di Francesco MONTUORI
RODIN – GIACOMETTI
alla Fondazione Mapfre, Paseo de Rocoletos 23, Madrid
Migranti sull’About
di M. Martini e F. Montuori
Grazie al contributo del Museo Rodin di Parigi e della Fondazione Giacometti, alla Fondazione MAPFRE di Madrid si può ammirare -fino al 10 maggio- un’esposizione molto bel riuscita su due scultori appartenuti a differenti generazioni: Auguste Rodin (fig. 1) nato a Parigi nel 1840 e morto a Meudon nel 1917 ed Alberto Giacometti (fig. 2) nato in Svizzera a Borgonovo nel 1901 e deceduto a Coira nel 1966. Ovviamente i due artisti non ebbero la possibilità di conoscersi e passeranno ben cinque anni dalla scomparsa di Rodin quando Giacometti potrà recarsi a Parigi nel 1922 per rendergli omaggio.
Non si tratta del solito “dialogo” di convenienza, spesso forzato, di tante mostre occasionali a cui abbiamo assistito, ma di un confronto pertinente e fecondo fra due personalità che hanno affrontato comuni tematiche, con alcune profonde differenze stilistiche. Non e’ casuale dunque che lo stesso Giacometti abbia ammesso il suo debito nei confronti del maestro francese di cui possedeva le numerose pubblicazioni e riproduzioni delle opere che conserverà nel suo Atelier per tutta la vita. Infine Giacometti si misurerà su un tema caro a Rodin, la rappresentazione dell’Uomo che cammina, una profonda riflessione sulla complessità della condizione umana.
L’esposizione della Fondazione MAPFRE fra un maestro del modernismo, Auguste Rodin, ed un artista chiave del XX secolo, Alberto Giacometti, e’ dunque molto opportuna ed efficace. Grazie alla esposizione di oltre duecento opere fra sculture e disegni la mostra Rodin-Giacometti ci rivela che entrambi gli artisti riuscirono a trovare, nelle loro differenti epoche, la strada per avvicinarsi alla figura umana, grazie ad una riflessione saldamente radicata al loro tempo: per Rodin il mondo della prima Grande Guerra; per Giacometti il periodo storico fra le due guerre e quello successivo alla seconda guerra mondiale.
August Rodin fu uno dei primi scultori dell’Ottocento ad intraprendere un sicuro itinerario verso il realismo modernista, in un epoca dove l’eclettismo ed in particolare il neo classicismo dominava incontrastato. Egli affermò con sicurezza che “la bellezza risiede unicamente là dove esiste la verità” e ricercò costantemente l’espressività nel continuo modellare la persona umana.
“Voglio tutta la verità e non solo la superficie. Accentuo le linee che esprimono al meglio i caratteri dello spirito dell’uomo che voglio interpretare..”
Lo si può cogliere nell’enfasi che pone sui volti, profondamente modellati, spesso distorti nella ricerca di una forte espressività; una rappresentazione che riflette sugli aspetti universali dell’angoscia, del dolore, dell’ansia, della paura.
Nella sua scultura Monumento ai Burgueses de Calais (fig. 3) del 1884-86,
un gruppo di quattro personaggi “a scala umana” che si ignorano l’un l’altro, ma su uno stesso piedistallo, ci costringono a riflettere sul rapporto delle quattro figure e l’opera nel suo insieme.
Alberto Giacometti nutrì una profonda ammirazione per il maestro francese. Dopo un breve periodo “neocubista” l’artista svizzero si unì alla corrente del surrealismo. A partire dal 1935 e per tutta la seconda Guerra Mondiale la figura umana occupò il centro del suo lavoro e in questo sarà per lui fondamentale l’opera di Auguste Rodin di cui apprezzerà l’attenzione al frammento, al modellato, alla manipolazione della materia, all’uso del basamento su cui le figure si appoggiano.
Nel 1948 fu attratto dal gruppo scultoreo di Rodin Monumento ai Burgueses de Calais. Anche in City Square (fig. 4) frutto di questa riflessione,
la figura umana e’ fortemente stilizzata ma non in senso realista: essa diventa sempre più esageratamente allungata, filiforme; grumi di materia apparentemente informe si coagulano lungo fondamentali linee di forza. Le figure, rigorosamente frontali, fragili ed immobili, esprimeranno nella loro fissità tutta la complessità della condizione umana (fig. 4). Rodin e Giacometti si misureranno entrambi sul tema de L’uomo che cammina.
Sia Rodin che Giacometti affrontano questo tema in un lungo processo studio, per avvicinarsi al modello e alla sua psicologia; la serie dei disegni e dei bozzetti, esposti in galleria, consentirà di trasformare progressivamente l’opera che sembra rimanere tuttavia ad uno stato di insuperabile incompiutezza. Mentre nell’esperienza del maestro francese L’uomo che cammina dimostra una grande espressività nella figura acefala, muscolosa simile a quella di un eroe greco (fig. 5), L’uomo che cammina di Giacometti – la figura allungata in modo innaturale, semplice ed essenziale – trasmette un profondo e inquietante senso di solitudine (fig. 6).
E’ un uomo del secolo dell’Olocausto. Dove si dirige? Non può saperlo, vaga senza ragione nella folla degli anonimi dei visitatori.
Francesco MONTUORI Madrid 15 marzo 2020