Il Sole del Rinascimento, del barocco e oltre. Alcune osservazioni sull’impatto della teoria eliocentrica sulle arti visive.

di Jerzy MIZIOLEK

L’identificazione simbolica del Sole con Dio, così splendidamente presente negli scritti di Platone e dei neoplatonici, ricorre nella letteratura e nell’arte del Rinascimento.

Marsilio Ficino, figura centrale dell’accademia umanistica e neoplatonica fiorentina del XV secolo, diede particolare espressione a questa identificazione nel suo trattato Liber de Sole, scrivendo:

“Orfeo ha chiamato Apollo i vitale occhio del cielo….il Sole èl’occhio eterno che tutto vede…il Sole è regolatore di tutto…come signore [sta] in mezzo al mondo …tutto dirigendo dal trono. … penso anche – continua Ficino – che il Sole fosse la la statua visibile di Dio posta da Dio medesimo in questo tempio del mondo…il Sole, ossia Febo … secondo quel che dicevano i platonici e Dionigi [Areopagita], è la visibile immagine di Dio” (Ficino 1977, passim).

Nel primo libro De revolutionibus (I, 10) troviamo lo stesso linguaggio e la stessa esaltazione:

“E in mezzo a tutto sta il Sole… in tale splendido tempio… taluni lo chiamano lucerna del mondo, altri mente, altri regolatore. Trismegisto lo definisce il dio visibile, l’Elettra di Sofocle colui che vede tutte le cose. Così il Sole, sedendo in verità’ come su un trono regale, governa la famiglia degli astri… Tanto grande è certamente quest’opera divina del perfetto creatore supremo” (De revolutionibus, I, 10).

Queste parole sono già state analizzate da  tanti studiosi (si veda, tra l’altro: Rosen 1961; Garin 1975b; Birkenmajer/Goddu 2023).

Il Sole è uno dei simboli chiave del Rinascimento e lo ritroviamo in numerosissime opere d’arte. Era il segno onnipresente di San Berrnardino, lo vediamo nella Biblioteca di Federico di Montefeltro a Urbino, sulle facciate di Palazzo Vecchio e della chiesa di S. Maria Novella a Firenze (fig. 1), nella cappella di Sant’Agostino nel Tempio Malatestiano di Rimini (Negri Arnoldi 1965; Castelli 1984: 11-23).

Fig 1

A Roma, Copernico poté ammirare l’oculo luminoso centrale del Pantheon (Fine Licht 1968: 144, 214-218, le immagini del Sole invincibile sull’arco trionfale di Costantino il Grande e, infine, Cristo come Sole di Giustizia nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano (Miziołek 1991 e 1992/1993; Marlowe 2006) e sulla porta bronzea del Filarete nella Basilica di San Pietro in Vaticano (Lord 1976). La teoria eliocentrica dell’astronomo polacco e la sua lode del Sole, riportata nel Libro I del De Revolutionibus, si inseriscono perfettamente nella spiritualità del Rinascimento (Garin 1975; Vasoli 1977), di cui Copernico è una delle emanazioni e al tempo stesso l’esponente attraverso il suo diagramma con il Sole al centro e l’anello-sigillo con Apollo.

Un colpo d’occhio sui alcuni capolavori del Rinascimento e barocco

Ci si chiede se la cosiddetta rivoluzione copernicana, che ha dato al Sole il posto che gli spetta nel nostro universo, abbia influenzato la cultura artistica del Rinascimento e delle epoche successive. Il nuovo atteggiamento nei confronti del Sole pare riflettersi più o meno fortemente nei capolavori di Giorgione, Michelangelo, Tintoretto e altri artisti ancora. Quasi di sicuro grazie a Copernico, la nostra stella portatrice di vita cessò di essere un disco piatto con raggi dorati e divenne una sfera incandescente come, ad esempio, nella Battaglia di Issos di Albrecht Altdorfer, dipinta nel 1529 (Levey 1975: 174-178). Ma oltre il famoso dipinto i Tre filosofi di Giorgione, da tempo discusso come quello che rafigurasse l’astronomo e la nuova visione della luce, c’è ne sono altri esempi dell’impatto della visione eliocentrica del mondo?

Pare probabile che la visione copernicana si riflettesse nel Giudizio Universale di Michelangelo. Ecco cosa ne scrisse una igiustamente dimenticata storica dell’arte Karolina Lanckorońska (1898-2002) nella sua tesi di dottorato del 1926 e successivamente in un articolo del 1932/1933:

“Una componente essenziale della totalità del Giudizio Universale è il movimento. Il movimento diventa quindi un concetto fondamentale nella nostra cultura. Negli stessi anni, infatti, lontano da Roma, in un’altra parte d’Europa, in un altro tipo di creazione, un uomo scopre che cos’è il movimento e scrive De revolutionibus” (Lanckorońska 1932/1933: 130).

Sette anni dopo, nel 1940, Charles de Tolnay, che nelle sue pubblicazioni aveva più volte fatto riferimento alle ricerche della Lanckorońska, si spinse oltre, ipotizzando che Michelangelo potesse aver dato un riflesso della conoscenza della teoria eliocentrica nel suo capolavoro: ecco, il Cristo-Sole della giustizia splende con grande luminosità al centro del vortice cosmico (Tolnay 1940; id. 1960: 47-49). Ben venti anni fa Valerie Shrimplin ha aprofondito la simbologia solare, in chiave copernicana, del capolavoro di Michelangelo (Shrimplin 2000; Connor 2009: 135-143).

Vale la pena di osservare che nella copia del Giudizio Universale di Marcello Venusti  al Museo Capodimonte a Napoli (fig. 2)

Fig 2

e in una sorta di sunto su tela della grandiosa composizione michelangiolesca di Alessandro Allori vediamo Cristo-Giudice sullo sfondo di una sfera solare (fig. 3); ecco Cristo-Uomo in sembianze umane come Apollo cristianizzato (ripreso poi da Wyspiański) e in forma divina come la grande sfera di luce.

Fig 3

Va ricordato di nuovo che nel giugno del 1533 la teoria eliocentrirca di Copernico era stata esposta al papa Clemente VII da Albert Widmanstadt, suo consigliere filosofico e teologico.

“[..] io ebbi – scrive in una sua nota Widmanstadt –  in presenza di Fra Urbino, del cardinale Joh. Salviatus, di Joh. Petrus, vescovo d’Iturbe e di Mattias Curtius, medico, esposto davanti a lui [Clemente VII], nei giardini del Vaticano, la dottrina di Copernico sul movimento della Terra” (Birkenmajer/Goddu 2023: 609).

Di lì a poco il papa chiamò a Roma Michelangelo perché dipingesse il Giudizio Universale sulla parete dell’altare della Cappella Sistina. Come è ben noto De revolutionibus, pubblicato dieci anni piùtardi porta la dedica al papa Paolo III.

Il Sole del Tintoretto

Sia Lanckorońska che i suoi contemporanei videro un riflesso del pensiero astronomico di Copernico anche nell’opera del grande veneziano Tintoretto, affascinato dal capolavoro di Michelangelo.

“Ecco la luce – scrive Lanckorońska a proposito del Paradiso di Palazzo Ducale di Tintoretto – mentre si allontana dallo spettatore, ricopre le figure con una nebbia di luce sempre più fitta, che dà l’impressione di una distanza incommensurabile, e la rete di raggi copre l’intero quadro fino ai suoi ultimi bordi. Cristo è come il Sole, che dà luce a tutta quella miriade di pianeti che orbitano intorno a lui. La luce svolge qui un ruolo simile al movimento, accentrando in Cristo l’intera composizione” (Lanckorońska 1935: 271).

Pensieri simili sull’ultima opera del Tintoretto (morì nel 1597), l’Ultima Cena, si trovano nelle riflessioni di Otto von Simson, pubblicate negli atti del simposio al Smithsonian Institution per il 500° anniversario della nascita di Copernico.

“Nel 1594 – scrive lo studioso – Tintoretto dipinse come una delle sue ultime opere la grande Ultima Cena in San Giorgio Maggiore a Venezia. È il quadro più straordinario perché è disposto in modo tale che la figura centrale, Cristo, appare lontana, luminosa, mentre le figure del tutto accessorie, come i servi che servono la cena e così via, appaiono olto più vicine. Cristo è lontano, ma attira tutti i nostri sguardi verso di sé. È, per così dire, il Sole nel ‘sistema planetario’ del Tintoretto. È un quadro rivoluzionario anche dal punto di vista della composizione. Anche in questo caso, vorrei sottoporre alla vostra discussione se non vi sia questo tipo di somiglianza strutturale, di affinità, forse, tra il pensiero copernicano e il linguaggio dell’arte” (Simson in: Washington 1975: 489).

Forse il riflesso più chiaro della teoria eliocentrica di Copernico, tuttavia, è contenuto nell’enorme tela del Tintoretto che raffigura il Giudizio Universale a Santa Maria dell’Orto a Venezia (Miziołek 2023: 83-87). In alto, il Cristo seminudo che emana raggi di luce, regna sulle nuvole, con la mano sinistra alzata in segno di benedizione e la destra abbassata che condanna i dannati (fig. 4).

Fig 4

Al suo fianco si librano un giglio e una spada. Maria e Giovanni Battista sono inginocchiati in basso e intercedono per l’umanità. Questa è la scena nota come Deesis, un tema bizantino che da lì è entrato nelle rappresentazioni del Giudizio Universale. L’aspetto più importante per le nostre osservazioni è che sopra la testa di Cristo è chiaramente rappresentato un punto luminoso, con sfere intorno, come nel diagramma di Copernico. Simili sfere vediamo sopra La Coronazione della Madonna nel modello per il Paradiso conservato al Louvre.

Va ricordato, però, che nel corso del tardo antico e Medioevo venne aggiunto al pensiero cristiano l’Empireo:

“il più alto dei cieli, luogo della presenza fisica di Dio, dove risiedono gli angeli e le anime accolte in Paradiso” (Camerota 2021: 117-127).

La più bella descrizione dell’universo con l’Empireo si trova nella Divina Comedia di Dante Alighieri; Botticelli seppe benissimo come raffigurarla (Botticelli 2000: 266-267: Paradiso, Canto XXIV). Però nei dipinti di Tintoretto troviamo la somiglianza all’idea dantesca come una luce del tutto particolare, mai vista prima. Dal momento in cui Copernico annunciò la teoria eliocentrica, nonostante il lungo cammino per la sua piena accettazione, essa ha lentamente ma potentemente trasformato la visione del Cosmo e dell’arte, anche se ciò non è sempre immediatamente percepibile.

Il Sole del papa Urbano VIII

Nello stesso modo, durante il pontificato di Urbano VIII (1623 – 1644), che scelse il Sole come il suo emblema personale, in modo del tutto affascinante rappresenta il Sole della Divina Sapienza Andrea Sacchi nel sua Allegoria della Divina Sapienza, di cui esistono due versioni – come un affresco degli anni 1629-1630  e su tela  del 1658 (Fagiolo 2023: 155-157; Roma 2023: 364). Una straordinariamente luminosa personificazione della Divina Sapienza è messa nel centro della composizione (fig. 5).

Fig 5

La sua testa, da cui emana la luce creando una grande sfera luminosa, è il centro compositivo e ideologico, come nel caso dei dipinti di Tintoretto.  Sul primo piano, un po’ a destra è raffigurato il globo della Terra. Ecco una bellissima composizione in cui si sente un probabile impatto della della rivoluzione copernicana.

“Dall’aureola della Sapienza – scrive Marcello Fagiolo –  si diffonde l’immenso globo solare che costituisce la parte centrale dell’affresco, dominando il globo terrestre delineato più in basso, ai piedi led trono. Ne consegue l’immagine di un universo dominato dal Sole, con la Terra in posizione eccentrica e in apparente movimento. Un universo, insomma, nel segno di Copernico e di Galileo: è nota, del resto, l’ammirazione nutrita da Maffeo Barberini per Galileo, favorita fors’anche dalla sinistra fra l’eliocentrismo e l’araldica solare barberiniana” (Fagiolo 2023: 155-156).

Verso 1700 nel Palazzo Patrizi a Roma venne creata una straordinaria, finora quasi inedita, decorazione pittorica raffigurante numerosi temi cosmologici. Un dipinto rappresenta sul primo piano  Niccolò Copernico con il suo sistema eliocentrico (fig. 6). Man mano la sua visione del Cosmo viene accettata e più spesso raffigurata.

Fig 6

Apollo ovvero Il sistema solare di Copernico, un capolavoro di Stanisław Wyspiański

 Stanisław Wyspiański (1869-1907), fu un genio versatile: pittore, architetto, decoratore di interni, autore di prosa e illustratore di libri. Studiò storia dell’arte e letteratura all’Università Jagiellonica e pittura alla Scuola di Belle Arti sotto l’occhio di Matejko. Viaggiò in Italia settentrionale, Svizzera e Germania e negli anni 1891-1894 soggiornò per tre volte a Parigi, dove frequentò l’Accademia privata “Colarossi”. Wyspiański ebbe una vita breve, come Raffaello Sanzio e Frederyk Chopin, ma con un lascito artistico e letterario imponente, coronato idealmente dal progetto di decorazione e allestimento completo della sede della Società Medica di Cracovia, il cui fulcro è la grandiosa vetrata raffigurante Apollo-Sole attorniato da sette pianeti. Fu eseguita alla fine del 1904 con la tecnica del pastello. Del modello (346×146 cm) impressionano la concezione artistica e l’altissimo pregio esecutivo. Fu preceduta da un piccolo ma completo bozzetto eseguito a matita e gessetto.

“Vogliamo dedicare questa vetrata a Copernico perché la nostra casa è l’asilo delle scienze naturali polacche e comprenderà anche la Società a lui intitolata”.

Nelle parole del committente, il presidente della Società di Medicina Jan Nowak, insigne medico e politico, c’è già il preannuncio dell’opera. Come i suoi idoli rinascimentali Michelangelo e Raffaello, di cui aveva studiato e più volte copiato le opere (tra le altre le scene della volta della Cappella Sistina e delle Logge di Raffaello) Wyspiański mise in luce anche stavolta una potente inventiva supportata dalla profonda conoscenza dell’astronomo formatosi a Cracovia, dell’iconografia dei pianeti e della simbologia solare.

L’elemento centrale della composizione è la figura monumentale di Apollo con la cetra a tracolla (fig. 7); questo strumento e’ meglio visibile sul disegno preparatorio (fig. 8).

Fig 7
Fig 8

Il Dio della luce, patrono della poesia, della musica, delle arti figurative, della scienza e della medicina è proposto come dio-Sole con le sfere celesti, personificazioni dei pianeti, che gli orbitano intorno. Il volto, il petto e lo strumento riverberano un bagliore giallo intenso che erompe tra le tante sfumature di azzurro.

In effetti Wyspiański stravolge il sistema dei pianeti separando quelli maschili (Saturno, Giove, Marte e Mercurio a sinistra, e Venere, la Luna e la Terra calpestata dal sole a destra), ma la sua composizione si richiama espressamente a Niccolò Copernico ed è un omaggio alla più grande scoperta delle scienze naturali polacche, la teoria esposta nel De revolutionibus orbium caelestium. Essa contiene riferimenti non solo alla celebre tabella del sistema eliocentrico e alla raffigurazione antica di Apollo con la lira sull’anello dell’astronomo (fig. 9), ma anche alle rappresentazioni del Cristo in croce come, per esempio, sul Crocifisso medievale della regina Jadviga nella cattedrale del Wawel.

Fig 9

A sua volta, l’idea dell’Apollo si rifà alle celebri rappresentazioni degli Schiavi michelangioleschi, conservati al Louvre, più volte visionati e abbozzati dall’artista al Museo nel suo taccuino

Wyspiański conosceva perfettamente i vari aspetti del dialogo tra cristianesimo e antichità che riflette nell’iconografia a pastello e, successivamente, nelle vetrate che richiamano l’idea neoplatonica e la correlazione tra i simboli cristiani e la visione antica del cosmo. Il poema della cerchia di Copernico, intitolata Septem sidera (sette canti dedicati ai rispettivi pianeti), profetizza l’avvento del Cristo identificato con il Sole, che si iscrive perfettamente nelle metafore eliache presenti nella Bibbia e nella letteratura del primo cristianesimo. L’Apollo della sede della Società Medica, con la sua somiglianza con il Cristo Crocifisso, può essere pienamente inteso solo nel contesto della produzione teatrale dell’artista, l’Akropolis e, in particolare, Wyzwolenie [Liberazione] il cui protagonista, Konrad, dichiara:

“Libero! Libero!, Io qi mi proclamo libero e nessuno riuscirà a incatenarmi [] La mente mi è illuninata da Dio, da Apollo-Cristo e le Erinni sono fugate. Sai che significa che sono libero?”.
Fig 10

L’artista pensò qui anche alla rinascita della sua patria che mancava sulla mappa d’Europa da oltre cent’anni?

Wyspiański aveva già raffigurato Apollo con la lira o con la cetra in mano nell’ultimo decennio dell’Ottocento nelle illustrazioni sublimate dell’Iliade di Omero, dopo aver visionato numerose pubblicazioni archeologiche (fig. 10).  Le statue arcaiche del dio greco, tra cui l’Apollo di Tenea, scoperto nel 1846, esercitarono un grande fascino non solo su Wyspiański, ma su molti artisti a cavallo dei due secoli. La figura centrale della composizione, immobile (come il Sole), concepita in forma moderna e sintetica, illustra lo status del pianeta Terra, privato da Copernico della sua centralità.

Il  progetto del “Sistema solare” di Copernico per la sede della Società Medica, bello e profondamente simbolico, fu incastonato nello specchio della vetrata nel 1905. Andò distrutto 40 anni più tardi, sul finire della II guerra mondiale. Fu ricostruito negli anni Sessanta del Novecento. Ora esiste una perfetta – dal punto di vista tecnico e coloristico – versione della vetrata eseguita dal Maestro vetraio Piotr Ostrowski. Insieme con il cartone a pastello la vetrata ricorda la memorabile scoperta di Copernico ed esorta a compiere ulteriori passi nell’esplorazione dell’Universo, alla scoperta di nuove galassie e dei loro soli.

Wyspiański rende l’omaggio al grande astronomo, ma grazie alla forza dell’immaginazione, alle ampie conoscenze, alla sensibilità per la lucentezza del pastello e per il misticismo della luce della vetrata, realizzò un capolaroro unico nel suo genere.

Jerzy MiIZIOLEK