di Claudio LISTANTI
La parte meridionale della provincia di Siena offre ancora oggi paesaggi quasi incontaminati immersi nella natura selvaggia che le regalano una cornice inconsueta e maestosa.
Di questa zona d’Italia molte sono le località apprezzate da chi intende il turismo come fenomeno particolare lontano da quello cosiddetto “di massa” che tende ad avvilire, a volte, i contenuti naturalistici e artistici che ne sono alla base. Ci sono luoghi magici come le Crete Senesi, collocate quasi a ridosso della città di Siena, dall’inconfondibile fascino ed eleganza e dall’austera sinuosità. Spingendosi più a sud, seguendo il percorso della Via Cassia si arriva in un’altra zona magica, suggestiva ed incantevole, silenziosa e seducente per il suo inconfondibile charme. È la Val d’Orcia, l’ultimo lembo della toscana prima che la Via Cassia penetri nel Lazio per giungere poi fino a Roma.
Questa vallata è conosciuta a livello internazionale, non solo per il suo aspetto naturale ma anche per numerosi centri abitati dalla comprovata storia millenaria, San Quirico d’Orcia, Montalcino, Pienza, Bagno Vignoni, sono i simboli assoluti della bellezza di questo inarrivabile angolo dell’Italia.
Ma se la si visita a fondo ci si accorge che ci sono luoghi, soprattutto quelli collocati al di fuori delle mete turistiche più frequentate, che a prima vista possono sembrare marginali ed ininfluenti, che contribuiscono a rendere l’incanto e la seduzione verso il visitatore ancora più incisivi e penetranti.
È questo il caso di Castiglioncello del Trinoro un piccolissimo borgo che domina dall’alto tutta la Val d’Orcia situato all’interno del territorio del Comune di Sarteano. Un delizioso borgo che nel secolo scorso negli anni successivi al dopoguerra, a causa della depauperazione della popolazione di questa zona che si è orientata verso un’esistenza dai caratteri più moderni, era destinato ad una progressiva ed inevitabile decadenza.
Sulla sua strada Castiglioncello del Trinoro ha incontrato una persona sensibile e, allo stesso tempo, geniale, Michael L. Cioffi, un americano di Cincinnati in Ohio ma che, come suggerisce il suo cognome, italiano di origine e in quanto tale innamorato del nostro paese, della nostra storia e della nostra cultura.
Rimase colpito a prima vista dalla collocazione di questo piccolo centro e dalla cornice circostante che ne stimola concentrazione e meditazione. Molto palese era lo stato di abbandono di tutti gli edifici che, nel complesso, lasciavano intuire un passato comunque di una certa importanza per la sua collocazione strategica rispetto alla valle. Gli approfondimenti sulle vicende di Castiglioncello del Trinoro ci dicono che il borgo era difeso da fortificazioni, con cinque chiese all’interno delle mura e un palazzo comunale. Di tutto ciò, oggi, rimane ben poco se non la Chiesa romanica di Sant’Andrea, una porta del ‘300 e il Palazzo Comunale ma, soprattutto, la sua posizione dominante situata 774 metri di altezza che ci fa capire che il borgo aveva funzione dominante sulla Val d’Orcia, centro di controllo ideale sull’asse viario sottostante.
Cioffi, persona molto sensibile all’Arte è anche un grande estimatore della musica italiana soprattutto di Claudio Monteverdi giudicato uno dei cardini insostituibili di tutta la storia di questa grande e coinvolgente arte.
Si è reso quindi promotore di un progetto, ambizioso ed impegnativo, chiamato Monteverdi Tuscany, volto proprio a coniugare diverse bellezze, naturali, artistiche e musicali, che nei primi anni del terzo millennio ha dato dei frutti apprezzabilissimi.
Tutte le costruzioni sono state restaurate grazie ad un sapiente lavoro di carattere strutturale e architettonico che non ha scalfito minimamente lo stile originale degli interni e degli esterni delle costruzioni, una realizzazione affidata a professionisti di alto livello che hanno contribuito a valorizzare l’estetica generale di tutto il luogo. Baricentro del borgo è una struttura alberghiera di particolare pregio che cura in maniera del tutto assoluta l’ospitalità sotto tutti gli aspetti per garantire un soggiorno del tutto appagante. Ovviamente la Musica ricopre un ruolo determinate.
Ed è proprio questo ultimo aspetto che vogliamo porre all’attenzione dei nostri lettori come abbiamo potuto verificare dopo uno stupendo pomeriggio di musica trascorso a Castiglioncello del Trinoro il 10 giugno scorso, un appuntamento musicale inserito nel vasto programma di concerti che il Monteverdi Tuscany regala al pubblico.
Nello specifico si trattava di una esecuzione affidata a John Eliot Gardiner, il direttore d’orchestra inglese considerato tra i più in vista a livello mondiale, musicista in possesso di un repertorio vastissimo che copre una grande porzione della storia della musica che va dal ‘500 fino al tardo romanticismo per il quale fornisce sempre delle interpretazioni di particolare livello.
Gardiner è anche grande estimatore e studioso di Monteverdi ed ha quindi trovato terreno fertile in questa piccola località del sud della Toscana grazie anche alla passione Michael L. Cioffi creatore e mecenate di Monteverdi Tuscany. Il direttore inglese ha così avviato un progetto rivolto all’opera musicale di Monteverdi per mettere in evidenza la grandezza del compositore italiano che, oltre ad essere il creatore indiscusso del teatro in musica, può anche essere considerato un vero e proprio anticipatore di quella che sarà l’opera lirica, non solo quella del ‘700 ma, anche, quella del periodo glorioso che si conclude con la fine del l’800.
Una concezione di vedere l’opera lirica come perfetta fusione tra testo, rappresentazione degli stati d’animo e musica il tutto amalgamato per produrre un’opera d’arte autonoma frutto di una fusione bilanciata tra le varie componenti.
Gardiner ha proposto così un programma costruito in maniera del tutto coinvolgente e ideale a dimostrare tutto ciò inserendo anche un altro importante elemento, quello della cornice architettonica atta ad ospitare l’esecuzione musicale stabilendo anche una ulteriore relazione tra Musica e Arte, proponendo l’esecuzione del programma in luoghi che richiamano il fervido periodo monteverdiano, individuando le magnifiche architetture tardo rinascimentali e barocche di Roma, Mantova, Cremona e Venezia per la produzione di attraenti spettacoli.
Qui a Castiglioncello del Trinoro Gardiner ha lavorato per strutturare il programma e preparare l’esecuzione che il 10 giugno è stata presentata con un concerto aperto al pubblico che ha avuto come cornice la già citata Chiesa di Sant’Andrea una costruzione molto semplice nell’insieme che ha avuto vari rifacimenti attraverso i secoli ma che si lascia anche oggi apprezzare per la bella facciata romanica in travertino ed il campanile a monofore che racchiudono una chiesa a navata unica dove si può ancora apprezzare l’esistenza della cappella dedicata al francescano beato Bonaventura da Venere di Chieti e i resti di affreschi e stucchi che ornavano la volta.
Questa preziosa architettura si è rivelata ideale per l’ascolto e la concentrazione necessaria per godere della bellezza di tutto il concerto il cui programma prevedeva madrigali e musica sacra di Monteverdi che Gardiner ha strutturato per avvalorare il suo pensiero sull’arte e la produzione del musicista cremonese.
Ad aprire il programma c’era il madrigale “Ecco mormorar l’onde” tratto dal secondo libro di madrigali, un delicato squarcio su un ambiente che la polifonia monteverdiana ci restituisce on toni rarefatti che valorizzano l’ispirazione poetica del testo letterario di Torquato Tasso. Subito dopo è stata la volta di un pezzo sacro “Pulcra es” un canto mistico dedicato a Maria Immacolata, realizzato a due voci e tratto da una delle opere a carattere sacro più importanti di Monteverdi, il “Vespro della Beata Vergine” del 1610.
Di seguito un vero e proprio ‘coup de théâtre’, “Dormo ancora”, l’entrata di Ulisse da Il ritorno di Ulisse in patria, brano di grande effetto teatrale che lascia intravvedere molte scene simili dell’opera ottocentesca, qui interpretato con efficacia e senso del teatro dal baritono Furio Zanasi, una delle straordinarie perle della serata che ha avvalorato la teoria di Gardiner circa la modernità del teatro di Monteverdi. Dopo un altro madrigale proveniente dal IV libro, “Sfogava con le stelle” su testo di Ottavio Rinuccini, brano del 1603, di poco antecedente ad Orfeo ma già impressionante per l’utilizzo del recitar cantando, uno stilema che servirà sempre da modello per gli operisti di tutte le epoche.
Seguiva un’altra preziosa pagina che lo stesso Gardiner, nelle sue chiare ed illuminanti note esplicative che hanno arricchito la serata, ha definito una vera e propria opera lirica che si svolge in pochi minuti. Tratto dall’VIII Libro dei Madrigali, grazie anche al testo di Ottavio Rinuccini, è un vero e proprio esempio di opera d’arte ‘in nuce’ dove l’estrema sintesi che è alla base della rappresentazione non denuncia certo superficialità ma, al contrario, grazie alla padronanza dei mezzi espressivi dell’autore (o degli autori se consideriamo anche i testi) entrambi riescono a fornire una rappresentazione completa dello stato d’animo di tutti i personaggi. Qui si alternano due tenori, un basso e un soprano; interagiscono tra loro in maniera del tutto efficace riuscendo a comunicare allo spettatore, azioni e stati d’animo che si intrecciano e si integrano in maniera del tutto persuasiva.
Il concerto procedeva con grande intensità catturando l’attenzione e la concentrazione del pubblico che si intensificavano con due brani dedicati all’amore, “Si ch’io vorrei morire” dal IV Libro su testo di Tommaso Moro e il Pianto della Madonna che conclude la raccolta di canti sacri “Selva morale e spirituale”.
Questi due brani hanno il pregio di descrivere l’amore, elemento comune che però proviene da ambienti diversi. Il primo è un amore profano, colmo di sensualità e calore, Gardiner lo ha definito di carattere ‘hot’ mentre l’altro è l’amore della Vergine per suo figlio, certo meno ‘appariscente’ ma altrettanto sincero ed efficace che, in definitiva, ci fa capire che siamo di fronte allo stesso sentimento seppur provato da personaggi molto diversi tra loro.
Prima del gran finale “Sestina – Lagrime d’Amante al Sepolcro dell’amata”, su versi di Scipione Agnelli inserita nel programma in quanto si tratta di un vero e proprio canto funebre scritto da Monteverdi in ricordo di Caterinuccia Martinelli detta anche la Romanina allieva prediletta dl musicista morta giovanissima, a 18 anni nel 1608, mentre stavano preparando Arianna, l’opera ad oggi sconosciuta perché andata perduta tranne il famosissimo ‘Lamento’, il cui evento scosse molto la sensibilità di Monteverdi che in quel periodo soffrì immensamente anche per la scomparsa della sua amata moglie, Claudia Cattaneo, cantante alla corte dei Gonzaga a Mantova. È questo un canto funebre nel quale Gardiner ne ravvisa i prodromi di quello che saranno i più grandi Requiem della storia della musica, quelli di Mozart, Verdi e Brahms.
A conclusione della serata la gioia e la spensieratezza di “Balliamo che l’onde” da Tirsi e Clori su testo di Alessandro Striggio che ha regalato a tutta la serata il giusto ed appropriato suggello.
John Eliot Gardiner ha trasfuso alla sua interpretazione tutta la sua esperienza nel campo della musica antica riuscendo a mettere in evidenza tutte le particolarità di questi immensi capolavori che ha saputo plasmare minuziosamente curandone l’espressività, la dizione, l’intonazione soprattutto nelle difficili parti di carattere ‘polifonico’ e nella dizione italiana grazie al curatore linguistico Matteo Dalle Fratte.
Ovviamente tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione dei cantanti e degli strumentisti che hanno seguito alla lettera tutti i dettami di Gardiner che noi vogliamo citare per intero. Oltre al già citato baritono Furio Zanasi c’erano Silvia Frigato, Miriam Allan, Anna Dennis e Theano Papadaki soprani, Francesca Biliotti contralto, Tim Morgan controtenore, Gareth Treseder e Riccardo Pisani tenori, John Taylor Ward e Alex Rosen bassi. Per la parte strumentale Kinga Gáborjáni viola da gamba, violoncello e lirone, Valerie Botwright basso profondo, Evangelina Mascardi chitarrone, Laura-Mónica Pulstilnik arciliuto, Gwyneth Wentink arpa e Paolo Zanzu organo e clavicembalo.
Il pubblico presente ha seguito con attenzione e concentrazione tutto il concerto dimostrando di essere rimasto estasiato da tanta bellezza sonora come dimostrano i lunghi e reiterati applausi che sottolineato la chiusura del concerto
Claudio LISTANTI Roma 18 Giugno 2023