di Rita RANDOLFI
Nell’oscurità della Sala XVII della Pinacoteca Vaticana spiccano due busti di singolare bellezza, sono l’Anima Beata e l’Anima dannata del Bernini. Il “regista del barocco”, che ha impresso per sempre la sua impronta nella città eterna, trasformandola, appunto, in un teatro barocco, stupisce, anzi, sbalordisce per la modernità delle sue Anime che sembrano scolpite appositamente per questo giubileo della speranza.
Non è un caso, infatti, che i Musei Vaticani di concerto con l’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede abbiano voluto dedicare una piccola, ma interessantissima mostra alle “Anime del Bernini”, di proprietà dell’Opera Pia degli Stabilimenti Spagnoli in Italia, che potranno essere ammirate fino al 31 gennaio 2025.
Le due teste, scolpite nel 1619 da un Bernini appena ventunenne, rappresentano il suo primo contatto con la Spagna, avendo ricevuto la commissione per conto del sacerdote Pedro de Foix de Montoya, legato alla chiesa di San Giacomo degli Spagnoli. Attraverso questi due volti, fortemente caratterizzati, lo scultore vuole esprimere due emozioni contrastanti: l’Anima beata, dai tratti sereni, volge il suo sguardo verso il cielo, e contempla, quasi sospirando di meraviglia, il paradiso. Viceversa l’Anima dannata è lo specchio della paura e dell’orrore di fronte alla visione terrificante dell’inferno.
Il ribrezzo di fronte alle atroci sofferenze dei dannati stravolge completamente i lineamenti del volto di questa personificazione maschile: i capelli che nell’Anima Beata cadono con grazia sulle spalle e sono impreziositi da una delicata acconciatura di fiori, sembrano quasi prendere vita e trasformarsi nei serpenti che incorniciano il volto di Medusa, rinviando al classico mostro, già immortalato da Caravaggio, che pietrificava chi lo fissava negli occhi, suscitando la stessa reazione di ribrezzo nel fruitore moderno. Le rughe solcano la fronte, le vene del collo si ingrossano e pare di udire quell’urlo che invade le profondità dell’essere.
Sembra che lo scultore si sia autoritratto in questo viso, lasciandosi bruciare dal fuoco di una candela, così spiega Helena Perez Gallardo dell’Università Complutense di Madrid che insieme al Direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, ha curato la mostra.
Il regista del barocco sarà sempre attento a ritrarre i moti dell’anima ed i due busti prefigurano le indagini condotte sulla psiche umana partendo dalla “poetica degli affetti” di Leonardo arrivando a raggiungere risultati di sorprendente verosimiglianza. Se la dolcezza dell’estasi si rintraccia nel sorriso di Santa Teresa o nella serenità di Santa Bibiana, il brivido della crudeltà si ritrova nel David della Borghese, a testimoniare gli esiti di una ricerca che durerà tutta una vita.
Il grande maestro, del resto, serviva la Chiesa della Controriforma, e sollecitava i credenti ad interrogarsi sul loro comportamento, sui temi della morte, del giudizio, presentandosi, in un certo qual senso, quasi come un novello Dante Alighieri, che con la sua opera pensava di proseguire la missione salvifica di Cristo, utilizzando però il mezzo, rivelatosi inefficace, della paura.
Bernini si inserisce pienamente in questo filone “propagandistico” radicato nella dottrina cristiana già a partire dal Medioevo e la sua bravura lo rese richiestissimo dalla Spagna come dal Papa.
Durante la conferenza di presentazione della mostra, tenutasi il 19 novembre nella sala delle conferenze in Vaticano, la Perez Gallardo ha ricordato i numerosi incarichi ricevuti dallo scultore e finanziati dai re cattolici iberici, come la realizzazione della cappella Raimondi (1640-48) in San Pietro in Montorio o quella dei Cornaro (1647-50) a Santa Maria della Vittoria, senza dimenticare gli apparati effimeri per la canonizzazione di santa Isabella di Portogallo (1625) o per quella di san Tommaso da Villanova (1658) o le macchine pirotecniche per la nascita dell’infanta Margherita d’Austria (1651). Ancora l’artista eseguì la tomba di Domingo Pimentel in Santa Maria sopra Minerva (1652-55), inviò a Madrid un modello della fontana dei Quattro fiumi e scolpì un Crocifisso per il Pantheon Reale dell’Escorial (1654), senza dimenticare che il re Filippo IV finanziò la statua equestre di Costantino della Scala Regia.
Dal canto suo Barbara Jatta ha voluto elencare le opere famosissime del maestro in Vaticano, il cui aspetto avvolgente e universale deve molto, se non tutto, a lui, alla sua capacità, come affermava Filippo Baldinucci, di “ben comporre”, unificando tutte le arti in un inno alla bellezza, intesa come riflesso dell’amore di Dio e del potere del Papa.
Bernini conobbe, nella sua lunghissima esistenza, ben otto papi e fu il primo tra questi, Paolo V Borghese, a profetizzare il suo successo quando esclamò:
“Questo fanciullo sarà il Michel’Angelo del suo tempo”.
Ma senza saperlo, l’artista ha reso un prezioso servizio anche al Papa attuale e all’imminente giubileo. La Sig.ra Isabel Celaá, ambasciatrice di Spagna presso la Santa Sede, ha voluto evidenziare come l’Anima dannata rappresenti il grido di Bernini, che si associa a quello di tanti altri artisti, da Caravaggio a Munch, a quello del cavallo imbizzarrito della Guernica picassiana, accomunati dalla volontà di denunciare l’orrore della violenza della guerra. E in tempi difficili come questi l’urlo di dolore di Bernini sembra dar voce a chi non ce l’ha, a quei tanti che soffrono fame, freddo, paura a causa dei conflitti che stanno dilaniando i popoli e distruggendo il pianeta.
Ma l’Anima Beata, ha affermato sempre la Celaá con un sorriso, ci ricorda invece il tema del giubileo, la ragione del nostro vivere: su questa terra siamo pellegrini di speranza e dobbiamo impegnarci e lottare per la pace.
Il primo, concreto gesto di speranza viene proprio da questa esposizione e dall’Ambasciata di Spagna, che devolverà il ricavato dell’acquisto del catalogo della mostra alle vittime dell’inondazione di Valencia, ricordate con commozione anche dal cardinale Fernando Vérgez Alzaga, presidente del Governatorato dello Stato Della Città del Vaticano.
Ancora una volta i Musei Vaticani, rispondendo all’appello di Papa Francesco di coniugare la dimensione spirituale dell’Anno Santo con un percorso di arricchimento culturale, ospitano due opere che parlano al cuore e sembrano essere state eseguite proprio per fornire una risposta realistica ai tanti interrogativi di oggi, ricordando che la bellezza unisce e trasmette gioia.
Rita RANDOLFI Roma 24 Novembre 2024