Interpretare storia e natura attraverso l’immagine; l’arte di Salvatore Puglia

di Salvatore PUGLIA

Salvatore Puglia (Roma 1953) vive attualmente nel Sud della Francia. Dal 1986 si dedica all’arte visiva, attraverso una pratica di traduzione e trasformazione di documenti visivi esistenti, trovati o prodotti da lui stesso, che interroga la nostra eredità storica e storico-artistica. Ha pubblicato articoli sulle riviste Quaderni storici, Détail, Linea d’ombra, Revue de Littérature Générale, Vacarme, Lo sciacallo, Mediamatic, Issues in Contemporary Culture and Aesthetics, Any, Ecrire d’histoire. Ha curato il volume collettivo Via dalle immagini / Leaving Pictures (Salerno, 1999) e organizzato le mostre Iconografie transitorie (Roma, 1999) Memoria e storia (Napoli, 2001), Promemoria (Taggia, 2005). Con questo articolo inizia la sua collaborazione con About Art

 

Nella selva antica

Lavori a base fotografica 2012-2017

Un sito rupestre: ivi si tratta della natura che, già sfruttata dall’uomo per farne opera, riprende i suoi diritti e non lascia l’opera dell’uomo che come traccia. La Tuscia è piena di questi luoghi; è come se non solo civiltà e abbandono si succedessero a ondate secolari, ma l’una fosse la condizione dell’altra. La Tuscia è un posto solitario. E sono le attività dell’uomo solitario che lasciano – o lasciano immaginare – le impronte più inattese.

Se il termine “rupestre” definisce forme d’arte fatta su o con le rocce (le tombe, i santuari, i graffiti, le pitture), può anche essere impiegato per descrivere i manufatti inselvatichiti, quando divengono parte della natura circostante.

Per l’artista, si tratta di re-intervenire sugli elementi naturali che sono stati fatti forma dall’intervento umano e stanno riscrivendo la propria storia. Rupestre è il punto in cui natura e storia s’incrociano: per l’artista non si tratta tanto di lavorare orizzontalmente nello spazio, quanto di avere come materia il tempo, in una pratica di stratificazione che sarebbe come uno scavo archeologico, ma al negativo. Sedimentare dopo aver individuato.

settecannelle

Castro, Norchia, Castel d’Asso, Poggio Conte, Sorgenti della Nova, Settecannelle, Santa Maria di Sala: spesso, negli anni recenti, mi sono trovato a esplorare i luoghi della Tuscia, così come facevo da adolescente. Tuttavia negli anni recenti non andavo a mani vuote: portavo con me una forma, una specie di foglia d’olivo, o di lingua, fatta di lattice impregnato di pigmenti rossi fluorescenti. La posavo al suolo e la fotografavo: la tomba etrusca, divenuta romitorio medievale, divenuto ovile, divenuto rifugio antiaereo, divenuto nascondiglio di amanti furtivi, accoglieva un ultimo segno di passaggio, come il testimone di una corsa a staffetta.

Nei miei lavori precedenti il colore fluorescente aveva la funzione di aprire una breccia nell’immagine e nella sua storicità. Ora, lasciando direttamente sul luogo un segno e fotografandolo, l’opera torna a farsi in quel momento di presenza. Ma, contrariamente a ciò che fa la Land art, il luogo non è trasformato: è solo “segnato”.

Bomarzo

Luoghi della civiltà etrusca, rovine parzialmente conservate, ove la natura è tornata predominante. Fotografie stampate su supporti trasparenti, che lasciano leggere un passo dantesco oppure decifrare una carta dell’IGM che potrebbe riferirsi a quel luogo, oppure a un altro. I versi di Dante Alighieri vengono dagli ultimi canti del Purgatorio: il poeta vi descrive una “selva antica” che non è altro se non il paradiso terrestre, ove una volta l’uomo ha vissuto in stato di grazia, lontano dal peccato e dalla tecnologia.

Dante Alighieri è stato probabilmente l’ultimo visitatore di un giardino dell’Eden. Nessuna foresta, neanche la selva concresciuta fra le formazioni vulcaniche del Lamone può essere oggi chiamata “primordiale”. Anche la conservazione della natura è un fatto artificiale. Nella riserva naturale Selva del Lamone le tracce della “civiltà” sono visibili ovunque: mura di recinzione crollate, resti di pavimentazione romana, solchi scavati dai carri dei carbonai, cumuli di pietre che furono torri etrusche e, infine, le strisce rosse e bianche della segnaletica escursionistica.

Rofalco

Questa non è certo la natura descritta da Leopardi, la crudele deità che nelle sue manifestazioni distruttive non si preoccupa certo del destino umano (Dialogo della natura e di un islandese, 1824). Questa è una “riserva”, un posto in cui il “primigenio” è solo reminiscenza.

Le mie foto della Selva sono riprodotte su supporti trasparenti e sovrapposte a variazioni personali di graffiti preistorici: sono i segni di un’era in cui l’umanità iniziava appena ad affrancarsi dal mondo naturale. L’unica differenza con quei disegni è la tecnologia della riproduzione: non ocra rossa a piene mani ma Pantone 17-1463 TPX sullo schermo.

Salvatore PUGLIA sud della Francia gennaio 2019