici, che in alcuni casi ne hanno inficiato la lettura complessiva e finanche l’iconografia. Solo l’ultimo, quello eseguito all’ICR di Roma tra il 1972 e il 1979, ne ha in parte ripristinato leggibilità e stabilità materiale, sebbene, anche in questo caso, con alcuni errori di valutazione nell’approccio e nel metodo, emersi successivamente grazie ai progressi della ricerca storica e scientifica; ma già a quel tempo i dirigenti dell’ICR si erano opposti al ritorno del dipinto sull’altare della chiesa del Sepolcro, consci che proprio quella collocazione avrebbe continuato a logorare l’opera nel tempo.

Così, dopo un ventennio di “sosta” presso il Museo Bellomo di Siracusa, in condizioni di conservazione più favorevoli, dai primi anni Duemila il dipinto ha iniziato a viaggiare in lungo e in largo su e giù per la penisola, quasi senza tregua, in giro per vari eventi espositivi. E quando tornava a Siracusa veniva parcheggiato ora al Sepolcro, ora alla Badia, suscitando ogni volta accese discussioni. Ma la “salute” del dipinto è rimasta pressoché sempre in secondo piano.

Ebbene, nel tempo lo stato di conservazione del Seppellimento non è cambiato in maniera sostanziale, come le sue condizioni avrebbero richiesto e come le opportunità dell’era moderna avrebbero consentito.

Proprio in occasione del prestito al MART del 2020, fu riproposta la possibilità (più volte promossa anche in passato) di conservare il dipinto all’interno di una teca climatizzata, da realizzare con parte dei fondi stanziati per l’evento espositivo, così da impedire il progressivo e inesorabile deterioramento della tela caravaggesca; tuttavia, a un certo punto della vicenda, la teca fu ritenuta non più “necessaria” e dunque inutile lo stanziamento economico previsto. Ma a questo dietro front conseguirono solo ulteriori polemiche e nessun altro opportuno, concreto impegno nel trovare il modo (e i fondi) per mettere al sicuro l’opera che, di lì a poco, sarebbe tornata nel luogo che l’aveva logorata fino al decadimento irreversibile, ancora oggi sotto gli occhi di tutti.

E allora mi chiedo a che serva un’alzata di scudi ogni volta che il Seppellimento del Caravaggio viene richiesto per mostre (più o meno importanti), adducendo tra le motivazioni anche i pericoli legati alla movimentazione dell’opera, se poi non si agisce fattivamente affinché essa non subisca più gli effetti nefasti di un microclima letale all’interno della chiesa del Sepolcro; quantunque anche alla Badia la situazione sia pressoché identica[5]. La teca, per inciso, sarebbe solo una delle soluzioni possibili; un’altra, credo, potrebbe essere climatizzare la chiesa del Sepolcro; una terza (come extrema ratio) che il dipinto torni a “risiedere” dentro un museo.

Da quando la pala d’altare, dopo l’esposizione al MART, è tornata nella sua sede originaria, con grande soddisfazione di tutti gli attori di questa storia – al di là di chi se n’è attribuito il “merito” – il solo provvedimento a scopo “cautelativo” visibile è stato prevedere un’intercapedine tra il dipinto e la parete retrostante per evitare il contatto diretto con l’umidità della superficie muraria; a questo si aggiungano un paio di ventilatori “domestici” utili solo a muovere l’aria calda e salmastra che avvolge l’edificio di culto per almeno sette o otto mesi all’anno. E se ancora in ottobre i fedeli assistono alle funzioni liturgiche agitando convulsamente i ventagli, significa che questo “impianto di climatizzazione” non sortisce alcun effetto, per loro; figurarsi per il dipinto seicentesco sull’altare.

E allora, forse, se lo stesso slancio che muove polemiche e azioni legali, muovesse finalmente anche la ricerca di finanziamenti per evitare che la chiesa del Sepolcro diventi la “tomba” del dipinto caravaggesco, oltre che della martire siracusana, non si avrebbe poi motivo – meno che mai diritto – di additare nessuno come “provinciale” o inconcludente. L’evidenza delle condizioni in cui è conservato il dipinto del Caravaggio, ancora oggi, rende vana qualunque recriminazione: senza un serio provvedimento di climatizzazione – con o senza teca – il Seppellimento di santa Lucia nella chiesa del Sepolcro è destinato a deperire progressivamente, fino a che non ne resterà che il ricordo.

Dinanzi a una tale infausta prospettiva, anche il legittimo risentimento per l’uso discrezionale delle riproduzioni digitali del dipinto, viene ridimensionato.

L’auspicio di chi scrive è che istituzioni e associazioni, non necessariamente solo siracusane, si uniscano nello sforzo comune di trovare una soluzione fattibile e definitiva per conservare finalmente in sicurezza il dipinto del Caravaggio nel luogo per il quale è stato eseguito e dove esprime il suo massimo valore, artistico e religioso, in modo da consegnarlo il più possibile integro alle generazioni future.

“Diversamente, sebbene a malincuore, pur di salvarlo potrebbe diventare davvero miglior collocazione la fredda parete di un museo[6].

©Francesca SARACENO, Catania, 9 febbraio 2025.

NOTE

[1] https://www.siracusapost.com/copie-del-caravaggio-svelati-tutti-i-passaggi-con-laccesso-agli-atti-del-presidente-di-dracma-al-viminale/?top=0  
https://www.siracusaoggi.it/il-caravaggio-di-siracusa-e-le-due-copie-conservate-a-roma-una-ritorni-alla-badia/
https://www.siracusanews.it/seppellimento-di-santa-lucia-di-lorenzo-a-roma-per-trovare-le-copie-ecco-dove-sono/
[2] F. Saraceno Il Seppellimento di santa Lucia del Caravaggio. storia, genesi e destino di un capolavoro, Etabeta, 2024, p. 60, nota 98.
[3] https://www.siracusaoggi.it/il-caravaggio-di-siracusa-e-le-due-copie-conservate-a-roma-una-ritorni-alla-badia/
[4] https://www.ilgiornaledellarte.com/Articolo/il-clone-perfetto-chi-decide-usi-leciti-e-illeciti
[5] https://www.artribune.com/arti-visive/archeologia-arte-antica/2020/11/affaire-caravaggio-sgarbi/
[6] Uno studio condotto tra il 2014 e il 2015 dal laboratorio di Fisica del CRPR, ha rivelato che “i valori di Temperatura risultano, per un’elevata percentuale di tempo, al di fuori dei range di accettabilità consigliati dalla norma, e risentono significativamente dell’influenza stagionale in entrambe le Chiese, con valori che nei mesi freddi sono tutti al di sotto del limite minimo dell’intervallo di accettabilità, e nei mesi caldi ricadono tutti al di sopra del range consigliato”; “Chiesa di santa Lucia al Sepolcro e chiesa di santa Lucia alla Badia, Siracusa. Monitoraggio microclimatico. Confronto dei parametri microclimatici”, 16 maggio 2017, www.centrorestauro.sicilia.it
[7] F. Saraceno 2024, p. 65.