di Daniela PUGGIONI
L’unica Cultura da tutelare è quella da cui trarre profitto? La tirannide del virtuale
Durante questa fase autunnale dell’epidemia abbiamo subito la chiusura di biblioteche, musei, teatri, sale da concerto e cinematografiche, chiusure motivate dall’esigenza di evitare assembramenti.
Se esaminiamo attentamente il problema le biblioteche, a parte quelle universitarie frequentate dagli studenti, non solo sono i luoghi meno affollati, ma anche quelli più controllate, dove inoltre ovviamente non si parla a voce alta e anzi nelle sale di letture si deve tacere. In base al Dpcm del 3 dicembre scorso gli archivi sono stati riaperti al pubblico e anche un esiguo numero di biblioteche specialistiche e universitarie su prenotazione, l’elenco è sul sito del MIbact.
I musei, se non ci sono le comitive turistiche, non sono certo gremiti di persone, inoltre l’afflusso era stato regolato con la prenotazione e le sale controllate dai custodi; anche per gli spettacoli dal vivo e per le sale cinematografiche i protocolli di sicurezza erano rigidi e la capienza drasticamente ridotta. Lo stesso problema a quanto pare non vale per i centri commerciali e le strade delle città dove la gente si ammucchia disordinatamente e non ci sono controlli seri; la ragione addotta è stata la ripartenza dell’economia.
Sono continuate così le trasmissioni di eventi già registrati, di dirette in live streaming o radiofoniche, gratuite ma anche a pagamento. Ad esempio, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha messo in vendita al prezzo di 9,90 euro in live streaming su Idagio vari concerti: quello dedicato a Mozart, quello diretto da John Eliot Gardiner e quello di Trevor Pinnock. Il Teatro San Carlo di Napoli ha reso visibile l’inaugurazione della Stagione 2020-2021 con la Carmen di Bizet, in forma di concerto, per 1,09 euro sul suo sito facebook.
In questo contesto abbiamo appreso dell’iniziativa esposta dal ministro Franceschini, in una intervista rilasciata a Riccardo Luna sul quotidiano la Repubblica e pubblicata il 4 dicembre scorso. Il ministro ha annunciato la nascita di una piattaforma culturale sul modello di Netflix, quindi a pagamento, su cui mettere eventi culturali quali mostre, spettacoli dal vivo e visite nei musei per allargare il pubblico dei fruitori a persone che vivono lontane dai posti in cui si svolgono e far conoscere la cultura italiana nel mondo.
L’idea è inserita come norma nel “decreto rilancio” che nasce dalla convinzione che:
“… indietro non si torna le persone si stanno abituando a fruire la cultura anche in streaming.”
La parte economica non delineata, a nostro avviso con chiarezza, sarebbe sostenuta con 9,5 milioni da Cassa depositi e prestiti, che deve essere evidentemente considerata dai politici un pozzo senza fondo a cui attingere ( vedi ILVA ), Cassa depositi e prestiti che comunque spera nel contributo delle fondazioni bancarie per sostenere i teatri locali. Il Mibact contribuirà con 10 milioni, fondi presi, sembrerebbe, dal Fus –Fondo Unico per lo spettacolo-, già ampiamente decurtato negli anni passati e giudicato insufficiente dalle Fondazioni e dagli altri attori del settore; del resto la speranza dei soccorsi bancari formulata da Cassa depositi e prestiti parla chiaro.
L’ultimo attore sarebbe Chili, una startup fondata nel 2012 da fuoriusciti di Fastweb, guidati prima da Stefano Parisi e poi da Giorgio Tacchia. Sempre secondo il testo dell’intervista:
”questa sofisticata piattaforma non solo distribuisce film in cinque paesi ma ha strumenti per vendere o noleggiare un singolo evento.”
È il motivo per cui non partecipa la RAI con RAIPlay perché la visione è ancora gratuita e non è attrezzata per far pagare gli spettacoli, inoltre la RAI trasmette solo gli spettacoli che produce. Ritornando a Chili
“è stata sette anni in perdita, ma questo stupisce – secondo il ministro – solo chi non conosce le metriche con cui sono valutate le startup che sono: la piattaforma, la crescita dei clienti (4,5 milioni), e la library (biblioteca di 50 mila film, uno dei più grandi sul mercato) e comunque il bilancio sarà in pareggio nel 2020.”
Il consiglio di amministrazione sarà eletto da Cassa depositi e prestiti socio di maggioranza, ma il Mibact che contribuisce di più non avrà voce in capitolo? L’amministratore delegato sarà Tacchia cioè il socio di minoranza. Il ministro è entusiasta del progetto e afferma sempre nell’articolo:
” una iniziativa di questo tipo ha una potenza di fuoco pazzesca. Altro che Netflix.”
Non sappiamo se questo convincimento sia suo o suggerito dai suoi collaboratori ma temiamo le conseguenze. Una considerazione preliminare, le persone sono costrette a vedere in streaming perché i musei e i teatri sono chiusi ma non è detto che lo preferiscano, perché non è paragonabile all’emozione della fruizione “de visu” di una opera d’arte cosa che accade anche nello spettacolo dal vivo in cui è necessaria la partecipazione emotiva del pubblico rendendolo un attore indispensabile.
Ricordiamo l’invito rivolto dal maestro Muti al pubblico dell’opera di Roma di cantare insieme al Coro il bis di “Va pensiero” dall’opera Nabucco di Verdi, invito a cui il pubblico rispose con entusiasmo, diretto dal maestro. Fu una intuizione che ha reso tangibile la passione e il coinvolgimento del pubblico.
Le esecuzioni a sala vuota somigliano, a nostro parere, psicologicamente, ad una commemorazione funebre del caro estinto. Temiamo che puntare solo sul grande evento, come è stata l’Inaugurazione della Scala, che può avere un grande riscontro commerciale, sia il preludio alla scomparsa di tante realtà locali di valore anche se non oggetto di massicce campagne mediatiche, cancellando quella che è una peculiarità italiana: il policentrismo della produzione artistica, il tutto a vantaggio di poche grandi istituzioni. Un tema caro al maestro Riccardo Muti, che, nella seconda giornata del festival del giornale La Repubblica nella intervista resa al direttore Maurizio Molinari, ha esposto con la consueta chiarezza e passione l’importanza delle realtà locali e i suoi timori per il futuro.
«Aver chiuso i teatri ha allontanato inevitabilmente il pubblico. E ci ha fatto abituare all’idea che si può vivere anche senza cibarsi spiritualmente della musica … Intere regioni sono senza orchestre, ed è gravissimo in un Paese che ha fatto la storia della musica più di tanti altri. Questi teatri vanno riaperti e dati in mano ai giovani … Nei loro occhi leggo una domanda. Non la dicono, ma io la vedo: cosa sarà del nostro futuro? Non dobbiamo deluderli».
Una precisazione è necessaria: se si consulta il sito del patrimonio dei beni immateriali del nostro paese riconosciuti dall’Unesco non vi figurano né il melodramma, né l’oratorio musicale e né il Belcanto, che non è un giudizio estetico bensì una tecnica vocale, tutte forme d’arte create in Italia. Cosa che dovrebbe essere ben nota al Mibact e alla commissione che propone i beni da salvaguardare; questo la dice lunga su quale interesse si abbia per queste forme d’arte.
C’è una ulteriore questione che si è manifestata, se ogni museo, mostra, sito o attività artistica è valido solo in base a quello che se ne può ricavare cioè gli incassi, saranno curate solo le attività più remunerative, cosa già palese per i discussi prestiti dei musei e per le mostre in maggior parte dedicate ad artisti che hanno facile presa sul pubblico come gli Impressionisti o Caravaggio. Ci sono siti, come Aquileia, difficilmente raggiungibili se non si è provvisti di una automobile e quindi meno visitati nonostante la ricchezza e la bellezza di reperti che vi si possono ammirare.
Per quello che riguarda i teatri d’opera temiamo che solo le opere più popolari saranno preferite come dimostrano le varie Traviate, Rigoletto e Carmen proposte in questo ultimo periodo. Se diminuirà il numero dei teatri aperti e ci si baserà solo sul grande evento saranno scelti solo i cantanti più sostenuti da agenzie e case discografiche e quindi più costosi.
E gli altri? I quali altri spesso non sono da meno di quelli più sostenuti mediaticamente. E i giovani che inizieranno questa carriera e hanno bisogno di “farsi le ossa” come potranno emergere senza farsi sfruttare in ruoli che potrebbero anticipare la fine della carriera? E il pubblico? In una situazione in cui il contributo pubblico diminuisca drasticamente i biglietti dovranno essere elevati e così le rappresentazioni dal vivo saranno riservate alle fasce più abbienti. E gli altri si dovranno contentare dello streaming? E i principi della Costituzione?
Daniela PUGGIONI Roma 20 dicembre 2020