Daniela PUGGIONI
Intervista a Gregory Kunde
La messa in scena di Tosca di Giacomo Puccini al Teatro dell’Opera di Roma vede il tenore americano Gregory Kunde affrontare per la prima volta il ruolo di Mario Cavaradossi, proprio nel teatro che vide la prima assoluta dell’opera pucciniana il 14 gennaio 1900. In questa occasione abbiamo potuto intervistare per About Art il grande tenore, in Italiano, lingua in cui l’artista, che si mostrato cordiale e disponibile, si destreggia abbastanza bene. La straordinaria carriera di Gregory Kunde, arrivata al traguardo di 43 anni, è insolita perché dopo un inizio in cui ha sostenuto ruoli per tenore belcantista del repertorio francese e italiano, si è affermato in Italia come tenore contraltino ed è stato uno splendido tenore rossiniano.
Il Belcanto non è un giudizio estetico bensì è un’ardua tecnica di canto che richiede uno studio molto impegnativo e assiduo; fu portata al suo apice tecnico virtuosistico nel XVIII secolo, ma chi la possiede può cantare musica di qualunque epoca perché permette il perfetto controllo della voce.
La maturazione della voce di Kunde, che si è irrobustita intorno ai cinquanta anni di età, l’intelligenza e l’eleganza con cui l’adopera gli hanno permesso di affrontare i grandi ruoli verdiani, fino a divenire nel ruolo di Otello un tenore di riferimento; è tra l’altro l’unico nella storia ad avere affrontato nello stesso anno l’Otello di Rossini e l’Otello di Verdi.
-Bentornato a Roma dove hai cantato sia all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nella Norma di Vincenzo Bellini e nel Peter Grimes di Benjamin Britten, che al Teatro dell’Opera.
R: Esatto
-Al Teatro dell’Opera di Roma hai debuttato nel Comte Ory di Gioachino Rossini –stagione 1995- 1996 – e poi ricordo Andrea Chenier di Umberto Giordano – stagione 2016 -2017-, c’è altro?
R: Si c’è altro c’è stata la Sonnambula Vincenzo Bellini con Kathleen Cassello – stagione 1995-1996- e Il turco in Italia di Gioachino Rossini – 2006.
Si c’è altro c’è stata la Sonnambula Vincenzo Bellini con Kathleen Cassello – stagione 1995-1996- e Il turco in Italia di Gioachino Rossini – 2006.
-About art on line su cui apparirà l’intervista si occupa soprattutto di arte ma ha una sezione dedicata alla musica. È vero che Tosca si svolge in tre luoghi importanti nella Storia dell’Arte…
R: Sì. Vicino a qui
-Te ne sei già accorto?
R: Sì certo. Palazzo Farnese è a due passi, oggi abbiamo visitato il ponte di Castel Sant’Angelo. La Chiesa di Sant’Andrea della Valle è anche molto molto vicina, l’ho visitata tre giorni fa per pregare. È bella. È grande! .
-Sì è molto grande per questo è stata immaginata da Puccini la scena grandiosa del Te Deum. Ti consiglio di visitare Castel Sant’Angelo, perché è una bella esperienza per vedere tra le tante cose anche quello che si vede da lì per l’ultima scena
R: Quando ho visto la prima volta Castel Sant’Angelo mi sono detto: Ma lei non arriva nell’acqua del Tevere! Lei è caduta al suolo! Perché non è possibile.
-Di Puccini conosco le tue interpretazioni della Manon Lescaut – Des Grieux – e Turandot – Calaf. Hai interpretato altri ruoli?
R: Il primo ruolo importante nella mia carriera è stato Rodolfo ne La Bohème, dopo quattro anni di Opera Studio di Chicago; nei primi due anni di carriera in U.S.A. ho fatto due tournée interpretando due opere, nella prima La Bohème e Cenerentola di Rossini, in cui interpretavo Don Ramiro, nella seconda Bohème e Le nozze di Figaro di Mozart nel ruolo di Don Curzio/ Basilio.
Queste tournée erano impegnative ogni sera c’era spettacolo, la prima è durata tre mesi e la seconda quattro mesi in pullman in tante città, tutte le recite erano in inglese, 24 recite di Bohème in inglese, una bellissima esperienza. Poi il Lyric Opera di Chicago mi ha invitato per fare due recite di La Bohéme in italiano per gli studenti, con Bartoletti in buca, un bel cast nel famoso allestimento di Pier Luigi Pizzi all’inizio degli anni ’70; una bellissima produzione. Poi ho interpretato Prunier ne La rondine sempre a Chicago con la Cotrubas, una esperienza bellissima, ma dopo quello negli anni ’90 mi sono concentrato sul Belcanto; la prima opera è stata Guillame Tell di Rossini nel 1989 a Nizza e Parigi poi ho cominciato veramente a dedicarmi al repertorio belcantistico – Rossini, Bellini, Meyerbeer. Ma per quanto riguarda Puccini, oggi ho detto a mia moglie: ”E’ un sogno che finalmente ho realizzato, fare Cavaradossi!”
-Quindi è la prima volta?
R: Il 2 novembre è la prima volta, ieri sera c’è stata la prova generale eseguita interamente senza fermarsi, una bella esperienza con Paolo Arrivabeni – il direttore – che è un grande amico, e Carmen Giannattasio, che ha sostituito Anna Pirozzi, che era un po’ stanca. Una splendida esperienza e questo è il mio rapporto con Puccini.
-Che ne pensi di Caravadossi, da un punto di vista vocale?
R: Guarda non ho ancora l’esperienza che ho con Otello, ma Cavaradossi, per me, non è tanto interessato alla politica (così lo volle Puccini a differenza del personaggio originale di Sardou, ndA), lui è un pittore, è innamorato di quella cantante d’opera, quando arriva Angelotti vuole salvarlo ma è chiaramente vittima delle circostanze. Lo manda nella sua villa dove c’è un posto sicuro dove si può nascondere, ma c’è Scarpia che lo considera colpevole perché ha aiutato Angelotti e lo condanna a morte.
-Però è anche vittima della gelosia di Tosca.
R: Sì … un po’ … perché Lui ha un po’ paura di Lei …
-Certo ci sono anche le circostanze, con il ritorno inaspettato di Tosca l’astuto Scarpia può usare il ventaglio con le cifre dell’Attavanti, che lei aveva visto dipinta come Maddalena, per accenderne la gelosia e farla cadere in trappola.
R: Certo, ma anche lei ignora le circostanze, ma è gelosa. Perché questo ventaglio?
-La prima aria di Cavaradossi “Recondita armonia” all’inizio dell’opera come la trovi?
R: L’ho fatta due volte con l’orchestra ieri e l’altro ieri in scena, vorrei dire che è terrificante però non è come “Celeste Aida” … e cominciare con questa aria … mamma mia! “Recondita armonia” Puccini l’ha scritta benissimo perché è perfetta per scaldare la voce con un si bemolle alla fine, è bella e non è lunga. Mi trovo molto bene per scaldare la voce e continuare l’atto, mi piace perché quando hai cantato quell’aria sei pronto per il duetto che segue con Tosca.
-Ti ho ascoltato a Vienna nell’Aida e mi pare che tu sia perfettamente a tuo agio in quell’aria e nel ruolo di Radames. E dell’aria, che io penso, sia la più bella della Tosca, “E lucean le stelle” che ne pensi?
R: È bellissima sì non solo per i sentimenti che vengono espressi in quel pezzo di due minuti e mezzo è tutta la scena. Cavaradossi entra con le guardie, poi parla con il carceriere, è un momento di grande emozione perché sa che è alla fine della sua vita, cerca le parole per scrivere a Tosca e non ci riesce. Pensa a questo mondo che per lui era perfetto e ora è alla fine. Una situazione analoga a “Un bel dì di maggio” dell’Andrea Chenier.
Sì è bellissima tutta la situazione, l’introduzione, lui al tavolo a scrivere e poi l’aria. Secondo me con quell’aria esprime tutte le sue emozioni prima della morte. L’ho fatta ieri sera ma inaspettatamente ho provato un’emozione incredibile!
Non ho mai fatto questa parte e ho scoperto che quando si entra passa tanto tempo prima della prima parola al carceriere, non puoi restare immobile, è strano e io ho pensato di guardarmi intorno, guardare Castel Sant’Angelo, il posto della fine della sua vita. C’è tempo e ho riflettuto, se avessi fatto questa parte vent’anni fa quando, forse, ero nell’età giusta, non avrei trovato questa soluzione perché non avevo maturato la necessaria esperienza di attore, perché io mi considero anche un attore non solo un cantante. Devi fare qualcosa in questi 100 secondi di musica quando sei solo in scena con il carceriere! E ho trovato al soluzione nel mezzo della prova di ieri. Era bella, bellissima.
-Hai ragione perché il melodramma è teatro in musica non basta solo cantare, bisogna anche recitare, come non basta solo recitare bisogna anche saper cantare. Questa è la riproposizione dell’allestimento della prima assoluta del 14 gennaio 1900, che fu approvato da Puccini, a Roma è stato messo in scena frequentemente. Come ti ci trovi?
R: Io devo dire c’è una parola inglese amazing (stupefacente) anche mia moglie, che era in sala ha detto:” È bellissimo! Veramente bellissimo!”, perché io ricordo tanti anni fa quando le luci, le scene erano così. Spettacolare! Ti fa veramente sentire di essere in questi posti. I costumi della grande scena che conclude il primo atto con il clero e il popolo sono incredibili. La scenografia per me, perché io sono old school (vecchia scuola), sai, l’ho vista e mi sono detto:” Grazie a Dio non è una cosa moderna!” Sono stufo di queste cose moderne! Fare la mia prima Tosca qui a Roma con questo allestimento è una bellissima cosa per me, anche i costumi che Laura Biagiotti ha fatto proprio per me, dai bozzetti originali. Io sono onorato veramente di fare questa produzione, sono contentissimo, veramente.
-Ieri hai fatto la prova generale, non so se ti hanno detto che avevano organizzato gli autobus per portare a teatro persone che normalmente non lo frequentano…
R Bellissimo, quando noi stavamo facendo la prima prova musicale è arrivato questo signore, non ricordo il nome, che ci ha detto dell’iniziativa che pagavano cinque euro, e io ho pensato ma che bello! Veramente! Non solo per i ragazzi che devono vedere un’opera vera in teatro, ma per il pubblico che non si può pagare il biglietto e allora ci rinuncia. Ho visto che è stata una bella esperienza per tutti loro.
-Il teatro era pieno?
R: Beh, sì completamente e la reazione alla fine è stata entusiastica. Bello, bello, vieni, torna!
-Oltre al biglietto a cinque euro, l’autobus compreso, serviva per invogliare gli spettatori delle zone periferiche che temono di non trovare i mezzi per tornare, soprattutto dopo il covid. Sono contenta che l’iniziativa abbia avuto successo.
R: Veramente è stata una bellissima idea, come ho ricordato le tournée all’inizio della mia carriera erano così, non erano per il pubblico d’élite. In tanti posti siamo arrivati in pullman, Eagle pass in Texas, che è quasi alla frontiera con il Messico, normalmente si arriva in albergo, si prende la stanza, si posano i bagagli, si riprende il pullman e si va a teatro ma non era un teatro era un liceo! Ah, forse c’è un auditorium! Non c’era un auditorium invece era una palestra, senza luci, ma c’erano le sedie e le gradinate. Piena di gente che non aveva mai visto un’opera. È stato un successo enorme. Mi ricordo di questo perché era una idea originale, perché in citta non c’era un auditorium, non c’era niente solo quella palestra nel liceo dove abbiamo fatto la rappresentazione anche con l’orchestra. È stato bellissimo, è importante che la gente non pensi che questa forma d’arte sia riservata alla sola élite, ma non è così forse anni fa, specialmente per me adesso no, è per tutti.
Specialmente per i giovani bisogna creare interesse, io sono vecchio, non bisogna presentare cantanti giovani ai giovani, non è necessario questo. I giovani vogliono vedere qualcosa che li possa affascinare. Se i cantanti sono troppo giovani funziona per la visione scenica, ma con l’orchestra non li senti, perché la voce non è ancora maturata, non sono pronti per fare un grandissimo spettacolo. Io dico sempre, l’opera e i concerti sinfonici e da camera sono i soli spettacoli in cui puoi ascoltare la musica acusticamente, senza microfoni, senza amplificazione. Quando i giovani sentono per la prima volta la musica acustica, come accadde a me, chiedono: ”Dove sono i microfoni? Non ci sono. Ma no, è impossibile! Ho sentito i cantanti perfettamente”. Quella è l’arte riuscire a farsi ascoltare sopra l’orchestra, noi abbiamo lavorato tanto per riuscire ad avere questo talento. Ogni altro concerto pop, rock, musical è sempre amplificato. Ascoltare senza cuffie senza amplificazione è importante fare questa esperienza. Questa è la mia opinione.
-In questo giornale che si occupa soprattutto di arte farò un preambolo e però sarà difficile fare un riassunto della tua lunga ed eccezionale carriera e il cambiamento di repertorio.
R: Il cambio di repertorio è stato molto inusuale, mi sembra che anni fa era più normale, per esempio Di Stefano che ha iniziato con il bel canto, con la Lucia di Lammermoor, poi non è arrivato a cantare Otello però ha cantato Puccini, Pagliacci, Corelli ha cantato Poliuto di Donizetti, anche Pavarotti ha cantato L’elisir d’amore, La sonnambula, I Puritani e poi ha fatto Otello in concerto. A Pesaro nel periodo d’oro Marilyn Horne, Katia Ricciarelli hanno cantato in questo repertorio e hanno scoperto che è un grande repertorio perché sono molte le opere di Rossini. Quando Chris Merritt, Rockwell Blake, io e Bruce Ford abbiamo fatto affrontato il repertorio serio di Rossini (alla Scala La donna del lago di Rossini ndA) da un giorno all’altro siamo diventati degli specialisti di quel repertorio, bene, ma è stata anche una maledizione. Ci ha obbligati a fare solo quel repertorio perché se si cantava altro dicevano che la voce è più rossiniana, un assurdo per un repertorio dimenticato e rinato da poco tempo. Per esempio quando Rockwel Blake ha provato a fare I puritani non ha convinto, perché lo consideravano solo un cantante rossiniano.
-Era diventata una gabbia?
R: Sì ma solo per i tenori perché tutte le altre voci soprani, mezzosoprani non tutti però, tanti, baritoni e bassi potevano affrontare un altro repertorio. Con Luca Salsi, ora il più grande baritono verdiano, ho fatto Il barbiere di Siviglia. Per i tenori è difficilissimo io, quando ho fatto I Vespri siciliani di Verdi a Torino con la direzione di Gianandrea Noseda nel 2011, ho detto al mio manager, Marco Impallomeni:” Guarda proviamo, finora ho fatto una bella carriera, se non va… vado in pensione.” Almeno Noseda mi ha dato un’opportunità per provare ed è andata bene e sono ancora qui in carriera. Però per altri è difficile, per esempio Juan Diego Florez, secondo me ha la voce per fare tante altre cose, ora canta La Bohéme perché no Un ballo in maschera? Sarà perfetto ora ha l’età giusta. Alfredo Kraus non ha ampliato il suo repertorio, ma è stata una sua scelta, non che non fosse possibile, certamente c’era la voce.
-I ruoli verdiani, come in Aida o Un ballo in maschera sono faticosi da portare fino in fondo
R: I ruoli verdiani sono faticosi, per me iniziare con I Vespri siciliani è stato un rischio incredibile perché secondo me Arrigo è il ruolo più difficile nel repertorio verdiano perché il più lungo e con la tessitura più acuta, è veramente dura, è più lungo del Guillame Tell, non c’è pausa, solo il balletto ma senza è una cosa impossibile.
-Ma Torino non c’erano i balletti e tu sei riuscito perfettamente.
R: Quella produzione di Livermore è stata ripresa a Bilbao in francese, il direttore ha insistito nell’eseguire la musica dei balletti con il coro fermo in scena senza i ballerini, con proiezione di filmati della guerra civile spagnola, era orrendo.
-Che differenza trovi tra cantarla in francese e in italiano?
R Secondo me come tenore è più facile in francese perché è stata composta su testo francese, però in italiano non mi disturba, è bella ed è la più conosciuta. Ho cantato solo una volta anche Don Carlos, a Liegi nella versione in cinque atti in francese e non c’erano i balletti.
-Ti ho ascoltato a Liegi e la tua interpretazione è stata eccellente e la parte è ardua e molto lunga per il tenore con l’atto di Fontainbleau che nella versione in quattro atti non c’è.
R Vero è lunghissima, è pesante ma è importante soprattutto per il pubblico per capire l’origine nel loro primo incontro del tormentato rapporto tra don Carlos ed Elisabetta. So che esiste anche una versioni italiana in cinque atti. Anche la scena del confronto con il padre, Filippo II, è importante perché è l’aria di forza di Don Carlos (brano non presente nella versione in quattro atti ndA).
La conversazione è finita qui; Gregory Kunde ha mostrato oltre che una grande professionalità anche molta cortesia e disponibilità.
Daniela PUGGIONI Roma 6 Novembre 2022