di Carla ROSSI (Università di Zurigo)
Il Crocifisso ligneo ritrovato a Lugano. Ipotesi di lavoro
Il 19 giugno è stata data notizia ufficiosa, tramite social, del ritrovamento di un crocifisso ligneo nei depositi del Museo Storico di Lugano. Nella speranza che l’opera venga esposta (dopo un accurato intervento di restauro, che permetterà di chiarire numerosi interrogativi), per poterne prendere presto visione diretta, rispondo in questo breve articolo alla richiesta del comitato scientifico di questa rivista che mi ha invitata ad esprimere alcune considerazioni iniziali sul manufatto, proponendone una contestualizzazione storico-artistica.
La prima considerazione, ad una superficiale analisi delle foto che mi sono state sottoposte, è che l’arredo presenti elementi strutturali e decorativi tipici di un folto gruppo di croci processionali realizzate in Lombardia nella metà del Quattrocento, raccolte nei musei diocesani di Milano, Bergamo e del comasco.
Descrizione (figg. 1 e 2): Crocifisso ligneo policromo sagomato e dipinto, con apici tri e quadrilobati mistilinei impreziositi da bolzoni aggettanti intagliati e dorati. La conservazione dell’opera è buona, nonostante abbia perduto parte degli smalti dorati. La presenza di due fronti decorati (recto/verso) rivela che si tratta di una croce astile o processionale. Mancano la base, che la sorreggeva, e il corpo del Cristo (probabilmente non ligneo, ma in mistura), la cui presenza originaria si intuisce dal supporto metallico superstite a cui il corpo doveva essere ancorato.
La figurina del Cristo (che potrebbe trovarsi ancora presso il Museo e rivelarsi indicativa per meglio stimare il manufatto) era originariamente affiancata, secondo un’iconografia risalente al Trecento, da alcune immagini ancora fortunatamente presenti: la Madonna (di ispirazione giottesca), con le mani giunte in preghiera, sulla destra (fig. 3) e San Giovanni sulla sinistra (fig. 4), e sovrastata nella cimasa dal Padre Eterno benedicente (fig. 5); mentre in basso vi è la Maddalena con il canonico vasetto di unguento.
Sul verso, al centro del quadrilobo, come di consueto, l’immagine dell’Agnus Dei (fig. 6), mentre ai capicroce, anch’essi disposti seguendo un’iconografia attestata in tutta Italia nella metà del XV secolo, le rappresentazioni dei simboli degli Evangelisti (fig. 7 e sgg).
Considerazioni iconografiche generali: nei crocifissi lignei processionali coevi, la funzione di risvegliare la compassione del fedele è affidata alla figura principale del Christus Patiens (qui staccatasi dalla croce), affiancata da due personaggi che fungono da intermediari dello sforzo empatico: Maria e Giovanni, ad offrire nel loro colloquio con il moribondo e nel loro pianto per la sua morte, un modello di comportamento per i fedeli. In alcuni crocifissi (di produzione pisana), la Madonna ha sul manto la stella, che la distingue come Stella maris, nell’atto di indicare il Figlio con la mano destra, mentre ripiega sotto il mento la sinistra, secondo uno schema iconografico di ispirazione bizantina.
Generalmente la figura di Cristo, che si rifà ai moduli del gotico doloroso, è umanizzata, contorta, sofferente, ma con i segni di un martirio che viene ancora sopportato passivamente, poiché simboleggia l’atto della redenzione e il suo ripetersi nel sacrificio eucaristico e sottolinea la sofferenza di Gesù-Uomo, che invita alla compassione, al sentimento di pietà, mettendo il fedele in uno stato d’animo che viene definito devotio.
Anche nell’arredo luganese, nei capicroce al recto del Crocifisso vi sono la Madonna e San Giovanni, in alto Dio Padre benedicente. Va notato come in area lombarda, sul manto della Madonna non sia presente la stella (per ovvie ragioni geografiche).
In alcune croci astili coeve, il Creatore è posto sopra ad un pellicano, simbolo cristologico, sito in cima all’albero della conoscenza del bene e del male, insidiato dal serpente, e in basso vi è il teschio di Adamo, in riferimento alla Legenda aura di Jacopo da Varagine, secondo cui Cristo fu crocifisso là dove era stato sepolto Adamo, cosicché il suo sangue, anche visivamente, potesse lavare il progenitore e l’umanità tutta dal peccato originale.
Ora, dalla foto ricevuta, non mi è chiara la natura dell’elemento sotto al Padre benedicente (manca l’acrostico I.N.R.I. e non riesco a capire se quell’elemento semplicemente reggesse il cartiglio), mi pare, invece, di individuare la figura della Maddalena con vasetto di unguento, a replicare la scena del Golgota, ai piedi della croce.
Nel verso, al centro, si trova l’Agnus Dei, con in bocca l’asta del salvifico vessillo della vera croce, come Jacopo da Varagine indicò la croce di San Giorgio. Com’è noto, il vessillo divenne simbolo, nel corso del medioevo, sia dei Crociati, sia della Lega Lombarda, che la adoperò come stendardo, probabilmente ispirandosi al gonfalone del comune di Milano. L’elemento ricorre in molte alte croci processionali simili, a indicare la Redemptio Nova, in particolare si veda la croce dipinta da Giovanni Marinoni (pittore attivo sul territorio bergamasco con la sua bottega tra il 1440 e il 1508), fig. 6 bis.
Nei capicroce, in Crocifissi coevi, solitamente si trovano gli Evangelisti, per lo più proposti con i loro simboli apocalittici (Giovanni, Apocalisse 4, 2-8), e cioè in forma di leone, bue, uomo alato e aquila, recanti libri o cartigli, in cui sono leggibili passi dei Vangeli o una frase significativa correlata alla Resurrezione.
Conclusioni:
Riservandomi di tornare più dettagliatamente sulla questione in un articolo che sto redigendo per il numero di agosto della rivista Theory and Criticism of Literature & Arts (in particolare in merito ad un’ultima figura che appare particolarmente rovinata, sul verso, in basso), va notato come il Crocifisso ligneo luganese presenti caratteri particolari, in primis la decorazione realizzata sia al recto che al verso, che denota una collocazione originaria dell’opera in modo da essere visibile da entrambi i lati, destinata probabilmente all’uso processionale. L’arredo, con le figure che spiccano dal fondo in oro, di ispirazione ancora bizantina, è databile alla metà del XV secolo, di scuola lombarda (molto vicina a quella del Marinoni).
Carla ROSSI Zurigo 21 giugno 2020